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Distribuzione gratuita - Anno 8 - n. 6/2010 - Novembre/Dicembre SPECIALE Alimentazione per celiaci ANZIANI Università della terza età ALLENARSI PER L’INVERNO

Il Gazzettino della Farmacia

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Il Gazzettino della Farmacia - Edizione Novembre/Dicembre 2010

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SPECIALEAlimentazione per celiaci

ANZIANIUniversità della terza età

ALLENARSIPER L’INVERNO

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Dell’inverno che incombe ci facciamo carico in termini di sport, per quel che la neve ci regala come svago. Per una volta ragioniamo del corredo utile per chi scia, vale a dire dell’attrezzatura e dell’abbigliamento più opportuni per prevenire guai. Tutti suggerimenti utili, insieme agli esercizi di presciistica che trovate in aletta, per contrastare possibili disagi, con preziosi consigli per evitare il raffreddamento in quota. Dell’influenza (normale, ricorrente, malanno del periodo di provenienza orientale) ragioneremo perciò all’inizio dell’anno nuovo quando si verificherà il picco stagionale. Le categorie a rischio hanno già provveduto vaccinandosi, gli altri si affidano alle loro difese immunitarie. A ogni età la sua università: quella dei più maturi regala apprendimenti, non un titolo di studio. Tiene in forma il cervello, è un coadiuvante di salute e igiene mentale. Lo Speciale del numero tratta la celiachia, problema che coinvolge un italiano su cento. Prospettive buone dalla ricerca - si parla di un vaccino, di una proteina che alimenta la speranza di una svolta decisiva - ma è presto per gioirne. Al momento una rigida dieta priva di glutine è l’unico rimedio utile: senza alcuna deroga.

L’Approfondimento riguarda la sclerosi multipla, handicap complesso e imprevedibile che, però, non riduce l’aspettativa di vita. Le cause sono in parte sconosciute, ma la ricerca ha già chiarito come si sviluppa, permettendo il trattamento precoce. Focus sulle vaccinazioni in età pediatrica, vuoi obbligatorie vuoi raccomandate dal Ministero, perché utili. E ancora, una disamina dei farmaci per gli animali, non gli stessi degli umani ma sempre in dosaggi opportuni (rispetto al peso) per gli inquilini a quattro zampe che girano per casa.

A tutti, per tempo, i nostri auguri di buone feste. Sergio Meda

SommarioSPECIALE

Celiachia, spiragli all’orizzonte

ANZIANIUniversità della terza età

APPROFONDIMENTOAism: Associazione italiana Sclerosi multipla

CONSIGLIMantenersi caldi

SPAZIO BIMBINiente azzardi con i più piccoli

SALUTE A 4 ZAMPELe loro medicine

BENESSEREGinnastica profonda

RISPONDE IL FARMACISTA 13

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Vaccinazioni dei più piccoli

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“Il dato dei celiaci negli Stati Uniti, il cui nu-mero è raddoppiato negli ultimi 15 anni, può far pensare a un vistoso incremento nell’intolleranza al glutine nella popolazione di riferimento e quindi a un aumento dei ce-liaci nel mondo. In realtà è un buon segno perché testimonia i passi avanti compiuti dalla diagnostica nell’individuare, per tem-po, i casi di alterazioni nell’assorbimento“. Lo chiarisce la professoressa Patrizia Resta-ni, Dipartimento di Scienze farmacologiche dell’Università degli Studi di Milano, che ag-giunge: “Sino a non molto tempo fa alcune forme di celiachia, soprattutto quelle sub-dole, non erano individuabili, sfuggivano ai controlli. Oggi i test messi in campo fanno emergere, sia per i bambini sia per gli adulti, l’intolleranza alimentare e questo aiuta nel ridurne le conseguenze negative“. Purtrop-po dalla celiachia non si guarisce, ci si può soltanto convivere con una dieta idonea e i veri equivoci che vanno subito sgomberati. “I miglioramenti che si ottengono con la die-ta hanno fatto pensare in passato all’ipotesi di remissione. I sintomi regrediscono e col

tempo scompaiono, soprattutto negli adole-scenti. Così qualcuno pensa a una guarigio-ne. Così non è. Chi smette di avere precau-zioni può andare incontro a guai maggiori“.

La ricerca sulla celiachia si sta muovendo anche in direzione di un vaccino. “Ipotesi che non pare così lontana, ma è presto per gioirne. In ricerca c’è anche un notevole inte-resse per la zonulina, una proteina che mo-dula l’assorbimento intestinale, ma anche in questo caso occorre essere cauti“.

In tema di celiachia sono stati fatti enormi passi avanti nelle conoscenze, ma ancora non siamo in grado di capire del tutto i mec-canismi che ne determinano l’insorgenza. Si sa soltanto che la predisposizione genetica, dato evidenziato dalla letteratura scientifica, induce in alcuni soggetti, in media uno su 100 nella popolazione italiana (le donne in rapporto doppio rispetto agli uomini), il cat-tivo assorbimento dei nutrienti in presenza di glutine, vale a dire di alimenti a base di frumento o derivati. Le diagnosi in tempo

utile allontanano i veri rischi (negli adulti osteoporosi, anemia, linfoma intestinale) ma l’unico rimedio, o meglio l’unico contra-sto utile, è una rigida dieta priva di glutine (come dicono gli anglosassoni gluten free). Questa consente di campare a lungo e sen-za vistosi disagi.

Certo, è più semplice per un diabetico stare lontano dai cibi pericolosi. Un celiaco non ha solo restrizioni alimentari, ha divieti assoluti con disagi di tipo relazionale. “Un tempo,“ – racconta la Restani – “c’erano pochi luoghi, aldilà della famiglia, in cui i celiaci potevano consumare un pasto senza timore. I risto-ranti specializzati e sicuri erano pochissimi, bastava una bistecca trattata dove in prece-denza aveva sostato della carne infarinata per avere problemi. Oggi sono numerosi i ristoranti con un menu specifico. Idem per le mense, scolastiche e aziendali, che han-no l’obbligo di fornire pasti per celiaci. I fast food sono da evitare ma i celiaci lo sanno. C’è anche la pizza per celiaci, alcuni locali, con le dovute cautele per via del forno che deve essere attentamente controllato, la propongono“.

Il celiaco è un po’ condannato a mangiare in casa? “Questo non è più vero e da anni. Occorrono accortezze, cautele, comprensio-ne da parte di chi invita un celiaco, bisogna essergli amico ed evitargli qualsiasi sorpresa negativa“.

Qualche novità positiva esiste: l’avena e i derivati sono stati ufficialmente riammessi. I succhi di frutta che sembravano a rischio ora sono stati sdoganati. “L’avena è stata ammessa dalla Comunità Europea ma forse si dovrebbe fare attenzione alla varietà per-ché non tutte le avene sono uguali, come uno studio italiano ha dimostrato. Quanto ai succhi di frutta non ci dovrebbero essere

Celiachia, spiragli all’orizzontePer fronteggiare l’intolleranza al glutine che colpisce, senza preavviso, un italiano su cento, il futuro ci riserva un vaccino, ma al momento l’unico precetto utile è una dieta rigida continuativa, come suggerisce la professoressa Patrizia Restani, dell’Università degli Studi di Milano

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Speciale

problemi di contaminazione da glutine. Inu-tile fare falsi allarmismi, anche se è meglio limitarsi a utilizzare i succhi che contengono solo frutta. In ogni caso il prontuario compi-lato dall’AIC può aiutare nelle scelte“.

Un fattore correlato alla celiachia – “che non è una vera malattia ma un’intolleranza a un ingrediente della dieta“, come ricorda la professoressa Restani – è il malessere psi-cologico, soprattutto in età adulta. “C’è chi è sereno e affronta bene il problema, magari confortato dal fatto che l’intolleranza al glu-tine allontana spettri ben più gravi, talvolta infausti. C’è al contrario chi è in preda a una vera e propria fobia, ed è terrorizzato all’idea di mangiare cibo non sano per lui“.

Da ultimo un quesito: ha ragione chi dice che celiaci non si nasce ma si diventa?“C’è del vero perché l’intolleranza si sviluppa comunque dopo l’assunzione del glutine, quindi non alla nascita. Molti sono i possibili fattori e solo alcuni oggi noti“.

ESSERE in caRnE non dà gaRanziE

Il peso non è sempre un indicatore di assen-za di malattia. I celiaci sono tendenzialmente più magri, ma molti di loro sono normopeso. Chi è in carne può anche essere celiaco senza saperlo, e purtroppo lo scoprirà dimagrendo

per il cattivo assorbimento intestinale. Come detto l’intolleranza al glutine non discrimina, colpisce qua e là, e può comparire anche in famiglie senza precedenti. La celiachia è subdola, non di rado si nasconde.

intollERanzE E faMiliaRità

Per verificare il ruolo dell’introduzione del glutine nella dieta sullo sviluppo della ma-lattia celiaca sono oggi in corso studi clinici

su bambini con familiarità per la celiachia in cui l’introduzione dei cereali “tossici“ vie-ne iniziata a mesi diversi durante il divezza-mento. I risultati non sono ancora noti ma permetteranno di chiarire se il consiglio di ritardare il glutine al 9-12° mese di vita nei bambini predisposti sia o no un’indicazione ancora valida.

Sergio Meda, in collaborazione con Patrizia Restani, Dipartimento di Scienze far-

macologiche -Università degli Studi di Milano

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È un medicinale a base di ossimetazolina cloridrato. Non utilizzare nei bambini al di sotto dei 12 anni. Leggere attentamente il foglio illustrativo. Attenzione: i medicinali vanno assunti con cautela, per un breve periodo di tempo, non superando le dosi consigliate e solo per le indicazioni riportate nel foglio illustrativo. In caso di dubbi rivolgersi al medico o al farmacista. Dep. del 23 Dicembre 2009.

L’intolleranza al glutine si manifesta nei bambini generalmente con gran-de magrezza, scarsa crescita, dolori addominali, astenia, rifiuto del cibo. Si accompagna spesso a sbalzi di umore, ben evidenti. Ragioniamo insomma di bambini visibilmente esasperati, non certo di bambini capricciosi. Bambini il cui disagio è palese. Un altro parametro è l’anemia sideropenica, da carenza di ferro. Negli adulti la celiachia si mani-festa frequentemente con afte (lesioni della mucosa all’interno della bocca) o altre sintomatologie subdole.Fortunatamente la preparazione del medico di famiglia e del pediatra di base si sono accresciute negli ultimi

anni, e per alcuni c’è sempre la scappa-toia di prescrivere analisi specifiche al minimo sospetto. Il rischio di “falsi posi-tivi“ è peraltro molto ridotto rispetto ai “falsi negativi“ (l’intolleranza al glutine non risulta, per via di forme subdole, difficili da riscontrare). Negli anni scorsi si è tentato, in alcune regioni, uno screening pediatrico sulla celiachia prendendo in esame la scuola dell’obbligo, a partire dall’elementare, con risultati non incoraggianti: troppo rari i casi riscontrati di bimbi celiaci a fronte di esami costosi. In particolare i test predittivi sono numerosi al mo-mento, e in continua evoluzione.

Attenzione ai sintomi dei bambini

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“Non è mai troppo tardi“ recitava la trasmis-sione televisiva di Alberto Manzi che negli anni Sessanta (precisamente tra il 1960 e il 1968) insegnava a leggere e a scrivere a centinaia di migliaia di persone adulte che in gioventù non erano potute andare a scuola per le precarie condizioni econo-miche.Oggi per fortuna è superata la necessità di un “maestro televisivo“ che insegni le basi della lingua, rimane però la voglia di impa-rare quello che in gioventù non si è avuto tempo di seguire per mille motivi (tempo, lavoro, famiglia) e di recuperare quello che (per gli stessi mille motivi) s’è più o meno dimenticato. A tale esigenza rispondono oggi le Univer-sità per la Terza Età, diventate negli anni punto di riferimento per chi, nonostante l’età, continua a coltivare la passione per gli studi. Tra i frequentatori, persone molto diverse tra loro: c’è chi è già laureato e chi non ha mai conseguito nessun titolo di stu-dio, ma tutti sono accomunati dalla stessa voglia di conoscere.I corsi in programma soddisfano gli argo-menti e i gusti più disparati: si va dalla filo-sofia all’arte, dalla storia alla musica, dalla biologia al cinema, dalle lingue all’econo-mia, dall’informatica alla letteratura. Questi istituti, riconosciuti dalle Regioni in confor-mità a requisiti di qualità, sono gestiti da varie associazioni, istituzioni e fondazioni e offrono una grande varietà di corsi tenuti da docenti qualificati, professori di scuola media e professionisti, in ogni caso persone che hanno una consolidata esperienza nel-la materia, o perché ne hanno fatto oggetto della loro professione passata o perché ap-passionati sperimentati (dalla fotografia ai merletti, dalla cucina alla pittura).Ne abbiamo chiacchierato con chi di que-sta realtà si occupa da anni, Bruno Del Sa-vio, docente di Economia & Società all’Uni-versità della Terza Età di San Giuliano e San Donato Milanese.

Chi torna sui banchi di scuola lo fa per il piacere di imparare o per trovare una via d’uscita alla solitudine e all’improvviso troppo tempo libero da riempire?Sarei tentato di dire 50 e 50, ma forse preva-le il piacere di imparare, o far riemergere ciò che la routine esistenziale ha sommerso.

Il titolo che si ottiene però non è ricono-sciuto ai fini legali, vero?No, ma lo scopo non è riqualificare profes-sionalmente anziani irriducibili, bensì fare una onesta attività culturale; per la funzione delle UTE i promotori parlano variamente di “viatico per ristrutturare l’esistenza dei quie-scenti“ e “per scommettere sulla propria (crescente!) giovinezza“, di “diffusione di cul-tura antropologica“ e di “ritorno all’esercizio della ragione contro ogni partigianeria“.

Ma chi è l’alunno-tipo?Più che di “alunni“ nelle università over 50 si parla, secondo un’aulica dizione ufficiale, di “discenti“. L’età media è compresa tra i 50 e i 70 anni e a frequentare sono soprattutto

le donne (oltre il 60%), presenti – e in quota crescente – persino alle mie chiacchierate di economia. Un terzo degli iscritti possiede il titolo di studio di scuola media superiore, gli altri due terzi, invece, hanno fatto la scuola dell’obbligo ma evidentemente hanno una grande voglia di riprendere e continuare il loro cammino culturale.

Gli argomenti trattati sono i più disparati, ma quali sono quelli più seguiti e richiesti?Ci sono corsi seguiti da numerose decine di discenti e altri solo da poche unità; e questo, al di là della qualità del docente, dipende prevalentemente dalle passioni personali e della piacevolezza intrinseca della materiaCerto, ad esempio, le 15 persone che stanno ad ascoltarmi (numero corrispondente alla media generale, ma per me assolutamente massimo), stante l’argomento certo non gla-mour, devono essere dei veri appassionati dei problemi economici che condizionano la nostra vita! Credo che a volte possa influire nella scelta anche la previsione di un buon programma di attività collaterali.

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Non è mai troppo tardi

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Iniziative collaterali di che tipo?Spesso sono organizzate visite guidate a mostre, musei o luoghi storici, a seconda del tema del corso; serate a teatro, al cinema o a concerti; presentazioni di libri o vere e pro-prie gite, in Italia o all’estero, finalizzate all’ar-gomento trattato durante le lezioni.Queste iniziative diventano così non solo occasione di apprendimento, ma anche di socializzazione tra i partecipanti. La corale stessa è nata due anni fa come attività spe-

cifica collaterale (e si sta pensando anche al teatro).

I numeri degli studenti, o meglio dei di-scenti, è costantemente in crescita. Cosa ne pensa in proposito? A cosa crede sia dovuto?Verrebbe da rispondere come l’oste del suo vino… ma forse il motivo è che c’è bisogno di confrontarsi, o addirittura di trovare una società su misura, quasi privata, a fronte del-

la società generale che purtroppo si è bau-manamente liquefatta e sempre più spesso si dimentica delle persone anziane.

Laura Camanzi, in collaborazione con Bruno Del Savio, docente di Economia & Società all’Università della Terza Età

di San Giuliano e San Donato Milanese

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Un po’ di regoleOgni Regione stabilisce dei criteri gene-rali delle norme valide affinché una uni-versità venga riconosciuta dallo Stato e ottenga i contributi di legge. I principi istituzionali di riferimento sono contenuti negli articoli 42 e 49 del decreto del Presi-dente della Repubblica del 24 luglio 1977. Al di là delle singole variabili e dei singoli casi, è possibile tracciare un panorama ge-nerale dei requisiti richiesti.Le università devono:• essere regolarmente costituite come

associazioni, enti culturali, o strutture operative di enti culturali giuridicamen-te riconosciuti che operano nel settore;

• svolgere una regolare attività, costituita da almeno sei corsi ed un totale annuo di 100 ore;

• avere un corpo docente composto per almeno 2/3 da docenti laureati, profes-sori universitari o di istituti medi o pro-fessionisti;

• essere finanziariamente autonome; • avere una regolare struttura ammini-

strativa; • aderire a una federazione o associazione

di università della terza età a carattere nazionale (Unitre, FederUni, Fnp – Fede-razione Nazionale Pensionati).

Per iscriversi non ci sono limiti di età né di titolo di studio. In alcuni casi di bisogno inoltre, sono previste delle esenzioni par-ziali o totali dal pagamento delle rette. An-che in questo caso, ogni università si com-porta autonomamente e quindi bisogna informarsi direttamente e chiedere se si ha

diritto a una sovvenzione in tal senso. Per maggiori informazioni è utile contattare la sede universitaria più vicina. Una volta trovato l’indirizzo che interessa bisogna chiamare e chiedere informazioni. Ogni Università, infatti, per quanto riconosciu-ta dalla Regione, è autonoma e stabilisce non solo le tipologie dei corsi, ma anche i termini di iscrizione, i costi e le eventuali esenzioni. Generalmente i costi di iscrizio-ne annuali vanno dai 30 euro in su, men-tre il costo dei singoli corsi è vario quanto il panorama degli argomenti trattati, pur rimanendo sempre piuttosto contenuto.Con l’iscrizione è compresa una copertura assicurativa contro gli infortuni che po-trebbero verificarsi durante le lezioni.

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PRONTO SOCCORSO PER IL MAL DI GOLAÈ un medicinale a base di flurbiprofene che può avere effetti indesiderati anche gravi.Leggere attentamente il foglio illustrativo.Autorizzazione su domanda del 10/09/2009.

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ApprofondimentoLA SCLEROSI MULTIPLA

È bene chiarire subito: la sclerosi multipla (SM), o sclerosi a placche, è una malattia a decorso cronico che colpisce il cervello e il midollo spinale. È caratterizzata da un danno e da una perdita di mielina, la sostanza che riveste le fibre nervose, e può interessare diverse aree di grandezza variabile che prendono il nome di placche. Questo pro-cesso di demielinizzazione può evolvere da una fase infiammatoria iniziale a una fase cronica, in cui le placche assumono caratteristi-che simili a cicatrici, da cui deriva il termine “sclerosi”. «L'esempio più semplice», ci racconta Mario Alberto Battaglia, medico e presidente di FISM (la fondazione dell’Associazione Italiana Sclerosi Multipla), «sono i fili elettrici scoperti: il messaggio continua a essere condotto ma c'è il rischio che si disperda o intervengano malfunzionamenti. Nel caso della SM, le singole fibre scoperte possono trasmettere in maniera anomala e creare problemi di varia natura a deambulazio-ne, coordinamento nei movimenti, sensibilità, vista». Con frequenze del tutto soggettive, tanto da far pensare - in alcuni casi - a situazioni passeggere o guarigioni improvvise. «Esiste infatti una forma beni-gna», continua Battaglia, «e si basa su pochi o anche un solo attacco infiammatorio. La forma più frequente è a ricadute e remissioni, cioè a ondate che poi, col tempo migliorano. Rimangono le fibre nervose scoperte. Solo con il tempo le placche da infiammatorie si trasforma-no in cicatriziali, per effetto di riparazioni che il nostro corpo effettua;

a quel punto la fibra nervosa non funziona più e il sintomo rimane».

l'oRiginE

Il nostro sistema immunitario può presentare dei difetti, tali da portarlo ad attaccare parti dell'organismo sane. È il principio delle malattie autoimmuni: se nel diabete sono interessate dall'attacco le cellule che producono insulina, nella sclerosi multipla è la volta della mielina. Il perché il nostro sistema può sbagliarsi è sempre Battaglia a spiegarcelo: «alla base dei tessuti ci sono delle proteine che sono fatte da elementi base che sono circa tanti quanti le let-tere di un alfabeto. È possibile che vi siano - passatemi il paragone - delle sillabe uguali tra linguaggi diversi. E quindi pezzi di proteine uguali tra virus e parti del nostro organismo. Ecco la ragione dell'er-rore del sistema immunitario».

la SEconda Malattia nEURologica al Mondo

Sono circa 2 milioni le persone affette da sclerosi multipla sul pia-neta, di cui oltre 400mila in Europa e 60mila oggi in Italia. La sua di-

le cause sono ancora in parte sconosciute, tuttavia la ricerca ha fatto grandi passi nel chiarire il modo con cui la malattia agisce, permettendo di arrivare a una diagnosi e a un trattamento precoce

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Sconosciuta ma non troppo

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stribuzione non è uniforme: sembra colpire maggiormente le zone lontane dall'equatore a clima temperato (Nord Europa, Stati Uniti, Nuova Zelanda e Australia del Sud). La SM può esordire a qualun-que età ma si diagnostica per lo più nella fascia 20-40 anni e nelle donne, colpite in numero doppio rispetto agli uomini.L’evoluzione nel tempo della malattia varia da persona a persona ed è possibile individuare quattro forme di decorso clinico: a ri-cadute e remissioni, secondariamente progressiva, primariamente progressiva e progressiva con ricadute:

- La forma clinica più frequente è la sclerosi multipla a decorso recidivante-remittente: circa l’85% delle persone con SM ha ini-zialmente questa forma nella quale si presentano episodi acuti di malattia (detti "poussè" o "ricadute", che insorgono nell’arco di ore o giorni e sono destinati a regredire del tutto o in parte in un tem-po variabile) alternati a periodi di benessere (definiti "remissioni").- La SM secondariamente progressiva si sviluppa come evoluzione della forma recidivante-remittente, è caratterizzata da una disabi-lità persistente che progredisce gradualmente nel tempo. Circa il 30-50% delle persone con SM, che inizialmente hanno una forma recidivante-remittente, sviluppano entro 10 anni circa una forma secondariamente progressiva.- La SM primariamente progressiva, invece, è caratterizzata dall’as-senza di vere e proprie ricadute; le persone (meno del 10%) pre-sentano, fin dall’inizio della malattia, sintomi che iniziano in modo graduale e tendono a progredire lentamente nel tempo.- Infine vi sono anche persone (circa il 5%) per le quali, oltre al pre-sentarsi di un andamento progressivo dall’inizio, si manifestano anche episodi acuti di malattia, con scarso recupero dopo l’episo-dio (decorso progressivo con ricadute).

il dEcoRSo

Purtroppo non esiste alcun esame in grado di prevedere con as-soluta certezza, fin dai primi sintomi, quale sarà il decorso a lungo termine della malattia nel singolo individuo; solo un monitorag-

Patologia multifattorialeFin dai primi studi (datati fine Ottocento), si sospetta che l’origine della SM sia da attribuire a fattori ambien-tali come l’alimentazione, il lavoro svolto, l’ambiente, in associazione a virus oltre a studiare i fattore di predispo-sizione. Dopo molte ipotesi si è giunti alla conclusione che non vi sia un virus specifico in grado di causare la SM ma diversi agenti infettivi in grado di innescare l’evento immunologico in una persona geneticamente predisposta.

Sono tantissimi: dai problemi alla vista a difficoltà mo-torie (ad esempio non riuscire a muovere una parte del braccio o una gamba), di coordinazione dei movimenti a disturbi vescicali o di sensibilità. In generale tutti di-sturbi che possono essere ricondotti a un malfunziona-mento delle fibre nervose. Chi ha dei sintomi si rivolge al proprio medico o a un neurologo.

I Sintomi

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gio attento permette di formulare un’indicazione di prognosi più precisa. In ogni caso, indipendentemente dalla forma della ma-lattia, la durata della vita delle persone con SM non è sostanzial-mente differente da quella degli altri. Fondamentale è l’approccio corretto e consapevole alla SM, tale da ridurre la possibilità di di-sabilità gravi e godere a lungo di una buona qualità di vita perso-nale, lavorativa e sociale. «Oggi grazie agli interventi farmacolo-gici», continua Battaglia, «riusciamo a rallentare la progressione della malattia in maniera significativa. Solo venti anni fa, una persona affetta da SM rischiava di finire sulla sedia a rotelle me-diamente dopo sette anni dalla diagnosi. Ora solo un terzo delle persone - e dopo 20-25 anni – presentano disabilità significative»

la RicERca

Poiché le cause della sclerosi multipla sono ancora sconosciute, o non del tutto chiare, i fondi sono distribuiti verso diversi ambiti scientifici: farmacologia, virologia, immunologia(lo studio del si-stema immunitario), neurobiologia (lo studio del tessuto nervo-so), neurofisiologia, fino a studi di neuroprotezione (la possibilità di riparare il danno e i meccanismi per evitarli) e i progressi nella neuroradiologia (risonanza magnetica nella diagnosi, nel moni-toraggio, nella ricerca). «Anni fa la diagnosi era solo clinica, le te-rapie limitate al cortisone», commenta Battaglia, «oggi al primo sintomo neurologico possiamo scoprire se si tratta di SM e ini-ziare subito a bloccarla,con i farmaci immunomodulanti e immu-nosoppressori, oltre a intervenire nelle varie fasi di malattia con la cura dei sintomi: fatica, vescica, spasticità, ecc… Intervenendo sui sintomi, e bloccando il decorso della malattia, possiamo dare qualità di vita alle persone».

il RUolo dEll’aiSM

L’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (www.aism.it) – il cui Pre-sidente onorario è il Nobel Rita Levi Montalcini - è da oltre 40 anni il punto di riferimento per le 60mila persone affette da SM e i loro familiari. L’attività si sviluppa in tre ambiti: promuovere ed erogare servizi, rappresentare e affermare i diritti delle persone con SM e sostenere la ricerca scientifica. «Nel 2009 AISM ha finanziato la ri-cerca con 4 milioni di euro, il 17% di quanto raccolto. L’obiettivo è arrivare a 6 milioni». Il resto dei fondi è destinato ai servizi (il 5%), alla formazione e allo sviluppo della rete associativa (6%), una pic-cola parte alla gestione dell’Associazione (circa il 7%) e il rimanente alle iniziative di raccolta fondi: «I 10mila volontari vanno formati perché sono loro a svolgere l’attività sul territorio, soprattutto nelle zone dove sono più consistenti le mancanze del servizio pubblico. Informazione, certo, assistenza, - soprattutto ai gravi - ma anche aiuti economici, trasporto, sostegno alle famiglie. Operando a 360 gradi siamo un punto di riferimento».

Federico Meda, in collaborazione con Mario Alberto Battaglia, medico e presidente di Aism

L’insufficienza cerebrospinale venosa cronica (CCSVI)

è all’origine della malattia?Da alcuni mesi l’attenzione è rivolta alla ipotesi che la scle-rosi multipla dipenda da una malformazione venosa e che con una (costosa) operazione, sia possibile risolvere il problema e guarire. A fronte delle conoscenze scientifiche pubblicate, Battaglia precisa: «Al momento possiamo affer-mare – come lo ha discusso la comunità scientifica lo scorso ottobre all’ECTRIMS, il principale congresso europeo sulla sclerosi multipla – che la CCSVI non è la causa della SM, che le malformazioni potrebbero essere presenti anche nei sani o in altre malattie e che non ci sono i presupposti per pro-porre interventi correttivi sulle vene al di fuori di studi clinici controllati». Purtroppo esistono già cliniche che garantisco-no interventi di successo a cifre a 3 zeri in Italia e all’estero. «Come Fondazione e principale finanziatore in Italia della ricerca sulla SM, abbiamo promosso e finanziato un impor-tante studio multicentrico di prevalenza sulla presenza di CCSVI in 1.200 persone con sclerosi multipla, 400 controlli sani e 400 altre malattie neurologiche». Per maggiori in-formazioni, validate dal mondo scientifico, vi invitiamo a consultare il sito dell’Aism che pubblica periodicamente aggiornamenti sull’argomento “CCSVI” (www.aism.it).

ApprofondimentoLA SCLEROSI MULTIPLA

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Nel numero 6/2009 del Gazzettino abbia-mo affrontato il tema della presciistica, proponendo una tabella di preparazione per affrontare fisicamente al meglio i pri-mi giorni sulle nevi. Quest’anno - oltre a illustrarvi nell’aletta di copertina alcuni esercizi da compiere una volta arrivati alla partenza degli impianti - poniamo l’attenzione su accorgimenti di altro genere, a partire dall’attrezzatura: «una visita in un centro di manutenzione è ne-cessaria sia per valutare lo stato di lamine e fondo, sia per registrare gli attacchi», esordisce Marco Nepote, già preparatore atletico della Nazionale maschile di sci e docente di Scienze motorie all’Università di Torino. «Le prime vanno “rifatte“ almeno tre volte l’anno perché intervengono sul controllo dello sci su qualsiasi tipo di neve, mentre degli attacchi - la cui vita è di circa 4-5 anni - in buono stato sono un’assicura-zione in caso di caduta». A seguire, dopo l’attrezzatura, è bene considerare l’oppor-tunità di un aggiornamento della tecnica sciistica: «Con l’avvento degli sci sciancrati - più corti e facili da usare perché assem-blati per disperdere maggiormente le vibrazioni e dotati di lamine che garanti-scono maggiore “presa“ sul terreno - sono molte di più le persone in grado di affron-tare una discesa a velocità sostenuta. Pur-

troppo sono pochi coloro che decidono di imparare ad usarli al meglio. Io consiglio qualche lezione con i maestri, anche ai più provetti, perché modulare meglio le curve e imparare ad affrontare le gobbe dà mol-te soddisfazioni e diminuisce il rischio di cadute e infortuni».

aBBigliaMEnto tEcnico

Micro pile, gore tex, wind stopper, sono tan-te le invenzioni a livello di materiali lanciate sul mercato nell’ultimo ventennio. È meglio approfittarne, lasciando nell’armadio ma-glioni extra large e calzettoni troppo spessi.«Vestirsi a strati non è una moda, creando isolamento si diminuisce la dispersione termica», continua Nepote, «oltretutto le nuove tute sono studiate per mantenere all’interno il calore del corpo e facilitare la traspirazione, concentrando l’azione sul-le parti più sensibili o “sudoripare“, come l’ascella, la parte alta della schiena, la testa». Anche su guanti e scarponi la tecnica è in-tervenuta: «Sottoguanti in seta, serpentine riscaldanti negli scarponi... anche per i più freddolosi gli accorgimenti non mancano». L’importante è controllare bene l’etichetta e non lasciarsi affascinare da prodotti adatti a temperature artiche: «è bene ricordarlo: da noi non si arriva a -20°/-30°. Quindi, per fare un esempio, le famigerate “mascherine canadesi“ in Italia difficilmente potremmo utilizzarle: con quel freddo (e la nostra umi-dità) non usciremmo neanche di casa. E se fa più caldo, si creano inutili condense che, una volta ghiacciate, possono solo dare problemi».

PRoBlEMi ciRcolatoRi

C’è chi lamenta effettivi problemi di circo-lazione, soprattutto negli arti inferiori. Lo scarpone, suo malgrado, non è una panto-fola. Stringe, comprime e può dare fastidio. Anche in questo caso esiste la soluzione, neanche troppo cara: «in Italia operano bra-vi artigiani cui si possono commissionare modifiche agli scarponi, ideali per persone con piedi particolari o con difficoltà circola-torie. Detto ciò, la regola che vale per tutti è

di comprarli al massimo di un numero più grande. Onde evitare che il piede si muova (problemi per rotazioni tibio-tarsiche) e si abbia un minor controllo degli sci».

attEnzionE al Viaggio

Preparati, attrezzati, prudenti. Purtroppo non basta perché le ore in macchina per raggiungere gli impianti possono diminu-ire notevolmente l’elasticità muscolare, di per sé ridotta nelle prime ore del mattino. «L’ora, o più di viaggio è statica rischia di an-chilosare braccia e gambe», ci spiega Marco Nepote, «una volta scesi bisogna svolgere dei piccoli esercizi per riattivare la circola-zione, magari aiutandosi con i bastoncini. Camminata, leggera corsa, stretching, ov-vio, ma anche circonduzione delle braccia (fatele ruotare avanti e indietro diverse vol-te), squat (piegamenti sulle gambe), slanci delle gambe avanti e indietro e piegamen-ti. Questi ultimi con le braccia appoggiate alle gambe, non certo sull’asfalto». (Per maggiori particolari guardate l’aletta di co-pertina ndr).

cERcatE di non RaffREddaRVi

Nepote insiste su una cosa, non di poco con-to, come i moderni impianti di risalita, a suo giudizio fin troppo efficienti: «Una volta, per arrivare in cima si dovevano prendere skilift di ogni genere e pendenza. Scomodi, forse, ma utili per migliorare l’equilibrio sugli sci e la postura in genere (in questo senso i più piccoli penso si perdano delle esperienze motorie molto valide) senza mai smettere di muoversi. Le nuove seggiovie, invece, portano chiunque e facilmente a qualsia-si altitudine, raffreddando velocemente i muscoli. È una forma di sedentarietà che in montagna non si era mai registrata. Meglio ricordarselo una volta in cima: affrontare una pista impegnativa dopo - magari - 10 minuti seduti a prendere il vento può esse-re più pericoloso del previsto».

Federico Meda in collaborazione con Marco Nepote, docente di Scienze Motorie

’Università degli Studi di Torino

Consigli

Mantenersi caldi

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In caso di neveIn farmacia, pronti per l’uso sulle pi-ste, oltre ai pratici scaldotti per mani e piedi, sono in vendita diversi articoli per contrastare il freddo: dai prodotti per i geloni alle cold cream per il viso (utili per le screpolature, in particola-re per i bimbi), fino a a prodotti orto-pedici per sostenere le articolazioni e fasce elastiche in neoprene per chi soffre di lombosciatalgie.

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Delle vaccinazioni pediatriche obbligatorie ogni tanto si contesta l’opportunità. C’è, ad esempio, chi sostiene che tetano, difterite e poliomielite siano ormai scomparsi dallo scenario occidentale e adombra l’ipotesi che le prime punture ai piccoli, verso i tre mesi, potrebbero essere limitate al solo vaccino contro l’epatite B. “Mi sembra un azzardo inutile“ precisa il dottor Massimo Fontana “perché l’Organizzazione mondiale della Sa-nità non ne ancora decretato la scomparsa. Il vaiolo è stato eradicato e non ci si vaccina più, ma i casi di poliomielite si presentano, sporadici, e non bisogna dimenticare che i viaggi, cinquant’anni fa rarissimi, oggi sono una consuetudine. Anche i bambini viag-giano con la massima facilità e sono quindi esposti a rischi, relativi, ma comunque pre-senti“.

Lei tiene alto il livello di guardia, insomma. Penso che sia meglio così. Negli ultimi cin-que anni si è già fatto un passo importante: si è scelto di passare dal vaccino orale, certa-mente più efficace ma che poteva esporre a controindicazioni, al vaccino intramuscolare, di efficacia leggermente inferiore, che però non espone ad alcun rischio.

La differenza sostanziale? Il primo, quello per bocca, presentava virus vivi, che si moltiplicavano. Quello intramu-scolare contiene virus uccisi, che non posso-no riprodursi.

Veniamo alle vaccinazioni che il Ministero della Salute raccomanda: quelle per mor-billo, parotite, rosolia, pertosse e i ceppi di meningite. Cosa significa, che sono facoltative, lasciate alla discrezione del medico? No assolutamente, è quella di si chiama “of-ferta attiva“, vale a dire che il Ministero, in ter-mini di prevenzione, non obbliga l’adozione di questi vaccini ma li suggerisce, ne inco-raggia l’impiego. Si tratta di vaccini in molti casi dispensati gratuitamente dalle strutture centrali o regionali, in base a decreti, circola-ri, ordinanze o deliberazioni ufficiali.

Ci lasci dire che la diffidenza nei confronti dei vaccini è comunque ampia. Non sono d’accordo. Attorno ai vaccini c’è una sostanziale concordanza di vedute, salvo qualche isolata resistenza di tipo ide-ologico. Non unanimismo, ma ampia accet-tazione. Non dimentichiamo che qualcuno,

furbescamente, pensa di negare al proprio figlio il vaccino perché è convinto che siano sufficienti le coperture date ai coetanei. È quello che noi chiamiamo “effetto branco“. Attenzione, esistono anche i portatori sani, loro non si ammalano ma chi gli sta vicino può non essere immune.

Quindi pensa che le lamentele riguardino una minoranza? Ritengo di sì, forse intervengono problemi organizzativi, disguidi di orari, di disponibi-lità del medico di base o del pediatra per le vaccinazioni. Niente di più.

Chi dovrebbe farsi carico di rasserenare le mamme e i papà?Di certo il medico di famiglia al quale i geni-tori si rivolgono in prima istanza. Poi i pedia-tri, ma non c’è bisogno di ricordarglielo: già lo fanno.

Però sul vaccino antinfluenzale lo scorso anno si è scatenata la bagarre. E coin-volgeva anche i piccoli, visto che loro ri-sultavano più esposti, sino alla fascia dei diciottenni. Discorso completamente a parte quello dell’antinfluenzale, vuoi stagionale o legato all’H1N1, l’influenza A. Questi vaccini sono raccomandati agli anziani e ai portatori di malattie croniche, a coloro che hanno ridot-te difese immunitarie, problemi polmonari o cardiaci. Non a caso lo si è prescritto agli individui sani per limitare i problemi, per ri-durre il blocco delle strutture sociali, a parti-re dalla sanità per continuare con i trasporti e il resto. Il Paese non si poteva fermare per la pandemia, che in realtà non c’è stata.

Molti operatori pubblici hanno usato la disobbedienza civile, hanno evitato in gran parte di vaccinarsi. Si sono giustificati per le perplessità che molti avevano, potrei dire che non era del tutto illogico farlo. I numeri dell’esposizione al virus hanno dato loro ragione, ma non è stato un successo, dal punto di vista della coscienza civica.

Sergio Meda, in collaborazione con Massimo Fontana, responsabile

di Pediatria all’Ospedale Buzzi di Milano

Spazio bimbi

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Niente azzardi con i piccolile vaccinazioni, vuoi obbligatorie vuoi raccomandate dal Ministero, hanno caratteristiche di efficacia ma soprattutto di sicurezza. come dice Massimo fontana, responsabile di Pediatria all’ospedale Buzzi di Milano, “non bisogna abbassare la guardia“

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Gli incidenti quotidiani possono colpire anche i nostri amici a quattro zampe: un detersivo rovesciato o un bicchiere rotto possono creare situazioni di pericolo, così come una passeggiata nel bosco o una corsa sfrenata nel parco. L’intervento del veterinario è il più delle volte indispensa-bile, ma ci possono essere alcuni consigli utili su come comportarsi nell’immediato.• In caso di traumi o ferite alle zampe

niente stecche e trasportatelo sul lato opposto a quello colpito e nel caso si sospettasse un problema alla colonna vertebrale o lesioni interne è meglio far scivolare l’animale su un asse, una tavola rigida che funga da barella. Co-prire con un telo o una coperta può essere utile per evitare situazioni di ipotermia da choc.

• In caso di ferite profonde mettete delle garze sterili direttamente sulla parte e avvolgete con altre garze o con un tessuto morbido. Stringete non con forza, ma a sufficienza affin-ché la medicazione rimanga al suo posto fino al momento dell’assistenza medica: la compressione è utile per ar-restare o frenare l’emorragia.

• Per bruciature e ustioni la prima cosa da fare è mettere la ferita sotto l’acqua fredda, in modo che si blocchi il pro-cesso di riscaldamento dei tessuti. Se

le ustioni sono di 1°grado (pelle ar-rossata e pelo bruciacchiato) mettere garze imbevute di pomate o ungenti antiscottature, se sono bruciature chi-miche sciacquare abbondantemente la parte sotto acqua fredda corrente e portare l’animale dal veterinario.

• Se sospettate un avvelenamento cercare di indurre al vomito l’animale facendogli bere acqua e sale (tranne nel caso si di ingerimento di sostanze caustiche come candeggina, detersivi liquidi o in polvere per lavastoviglie, antiruggine, ammoniaca, pulitori per forni e wc ) .

• Il colpo di calore è riconoscibile dal respiro affannoso, febbre alta e col-lasso. Se riscontrate questi sintomi abbassate subito la temperatura cor-porea del cane bagnandolo o immer-gendolo in acqua tiepida fino al collo per una decina di minuti. Applicategli del ghiaccio sulla testa e quando la temperatura comincia a scendere por-tatelo dal veterinario

• Ricordate che un cane ferito può mordere se sta soffrendo. Mettete-gli una museruola (ma solo se non sta vomitando e se vedete che non fatica a respirare) e se non l’avete a portata di mano usate una sciarpa, una calza o un pezzo di stoffa morbida.

Pronto soccorso animale

Per quanto a volte le patologie possano es-sere simili, se non uguali, sia negli umani che nei loro animali da compagnia, non è detto che le stesse cure e le stesse medicine (sep-pure date in dosaggi differenti) possano an-dare bene per entrambi. Oltretutto quando parliamo di farmaci il consulto con lo specia-lista diventa inevitabile. Alle volte, per como-dità o perchè ne conosciamo bene gli effetti che hanno su di noi, è facile incorrere nella tentazione di usare il nostro armadietto dei medicinali per curare i disturbi dei quadrupe-di di casa. Ma vediamo cosa può succedere. Ne abbiamo parlato con Vilma Virano, medi-co veterinario di Torino.

coSa dicE la lEggE?

Da agosto 2009 i medici veterinari sono te-nuti a seguire rigidamente la normativaeu-ropea, prevista dal D.Lgs 193/2006, che di-sciplina, tra l’altro, la prescrizione di farmaci per uso umano nei confronti degli animali da compagnia. Il decreto prevede che il veteri-nario prescriva o utilizzi obbligatoriamente ed esclusivamente farmaci registrati per una determinata patologia e per quella determi-nata specie animale. La legge proibisce dun-que ai veterinari di prescrivere farmaci umani quando esistono i corrispettivi specifici per animali. Ma al di là di quello che dice la legge quello di cui bisogna sempre tenere conto è che somministrare un farmaco usato in campo umano a un cane, un gatto o un coniglio nano può essere molto pericolo-so. Quando si opta per questa scelta tre sono i fattori da tenere in considerazione: dosag-gio, specie e appetibilità.

tRE fattoRi da conSidERaRE

Il dosaggio nell’animale deve sempre es-sere calcolato pro-chilo. Anche tra gli uo-mini spesso c’è grande differenza di stazza, ma i cani possono andare dai 2kg di un chihuahua fino ai 70 kg di un alano, quindi dosare bene la quantità di medicinale da

somministrare diventa fondamentale.Anche tenere conto della specie è indi-spensabile. Se alcuni principi attivi possono essere tranquillamente sopportati da una specie, non è detto che lo siano da un’altra. Per esempio, i Fans (i farmaci da banco, quel-li più comunemente prescritti e, il più delle volte, autoprescritti) hanno un effetto mol-to nocivo sul fegato, sull’apparato renale e gastroenterico dei nostri piccoli animali. Le molecole ad azione antidolorifica, antipire-tica, analgesica, antinfiammatoria (nimesu-lide, paracetamolo, eccetera) presenti nella maggior parte di essi se, con i giusti dosaggi

posso talvolta essere utili per il cane, per i gatti risultano estremamente tossiche. E così è anche l’aspirina: tollerata dal cane (sempre se appositamente dosata), ma tossica per il gatto. L’amoxicillina, l’antibiotico più usato nei bambini, è letale, invece, per il coniglio, perchè crea dismicrobismi intestinali (altera-zione dell’equilibrio dell’ecosistema intesti-nale). Nel gatto poi bisogna fare ancora più attenzione nei dosaggi, perché il suo meta-bolismo è molto diverso e più delicato rispet-to a quello del cane, così come diversa è la tollerabilità di fronte a molti principi attivi.Anche l’appetibiità è un fattore da tenere in considerazione nella scelta di un medicina-le, e quelli formulati appositamente per uso veterinario lo sanno bene. Uno sciroppo al gusto di fragola o lampone può essere pia-

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Medicine a quattro zampe

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cevole per un bambino, decisamente meno per un cane o un gatto che preferirebbero qualcosa al gusto di pollo o di tacchino. Bi-sogna poi tenere conto della formulazione: capsule e confetti non andrebbero mai divisi, e questo diventa un grande impedimento sulla scelta dei dosaggi che difficilmente coincidono tra uomo e animale. Solo fiale e compresse possono essere ridotte nelle quantità senza che il principio attivo venga alterato. E se ingannare un cane dandogli un bocconcino con all’interno una pastiglia è

apparentemente semplice, farlo con un gat-to, goloso sì, ma più selettivo, diventa quasi impossibile.

ESEMPi PRatici

Se vediamo il nostro cane che non sta bene da giorni e pensiamo di dargli un’aspirina per farlo stare un po’ meglio, potremmo anche non fare altro che farlo peggiorare. Se fos-sero già presenti, anche se non conclamate,

ulcere o gastriti l’aspirina potrebbe, infatti, accentuarle e provocare anche emorragie gastriche. Nei cani l’aspirina è a volte usata per curare l’artrosi (malattia cronica di cui soffrono due cani su dieci) o per ridurre feb-bre o gonfiori, ma il dosaggio deve sempre essere calcolato attentamente, così come il rapporto rischi/benefici per evitare gra-vi conseguenze (emorragie, insufficienze renali, problemi gastro-intestinali). Anche gli antinfiammatori steroidei (i corti-sonici) possono diventare molto pericolosi, soprattutto nel caso di cani e gatti anziani. Discorso a parte meritano invece i fermenti lattici: quelli umani non sono nocivi per gli animali e spesso possono essere interscam-biabili, ma è bene ricordare che nei farmaci specifici per animali si tiene maggiormente in considerazione la struttura della loro flora batterica intestinale e che il dosaggio è rela-tivo alle dimensioni dell’animale, mentre per quanto uno si impegni nei calcoli, il dosaggio di un farmaco umano dato a cane o gatto re-sta sempre piuttosto empirico.Quando si sceglie di dare un medicinale non specifico per animali ai nostri amici a quattro zampe sono tante le cose di cui tenere conto, meglio quindi non cedere alla tentazione di curare i nostri animali con quello che trovia-mo in casa, ma rivolgersi sempre ad un ve-terinario.

Laura Camanzi in collaborazione con Vilma Virano, Veterinaria a Torino

Salute a quattro zampe

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Benessere

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Il pilates non è una moda, è una disciplina inventata dal tedesco Joseph Hubertus Pilates nel secolo scorso. Si fonda - princi-palmente - sulla posturologia e la respira-zione, grazie alle quali si può raggiungere un benessere fisico e mentale.«È indicato per tutti», ci spiega Marialuisa “Marylou“ Zangirolami, insegnante e ti-tolare di uno studio di pilates a Seregno (www.violetcore.it), in provincia di Monza e Brianza, «perché aiuta a superare infor-tuni, a mantenersi in forma e a conoscere più a fondo il proprio corpo». Sono 4 i passaggi per capirne di più, come ci spiega Marylou: «Quando ci si avvicina al pilates si è inconsciamente in-consapevoli, ovvero non ci si rende conto neanche di non sapere. Ma, già dalla pri-ma lezione, è facile intuire la potenzialità del pilates: il miglioramento della postura è immediato e la presa di coscienza viene di conseguenza».

Su cosa interviene la postura?Il pilates giudica fondamentale il cosiddet-to “core“, ovvero il centro del nostro corpo, il quadrato immaginario che va dalle spal-le agli addominali. Imparando ad usare al meglio la muscolatura di questa parte - coadiuvati dalla respirazione - riusciamo a non comprimere in modo anomalo le vertebre lombari. Il primo risultato sono la scomparsa delle tensioni cervicali e lom-bari.

E da “inconsciamente inconsapevoli“ a cosa si passa?A “consciamente inconsapevoli“, il che si-gnifica riconoscere i propri difetti (postu-rali principalmente) e cominciare a capire l’importanza della muscolatura pelvica,

posta all’interno del bacino, lavorando molto in profondità.

Che tipo di esercizi propone il pilates?Molto semplici: tanto corpo libero e l’uso di alcuni macchinari che permettono di lavorare specificatamente su alcune arti-colazioni o muscoli del corpo.

I nomi incuriosiscono: reformer, trape-ze, ladder barrel...Sono tutte invenzioni di Pilates, frutto di sperimentazioni fatte nel corso della sua vita. Permettono, ognuno, di svolgere in-numerevoli esercizi.

Torniamo alle fasi di lavoro. Dopo “con-sciamente inconsapevoli“?Si passa a “consciamente consapevoli“: il coinvolgimento è totale e si prende co-scienza dei risultati ottenuti, degli obietti-vi futuri. Si mastica la disciplina.

È indicato per tutti, grandi e piccini?Assolutamente sì. Ogni età ha i suoi eserci-zi, i suoi carichi, i suoi obiettivi. Gli anziani, ad esempio, non esercitano certo la forza di un trentenne, ma il loro impegno e la comprensione del pilates è di gran lunga migliore rispetto ai giovani. E dà risultati sorprendenti.

L’approccio mentale di che tipo è?Meno olistico dello yoga, per semplifica-re. Ma nell’ultima fase, “inconsciamente consapevoli“, gli esercizi sono ormai mec-canizzati, familiari, non è più necessario concentrarsi sui movimenti e i passaggi. Ci si può, quindi, soffermare ad “ascoltare“ il corpo: i fasci muscolari, la respirazione, i movimenti delle articolazioni. Ecco, que-

sto è il vero pilates. O il percorso per sco-prirlo.

Torniamo indietro un momento, elen-cando i plus del pilates.Migliora la flessibilità, la coordinazione, la forza e resistenza muscolare, il control-lo del centro del corpo (il core) e la pro-priocezione. Inoltre previene dolori alla colonna vertebrale, migliora l’attività re-spiratoria e fornisce un valido supporto a qualsiasi attività sportiva.

Informazioni pratiche: a chi rivolgersi, tempi e costi.L’importante è recarsi in un centro affiliato alla Pilates Alliance, l’unione delle scuo-le che abilitano all’insegnamento. Negli ultimi due decenni hanno insegnato un po’ tutti ma solo chi ha un attestato rico-nosciuto ha le competenze anatomiche, biomeccaniche e fisiologiche necessarie a svolgere il pilates in maniera corretta e sicura.

Prima dei costi, ci spiega la pericolosità degli improvvisati?Senza un’adeguata preparazione non ci si rende conto di chi si ha di fronte. Un anziano, un trentenne con problemi al gi-nocchio, una donna reduce da una gravi-danza... Sono tutti casi differenti l’uno con l’altro. Un esercizio può non andare bene per tutti, parimenti un carico di lavoro. Per quanto riguarda i costi, mediamente una lezione di gruppo (massimo 15 persone, non di più: fate attenzione) si aggira sui 15 euro e può bastarne una la settimana.

Solo una?Se si lavora bene, i 50 minuti settimanali sono sufficienti. Poi si può approfondire a casa. Non bisogna avere fretta: i risultati immediati ci sono (ed è la grande fortuna della disciplina) ma per averne di più im-portanti bisogna pazientare e lavorare. In due parole, far fatica.

Federico Meda

La ginnastica profonda

È indicato per tutti perchè aiuta a superare infortuni, a mantenersi in forma e a conoscere più a fondo il proprio corpo.

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Bimestrale di informazione al pubblico della Cooperativa Farmaceutica Lecchese

Anno 8, n° 6 Novembre-Dicembre 2010Reg. Trib. Lecco N. 10/03

del 22/09/2003

Direttore responsabile Sergio Meda

Comitato Scientificodottor Paolo Borgarelli

dottoressa Valentina Guidi

CollaboratoriLaura Camanzi, Federico Meda, Gianni Poli

Coordinamento redazionale

Hand&Made Milano

Impaginazione e graficaDe Marchi di De Marchi Simone

www.de-marchi.com

StampatoreGam Edit Srl – Italy

Via A. Moro, 8 - 24035 Curno (Bg)

Associazione Nazionale EditoriaPeriodica Specializzata Socio Effettivo

A.N.E.S.ASSOCIAZIONE NAZIONALE EDITORIA

PERIODICA SPECIALIZZATA

Associata al sistema Confindustria

Risponde il Farmacista

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Faccio molti esami per controllare i valori del colesterolo. Dovrei fare lo stesso per la glicemia?

Fare esami non è mai totalmente sbagliato - si chiama prevenzione - però è utile chiarire che taluni valori sono da controllare con una certa frequenza, soprattutto se si è dei soggetti a rischio. Per quanto riguarda della glicemia, si classificano "soggetti a rischio" le persone in sovrappeso o obese, donne che hanno sofferto di glicemia alta durante la gravidanza (o partorito un bambino superiore ai 4 chili di peso) e, più in generale, persone:• con più di 45 anni anni di età• sedentarie• con pressione alta • con passate intolleranze al glucosio • con grassi nel sangue elevati• chi ha parenti affetti da diabete• poco attenti all'alimentazione

Approfittiamo dello spazio per ricordarvi che il 14 novembre è la Giornata mondiale contro il diabete. Su www.giornatadeldiabete.it trovate tutte le informazioni utili per saperne di più e un divertente test per scoprire il personale fattore di rischio.

Giornata mondiale del diabete

NOVITÀ IN FARMACIA

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