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Manet Édouard Manet (1832-1883), nato in una famiglia borghese. Suo padre, giudice, desiderava che il figlio intraprendesse la sua stessa carriera. In realtà, Edouard era attratto dalla pittura e, per questo motivo, il severo genitore lo fece imbarcare su una nave per un anno. Respinto agli esami, decise di iniziare la carriera artistica. Dal 1850 al 1856 studiò presso il pittore accademico Couture, pur non condividendone gli insegnamenti. Viaggiò molto in Italia, Olanda, Germania, Austria, studiando soprattutto i pittori che avevano scelto il linguaggio tonale quali Giorgione, Tiziano, gli olandesi del Seicento, Goya e Velazquez.

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Page 1: Manet...Il bar delle Folies-Bergères è lultimo quadro diManet, un olio su tela ammirabile ora al Courtauld Institute di Londra. Il dipinto viene accettato ed esposto al Salon nel

Manet

Édouard Manet (1832-1883), nato in una famiglia borghese. Suo padre, giudice, desiderava che il figlio intraprendesse la sua stessa carriera. In realtà, Edouard era attratto dalla pittura e, per questo motivo, il severo genitore lo fece imbarcare su una nave per un anno. Respinto agli esami, decise di iniziare la carriera artistica. Dal 1850 al 1856 studiò presso il pittore accademico Couture, pur non condividendone gli insegnamenti. Viaggiò molto in Italia, Olanda, Germania, Austria, studiando soprattutto i pittori che avevano scelto il linguaggio tonale quali Giorgione, Tiziano, gli olandesi del Seicento, Goya e Velazquez.

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Manet si dedicò alla copia dei maestri del passato (pratica fondamentale dell’insegnamento accademico), ottenendo il permesso di riprodurre La barca di Dante di Delacroix.

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Notevole influenza ebbe sulla definizione del suo stile anche la conoscenza delle stampe giapponesi. Nell’arte giapponese, infatti, il problema della simulazione tridimensionale viene quasi sempre ignorato, risolvendo la figurazione solo con la linea di contorno sul piano bidimensionale.

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Manet è stato un pittore poco incline alle posizioni avanguardistiche. Egli voleva giungere al rinnovamento della pittura operando all’interno delle istituzioni accademiche. E, per questo motivo, egli, pur essendo il primo dei pittori moderni, non espose mai con gli altri pittori impressionisti.

Napoleone III, con una decisione del tutto inaspettata, decretò l’apertura di un Salon de Refusés, dove gli artisti potevano mostrare, facoltativamente, le opere rifiutate dalla giuria.Manet, nonostante non volesse essere considerato un rivoluzionario, partecipò all’esposizione, ma questa fu la sua condanna. Una delle sue opere rifiutate fu la celebre Colazione sull‘erba un'opera che suscitò critiche molto pesanti.

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Il dipinto che diede inizio alla tribolata carriera di Manet fu Colazione sull’erba.Il quadro, di grandi dimensioni, è una tela dipinta a olio, realizzato nel 1863, che rappresenta una colazione in un bosco nei pressi di Argenteuil. Si può oggi ammirare nel Musée d’Orsay in Parigi.Per questa composizione, Manet si era ispirato ad alcune opere rinascimentali, come il Concerto campestre di Tiziano, alla Tempesta di Giorgione, o ad alcune rappresentazioni tratte dal Giudizio di Paride di Raffaello.

Nonostante questo, esso provocò una reazione di forte scandalo nella Parigi benpensante, indignata per l’accostamento del nudo femminile con personaggi in abiti contemporanei. Nella tradizione, infatti, il nudo rappresentava soltanto figure mitologiche o divine, inserite in un ambiente classicheggiante.

In poche parole, veniva rimproverato a Manet di aver abbandonato la pittura accademica per rappresentare una realtà frivola e licenziosa.

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In realtà, Manet era ben lontano dal voler essere un pittore “sovversivo”, ma le sue intenzioni non furono capite dalla critica dell’epoca.In primo piano, due uomini conversano accanto a una donna nuda, mentre un’altra donna, in secondo piano, si bagna in un ruscello. Le figure sono disposte a piramide, e spiccano per via dei nitidi contrasti cromatici con cui è composto il quadro.

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Manet, infatti, evita i passaggi chiaroscurali, creando ampie zone di colore uniforme, accostate e contrastanti, stesi con pennellate veloci, giustapponendo colori caldi e freddi, mentre lo sfondo è appena accennato da macchie di colore. Ciò determina un’impressione di assenza di volume e consistenza. Il ridotto senso di profondità è dato anche dalla sovrapposizione per piani paralleli degli alberi e dei cespugli. Altri elementi in evidenza sono la natura morta in primo piano, con la colazione che giace sull’erba, ulteriore riferimento alla tradizione pittorica, in questo caso barocca.Il contrasto tra i colori dona al dipinto un’atmosfera squillante e fresca, rendendo Manet un pittore di sensazioni, e non di allegorie o personaggi.

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Al contrario di quanto pensavano i critici in realtà Manet ha ben presente gli esempi dei maestri rinascimentali. L’ispirazione è quindi classica, ma ciò che disturba il pubblico non sta nel soggetto ma nella sua attualizzazione.

Tiziano, Concerto campestre 1510

Marcantonio Raimondi, Dei fluviali 1510

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Così scriveva ironicamente l’amico ed estimatore Emile Zola:

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ManetCon Olympia si riconferma il portavoce dell’antiaccademismo.Come Colazione sull’erba, anche il dipinto è un olio su tela di grandi dimensioni, ammirabile al Musée d’Orsay di Parigi.Esposto in un Salon nel 1865, suscitò grande scandalo. Esso rappresenta un nudo femminile semidisteso su un letto disfatto.

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ManetRiprende l’impostazione generale della Venere di Urbino di Tiziano, e la schiettezza del personaggio della Maya desnuda di Goya. Ma, se, agli occhi dei suoi contemporanei, il nudo di Tiziano rappresentava una bellezza dolce e pudica, vista all'interno di un palazzo rinascimentale, l'Olympia si impone schietta e glaciale in un ambiente simile a quello di una casa di tolleranza.

Tiziano, Venere di Urbino, 1538 Francisco Goya. La Maja Desnuda 1799-1800

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ManetNulla lasciava dubitare che la donna fosse una prostituta: il nome stesso “Olympia” era tipico delle etere del tempo, e la posa ricordava quella delle fotografie pornografiche che circolavano segretamente nei salotti mondani. Anche in questo caso quindi il "giudizio moraleggiante" sul soggetto scelto da Manet ha fortemente condizionato il giudizio sull'artista.Olympia guarda sfacciatamente lo spettatore, e non vi è l’ombra di un sorriso sul suo volto, privando il soggetto di qualsiasi accento romantico o di mistero.

In secondo piano è dipinta una donna di colore che regge un mazzo variopinto di fiori; esso è rappresentato con tecnica già del tutto impressionista. Infatti, è costruito su macchie indefinite di colore, stese con rapide e piccole pennellate. Solo osservato in lontananza, il mazzo acquista un grande effetto realistico.Il quadro è costruito sul contrasto netto tra tinte chiare e scure, come il color avorio della pelle di Olympia che si staglia sullo sfondo scuro, o l'opposizione cromatica tra la veste rosata della serva e il colore scuro della sua pelle.

I colori freddi sono accostati a quelli caldi, come nel bouquet di fiori dalle tinte bianche, azzurre e rosse.

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ManetDipinto famosissimo di Manet realizzato all’aperto, lontano dal suo studio, in una giornata di vacanza. Argenteuil è sobborgo di campagna sulle rive della Senna frequentato dai suoi amici impressionisti: Claude Monet e Pierre-Auguste Renoir. Manet si reca a far loro visita e accetta di dipingere soggetti spensierati, ben distanti dai suoi riferimenti colti usualmente adottati. È in buona compagnia, perché i modelli del quadro sono in verità il fratello della signora Manet, Ferdinand Leenhoff, con un cappello alla marinara adornato da nastro blu e un fresco e disinvolto abito sportivo a maniche corte, e una delicata fanciulla che lo accompagna ma della quale non si conosce l’identità: probabilmente la fiamma del momento di Ferdinand. Come tutte le signore di città, preserva con cuffia e veletta la sua carnagione pallida.

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ManetL’immagine ha un taglio del tutto naturale, quasi fotografico, dal momento che ritrae i due protagonisti a poppa, tagliando fuoricampo il resto dell’imbarcazione e la vela. Manet gioca l’impianto coloristico sulla gamma dei toni chiari, dove i bianchi si alternano agli azzurri, come nell’abito della giovane le cui righe geometriche si contrappongono a quelle flessuose delle onde che formano quasi una campitura compatta di sfondo. Naturalmente l’opera, esposta al Salon del 1879, non mancherà di critiche astiose che osteggiano quello che per Manet è un leitmotiv del proprio operare, cioè dipingere quello che vede.

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ManetIl bar delle Folies-Bergères è l’ultimo quadro di Manet, un olio su tela ammirabile ora al Courtauld Institute di Londra.Il dipinto viene accettato ed esposto al Salon nel 1882; esso costituisce il testamento del pittore, poiché ne mostra l’evoluzione del percorso artistico.La scena è ambientata in un bar in gran voga in quell’epoca a Parigi.

la prima impressione è quella di trovarsi di fronte ad una scena convenzionale, in cui la cameriera al centro del dipinto ci guarda assorta.

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ManetSul bancone, Manet dipinge sulla sinistra varie bottiglie di champagne e birra, mentre sulla destra vi sono un bicchiere con delicati fiori dai colori pastello e un vassoio colmo di mandarini.Su quello stesso bancone si appoggia la cameriera, che ascolta mesta l’avventore del bar, visibile nel riflesso dello specchio alle spalle della ragazza.

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ManetLo specchio occupa tutto lo sfondo, e ci mostra il locale affollato e inondato dalle luci dei lampadari. La gente assiste allo spettacolo che si sta svolgendo nella sala, come testimonia il dettaglio delle gambe di un trapezista nell’angolo in alto a sinistra.Attraverso l’espediente dello specchio, l’osservatore del quadro si trova catapultato all’interno della scena, come se fosse l’avventore del bar a cui si rivolge la cameriera.

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L’idea dello specchio è tratta probabilmente dall’opera Al caffè di Gustave Caillebotte

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Questo quadro racchiude tutti gli elementi caratteristici della pittura di Manet: la natura morta, l’ambientazione contemporanea e la rappresentazione frontale.I colori sono vivaci e luminosi, e le pennellate rapide riescono a rappresentare in modo realistico ed esauriente la folla e l’intera ambientazione.

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Oscar Claude Monet nasce a Parigi il 14 novembre 1840, ma trascorre l'infanzia nel porto di Le Havre, perchè il padre e lo zio gestiscono un negozio di forniture marittime. Coltiva la sua vena espressiva fin da bambino e intorno ai quindici anni relizza le sue prime caricature a matita e carboncino, vendendole nel negozio del padre.

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Monet

All’età di quindici anni, tuttavia, Claude Monet (chiamato familiarmente “Oscar”) era già sulle bocche dei cittadini di Le Havre. Il giovane si dilettava nel disegno caricaturale, e non vi era quasi nessun cittadino che non fosse stato da lui ritratto. Egli era solito regalare i suoi lavori ai passanti che ritraeva, ma, dopo aver constatato il suo successo presso quest’ultimi, cominciò a venderli per 10 o 20 franchi appena.Soddisfatto della sua produzione e del barlume di benessere economico che ne avrebbe potuto trarre, Claude Monet iniziò a dedicarsi alle caricature a tempo pieno. Ne fece circa un centinaio, tutte firmate “O. Monet”, che riuscì a esporre ottenendo un vero e proprio pubblico che, settimanalmente, osservava il lavoro comico dell’artista.

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Nel 1856 incontra il pittore Eugene Boudin, il suo primo maestro, che lo indirizza verso la pittura, lo incita ad abbandonare la caricatura, gli insegna a osservare la natura e le cose e a dipingere, il paesaggio all'aperto.

L'insegnamento di Boudin rappresenta uno stimolo fondamentale nella formazione di Monet e nello sviluppo del suo stile.

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Sulla spiaggia a Trouville, del 1860 è un'opera di Boudin in cui si può già parlare di pre-impressionismo. C'è molta immediatezza visiva e grande senso dello spazio. La pittura è tutta giocata sul colore e sugli effetti di luce e di atmosfera. Boudin è un personaggio molto stimolante per Monet, ancora sedicenne, che viene incoraggiato ad andare avanti.

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Verso il 1858, come racconterà lui stesso, Monet incomincia a 'vedere' e a 'dipingere'.

Dice: "In quel momento mi si aprirono gli occhi e cominciai a capire veramente la natura".

E' un'affermazione importante, indica che il 'vedere', cioè l'osservare le cose, attraverso la pittura serve a 'capire'. Cioè che la percezione visiva e la pittura hanno uno scopo conoscitivo, implicano una crescita culturale, uno sviluppo della conoscenza.L'atteggiamento di Monet verso la pittura è e proprio quello di una crescita continua che funziona attraverso la ricezione di input visivi, l'elaborazione degli stimoli attraverso un filtro interiore e la restituzione di immagini nuove.

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Nel 1859 il padre lo manda a Parigi presso una zia perché continui la sua formazione artistica.

Parigi è piena di occasioni interessanti. Monet entra all‘Accademia Suisse, che non è una vera scuola, poiché non ci sono lezioni e insegnanti, ma ci sono i modelli per potersi esercitare nel disegno.

Tra gli altri giovani artisti, fa amicizia con Pissarro, con il quale frequenta la "Birreria dei martiri" luogo d'incontro di artisti e intellettuali. Qui conosce i pittori già affermati come Corot e Delacroix e poeti come Baudelaire.

Corot è uno dei maestri dei futuri impressionisti, insieme a Boudin e Courbet. Soprattutto l'influenza di Corot è determinante per gli artisti più giovani, ne viene assimilata soprattutto la tecnica, estremamente libera e nuova. Corot infatti introduce l'uso della spatole per stendere il colore come se fosse una materia plasmabile.

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Corot, Mulino a vento a Montmartre 1845

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Monet

Nel 1860 Monet interrompe la sua attività artistica perchè fa il servizio militare, viene mandato in Algeria.

Monet rimane affascinato dall'atmosfera esotica e dai colori di questo paese. Ma l'anno successivo si ammala e viene rimpatriato.

Appena rientrato a Parigi dipinge Nello studio, del 1861 ora al Museo d'Orsay di Parigi. Si tratta dell'opera che conclude il periodo della sua formazione.

Da qui in poi Monet inizia la sua ricerca espressiva tutta basata sul colore e la sua luminosità propria, eliminando via via il chiaroscuro e i passaggi graduati. Poi eliminerà anche il disegno prospettico e si concentra sullo studio della luce e delle qualità dei colori.

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Monet

Monet conosce Courbet, che per un certo tempo diventa suo maestro. Courbet è un pittore realista, Monet ammira molto le sue opere, ma più che al realismo e alle componenti simboliche della sua pittura è interessato alla tecnica. Courbet insegna a Monet la sua tecnica che consiste nel preparare le tele con una tinta scura. Su questa base poi vengono disposti i colori e le luci. Il Ritratto di J.F. Jaquemart con l'ombrello del 1865 appartiene a questa fase.

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Monet

Monet decide di affrontare i salons parigini

Camille in abito verde, 1866 Donne in giardino, 1866 (rifiutato)

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Monet

Spesso Monet lavora con gli altri amici. Per esempio nel '69 va insieme a Renoir in una casetta a Saint Michel, vicino Parigi e dipingono gli stessi soggetti. Una delle vedute realizzata da entrambi i pittori è la celebre Grenouillere.

Pierre Auguste Renoir. La Grenouillère.1869Claude Monet. La Grenouillère.1869

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Monet

Pierre Auguste Renoir. La Grenouillère.1869Claude Monet. La Grenouillère.1869

Il confronto mette in luce uno dei punti nodali dell'impressionismo: si sperimenta l'effetto del diverso modo di percepire di ognuno di fronte agli stessi stimoli visivi, in base ad un principio di libertà di espressione individuale.

Gli impressionisti si rendono conto che la percezione visiva segue gli stessi meccanismi, ma nello stesso tempo cambia da una persona all'altra. E quindi la visione è un fatto soggettivo, che deve essere liberato da qualsiasi costrizione esterna.

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Monet

Nel 1870 scoppia la guerra franco-prussiana e Parigi è assediata. Monet, dal porto di Le Havre vede le navi prese d'assalto. Quindi parte per L'Inghilterra e va a Londra, dove trova Pissarro, che si è rifugiato là prima di lui.

Finita la guerra, Monet non torna subito in patria.

Il gruppo di artisti che si era disperso con la guerra si ricompone, riprendono a lavorare insieme. Monet lavora ad Argenteuil ed il primo a raggiungerlo è Renoir.

Il 1873 è il momento della massima vicinanza stilistica tra i due artisti, dipingono opere molto simili. E' una fase di forte sinergia espressiva. Tutti e due sono alla ricerca di una visione della natura che sia fonte di sensazioni pure.

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Monet

Monet lancia la proposta di fare un'esposizione collettiva, pensando che avrebbe anche potuto migliorare la difficile situazione economica in cui tutti gli impressionisti si trovavano.

Ci sono varie discussioni e tutti i preparativi, finchè il 25 aprile del 1874, nello studio parigino del fotografo Nadar si inaugura la prima mostra degli impressionisti, col titolo:

Mostra della Società anonima degli artisti pittori, scultori e incisori.

La mostra viene criticata ferocemente, ma gli artisti rilanciano con una seconda mostra nel 1876.

Monet, fotografia di Nadar

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Monet

Impressione, sole nascente

Il nome «Impressionisti» fu loro dato dal critico francese Louis Leroy che coniò il termine con intento dispregiativo. E il nome derivava proprio dal titolo di questo quadro dipinto da Claude Monet.

Il quadro rappresenta uno scorcio del porto di Le Havre. L’immagine è colta all’aurora quando il sole inizia a filtrare attraverso la nebbia mattutina. Monet è del tutto indifferente a ciò che ha innanzi. Non ne cerca la riconoscibilità ma abbozza forme indistinte. Due barche sono solo due ombre scure, il cerchio del sole rimanda alcuni riflessi nell’acqua, un insieme di gru e ciminiere fumose si intravedono in lontananza.

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Monet

Nella sua pittura esiste solo la realtà sensibile, ossia solo ciò che l’occhio coglie d’istinto: la luce e il colore. Alle forme e allo spazio egli è del tutto indifferente.

In questo quadro la sensazione, o meglio l’impressione, visiva è data dalla sintesi di luce e di colore. Ed è una sintesi che si basa sulla percezione istantanea. La registrazione che dà il quadro della percezione riguarda un attimo fuggente.

Un istante dopo la visione può essere già diversa, perché la luce è cambiata e, con sé, anche la tonalità di colore che essa diffonde nell’atmosfera. Ma rimane una sensazione, fatta di suggestioni ambientali e atmosferiche, che il pittore coglie come testimonianza del suo vedere e del suo sentire.

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Monet«“Ah, eccolo, eccolo!” esclamò dinanzi al n. 98. “Che cosa rappresenta questa tela? Guardate il catalogo”. “Impressione, sole nascente”. “Impressione, ne ero sicuro. Ci dev'essere dell’impressione, là dentro. E che libertà, che disinvoltura nell’esecuzione! La carta da parati allo stato embrionale è ancor più curata di questo dipinto"»

(Louis Leroy)

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Monet

In moltissima parte della pittura impressionista, e di Monet in particolare, l’acqua svolge sempre un ruolo fondamentale.

Essa riflette le immagini distorcendole. E il riflesso varia in continuazione. Questa visione tremolante che si coglie di riflesso nell’acqua è già una immagine impressionista per eccellenza.

E permetteva ai pittori di rappresentare le immagini con una libertà di tocco, fatto in genere a tratteggi e virgole, che sintetizzano immediatamente la loro poetica dell’attimo fuggente.

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Monet

Coquelicots (I papaveri), 1873

Questa piccola tela viene esposta accanto a Impressione, sole nascente. L'opera evoca l'atmosfera vibrante di una passeggiata in mezzo ai campi in una giornata estiva.

In questo paesaggio, le due coppie formate da una madre e un figlio, in primo e in secondo piano, rappresentano semplicemente un pretesto per la costruzione di una retta obliqua che struttura il quadro. Due zone distinte dal punto di vista della gamma dei colori vengono così definite, una dominata dal rosso e l'altra da un verde azzurrato. La giovane donna con l'ombrellino e il bambino in primo piano sono sicuramente Camille, moglie dell'artista e il loro figlioletto Jean.

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Monet

Monet diluisce i contorni e costruisce una ritmica colorata a partire dall'evocazione dei papaveri, attraverso pennellate il cui enorme formato, in primo piano, mostra la rilevanza che l'artista concede all'impressione visiva. In questo modo, viene compiuto un primo passo verso l'astrazione.

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Monet

Monet predilige sempre i paesaggi e le marine, ma si rivolge anche a scene della vita parigina, come nella Stazione di saintLazare, del 1877, di cui esegue varie versioni diverse.

La stazione ferroviaria con il suo via vai e la sua confusione di uomini e mezzi è uno dei soggetti preferiti dell'artista in questo momento, fa parte del gruppo di quadri dedicati alla città moderna.

L'interno della stazione colta nel momento dell'arrivo del treno diventa un pretesto per sperimentare come il colore possa rendere gli effetti del vapore, con i fumi densi che rendono indefinite le forme e più soffuse le luci, come in una specie di miraggio.

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MonetZola: “Puoi sentire il rumore dei treni che riempiono la stazione. Puoi vedere i vapori del fumo che si addensano sotto le enormi vetrate del tetto. Questa è l’arte di oggi. Gli artisti moderni hanno scoperto la poesia delle stazioni ferroviarie, così come i loro padri avevano scoperto il fascino delle foreste e dei fiumi”.

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Monet

Dopo l'ultima mostra degli impressionisti, nel 1877, l'esistenza di Monet attraversa un momento tra i peggiori. Oltre alle precarie condizioni economiche della sua famiglia, la moglie Camille si ammala gravemente e muore nel 1879, lasciandogli due figli molto piccoli.Nel 1880 Monet fa una prima mostra personale che comincia a portargli un certo successo.

Dal 1890 acquista una bella proprietà e si trasferisce a Giverny con i figli e la seconda moglie, Alice. Si apre una fase nuova nella sua pittura, che lo porta a superare l'impressionismo.A partire dal 1890, nel periodo della maturità, Monet usa un procedimento nuovo, che si era già preannunciato alcuni anni prima.

Produce dei dipinti in "serie", dedicandosi, cioè, più volte allo stesso soggetto.

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Covoni, del 1888-1891

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Pioppi, del 1891

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MonetLa Cattedrale di Rouen, 1892-1894Nel 1894 Monet realizzò una serie di trenta tele dedicate alla facciata della cattedrale di Rouen. In queste tele ciò che l’artista cerca è la luce, e come essa riesce a modificare la percezione della realtà. Così egli rappresenta la cattedrale in diverse ore del giorno e con diverse condizioni atmosferiche, giungendo ogni volta a risultati pittorici diversi.

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Quando vengono esposte le Cattedrali, nel 1895 a Parigi, è un trionfo. L'evento cattura l'attenzione di tutto il mondo artistico e Monet riceve l'ammirazione di tutti e specialmete degli altri artisti.

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Claude Monet scoprì Giverny dal finestrino di un treno, sulla vecchia linea ferroviaria che ora non esiste più, e se ne innamorò. Tanto da decidere di trasferirsi in quel petit village a un’ottantina di km da Parigi e già in Normandia, che all’epoca contava appena 300 abitanti, quasi tutti contadini (oggi ne ha 500 ed è rimasta un’unica fattoria). Era il 1883, Claude Monet aveva 43 anni e avrebbe trascorso a Giverny l’altra esatta metà della sua vita, fino al 5 dicembre 1926, quando si spense per un cancro ai polmoni.

«Tranne pittura e giardinaggio, non so far niente» scriveva, e i givernois guardarono prima con sospetto - e poi con deferente rispetto - quel parigino che voleva trasformare un frutteto normanno in un grande giardino d’artista con fiori e piante esotiche e addirittura arrivò a deviare un braccio del piccolo fiume Ru per creare il famoso laghetto con il ponte giapponese e le ninfee, soggetto di ben 300 dei suoi quadri.

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“È a Giverny che bisogna aver visto Claude Monet per poter dire di conoscere lui, il suo carattere, il suo amore per la vita, la sua intima natura […] Colui che ha concepito e realizzato questo piccolo universo al tempo stesso familiare e magnifico è un grande artista”, diceva Gustave Geffroy.

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La casa e il giardino di Monet rappresentano un altra opera d'arte del grande artista. Qui egli riunisce ciò che ama di più, e allestisce la sua collezione di quadri. Ma il giardino è il capolavoro più perfetto per lui, inesauribile fonte di ispirazione, piena di colore e di profumi. La maggior parte dei dipinti che l'artista realizza fino alla morte nascono da questo giardino.

Negli ultimi anni è colpito da altri due gravi lutti: nel 1911 muore la seconda moglie, Alice e tre anni dopo perde il figlio Juan, colpito da un male incurabile. Monet, in seguito a un incidente, si rovina la vista e continua a dipingere quasi cieco.

I giornalisti Rene Gimpel e Georges Bernheim visitano lo studio di Monet nel 1918 e descrivono le loro impressioni. Raccontanno di essersi trovati in un grande salone pieno di quadri molto grandi su tutte le pareti e sul pavimento. Vedevano acqua, cielo e ninfee colorate dappertutto, uno sopazio misterioso, magico e irreale che sembrava non avere nè inizio nè fine.Monet lavora alle Ninfee fino all'ultimo momento, lasciando un ultima versione incompiuta. Muore nel 1926 a Giverny.

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«Ho dipinto tante di queste ninfee, cambiando sempre punto d’osservazione, modificandole a seconda delle stagioni dell’anno e adattandole ai diversi effetti di luce che il mutar delle stagioni crea. E, naturalmente, l’effetto cambia costantemente, non soltanto da una stagione all’altra, ma anche da un minuto all’altro, poiché i fiori acquatici sono ben lungi dall’essere l’intero spettacolo; in realtà sono soltanto il suo accompagnamento. L’elemento base è lo specchio d’acqua il cui aspetto muta ogni istante per come brandelli di cielo vi si riflettono conferendogli vita e movimento. La nuvola che passa, la fresca brezza, la minaccia o il sopraggiungere di una tempesta, l’improvvisa folata di vento, la luce che svanisce o rifulge improvvisamente, tutte queste cose che l’occhio inesperto non nota, creano variazioni nel colore ed alterano la superficie dell’acqua: essa può essere liscia e non increspata e poi, improvvisamente, ecco un’ondulazione, un movimento che la infrange creando piccole onde quasi impercettibili, oppure sembra sgualcire lentamente la superficie conferendole l’aspetto di un grande telo di seta spruzzato d’acqua. Lo stesso accade ai colori, al passaggio dalla luce all’ombra, ai riflessi. Per ricavare qualcosa da questo continuo mutare bisogna avere cinque o sei tele sulle quali lavorare contemporaneamente e bisogna spostarsi dall’una all’altra tornando rapidamente alla prima, non appena l’effetto interrotto riappare. È un lavoro veramente estenuante, ma quanto è seducente! »

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Museo dell’Orangerie, Parigi – Le Ninfee

Il vestibolo è stato progettato da Monet per creare uno spazio intermedio tra l'agitazione cittadina e la sua opera. Offrendo le Ninfee alla Francia all’indomani della guerra del ‘14-’18, Monet desiderava offrire ai parigini un porto di pace invitandoli a una contemplazione davanti alla natura dipinta all’infinito:

«I nervi sovraffaticati dal lavoro si sarebbero lì distesi, secondo l'esempio riposante di quelle acque tranquille, e, a chi l’avesse abitata, questa stanza avrebbe offerto il rifugio di una pacata meditazione in mezzo a un acquario di fiori»

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“Non dormo più per colpa loro. Di notte sono continuamente ossessionato da ciò che sto cercando di realizzare. Mi alzo rotto dalla fatica […] dipingere è così difficile e torturante. L’autunno scorso ho bruciato sei tele insieme con le foglie morte del giardino. Ce né abbastanza per disperarsi. Ma non vorrei morire prima di aver detto tutto quel che avevo da dire; o almeno aver tentato. E i miei giorni sono contati”.

L’insoddisfazione accompagnò Claude Monet fino alla morte. Questo artista visionario, infatti, non riuscì mai a fissare il mondo che si presentava davanti ai suoi occhi e trascorse la vita a cercare di fermare un’impressione, ad attendere il “domani”, il giorno nel quale sarebbe riuscito a dipingere il suo quadro più bello.