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ultracontemporary books directed by Massimo Tantardini

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ultracontemporary books directed by Massimo Tantardini

Pier Luigi Tazi�| Okinawa 8

Paolo Emilio Antognoli�| For a creativity of de-growth

Per un creatività della decrescita 14

Alessandra Poggianti & Katia Anguelova

How long can a second last?

Quanto può durare un secondo? 26

Works_Opere 43

Appendix_Apparati 93

Fetish: interview_intervista

Biography_Biografi a

List of exhibition_Elenco delle esposizioni

skip_intro .03 Michelangelo Consani

Abbandonando quegli impedimenti mentali che non permettevano un tempo una visione allargata dell’attività artistica fuori delle cornici disciplinari, Michelangelo si dedica a una ricerca ambientale a pieno campo, procedendo da un’analisi serrata di concetti quali energia, processo, realtà, pieno e vuoto, negativo e positivo, contraddizione e ambiguità, banalità e ripetizione…Un rifiuto dello spettacolare che non porta a oscuramenti o annullamenti della forma, quanto alla ricerca di un processo, come Pollicino lasciava segni di pane sulla strada, in cui la forma appaia soltanto come l’esito finale e provvisorio, anche se poi scompare.

Paolo Emilio Antognoli

Having abandoned those mental impediments that once prevented a vision of artistic activity which extended beyond the boundaries of the discipline, Michelangelo conducts a wide-ranging environmental study based on strict analysis of concepts such as energy, process, reality, full and empty, negative and positive, contradiction and ambiguity, banality and repetition…This rejection of the spectacular does not lead to obscuring or annulment of form, but to the search for a process, just as Tom Thumb left breadcrumbs along the trail, in which form only appears as the final and temporary result, which then disappears. This form can still be thought of as a sculpture, but the process that directs it is rather a reference to the genetics of a sculpture.

Paolo Emilio Antognoli

Michelangelo Consani

essays by Pier Luigi TaziPaolo Emilio AntognoliAlessandra Poggianti & Katia Anguelova Marko Stamenkovic

Focus/Unfocus, 2006 _ (detail_particolare)

M I C H E L A N G E L O C O N S A N I · S K I P _ I N T R O · 8 9 · S K I P _ I N T R O · M I C H E L A N G E L O C O N S A N I

IL’artista svuota quel che l’arte ha riempito.

IISembrava avere un proprio stile, disaffettato e, a suo modo, provinciale – una provincia in quanto non era ancora riuscita a crescere secondo quelle che erano le sue più speranzose aspettative e restava defilata e dolcissima nella propria dislocata inadeguatezza – e infantile – un’infanzia incantata incantevole e irrisolta. Uno stile che si fondava su atteggiamenti ostensibilmente ritrosi, in modi che apparivano sempre di un tempo anteriore, mai in realtà veramente vissuto, tradotto in figure che ogni volta lo rendevano incredibilmente credibile. Come se quello che era stato prima, prima di “ora”, quella realtà, che pur si dava come tale mediante le tracce certe che aveva lasciato, non potesse esser recuperata se non attraverso una serie di frammenti per i quali non aveva alcun rilievo che fossero veri o fittizi, in tutto o in parte, invenzioni della fantasia o ricostruzioni di una memoria condivisa o non condivisa. Per poi scoprire alla fine, sul fondo, che, nonostante

IThe artist empties that which art has filled.

IIHe seemed to have a style of his own, disaffected and, in his own way, provincial – a province, in that it had not yet managed to grow up on the basis of its most hopeful expectations and set itself apart, sweetly, in its own dislocated – and infantile – inadequacy; an enchanted, enchanting, unresolved childhood. A style based on ostensibly backward attitudes, on ways that always seemed to be rather old-fashioned, but in actual fact were truly experienced, translated into figures that always made it incredibly credible. As if that which had gone before, before “now”, that reality which, though revealed as such by certain traces it had left, could not be restored except through a series of fragments, no matter whether they were true or false, wholly or partly inventions of the imagination or reconstructions of a shared or individual memory. Only to discover in the end, beneath it all, that despite all this oscillation between invention and reality, in actual fact things were completely

Pier Luigi Tazi | Okinawa

M I C H E L A N G E L O C O N S A N I · S K I P _ I N T R O · 10 11 · S K I P _ I N T R O · M I C H E L A N G E L O C O N S A N I

IIIShima tendeva ogni volta all’identificazione di certi segni che indicavano una volontà di comunicazione, prima ancora che di espressione, una comunicazione che, proprio per questo suo venir prima dell’espressione, era rimasta, resta, inespressa.Alcune settimane fa, tornando da una passeggiata in città, mi portò uno strano oggetto che mi disse aveva trovato per strada. Era composto di varie cannucce di plastica, di vari e teneri colori trasparenti, infilate una dentro l’altra ai loro rispettivi apici e terminava con intrecci angolari di lunghi stecchini di legno appuntiti da una parte sola, a loro volta collegati con la sequenza delle cannucce nelle due estremità. Chiedemmo a varie persone del posto – eravamo ambedue stranieri in quel luogo – se avesse un significato o una funzione. Nessuno ci seppe dare niente di più convincente come risposta che si trattava di una composizione senza alcun significato fatta alla fine di un pasto.Shima se ne appropriò e la intitolò Message.

III

Shima always tended to identify certain signs indicating an intent to communicate, even before an expression, a communication which, precisely because of the fact that it came before the expression, was and remained unexpressed. A few weeks ago, on his way back from a walk in town, he brought me a strange object he said he had found on the street. It was made up of a number of plastic straws, in various soft transparent hues, threaded into one another at their ends, and it terminated with an angular criss-cross of long wooden sticks which had been sharpened at one end only, and were in turn connected with the sequence of straws at each end. We asked a number of people in the town – neither of us were from there – whether it had a meaning or a purpose. No-one could tell us anything more convincing than to say that it was a meaningless composition put together at the end of a meal. Shima appropriated it and called it Message.

tutto questo oscillare fra invenzione e realtà, in effetti, le cose stavano in tutt’altro modo. Di fatto si trattava ogni volta, non tanto di dare una differente lettura di quel che era stato, di quella supposta realtà, e che il linguaggio comune, la vulgata, la storia, avevano fissato in certe specifiche forme, sempre suscettibili, beninteso, di esser modificate ad ogni mutamento, evoluzione, sviluppo, cui sono sottoposti il linguaggio comune, la vulgata, la storia, quanto di scoprire e portare in evidenza, un’evidenza labile, uno strato diverso di quella realtà, di quel che era stato. Uno strato, stato, che era stato come accantonato, dimenticato, soppresso, uno strato, stato, sottocutaneo, prima ancora che sotterraneo. E allora quella stessa realtà, che si trattasse di avvenimenti o situazioni fondamentali, oppure di eventi apparentemente del tutto trascurabili o di circostanze decisamente di poco conto, si manifestavano sotto altre forme. Forme in cui incertezza e acutezza avevano la stessa valenza, ché attingevano, incertezza e acutezza, alla medesima fonte di potenza, oscura e misteriosa, sottocutanea, invisibile e imperscrutabile, ma della quale non si poteva non constatare la fondamentale influenza sul corso delle cose che, in altre forme, come abbiamo già detto, il linguaggio comune, la vulgata, la storia, avevano, o avrebbero, accertato.

different. In actual fact, every time it was a matter not so much of coming up with a different reading of what had gone by, of that supposed reality, which the common language, the vulgate, history, had fixed in certain specific forms, which were of course always susceptible to modification upon every change, evolution or development of the common language, the vulgate, history, but of discovering and revealing labile evidence, a different layer of that reality, of that which had been. A layer or a state which was as if set aside, forgotten, suppressed, a layer or a state which was under the skin if not under the ground. And so this same reality, whether it be a matter of events or basic situations, or events which are apparently of entirely negligible importance or circumstances definitely of little import, appearred in other forms. Forms in which uncertainty and acuteness have the same value, in which uncertain and acuteness draw on the same source of power, dark and mysterious, under the skin, invisible and imperceptible, but whose obvious essential influence on the course of things which, in other forms, as we have already said, the common language, the vulgate, history, had, or would have, ascertained.

M I C H E L A N G E L O C O N S A N I · S K I P _ I N T R O · 12 13 · S K I P _ I N T R O · M I C H E L A N G E L O C O N S A N I

In all humility, to the densest loves of my life, R.C. and J.R.Pier Luigi Tazzi

Laddove Shimabuku intercetta segni di un universo pacato, Michelangelo Consani tende ad individuare, o a dar luogo a, momenti di tensione, una tensione sempre irrisolta, come deve essere, e non potrebbe essere altrimenti, o stati di equilibrio, equilibrio instabile – fermati mondo, immagine, figura del mio insopprimibile desiderio, fermati, sta lì quell’attimo insuperabile che tutto salva, fermati, io lo voglio, io che muoio, svanisco, mi disperdo, fermati, un solo momento, fermati (Goethe, Wilde).

Tutti e due provengono da un altrove, a cui sanno di non più appartenere, un altrove rispetto alla centralità onnipotente del mondo: Okinawa, Livorno.Io: io sono al ventiduesimo piano del Baan Chao Phraya di Bangkok ai primi di giugno dell’anno di grazia 2008, e da pochi minuti è cambiata la data, e, come dice il mio amico Italo, finisco sempre con il parlare della Siberia.In tutta umiltà, agli amori più densi della mia vita R.C. e J.R.

Where Shimabuku intercepts signs of a peaceful universe, Michelangelo Consani tends to identify, or create, moments of tension, always an unresolved tension, as it should be, and could not be otherwise, or a state of equilibrium, unstable equilibrium – stop the world, image, figure of my irrepressible desire, stop, there is that insuperable instant that saves everything, stop, I want it, I who am dying, disappearing, losing myself, stop, just for a moment, stop (Goethe, Wilde).

Both of them come from somewhere else, but know they no longer belong there; another place other than the all-powerful centres of the world: Okinawa and Livorno.I: I am on the twenty-second floor of the Baan Chao Phraya in Bangkok in early June, in the year of grace 2008, and the date has just changed, and as my friend Italo says, I always end up talking about Siberia.

Tuffo nel vuoto1919B&W photographic print_stampa fotografica in bianco e nero10 x 10 cmCourtesy private archive of the artist_archivio privato dell’artista

M I C H E L A N G E L O C O N S A N I · S K I P _ I N T R O · 14 15 · S K I P _ I N T R O · M I C H E L A N G E L O C O N S A N I

Narcissus, 1997 (detail_particolare)

“They dwell in their own countries, but simply as sojourners. As citizens, they share in all things with others, and yet endure all things as if foreigners. Every foreign land is to them as their native country, and every land of their birth as a land of strangers... They pass their days on earth, but they are citizens of heaven”.

Anonymous, Epistle to Diognetus

In certain eighteenth-century illustrations a scientist is portrayed on his knees as his body ecstatically passes through the celestial hemisphere to look at the planets in the cosmos: leaving behind the vision of the ancient world in the new light of Galileian science. I sometimes think we ought to travel the opposite way, not going back to ancient times, of course, but reversing the way we look at things, from modern abstraction to the empirical experience of the earth, of that which we see, touch and breathe. It sometimes seems to me that in this figure we can see one of the ever-elusive metaphors for the artist. When we attempt to look at the real space in which we live, outside of the abstract light of the modern

Paolo Emilio Antognoli | For a creativity of de-growth Per un creatività della decrescita “Essi risiedono nelle terre dei loro padri, ma come se non fossero cittadini: essi

partecipano a tutte le cose come se fossero cittadini e subiscono tutte le cose come se fossero stranieri: ogni paese straniero è una terra patria per loro e ogni terra patria è per loro straniera… essi abitano sulla terra ma sono cittadini del cielo”.

Anonimo, Epistola a Diogneto

In certe illustrazioni secentesche si vede uno scienziato in ginocchio mentre il suo corpo quasi estasiato riesce a trapassare l’emisfero celeste e guardare ai pianeti del cosmo. Una sorta di fuoriuscita dalla visione del mondo antico alla nuova luce della scienza galileiana. A volte penso che dovremmo compiere un percorso inverso, non certo ritornando all’antico, ma rovesciando lo sguardo dall’astrazione moderna all’esperienza empirica della terra, quella che si vede, si tocca, si respira. Mi sembra talvolta che possiamo vedere in questa figura una delle metafore dell’artista, sempre sfuggenti. Nel momento in cui cerca di guardare allo spazio reale in cui viviamo, fuori della

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and postmodern utopia, but within concrete experience, in solitude and with others, we can attempt to disconnect ourselves from the embrace of the dead who dance in our place in our lives.

Toward a design of degrowthAmong the professions that support today’s service economy, postmodern design sanctions the nearly complete implosion of all modern distinctions among various disciplines, genres and forms of knowledge, in that they have become subsystems of the global economy as a single system presiding over global imagery.Designers “design” the liturgy of this world. They are the perfect counsellors in this system. They do not preside over the liturgy, but they suggest it. They do not descend from craftsmen, but are creatures of the Renaissance. They have “the plan”. They are “experts in intentional, meditated integration of different manufactures”; they orient their hypotheses and principles in an attempt to make the liturgy of the modern irresistible. The designer’s world is born in the intangible space of

luce astratta dell’utopia moderna e postmoderna, ma nell’esperienza concreta, nella solitudine e con gli altri, possiamo provare a disconnetterci dall’abbraccio dei morti che all’interno della nostra vita ballano al posto nostro.

Per un design della decrescitaTra le professioni che reggono l’attuale economia di servizi il design postmoderno sancisce la quasi completa implosione di ogni distinzione moderna tra varie discipline, generi, saperi, in quanto oramai sottoinsiemi dell’economia globale come unico sistema che presiede all’immaginario del mondo.I designer “disegnano” la liturgia di questo mondo. Sono i perfetti consiglieri di questo sistema. Non presiedono alla liturgia ma la suggeriscono. Non discendono dagli artigiani, ma sono una creatura del Rinascimento. Possiedono il “disegno”. Sono “esperti nella integrazione intenzionale e meditata dei diversi manufatti”; orientano le ipotesi e i principi cercando di rendere irresistibile la liturgia del moderno. Il mondo del designer nasce nello spazio intangibile della carta bianca e come una mappa che si applichi al mondo, si sovrappone all’esistente.

white paper, and is applied to the world like a map, superimposed over that which exists. And yet the artist-designer does not impose, but proposes, suggests. It is up to the individual to decide – although within a system, a person doesn’t even realise he or she is part of the system, and is therefore unable to decide whether to stay in it or not. When a dominant system such as the for-profit economy becomes a global spectacle, when it takes over every biopolitical aspect of the world, even the artist and the designer become a part of it, whether they want to or not. And then they more urgently feel the need for radically alternative design, for a reconfiguration of art which is convivial, environmental, community-oriented – if the etymological root of community comes from cum-numus, that is, gift: the gift of being together with other people without any mercantile interests.This is why I would like to start with the image of a sculpture by Michelangelo Consani: a solar cooker as beautiful as a peacock that opens up to the light to heat up a pot which is warming as the meal is being prepared.Having abandoned those mental impediments that once prevented a vision of artistic activity

Eppure l’artista-designer non impone, ma propone, suggerisce. Sta al singolo decidere - anche se all’interno di un sistema, una persona non sa neppure di trovarcisi dentro, quindi non può neppure decidere se starci o no. Ebbene, nel momento in cui il sistema dominante come economia di profitto diventa spettacolo globale, nel momento in cui esso ingloba ogni aspetto biopolitico del mondo, anche l’artista come il designer volente o nolente ne fa parte. Allora si avverte con maggiore urgenza la necessità di un design radicalmente alternativo, un’arte di riconfigurazione conviviale, ambientalista, comunitaria - se la radice etimologica di comunità deriva da cum-numus, ovvero da dono: il dono di stare assieme ad altri senza interessi mercantili.Per questo vorrei iniziare dall’immagine di una scultura di Michelangelo Consani: una cucina ad energia solare dalla bellezza di un pavone che si apre alla luce alimentando il calore di una pentola che scalda mentre si prepara il convivio.Abbandonando quegli impedimenti mentali che non permettevano un tempo una visione allargata dell’attività artistica fuori delle cornici disciplinari, Michelangelo si dedica a una ricerca ambientale

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which extended beyond the boundaries of the discipline, Michelangelo conducts a wide-ranging environmental study based on strict analysis of concepts such as energy, process, reality, full and empty, negative and positive, contradiction and ambiguity, banality and repetition…This rejection of the spectacular does not lead to obscuring or annulment of form, but to the search for a process, just as Tom Thumb left breadcrumbs along the trail, in which form only appears as the final and temporary result, which then disappears. This form can still be thought of as a sculpture, but the process that directs it is rather a reference to the genetics of a sculpture. Reflecting on how things originate means going back to the initial choice from which alternative routes branched out which were for some reason rejected. And so it means imagining his motivations, in which the final result, which the spectator sees first, the form, appears unessential. But we need to go back to the genetics of this form, like an hourglass to be turned over.

a pieno campo, procedendo da un’analisi serrata di concetti quali energia, processo, realtà, pieno e vuoto, negativo e positivo, contraddizione e ambiguità, banalità e ripetizione…Un rifiuto dello spettacolare che non porta a oscuramenti o annullamenti della forma, quanto alla ricerca di un processo, come Pollicino lasciava segni di pane sulla strada, in cui la forma appaia soltanto come l’esito finale e provvisorio, anche se poi scompare. La forma si lascia ancora pensare come scultura, ma il processo che vi presiede riferisce piuttosto alla genetica di una scultura. Riflettere a come nascono le cose significa ritornare alla scelta iniziale da cui si diramano percorsi alternativi per qualche ragione scartati. Significa allora immaginare le sue ragioni, in cui l´esito finale, che lo spettatore vede per primo, la forma, appare inessenziale. Occorre pertanto ritornare alla genetica di questa forma come una clessidra da rovesciare.

Two examplesA little sculpture “shows” the forms of white plastic cups. Be careful: they look like cups, but they are actually only moulds of cups. They look like plastic, but they’re not. They’re banal plastic forms which are not even made of marble, but of marble dust: a material that brings to mind the exploitation of the quarries in the Apuan Alps, which are public property, to benefit the private enterprises which have been transforming the landscape for decades, emptying it out from the inside without any control, destroying water tables and polluting without even redistributing the huge profits they are making in the local area. Marble from the Apuan Alps, which at one time brought to mind the great history of Italian sculpture, is now ground into dust and sold as such to the consumer goods industry. The sculpture is created by the short circuit between cup and marble dust, associated with the modernist memory of Brancusi’s infinite column and with the concept of unlimited economic growth. But if its visible form tends to eclipse its reasons in favour of its immediate presence, and therefore that which is absent, it attempts to refer to its meaning anyway. The banality of the chosen object and the process shift attention onto that which we can still know. And so exploitation of the marble used to

Due esempiUna piccola scultura “mostra” forme di bicchieri di plastica bianca. Attenzione. Sembrano bicchieri, ma ne sono semplicemente il calco. Sembrano plastica e non lo sono. Sono forme plastiche banali e neppure di marmo, ma di polvere di marmo. Materia che richiama lo sfruttamento privato delle cave apuane, patrimonio pubblico a beneficio del profitto di privati che da decenni trasformano l’orografia del paesaggio, ne svuotano l’interno senza alcun controllo, distruggendo falde e inquinando, senza neppure una redistribuzione degli ingenti profitti sul territorio. Il marmo apuano, che un tempo richiamava le grandi vicende storiche della scultura italiana, viene adesso sfruttato per farne polvere e venduto come tale all’industria dei consumi. Crea la scultura il corto circuito tra bicchiere e polvere di marmo, associato alla memoria modernista della colonna infinita di Brancusi e all’idea di crescita economica senza limiti. Ma se la sua forma visibile tende ad eclissare le proprie ragioni a favore della sua presenza immediata, quindi su ciò che è assente, essa cerca ugualmente di richiamarne il senso. La banalità dell’oggetto prescelto e il processo spostano l’attenzione su ciò che è ancora possibile sapere. Ed ecco che lo sfruttamento

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make dust is associated with the plastic cup as a post-consumption waste material, with the destruction of ancient springs by the marble industry, with the consumption of privately owned water in plastic containers. And so that which is visible is that which is missing (the real cup used as a model, the water, or the emptiness of the cup) and that which was invisible becomes full, so that the content and its genetic process are almost surprised by this spectral appearance whose presence seems to cancel their history. But as if in a flash, constellations of meaning are formed among objects, inviting us to trace our steps backwards, to look for the traces. Another example. Dead leaves. They seem to be linked with autumn, with the precariousness of life (like an iceberg on a toothpick, or a snow boot with a stiletto heel), with uncertainty, but also with the language of poetry, which hands them down in the collective imagination. But after all, as the seasons go round, they will grow again out of the branches. And so why did he not collect real leaves directly from a street or a garden? Then I understood why: to make leaf sculptures with a friend. For he made them out of ceramic, ultra-light, delicate, spending long days in the studio with Roberto C. learning the technique and reproducing real leaves with artificial details somehow alluding to replacement of nature

del marmo utilizzato per farne polvere viene associato al bicchiere di plastica come materiale di scarto dopo il consumo, alla distruzione delle antiche sorgenti da parte dell’industria dei marmi e al consumo d’acqua privato nei contenitori di plastica. Dunque ciò che è visibile è ciò che è manca (il vero bicchiere servito come modello, l’acqua, oppure il vuoto del bicchiere) e ciò che era invisibile diventa pieno, così che il contenuto come il suo processo genetico vengono quasi sorpresi da questa apparenza spettrale la cui presenza sembra cancellarne la storia.Ma come in un bagliore si formano costellazioni di senso tra gli oggetti che ci invitano a ripercorrere i passi, rinvenirne le tracce.Un altro esempio. Le foglie morte. Sembrano legarsi all’autunno, alla precarietà della vita (come l’iceberg sullo stuzzicadenti, lo scarpone da neve sul tacco a spillo), all’incertezza, ma anche al linguaggio della poesia che le tramanda nell’immaginario collettivo. Ma d’altra parte nel giro delle stagioni queste ricresceranno dai rami. Perché allora egli non ha raccolto foglie vere direttamente da un viale o da un giardino? Poi ho capito: per realizzare la scultura di una foglia assieme a un amico. Difatti le faceva di ceramica, leggerissime, delicate, con Roberto C. in lunghe giornate allo studio,

Colonna-finita2008Sculpture in industrial scrap powder_scultura in polvere di scarto industriale 450 x 6 x 7cmPhoto Silvia Pichini, detail_particolareCourtesy of the artist

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with its simulacrum. And so the sculpture became an occasion for dialogue and friendship. And then it is not put away in a private place, but becomes a sort of public “monument”, a message devoid of all monumentality. This is why this sculpture has no pedestal. The objects presented in the gallery and outside are not separate entities, forms of language with a special statute different from other things, from the chair in the room, from the windows, from the paper in the wastebasket, from the fly, from the floor, from the woman at the window, from the threshold of the house to the park and out into the city. The white space in the exhibition, which he considers nonsense, has already started when the visitor is still at home and then crosses the road to go to the exhibition. In other words, what Michelangelo is interested in is, as he has always said, real life. There is no longer any separation between art and reality. But what seems to interest him is the movements, the flows of attention, the more or less secret processes that flow through it, that act all over. Perhaps for the same reasons, Michelangelo’s work ranges all over, from informal economies (as in his Barter project) to technology, attracted by the surprising relationship between empirical experience and science.

apprendendo la tecnica e riproducendo foglie vere con dettagli artificiali alludendo in qualche modo alla sostituzione della natura con il suo simulacro. La scultura si fa allora occasione di scambio e di amicizia. Ma poi non si chiude nel privato, diventa una sorta di “monumento” pubblico, di messaggio ormai privo di qualsiasi monumentalità. Ecco perché questa scultura non ha piedistallo. Gli oggetti che vengono presentati in galleria come fuori non sono entità autonome, forme del linguaggio dotate di statuto speciale rispetto ad altre cose, dalla sedia nella stanza, dai vetri, dalla carta nel cestino, dalla mosca, dal pavimento, dalla donna alla finestra, dalla soglia di casa fino al parco e così via uscendo in città. Lo spazio bianco dell’esposizione, che egli ritiene un nonsenso, già inizia quando lo spettatore è ancora a casa e attraversa le strade che lo portano alla mostra. In altre parole quello che interessa a Michelangelo, lo ha sempre detto, è la vita reale. Tra arte e realtà non c’è più separazione. Piuttosto quello che sembra interessarlo sono i movimenti, i flussi dell’attenzione, i processi più o meno segreti che l’attraversano, che agiscono dovunque. Forse per le stesse ragioni il percorso di Michelangelo si volge dappertutto, alle economie informali (si guardi il progetto Barter) come alla tecnologia, attratto dalla sorprendente relazione tra l’esperienza empirica e la scienza.

Roberto Cerbai & Michelangelo ConsaniFragile2004ceramics_ceramica0,03 x 17 cmCourtesy of the artist

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And like entropyI couldn’t say how much Michelangelo has worked on the concept of “entropy”, but it does seem to recur. Energy’s transition from one state to another (along with discontinuity, with proceeding in dark flashes, paradoxes, ambiguities) brings us back, by means of a few abstractions, to the essential core of arte povera. In both we can feel the need to overturn the object and make it into experience in the same we as we perceive a sort of ghastliness. But Michelangelo does not seem to have this obscure compulsion to repeat which we saw glimpses of in certain mechanisms of the seventies, energy systems which break the object in a struggle to occupy space anywhere, in the affirmation of individual artistic spaces which may contrast with a linear concept of progress but also see it as unavoidable. And in Michelangelo, the mechanism attracts energy but is then emptied out. There is awareness of an entropy but also a search for a positive sign. For the process goes not conclude in a takeover of power, but rather in absenting oneself, neutralising any beginnings of negativity, as if diving into the sea.

E come entropiaNon saprei dire quanto Michelangelo abbia lavorato sul concetto di “entropia”, ma sembra ricorrente. Il passaggio dell’energia da uno stato ad un altro (assieme a discontinuità, a un procedere per oscuri bagliori, paradossi, ambiguità) ci riporta, facendo qualche astrazione, ad un nucleo essenziale dell’arte povera. In entrambi si avverte l’esigenza di rovesciare l’oggetto in esperienza allo stesso modo in cui si percepisce una sorta di spettralità. Ma in Michelangelo sembra venir meno quell’oscura coazione a ripetere presentita in certi meccanismi degli anni settanta, sistemi energetici che rompono l’oggetto in una lotta di occupazione dello spazio dovunque sia, nell’affermazione di spazi artistici individuali i quali se contrastano con una concezione lineare del progresso pure lo avvertono come ineluttabile. Inoltre in Michelangelo il meccanismo attira energia ma poi si svuota. C’è la coscienza di un’entropia ma che cerca un segno positivo. Il processo difatti non si conclude in una presa di potere. Ma in un assentarsi, neutralizzando ogni principio di negatività, come un tuffo nell’acqua del mare.

Barter: the solar cookit project1998study of the project for the exhibition Seek-refuge, 11th Biennale Internazionale d’Archittettura, Venice_studio per l’installazione del progetto per la mostra Seek-refuge, 11ª Biennale Internazionale d’Architettura, Venezia Courtesy of the artist

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Michelangelo Consani’s work focuses on things which escape our normal threshold of perception because they are too small and too fast, or else too large and too slow. In this ongoing study the exhibition space becomes a stage on which to put on a series of minimal performances that strive to become intangible. One of the first works in which he began to reveal this interest is Blow (2003), a 3 second video in which an old lady tries to blow out the candles on her birthday cake and fails to do so. The concept of time, of elusiveness, of fragility and in the end of emptiness become constants in his work from this time on. This discourse silently takes form in all his works, up to the most recent ones, such as the 2007 video Naviganti (Sailors) in which a boat sailed by an old man lands at a dock, picks up a woman and sails off again. This interest appears again in the exhibition Anarchica morte di un occidentale (Anarchic death of a westerner), presented in Pescara in 2005. The title is a play on the title of a text by Dario Fo, Morte accidentale di un anarchico (Accidental death of an anarchist), in which reconstruction of the episode of the death of the anarchist Pinelli becomes an opportunity to address the issue of state-sponsored massacres. The space of representation remains completely empty, with the

Alessandra Poggianti & Katia Anguelova | How long can a second last? Quanto può durare un secondo? Ciò che sfugge alla normale soglia di percezione che è troppo piccolo e veloce, o al contrario

grande e lento, è alla base del lavoro di Michelangelo Consani. In questa continua ricerca lo spazio espositivo diventa un palcoscenico in cui si disseminano una serie di interventi minimi che tendono verso l’immateriale. Uno delle prime opere in cui si inizia a definire questo interesse è Blow (2003), un video di 3 secondi in cui una vecchia signora tenta di spengere le candeline della torta di compleanno, senza riuscirci. Il concetto di tempo, di inafferrabile, di fragilità e alla fine di vuoto, diventano da questo momento delle costanti. Un discorso che si struttura silenziosamente in tutte le sue opere, fino alle più recenti, come nel video Naviganti (2007) in cui una barca condotta da un anziano signore approda ad un molo, per prendere la sua compagna e ripartire. Un’ulteriore articolazione di questa ricerca è l’esposizione Anarchica morte di un occidentale, presentata nel 2005 a Pescara. Il titolo gioca con il testo di Dario Fo, Morte accidentale di un anarchico in cui la ricostruzione dell’episodio dell’uccisione dell’anarchico Pinelli diventa l’occasione per parlare delle stragi di Stato. Lo spazio di rappresentazione rimane completamente vuoto, fatta eccezione di tracce minime che non sono sufficienti a

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exception of minimal traces which are insufficient to determine either the artist’s intentions or the spectator’s role. But there is a window open between the two: it might just be to let air into the room, or we might start to reflect on the fact that, just by letting air in, without any symbolic references, we have let something natural into a space dedicated to make-believe. Is it a matter of interrupting a repetition, a mechanism that repeats itself, the irrepressible ambiguity of every public act, like every piece of information, every representation? The fact is that air comes in from the real street in the real town of Pescara: and this is what becomes essential, in the end, even though it is invisible and unmentionable. These projects are tools for instituting a process, parts of a mechanism capable of attracting new flows of thought. The same happens in Quanto può durare un secondo? (How long can a second last?), an exhibition produced in Pietrasanta in 2008. The most important pieces in the exhibition are two sculptures made of marble dust: Fragili equilibri#2, a ski boot with a stiletto heel, and Colonna-finita, a series of disposable cups stacked one on top of the other from the floor to the ceiling to form a column. At first they seem to be made of the prestigious material characteristic

determinare né le intenzioni dell’artista né il ruolo dello spettatore. Tra queste si nota una finestra aperta: potrebbe essere semplicemente l’azione di fare entrare l’aria nella stanza, oppure potremmo iniziare a riflettere sul fatto che, lasciando entrare l’aria, così senza più alcun rimando simbolico, si sia fatto entrare qualcosa di naturale all’interno di uno spazio deputato alla finzione. Che sia in ballo il desiderio di rompere una ripetizione, un meccanismo che si ripete, l’ambiguità insopprimibile di ogni atto al pubblico, allo stesso modo di ogni informazione, di ogni rappresentazione? Il fatto è che entra l’aria proveniente da quella vera strada di Pescara: è questa che alla fine diventa essenziale, pur invisibile, pur indicibile. Questi interventi sono strumenti di un’apertura processuale, parti di un meccanismo capace di attivare nuovi flussi di pensiero. Lo stesso accade in Quanto può durare un secondo? La mostra realizzata nel 2008 a Pietrasanta. Gli attori principali sono due sculture realizzate con polvere di marmo: Fragili equilibri#2, uno scarpone da sci appoggiato su un tacco a spillo e Colonna-finita, una serie di bicchieri, tipo usa e getta, sovrapposti uno sull’altro che, dal pavimento, arrivano fino al soffitto formando una colonna. A prima vista sembrano realizzate con il prestigioso

Naviganti2008Frame da videoDVD Mpeg2, 3”Courtesy of the artist

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of the Tuscan town, white Carrara marble, but in actual fact they are made out of the waste products of its industrial processing. And while that very dust produced by the quarrying of marble covers the Apuan Alps, creating the illusion that they are eternally covered with snow, on the other side of the world the icebergs are melting. As we are reminded by Intervallo, a collage of an iceberg supported by a toothpick. For how long? Now that it has broken off from the polar ice cap, it will slowly die, melting away in the water. The water into which divers jump in a vintage photograph from the artist’s own personal archives, and a hesitant boy leaps, filmed with a home video camera. The actions are stratified in time without defining a territory or creating new codes for a precarious reality weighted down by immanent collapse.The artist thus attempts to break those images which fix our convictions, ideas and thoughts, going beyond their reconciling appearance and revealing what goes on in between them. His work sets itself at a distance from spectacular aesthetics; it does not represent something, but rather chooses a way of getting to know the world that avails itself of devices which query the sensible and define what Georges Perec calls an aesthetic of the “infra-ordinary”. The eyes

materiale del capoluogo toscano, il marmo bianco di Carrara, ma in realtà prendono forma dal suo scarto industriale. E se quella stessa polvere prodotta dall’estrazione del marmo ricopre le montagne Apuane creando l’illusione di una neve perenne, dall’altra parte del mondo i ghiacciai si sciolgono. Ce lo ricorda Intervallo, un collage di un iceberg sorretto da un bastoncino di legno. Ma per quanto tempo? Staccato dal Polo terminerà lentamente la sua vita sciogliendosi in acqua. L’acqua in cui si buttano i tuffatori di una fotografia storica, recuperata dall’archivio personale dell’artista e, con un po’ di esitazione, un ragazzino ripreso da una telecamera amatoriale. Gli interventi messi in atto si stratificano nello spazio senza definire un territorio o creare nuove codifiche di una realtà, precaria e su cui pesa l’immanenza di un crollo.L’artista tenta, così, di rompere quelle immagini in cui si fissano le convinzioni, le idee e i pensieri, andando oltre la loro apparenza conciliante e mettendo in evidenza ciò che passa tra una e l’altra.I suoi lavori prendono le distanze da un’estetica spettacolare, non rappresentano qualcosa, piuttosto scelgono una modalità di conoscenza del mondo che si avvale di dispositivi che

focus on “what happens every day and recurs everyday: the banal, the quotidian, the obvious, the common, the ordinary, the infra-ordinary, the background noise… [ed. and reflect on] the habitual, how should we take account of, question, describe it?” (Georges Perec (1994), The infra-ordinary, Italian publisher Bollati Boringhieri)This is the case of Progetto di disperdere energia (Project for wasting energy) (2007), a video in cui which the song of a cicada is filmed: an insect that is almost extinct and whose sound few people know. This fascination with little, marginal things is mixed with a sensation of precariousness, leading us directly into extra-dimensional spaces. And so Consani’s works do not seek out the hidden structure or the essence of things, but render perceptible the profound movements whose forms are simply the effect and timing of which those movements are symptoms. Consani’s second solo show in Pescara is named after this video. But while on the first occasion the representation space was an empty stage, in Progetto di disperdere energia the artist comes up with a series of works in which minimal movements produce a system of vital energies which

interrogano il sensibile e definiscono quello che Georges Perec chiama un’estetica dell’“infra-ordinario”. Lo sguardo si sposta su “quello che succede ogni giorno e che si ripete ogni giorno, il banale, il quotidiano, il comune, l’ordinario, l’infra-ordinario, il rumore di fondo, [ndr e riflette] sull’abituale, in che modo renderne conto, in che modo interrogarlo, in che modo descriverlo”. (Georges Perec (1994), L’infra-ordinario, Bollati Boringhieri)Così è in Progetto di disperdere energia (2007), un video in cui viene filmato il canto di una cicala, un insetto quasi estinto di cui pochi conoscono il suono che produce. Il fascino per le cose piccole e marginali si mischia alla sensazione di precarietà, conducendo direttamente verso spazi extradimensionali. Non si ricerca, quindi, la struttura nascosta o l’essenza delle cose, ma si rendono percepibili i movimenti profondi di cui le forme non sono che l’effetto e le temporalizzazioni di cui quei movimenti sono i sintomi. Da questo video prende il titolo la seconda mostra personale realizzata a Pescara. Ma se nella prima occasione lo spazio di rappresentazione si presentava come un palcoscenico vuoto, in Progetto di disperdere energia l’artista idea una serie di opere che con movimenti minimi

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is continually changing and expanding on different levels, from that of growing and developing natural forces to that of human reality. A nucleus of works which generate aesthetic energy triggering an invasive perceptive stress which is never neutral and gets its context and therefore the onlooker involved: in an uncalculated instant the column of marble dust suddenly collapses, changing its shape; a lever leaks water into the floor and slowly rises; an athlete in front of the entrance to the exhibition performs virtuoso exercises. All this is reflected not in metaphorical terms, but as an immanent presence that grasps the event, not the spectacular one but the one that “is inseparable from down time. So that even the most commonplace of events makes us soothsayers” (Gilles Deleuze (2000), Pourparlers, Paris: Minuit, 1990; Eng.tr., Interviews 1972-1990 [forthcoming from Columbia University Press], Postscript). Consani once again focuses on “becoming imperceptible” and his visualisation becomes a form of resistance capable of changing the way we perceive space and time.

elaborano un sistema di energie vitali continuamente in trasformazione e in espansione a diversi livelli, da quello delle forze naturali in crescita e sviluppo, a quello della realtà umana. Un nucleo di lavori generatori di energia estetica che innescano una sollecitazione percettiva invasiva, mai neutra che coinvolge il contesto e con esso lo spettatore: in un istante non calcolato la colonna di polvere di marmo crolla improvvisamente, modificando la sua forma; una leva perde acqua nel pavimento e si solleva lentamente; un atleta davanti all’entrata della mostra esegue virtuosi esercizi ginnici. Tutto questo si ritrova non in termini metaforici, ma come una presenza immanente che coglie l’evento, non quello spettacolare, ma quello che “è inseparabile dai tempi morti. Così che il più comune degli eventi fa di noi un veggente” (Gilles Deleuze (2000), Pourparler, Quodlibet, Macerata). Consani si sofferma ancora una volta sul “divenire impercettibile” e la sua visualizzazione diventa una forma di resistenza capace di cambiare la nostra percezione dello spazio e del tempo.

Fragili equilibri #22007Sculpture in industrial scrap powder_scultura in polvere di scarto industriale 35 x 25 x 13 cmPhoto Flavio BonettiCourtesy White Project, Pescara, Italy Courtesy Nicola Ricci Arte Contemporanea, Carrara, Italy

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Caro Michelangelo,

grazie per il tuo invito. È passato un po’ di tempo da quando ti sei rivolto a me per la stesura di un testo per il tuo Libro d’Artista. È stata colpa mia non essere riuscito a rispondere alla tua richiesta a tempo debito, o è stata invece la mancanza di nostre precedenti comunicazioni che ci ha fatto attendere tanto a lungo? Voglio credere che avremmo dovuto incontrarci e discutere con maggiore frequenza e maggiore approfondimento riguardo al nostro oggetto. Collaborare su base progettuale richiede molto più tempo ed energia; oltre che maggiore impegno congiunto, scambio di informazioni personali e professionali, e trasmissione dei risultati raggiunti insieme in una forma che possa soddisfare tutte le parti coinvolte nel Processo di Lavorazione. Cosa ne pensi? Questo è probabilmente il motivo per cui ho deciso di rivolgermi a te in modo così personale, sotto

Dear Michelangelo,

Thank you for your Invitation. It has been a while since you approached me by reasons of Writing a Text for your Artist’s Book. Was it my fault that I could not have replied to your request in a due Time, or it was the Lack of our previous Communication that made us wait for it so long? I want to believe that we should have had more frequent and more profound Meetings and Discussions regarding our Subject. Cooperating on a project-basis involves much more time and energy, I think; as well as more joint Engagement, Exchange of personal and professional Information, and Transfer of commonly achieved Results into a form that could satisfy all the parties involved in the Working Process. What do you think? This is maybe the Reason why I have decided to approach you in such a personal way, in an

Progetto di disperdere energia2008Frame da videoDVD Mpeg2, 27”Courtesy White Project, Pescara, Italy

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forma epistolare, con una lettera semiprivata che dovremmo condividere con altri, con chi non è troppo scettico da leggerla. Ne convieni?O, in altre parole: ritieni esista la possibilità di raggiungere un accordo, una volta confermato il fatto che una comunicazione adeguata è sempre stata mancante in questo processo? Alla fin fine, dobbiamo riuscire a condividere e aprire questa mancata comunicazione privata al dominio pubblico della nostra anonima platea futura. Cosa ne pensi? Inoltre, devo ammettere che la maniera in cui scrivevo un tempo non mi soddisfa più allo stesso modo. Forse mi sono reso conto, solo da poco, che se dobbiamo accettare il bisogno di cambiamento, l’unico modo per effettuarlo è realizzarlo all’interno delle nostre stesse abitudini personali lavorative, e nel più ampio ambito lavorativo dei nostri colleghi con i quali condividiamo modi di sentire e di agire. In quanto parte di questa Moltitudine (di microgruppi invisibili e di narrative che, già da parecchi decenni, tentano costantemente di contrastare i modi di essere dominanti, e di contribuire alla produzione di un diverso immaginario e di un diverso tipo di discorsi rispetto a quelli facilmente riconoscibili e continuamente riprodotti nell’interesse della produzione) sono convinto che, sia tu che io, abbiamo raggiunto un livello

al quale è necessario fare una pausa prima di fare un passo ulteriore. Dove ci porterà tale “nuovo” passo? È quello che mi sono chiesto in tutte queste settimane, dopo aver ricevuto la tua lettera di contatto. Comunque sia: siamo vicini agli ultimissimi istanti precedenti la nostra scadenza finale. Siamo vicini agli ultimissimi istanti…Non voglio sembrare troppo apocalittico – ti prego di non fraintendermi. In quarant’anni o giù di lì, il mondo ha già assistito a sin troppe “scadenze”, come ben sappiamo: dalle ultime ricerche su migliori condizioni di lavoro e di vita nell’era post-fordista, passando al bisogno di mutamento sociale e alla crescita dei movimenti antiglobalizzazione, fino ad arrivare a celebrare gli anniversari di avvenimenti storici recenti, dei loro successi e fallimenti, che perpetuano tuttora le nostre idee riguardo le possibilità di trasformazione su scala mondiale. E alla fine quali sono stati i risultati? Questo intero anno, il duemilaeotto, è stato contraddistinto da un anniversario, l’anniversario di un avvenimento che né tu né io abbiamo conosciuto direttamente nella sua piena potenza originale, giusto? Abbiamo solo la sensazione di essere stati messi in una situazione che ci costringe a cogliere solo le tracce, i frammenti di spettacolarità e gloria dell’ennesimo evento mediatico, quello che dovrebbe

epistolary form of a semi-private Letter that we should share with others, those who might not feel sceptical enough to read it. Would you agree? Or, let me put it differently, please: do you think there is a possibility for an Agreement, once we could confirm that the desirable communication has always been a missing part of this process? In the end, we must reach the level of Sharing and Opening this missing Private communication into the Public realm of our future anonymous Audience. What do you think? Besides, I must admit that the way I used to write does not satisfy me in the same manner anymore. Maybe I have realized, just recently, that if we are to accept the need for Change, the only way to perform it is to realize it within the very process of our personal working habits, and in the broader working framework of our fellows who feel and act alike. Being part of the Multitude (of invisible micro-groups and narratives that, already for several decades, have constantly been trying to oppose the dominant ways of being, and to participate in the production of another imagery and another type of discourses than those easily recognisable and constantly reproduced for the sake of Production) I believe that, both you and me, have reached certain levels to have a pause in order to make Another

Step. Where will such a “new” step take us? I have been asking myself all these weeks after receiving your letter of Approach. Whatever the case is: we are approaching the very last moment before our final Deadline, I believe. We are approaching the very last moment...I do not want to sound too apocaliptic, though – please do not get me wrong. After some forty years or so, the world has already witnessed too many “deadlines”, as we all know it: from the “ultimate” quests for better working and living conditions in the post-fordist era through the need for social change and an increase of anti-globalization movements, up to the point of celebrating the anniversaries of recent historical events, their successes and failures, that still perpetuate our ideas about the possibilities for transformation on a worldwide scale. And what have been the results in the end? This whole year, twothousandeight, has been marked by an Anniversary, the anniversary of an event that neither of us has actually witnessed in its full original power, have we? We only feel like having been put into a situation that obliges us to catch only the traces, the bits and pieces of spectacularity and glory of another Media event, the one standing for “a revolutionary change” in the

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rappresentare “un cambiamento rivoluzionario” nella storia postbellica della nostra civiltà. Magari mi sbagliassi: o forse è solo la mia riluttanza ad accettare qualsiasi “anniversario” come spunto di riflessione. Non ne sono sicuro…C’è qualcosa di perverso nel bisogno degli uomini di ripetere un Rituale di celebrazione, una Cerimonia collettiva in cui rispolverare una volta di più i ricordi quando scattano i codici mentali e richiamano il passato. Perché non celebrarli ogni giorno? Perché non rompere del tutto con questi modi rituali, quasi religiosi, di essere, e darci invece (a ognuno di noi) la possibilità di riconoscere e vivere nella vita quotidiana gli effetti positivi di avvenimenti storici emancipatori?Ho molti dubbi, devo ammetterlo, riguardo gli effetti del tipo di scritto che mi è richiesto. “Quale genere?”, potresti chiedere; e potresti aggiungere: “Ho chiesto un testo che, sulla base delle tue riflessioni su una serie di fotografie selezionate dal mio archivio personale, potesse offrire la tua prospettiva personale sulle condizioni socio-politiche che hanno apportato al mondo mutamenti necessari successivamente a QUEL momento storico che oggi dobbiamo riconoscere, nient’altro!” Era così difficile da fare?”.

Se non sbaglio, quelle fotografie sono state disposte secondo una chiara struttura temporale: partendo dagli ultimi Anni Sessanta, offrono una panoramica degli ultimi quattro decenni in un modo che iscrive te, e i tuoi ricordi, in un più ampio contesto sociopolitico di quel periodo. É, certamente, un modo interessante di mettere insieme le cose; alquanto raro, se mi è consentito aggiungere, per un giovane artista della tua generazione. Da cittadino della tua nazione, devi esser stato circondato da tanti accadimenti emozionanti. Immaginando l’Italia ai tempi in cui comincia il tuo archivio “personale”, e pensando all’Italia del giorno d’oggi, mi è impossibile smettere di credere a una linea ininterrotta di energia e saggezza trasferita ai giorni nostri dalle forze del movimento operaio, ad esempio… Tu sai cosa sto cercando di dire, vero? Molti probabilmente non sarebbero d’accordo. Molti si limiterebbero a restare in silenzio. Soprattutto adesso che le forze politiche “nuove” stanno conquistando il potere non solo in Italia ma in tutta Europa… Forse dovremmo chiedere a una di queste persone (Clandestine) che, nel sud dello stivale, vivono nella paura e nell’attesa di venire espulsi dal paese? Le espulsioni dall’Italia costituiscono un certo spettacolo in questo periodo, non è vero?Comunque sia, la mia domanda rimane: come possiamo, tu ed io, prendere una posizione riguardo ai

post-war history of our civilization. I wish I was wrong: or it is just about my reluctance to accept any “anniversary” as a point of reflection. I am not quite sure...There is something perverted in the human need to repeat a Ritual of celebration, a collective Ceremony of bringing memories back one more time when ciphers get their rounds and recall the past. Why not celebrating them every day? Why not breaking the ceremonial, almost Religious, modes of being at all, and having a possibility (for each and everyone of us) to recognise and perform the positive effects of emancipatory historical events in our Everyday Life, instead?I am doubtful, I must admit, about the effects of the kind of writing I am supposed to perform here. “Which kind?”, you might ask; “I asked for a text that, based upon your reflection on a series of photographs selected from my Personal Archive, would give your Personal Perspective on the socio-political conditions that have brought necessary changes to the world after THAT moment in history that we must recognize nowadays, nothing else! Was it so difficult to do it?”, you might add. If I am not wrong, those photographs have been arranged according to a clear time-based structure: starting from the late 1960s they are giving an overview of the last four decades in a

way that inscribes your own self, and the memory of yours, into a broader socio-political context of that period. It is, for sure, an interesting way of putting things together; quite a rare one, if I may add, for a young artist of your generation. Being a Citizen of your own country, there must have been many exciting things going on around. Imagining Italy at the times around the beginning of your “personal” archive, and thinking of Italy nowadays, I cannot stop believing in a continuous line of energy and wisdom that has been transferred to these days by the powers of Operaist movement, for example... You know what I am trying to say, right? Many would probably disagree. Many would just keep silent, I guess. Especially now, when the “new” political forces are taking over not only in Italy but all around Europe... Maybe we should ask one of those (Undocumented) persons who, in the south of stivale, fear and wait to be deported from the country? The Deportations from Italy have been quite a Spectacle these days, right?Whatever the case is, my Question remains: how are we, you and me, supposed to take our Positions with regard to the historical facts and waves that have determined not only our childhood (it was 1977, when it all started? Or it was much before also in Italy, but it came out of Invisibility by the time that

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fatti e alle ondate storiche che hanno determinato non solo la nostra infanzia (era il 1977 quando tutto ha avuto inizio? O è stato molto prima anche in Italia, ma è uscito dall’invisibilità nel periodo in cui siamo nati?) ma anche gli effetti, positivi e negativi, delle nostre vite una volta che siamo “cresciuti”? Comunque…Il tipo di scritto che sto qui elaborando serve determinati scopi, devi convenirne; riempire un buco in uno spazio vuoto di un libro che deve essere ancora realizzato; per essere assemblato, corretto, revisionato, disegnato, stampato, pubblicato, distribuito, promosso, acquistato, letto, consumato, pensato e ripensato, recensito in una di quelle belle riviste patinate che fanno bella mostra di sé nelle vetrine dei tabaccai e in quelle librerie progettate e allestite, con gran cura per l’estetica, in ogni genere di spazio dedicato all’arte, in tutto il mondo. Ciò nonostante, quando rifletto sul destino di un Libro (l’oggetto che idolatro e adoro, se a questo punto posso permettermi una confessione tanto “intima”), provo ancora un po’ di pena per tutti quegli oggetti che vengono ESPOSTI e messi in mostra alla fine, agli occhi del consumatori, dopo aver seguito una catena di produzione tanto complessa e basata sulle relazioni. Qual è il tuo sentire al riguardo?Caro Michelangelo, qualunque siano stati i mutamenti passati portati dalle masse dei nostri antenati

comuni, non prendiamoli come qualcosa che è stato alle nostre spalle affinché potessimo fare esercizio di memoria. Non parliamo di essi. Non costruiamo una relazione con essi, come se fossero distanti, alle nostre spalle o davanti a noi, in attesa di essere compresi. Non facciamoli apparire anche più distanti di quanto già non siano dal punto di vista storico, in termini di spazio e tempo che ci separano da essi, e viceversa. Piuttosto, viviamoli ogni singolo giorno, giorno per giorno, attraverso i nostri particolari processi lavorativi e all’interno delle nostre condizioni di vita individuali, cosicché, in un certo momento felice della nostra vita, potremo sentire che i mutamenti sono già avvenuti e che noi abbiamo già colto i frutti della loro crescita costante e graduale. Questo è soltanto il nostro primo passo verso la collaborazione che abbiamo immaginato. E vorrei esprimerti la mia gratitudine per esservi stato incluso.

Tuo, Marko

Biella, giugno 2008

we were born?) but also the effects and counter-effects of our lives once we all finally “grew up”? Anyway...The kind of Writing I am Performing here serves certain purposes, you must agree; those that fill a Gap in an empty space of a book that still needs to be made; to be assembled, proofred, edited, designed, printed, published, distributed, promoted, bought, read, consumed, thought and re-thought, critically reviewed in one of those colourful glossy art magazines at the tobacco sellers’ shop windows and in the beautifully, so beautifully arranged and designed bookstores within all sorts of art-venues, worldwide. Nonetheless, when I think about the destiny of a Book (the object I fetishize and adore, if I may allow myself such an “intimate” confession at this point), I still feel a bit sorry for all those objects being EXPOSED and displayed in the end, to the eyes of Consumers, after following such a complex and relation-based Chain of Production. How do you feel about that?Dear Michelangelo, whatever the changes brought by the masses of our common ancestors have been in the past, let’s not take them as something that has been behind our backs in order to practice

the Memory about them. Let’s not talk about them. Let’s not construct a relation with them, as if they were somewhere at a distance, far behind or in front of us, waiting to be realized. Let’s not make them look even more distant then they historically already are, in terms of time and space that divides us from them, and vice versa. Instead, let’s perform them every single day, day by day, through our particular working processes and within our individual living conditions, so that, at some happy point of our lives, we could feel that the changes have already been happening and we have already been picking up the fruits of their Constant and Gradual growth. This is only our first step towards the Cooperation we have imagined. And I would like to thank you for having been Included.

Yours, Marko

Biella, Italy, June 2008

Michelangelo Consani | works_opere

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Eclissi totale1999 Downloaded image from internetCourtesy PD NASA

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Aquilone Bianco2007digital print on Fabriano paper_stampa digitale su carta Fabrianodiptych_dittico 200 x 600 cmCourtesy private collection

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Naviganti2008DVD Mpeg2, 3”Courtesy of the artist

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Progetto di disperdere energia2008view of the exhibition_veduta della mostraPhoto Robero SalaCourtesy White Project, Pescara, Italy

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Intervallo2008toothpick collage_collage con stuzzicadenti24 x 18 cmCourtesy of the artist

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Kill the Butterfly2006Not planned performance_azione performativa non programmataPhoto Daniele BacciCourtesy of the artist

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A basso il grande vetro #22008aluminium, carbon and water_alluminio, carbonio e acqua18 x 700 x 6 cmPhoto Roberto SalaCourtesy of the artist

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Progetto di disperdere energia: Azione2008PerformancePhoto Roberto SalaCourtesy White Project, Pescara, Italy

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Ebollizione2008sculpture: aluminium, mirror, pot_scultura: alluminio, specchio e pentola180 x 160 x 80 cmPhoto Paolo TrullCourtesy of the artist

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Energia Solare1982-2006Colour photograph_foto a colori150 x 300 cmCourtesy of the artist

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My solar cookit1998study for wood solar oven _studio per forno solare in legnoCourtesy of the artist

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This is a cicada2008acrylic paint on a shutter_pittura acrilica su saracinescaPhoto SarmaxCourtesy Isola Art Center, Milan

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Fragili equilibri2007chair and plant_sedia e pianta133 x 46 x 50 cmPhoto Sonja De GraafCourtesy of the artist

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Fragili equilibri2007 detail_particolare Photo Sonja De Graaf

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Rifondazione urbana2006permanent intervention_intervento permanenteChiesa del luogo Pio, Livorno, ItalyPhoto Michelangelo ConsaniCourtesy of the artist

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Parole Ingoiate2004photographic print assembled on aluminium_stampa fotografica montata su alluminio30 x 40 cmCourtesy 2WK2 Gallery, BerlinoCourtesy White Project, Pescara, Italy

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Anarchica morte di un occidentale2005view of the exhibition_veduta della mostraPhoto Alessandra PoggiantiCourtesy White Project, Pescara, Italy

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Identità: Gallo razza livornese colore nero2005photographic print_stampa fotografica7,5 x 10 cmCourtesy White Project, Pescara, Italy

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Barriera per abili2003 permanent plasterboard work_opera permanente in cartongesso.The architectural barriers are the mirror of a society careless about diverities. This work reflects on what a barrier could be_Le barriere architettoniche sono lo specchio di una società poco attenta alle diversità. Questo lavoro si è posto l’intento di riflettere su cosa può, per qualcuno, diventare ostacolo.Courtesy Museo Sperimentale di Città S.Angelo, Pescara, Italy

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Tensioni urbane2005site-specific projectIsola Art center, Milan A steel rope of 200 metres divides the Milan neighbourhood of Isola coming through the Isola Art Center linking the bulding to the neighbourhood with strengths of opposing tensions_Un cavo d’acciaio di 200 metri taglia una parte del quartiere isola a Milano entrando dentro e uscendo fuori dall’Isola Art Center legando l’edificio al quartiere attraverso forze di tensione contrapposta.Courtesy Isola Art Center, Milan

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Quarto stato1997digital print on Fabriano paper_stampa digitale su carta Fabriano293 x 545 cmCourtesy private collection

MIchelangelo Consani | appendix_apparati

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Massimo Tantardini Mi accorgo di avere a che fare con il contemporaneo quando leggendo o guardando qualcosa per la prima volta ci trovo ciò che il mondo non ha ancora detto di sé. Tu come dai forma ad un pensiero per il quale non esistono ancora parole, definizioni … Michelangelo Consani Non credo con la mia ricerca di dare forma ad un pensiero totalmente nuovo, piuttosto, mi interessa lavorare sull’evoluzione di un qualcosa di preesistente, una sorta di mutazione, evolutiva o involutiva, che rende alla forma un nuovo pensiero.

MT Quale motivazione ti ha spinto a rappresentare un “modo di essere il mondo”?MC Non so, forse il fatto che ormai da sempre sono un paranoicomaniacodepresso.Credo che importante sia rappresentare quello che si avverte…

FETISH: INTERVIEW_INTERVISTA

Massimo Tantardini Mi accorgo di avere a che fare con il contemporaneo quando leggendo o guardando qualcosa per la prima volta ci trovo ciò che il mondo non ha ancora detto di sé. Tu come dai forma ad un pensiero per il quale non esistono ancora parole, definizioni … Michelangelo Consani Non credo con la mia ricerca di dare forma ad un pensiero totalmente nuovo, piuttosto, mi interessa lavorare sull’evoluzione di un qualcosa di preesistente, una sorta di mutazione, evolutiva o involutiva, che rende alla forma un nuovo pensiero.

MT Quale motivazione ti ha spinto a rappresentare un “modo di essere il mondo”?MC Non so, forse il fatto che ormai da sempre sono un paranoicomaniacodepresso.Credo che importante sia rappresentare quello che si avverte…

Livorno 1972: Mio zio (con in mano la colonna sonora di Easy Rider) e l’amico Thrull il giorno del mio primo compleanno

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MT Mi convinco sempre più che noi siamo quello che ci manca. Questa idea si scontra frontalmente con il mercato che esige ripetitività, garanzie, oltre a strategie che rendano prevedibile con sempre minor approssimazione un sempre maggior numero di informazioni, di eventi, di azioni. Infatti, è noto che la riconoscibilità sia un elemento tipico del marketing. Come vivi il rapporto con la fama?MC Intendevi forse dire con la fame? Vero!Bah, cerco di arrangiarmi. MT L’imprescindibile rete di conoscenze e di relazioni che un artista deve sempre più spesso crearsi e gestirsi aumentano secondo te la sua capacità di mantenere viva la sua identità e quella delle sue opere, oppure favoriscono il sorgere di un immagine trendy dell’artista più pertinente al contesto della moda? MC Indubbiamente il successo attribuito al lavoro di un artista passa attraverso “il sistema dell’arte” costituito da una rete tentacolare di addetti ai lavori (giornalisti, galleristi, editori, direttori di musei, collezionisti, critici e curatori) con i quali l’artista, volente o nolente, è costretto a rapportarsi.Il tempo speso nel relazionarsi con il sistema varia a seconda delle scelte che ogni singolo artista decide di intraprendere. In ogni caso, mi piace credere che l’identità resti al di là di certe dinamiche.

MT Mi convinco sempre più che noi siamo quello che ci manca. Questa idea si scontra frontalmente con il mercato che esige ripetitività, garanzie, oltre a strategie che rendano prevedibile con sempre minor approssimazione un sempre maggior numero di informazioni, di eventi, di azioni. Infatti, è noto che la riconoscibilità sia un elemento tipico del marketing. Come vivi il rapporto con la fama?MC Intendevi forse dire con la fame? Vero!Bah, cerco di arrangiarmi. MT L’imprescindibile rete di conoscenze e di relazioni che un artista deve sempre più spesso crearsi e gestirsi aumentano secondo te la sua capacità di mantenere viva la sua identità e quella delle sue opere, oppure favoriscono il sorgere di un immagine trendy dell’artista più pertinente al contesto della moda? MC Indubbiamente il successo attribuito al lavoro di un artista passa attraverso “il sistema dell’arte” costituito da una rete tentacolare di addetti ai lavori (giornalisti, galleristi, editori, direttori di musei, collezionisti, critici e curatori) con i quali l’artista, volente o nolente, è costretto a rapportarsi.Il tempo speso nel relazionarsi con il sistema varia a seconda delle scelte che ogni singolo artista decide di intraprendere. In ogni caso, mi piace credere che l’identità resti al di là di certe dinamiche.

Marsiglia 1968: L’amico Paolo Thrull, non ancora Ingegnere, sosta su una spiaggia di sassi bianchi (dopo un lungo viaggio con una Kawasaki bicilindrica 250 di color verde) con l’attuale moglie Florancine

Marsiglia 1970: “Unitè d’Habitation”: “Un avvenimento di importanza rivoluzionaria: sole, spazio, verde. Se volete che la famiglia viva nell’intimità, nel silenzio, conforme alla natura… mettete assieme 2000 persone, prendetele per mano e attraverso un’unica porta andate verso 4 ascensori, ciascuno della capienza di 20 persone… Potrete così godere di quiete e di un contatto immediato esterno-interno. Le case saranno alte 50 metri. Bimbi, giovani e adulti avranno a disposizione il parco intorno all’edificio. La città sarà immersa nel verde e sul tetto delle case troveremo gli asili per i piccoli” Le Corbusier 1952

M I C H E L A N G E L O C O N S A N I · S K I P _ I N T R O · 98 99 · S K I P _ I N T R O · M I C H E L A N G E L O C O N S A N I

MT Sento spesso dire che da un certo momento in poi le generazioni non hanno più avuto maestri. anche se in parte questo fatto potrebbe essere vero mi sembra un modo un po’ sbrigativo per liquidare l’argomento. Ci sono anche editori e curatori che hanno una certa responsabilità in questo, non storicizzando, per ignoranza, determinati contesti che si sono rivelati essenziali background delle cosiddette nuove generazioni. Mi incuriosisce conoscere la tua formazione e sapere quali siano i tuoi punti di riferimento.MC Ho iniziato ad interessarmi di video-arte molto giovane, a diciotto anni, grazie al fortuito incontro con Rosanna Chiessi e la sua “pari & dispari”, che ha rappresentato, per un lungo periodo in Italia, un modo diverso di intendere “lo spazio galleria”. Un fermento continuo di idee, iniziative, un luogo d’incontro tra artisti europei e americani che si è realizzato tra Reggio Emilia e Cavriago.A Reggio ho conosciuto Nam June Paik, Charlotte Moorman, Thomas Tadlock, Frank Gillette, Earl Reiback, Aldo Tambellini. Con questo spirito Fluxus ho iniziato a muovere i primi passi raggiungendo risultati veramente orribili. Successivamente, il mio interesse si è indirizzato verso l’Arte Povera con la conoscenza diretta della persona e del lavoro di due grandi maestri Mario Merz ed Emilio Prini, con il quale ho collaborato attivamente.

MT Ma che c’entra il fetish con l’arte e la cultura?MC Niente c’entra con niente, perché la nostra società è composta solo da specialisti.

MT Sento spesso dire che da un certo momento in poi le generazioni non hanno più avuto maestri. anche se in parte questo fatto potrebbe essere vero mi sembra un modo un po’ sbrigativo per liquidare l’argomento. Ci sono anche editori e curatori che hanno una certa responsabilità in questo, non storicizzando, per ignoranza, determinati contesti che si sono rivelati essenziali background delle cosiddette nuove generazioni. Mi incuriosisce conoscere la tua formazione e sapere quali siano i tuoi punti di riferimento.MC Ho iniziato ad interessarmi di video-arte molto giovane, a diciotto anni, grazie al fortuito incontro con Rosanna Chiessi e la sua “pari & dispari”, che ha rappresentato, per un lungo periodo in Italia, un modo diverso di intendere “lo spazio galleria”. Un fermento continuo di idee, iniziative, un luogo d’incontro tra artisti europei e americani che si è realizzato tra Reggio Emilia e Cavriago.A Reggio ho conosciuto Nam June Paik, Charlotte Moorman, Thomas Tadlock, Frank Gillette, Earl Reiback, Aldo Tambellini. Con questo spirito Fluxus ho iniziato a muovere i primi passi raggiungendo risultati veramente orribili. Successivamente, il mio interesse si è indirizzato verso l’Arte Povera con la conoscenza diretta della persona e del lavoro di due grandi maestri Mario Merz ed Emilio Prini, con il quale ho collaborato attivamente.

MT Ma che c’entra il fetish con l’arte e la cultura?MC Niente c’entra con niente, perché la nostra società è composta solo da specialisti.

Parigi 1974: La strage di Little Big Horn ambientata nella grande fossa delle Halles di Parigi, scavata nei primi anni ‘70. Mastroianni come Custer, Piccoli come Buffalo Bill, Tognazzi e Cuny pittati da pellerossa (Touche pas à la femme blanch, Non toccare la donna bianca, Marco Ferreri)

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100 S K I P _ I N T R O

Castell’anselmo 2006: mio padre muore, e io faccio uno stagnoSantiago de Compostela 1990: Cammino

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SOLO EXHIBITIONS_MOSTRE PERSONALI

2008Quanto può durare un secondo?, a cura di Katia Anguelova e Alessandra Poggianti, Nicola Ricci Arte Contemporanea, PietrasantaProgetto di disperdere energia, White Project, Pescara

2005Anarchica morte di un occidentale, a cura di Paolo Emilio Antognoli e Alessandra Poggianti, White Project, Pescara

2004 Crash landing, a cura di Michael Schwander, 2WK2, Berlino (Germania)Progetto dinamo: per una visione in contatto, a cura del museo Ken Damy, nell’ambito della Biennale Internazionale di Fotografia, Brescia

2002Light+building, a cura di Wolfang Steng, Frankfurtmesse, Francoforte (Germania)

COLLETTIVE SELEZIONATE

2008Italiani in vacanza, a cura di Pier Luigi Tazzi, Casa Masaccio, San Giovanni Val D’Arno Permanent green, a cura di Berth Theis, piazza Minniti, MilanoZ4 marginal zone, a cura di Michela Pelusio, Villa Ockenburgh, Den Haag (Olanda)Per adesso noi siamo qua, a cura di Lorenzo Bruni, Villa Romana, Firenze Seek refuge, a cura di Marta Casati e Riccardo Lisi, evento collaterale 11° Biennale Internazionale di Architettura, Venezia Eppi femili, a cura di Pietro Gaglianò, Castello dell’Acciaiolo, Scandicci, Firenze

2007Suitcase illuminated#5 on informal economy, a cura di Katia Anguelova e Alessandra Poggianti, P74 Center and Gallery, Ljubljana (Slovenia) Mac/Val - Musee d’art Contemporain du Val de Marne, Parigi (Francia)Tra, a cura di Stefano Verri, White Project, PescaraUndeaf, Dutch Electronic Art Festival, The Hangar space, Rotterdam (Olanda)

2006Arte per l’isola, a cura di Marco Scotini, NABA Nuova Accademia di Belle Arti, MilanoStrade bianche 2006 kill the butterfly, a cura di Roberta Fossati e Elio Grazioli, Casale Marittimo,PisaBelef, belgrad summer festival / on air, a cura di Andrea Bruciati e Antonella Crippa, palazzo Kapetan Misino Zdanje, Belgrado (Serbia)Visione sociale, a cura di Stefano Taccone, Casina Pompeiana, Napoli

2005Arco 05, new territories, a cura di Angela Vettese, Associazione Prometeo, Madrid (Spagna)Artinformazione: mediterraneo, a cura di Paolo Emilio Antognoli e Alessandro Romanini, Castello Malaspina, Massa

Fear, a cura di Manuela Gandini, Artandgallery, Milano La necessita’ di un isola, a cura Alessandra Poggianti, Berth Theis, Isola Art Center, Milano

2004On air: video in onda dall’italia, a cura di Andrea Bruciati e Antonella Crippa, Galleria Comunale d’Arte Contemporanea, MonfalconeKunst Meran in haus der Sparkasse, Meranoc/o careof, MilanoOn air short version, a cura di Andrea Mi, Museo Pecci, Prato Macrovideoteca, a cura di Valentina Valentini, MACRO, RomaSpread in prato 2004, a cura di Pier Luigi Tazzi, DRYPHOTO Arte Contemporanea, Prato Arte per l’isola, a cura di Giacinto di Pietroantonio e Lino Baldini, Isola Art Center, Milano

2003Artkliazma, Festival of Contemporary Art at the Klazminskoye Reservoir, a cura di Jeffrey Deitch Patricia Ellis Laura Martin, Mosca (Russia) Io non sono cattivo, in collaborazione con Emilio Prini, Hou Hanru e Elio Grazioli, Associazione Arte Continua, San Gimignano (azione autorizzata durante l’ottava edizione di Arte all’Arte)The video game, a cura di Antonella Crippa in collaborazione con Giulio Ciavoliello, Giacinto Di Pietrantonio, Roberto Pinto, Galleria Pianissimo, Milano Controlled revolution, a cura di Galleria Pianissimo e Associazione Prometeo, Vecchio Ospedale Soave Codogno, Milano GODART 2003, a cura di Enzo De Leonibus, Museo Sperimentale di Città S. Angelo, Pescara

Nasce a Livorno nel 1971. Attualmente vive e lavora tra Livorno e Den Haag (Olanda) per un programma di studio.Si diploma nel 1989 maestro d’arte del vetro e del cristallo presso l’Istituto Statale d’Arte di Pisa e, due anni più tardi, consegue la maturità artistica presso lo stesso Istituto.Dal 1992 sino al 1999 si occupa di progettazione illuminotecnica collaborando con prestigiose aziende italiane: Flos, Reggiani, Artemide. Nel 2000 segue per la Toscana la progettazione illuminotecnica di tutti gli uffici postali con il sistema “R.a” in stretta collaborazione con Artemide e lo studio dell’architetto inglese Norman Foster.Lo stesso anno conosce Emilio Prini e Paolo Emilio Antognoli con i quali stringe un forte legame d’amicizia.Nel 2000 inizia ad interessarsi di scultura grazie all’amico ceramista Roberto Cerbai con il quale realizza due opere a quattro mani.Sempre nel 2000 conosce Pier Luigi Tazzi, Alessandra Poggianti e Katia Anguelova.In fila davanti al padiglione inglese, durante la vernice della Biennale di Robert Storr Pensa con i sensi - Senti con la mente, conosce Marko Stamenkovic.

Nasce a Livorno nel 1971. Attualmente vive e lavora tra Livorno e Den Haag (Olanda) per un programma di studio.Si diploma nel 1989 maestro d’arte del vetro e del cristallo presso l’Istituto Statale d’Arte di Pisa e, due anni più tardi, consegue la maturità artistica presso lo stesso Istituto.Dal 1992 sino al 1999 si occupa di progettazione illuminotecnica collaborando con prestigiose aziende italiane: Flos, Reggiani, Artemide. Nel 2000 segue per la Toscana la progettazione illuminotecnica di tutti gli uffici postali con il sistema “R.a” in stretta collaborazione con Artemide e lo studio dell’architetto inglese Norman Foster.Lo stesso anno conosce Emilio Prini e Paolo Emilio Antognoli con i quali stringe un forte legame d’amicizia.Nel 2000 inizia ad interessarsi di scultura grazie all’amico ceramista Roberto Cerbai con il quale realizza due opere a quattro mani.Sempre nel 2000 conosce Pier Luigi Tazzi, Alessandra Poggianti e Katia Anguelova.In fila davanti al padiglione inglese, durante la vernice della Biennale di Robert Storr Pensa con i sensi - Senti con la mente, conosce Marko Stamenkovic.

BIOGRAPHY_BIOGRAFIA

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CONFERENCES AND READINGS_SEMINARI E LETTURE

2008Destino della forma nell’arte contemporanea, convegno a cura di Bruno Corà e Mauro Pazera, Villa Maria, Francavilla al Mare, Chieti

2006Attenti al come, convegno a cura di Elvira Vannini e Undo Net, ARTEFiera 2006, Bologna

PREMI E CANDIDATURE

2006Premio razzano per la giovane arte, selezione a cura di trenta critici Italiani, Museo del Sannio, Benevento

BIBLIOGRAPHY_BIBLIOGRAFIA

Cataloghi

1999Ultrascultura, testi di Roberta Ridolfi, Ed. Pescheria2000Cre-azione, testi di Roberta Ridolfi, Ed. Cubo25+8, testi di Emma Gravagnuolo, Ed. Itinera 2001Tivoli ama la città, testi di Enrico Sconci e Roberta Ridolfi, Ed Arts ShowIl senso e la misura, testi di Ludovico Pratesi e Roberta Ridolfi, Ed. PescheriaGodart, testi di Renato Bianchini, Ed. Fondazione Segno 2002Un giorno, testi di Paola Magni e Paola Noè, Ed. ItineraSoggettività e globalizzazione, testi di Ilario Luperini, Ed. Bandecchi & Vivaldi2003Artkliazma, testi di Jeffrey Deitch Patricia Ellis Laura Martin, Ed. RevolverControlled revolution, testi di Paolo Emilio Antognoli, Ed. Galleria PianissimoFruit of the loop, testi di Annalisa Cattani e Fabrizio Rivola, Ed. Musei Civici di Imola

2004On air: video in onda dall’italia, testi di Andrea Bruciati e Antonella Crippa, Ed. Silvana Editoriale Visioni, testi Ken Damy Laura Barreca Jeff Dunas, Ed. Museo Ken Damy Viaggio in italia, testi di Alessandro Romanini, Ed. Arte InAzione FormSpread in prato 2004, testi di Pier Luigi Tazzi, Ed. DryphotoOn air short version, testi di Andrea Mi, Ed. Museo Pecci2005New territories, testi di Angela Vettese, Ed. Associazione Prometeo

Fear, testi di Dunja Blazevic Dobrila Denegri Manuela Gandini, Ed. ArtandgalleryBlow-up, testi di Roberta Ridolfi, , Ed. Museo del ConventinoSound check, testi di Marta Casati, Ed. Università degli Studi di Pavia 2006Stazione livorno, testi di Alessandra Poggianti e Katia Anguelova, Ed. Gli Ori Premio razzano per la giovane arte, testi di Paolo Balmas, Ed. AuxiliatrixVisione sociale, testi di Stefano Taccone, Ed. città sociale2007Suitcase Illuminated#5, testi di Alessandra Poggianti e Katia Anguelova, Ed. Zavod P.A.R.A.S.I.T.E.2008Italiani in vacanza, testi di Pier Luigi Tazzi, Ed. Casa Masaccio

ARTICOLI SELEZIONATI

2002Juliet n. 109 Novembre “Spray Italy: Un giorno” pag. 71 di R.BecucciCrudelia n. 10 Dicembre/Gennaio “Per una cultura in Azione” pag. 4-5 di P.E.AntognoliJuliet n. 110 Dicembre/Gennaio “Hic Sunt Romantic Leones” pag. 73 di L.GiudiciJuliet n. 110 Dicembre/Gennaio “Spray Italy: Galleria Continua Arte all’Arte azione no-profit” pag. 74 di R.Becucci2003Arte e critica n. 33 Gennaio/Marzo “Hic Sunt Romantic Leones” pag. 65 di D.BigiJuliet n. 111 Febbraio/Marzo “Michelangelo Consani” pag.54 di R.BecucciFlash Art n. 240 Giugno/Luglio “Godart 2003” pag. 99 di A.MarinoSegno n. 191 Luglio/Agosto “Godart 2003” pag. 77 di L.SpadanoFlash Art international n°232 Ottobre “Artkliazma” pag. 99 di C.SeidelFlash Art n. 243 Dicembre/Gennaio

Firenze 2000: Io e l’amico Snaporaz dopo l’inaugurazione

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“Controlled Revolution” pag. 119 di V.Costa

2004Juliet n. 116 Febbraio/Marzo “Toscana Contemporanea” pag. 27-28 di R.BecucciCarnet Arte n. 2 Aprile/Maggio “Con coraggio e deduzione” pag. 127 di A.MaggiSegno n. 196 Maggio/Giugno “On air: video in onda dall’italia” pag. 42 di E.BortolazziCarnet Arte n. 3 Giugno/Luglio “Biennale Internazionale di fotografia” pag.126 di A.MaggiIl Giornale Dell’arte n. 234 Luglio/Agosto (supplemento mostre estive) “ Scatti per tutti i gusti alla Biennale” pag.5 di A.MSegno n. 197 Luglio/Agosto “Biennale Internazionale di fotografia” pag. 20 di L.SpadanoArte e critica n. 39 Luglio/Settembre “Un progetto fotografico di Consani a Brescia” pag.59 di D.BigiFuturo n. 3 Settembre “Michelangelo Consani” pag. 31 di N.AueSegno n. 198 Settembre/Ottobre “Estate in fotografia” pag. 48-49 di A.TrabuccoCarnet arte n. 4 Settembre/Ottobre “Spread in Prato” pag. 132 di A.MaggiCrudelia n. 19 Settembre/Novembre “Spread in Prato 2004” pag.12 di P.E.AntognoliIl manifesto 29 Ottobre “Il corpo estraneo della fotografia” pag.15 di M.ChiniIl sole 24ore 31 Ottobre (supplemento domenicale) “Toscana in Contemporanea” pag.40 di G.ScardiArte e critica n. 40 Ottobre/Dicembre “Spread in Prato” pag. 72 di D.BigiSegno n. 199 Novembre/Dicembre “Spread in Prato 2004” pag. 69-70-71 di L.SpadanoFlash Art n. 249 Dicembre/Gennaio “Spread in Prato” pag. 126 di S. Cincinelli2005Titolo n°47 Primavera/Estate “Spread in Prato” pag. 48-49 di A.RomaniniLa Repubblica 2 Aprile “Il tabù della paura” pag. 23 di B.CasavecchiaIl Corriere della Sera 10 Aprile “Se l’arte fa venire i brividi” pag. 26 di A.JacchiaLa Repubblica 12 Aprile

“All’artandgallery paura” pag. 25 di P.ColapricoIl Giornale 27 Aprile “Le gallerie aprono in notturna” pag.18 di M. Di MarzioIl sole 24ore 8 Maggio (supplemento domenicale) “Troppa paura per essere liberi” pag. 43 di G.Scardi Arte e critica n. 42 Aprile/Giugno “Quanti modi conosci per dire paura?” pag. 81 di P.F.TavazzaniIl Manifesto 30 Luglio “Arteinformazione” pag. 15 di R.MandriniIl Giornale 31 Luglio “Intorno al Mediterraneo” pag. 13 di A.RViaggi di Repubblica n°378 Luglio “N.E.W.S.” pag. 10 di S.VedovottoNEX EXIT n°31 Luglio/Agosto “Arteinformazione” pag. 7 di S.RamacciIl sole 24ore 3 Agosto (supplemento domenicale) “Arteinformazione: laboratorio Internazionale” pag. 17 di G.PozziL’Unità 4 Agosto “Informazione e ricerca” pag. 10 di G.CaverniEspoarte n. 36 Agosto/Settembre “Arteinformazione” pag. 118 di M.Casati Segno n. 204 Settembre/Ottobre “Grandi mostre: Artinformazione” pag. 44-45 di L.SpadanoTitolo n. 48 Autunno “Arteinformazione” pag. 44-45 di M.MattioliCarta Cantieri Sociali n. 36 Ottobre “Consani: Anarchia e Resistenza” pag. 36 di A.BagniArte e critica n. 44 Ottobre/Dicembre “Consani-Caliandro” pag. 84 di A.RuggieriArte n. 387 Novembre “Consani a Pescara” pag. 212 di R.DiezSegno n. 205 Novembre/Dicembre “Consani alla White Project” pag. 67 di A.MartinoFlash Art n. 255 Dicembre/Gennaio “Consani-White Project” pag. 110 di E.VanniniJuliet n. 125 Dicembre/Gennaio “Michelangelo Consani” pag. 67-68 di M.Casati

2006Left n°26 Luglio “Festivaliamo” pag. 59-60-61 di S. MaggiorelliIl Manifesto 30 Luglio “Le strade dell’arte” pag. 17 di G.RizzaKult n. 7 Luglio/Agosto “Festival ad arte” pag. 36 di E.BonfiglioSegno n. 209 Luglio/Ottobre “Strade bianche” pag. 44-45 di L.SpadanoGoya n. 13 Agosto “Kill the Butterfly” pag. 32 di M.NegriArtseen n. 6 Autunno “Backstage” pag. 11-12-13 di S.MirandaEspoarte n. 43 Ottobre/Novembre “Kill the Butterfly” pag. 119 di V.SivieroArte e critica n. 48 Ottobre/Dicembre “Strade bianche” pag. 60 di F. La Paglia

2007Espoarte n. 46 Aprile/Maggio “Stazione Livorno” pag. 130 di M.CasatiSegno n. 213 Maggio/Giugno “Michelangelo Consani” pag. 92 di T.AckermannFlash Art n. 264 Giugno/Luglio “Suitcase Illuminated” pag. 56 di V.ValentiniArte e critica n. 51 Giugno/Agosto “TRA” pag. 112 di S.Ciglia Segno n. 214 Luglio/Settembre “TRA” pag. 55 di C.PetrelliArte e critica n. 52 Settembre/Novembre “Artedove” pag. 93 di M.G.Mancini2008 Segno n. 218 Marzo/Aprile “Italiani in vacanza” pag. 30-31 di V.CaciolliArte e critica n. 54 Marzo/Maggio “Michelangelo Consani: per una creatività della decrescita” pag. 128-129 di P.E.AntognoliFuturo n. 14 Marzo/Maggio “Michelangelo Consani: quanto può durare un secondo?” pag. 44-45 di V.SaccoArte n. 416 Aprile “Per un secondo: Michelangelo Consani” pag. 191 di C.CampaniniFlash Art n. 269 Aprile/Maggio “Italiani in vacanza” pag. 150 di L.BruniEspoarte n. 52 Aprile/Maggio “Michelangelo Consani” pag. 96-97-98-99 di V.SivieroSegno n. 219 Maggio/Giugno “Michelangelo Consani” pag. 62-63 di S.Taccone

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