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1 INFORMAZIONE La responsabilità di fare cronaca NON SI POSSIEDE DIO, NON SI POSSIEDE LA VERITA’ di Vincenzo Passerini (tratto dal Blog de L’Adige del 08.01.2015) Febbraio 2015 In redazione in questo periodo ci siamo fatti spesso una domanda difficile e attualissima: cosa significa fare informazione? Dove sono i confini del nostro InformaCRI? Di cosa è giusto e importante parlare? Una risposta abbiamo provato a darcela. Crediamo di non poterci fermare ai fatti quotidiani del nostro comitato, ma di dover allargare i nostri orizzonti il più possibile, raccontando ciò che accade nel mondo, tragedie ma anche eventi positivi che non possono lasciarci indifferenti come singoli cittadini, ma che devono farci reagire come volontari di Croce Rossa. Quella divisa infatti non la leviamo mai, nemmeno quando è riposta nell’armadio, quei sette principi devono far parte della nostra vita quotidiana anche fuori dai muri delle nostre sedi. E quindi come poter tacere davanti a tutto ciò che sta accadendo nel mondo, davanti alla violenza, alla discriminazione, alla follia umana, davanti all’egoismo, al qualunquismo, ai luoghi comuni. L’impegno di noi volontari di Croce Rossa non può fermarsi al turno in emergenza o alla missione di protezione civile, non può concludersi con la visita dei bambini della scuola materna alle ambulanze o alla lezione di primo soccorso alle squadre sportive. Noi siamo una realtà, una parte importante della risposta al bisogno, noi abbiamo la responsabilità di non tacere davanti alla negazione dei diritti umani, noi tutti dobbiamo impegnarci per portare verità laddove qualcuno o qualcosa strumentalizza gli eventi fomentando rabbia, paura e disorientamento. Questa è la certezza che ci guida nel redigere il nostro Foglio di Informazione. Questo è l’invito ad ognuno di noi alla responsabilità di essere volontari di Croce Rossa, sempre, comunque e ovunque. Mai tacere quando uomini liberi sono uccisi per aver espresso le loro idee. Scrivo subito, a caldo, queste righe di commozione e di sdegno per la strage di Parigi dove dodici persone sono state uccise e altre cinque ferite nell’attacco di terroristi islamici al giornale satirico «Charlie Hebdo»: otto giornalisti, due agenti, un ospite, il portiere dello stabile. I terroristi hanno ucciso al grido di «Vendicheremo il profeta» e «Allah è grande». Colpa del giornale: aver pubblicato vignette offensive su Maometto e l’Islam. La vera satira è feroce, per sua natura, e non ha riguardi per nessuno. O è così, o non esiste satira. E se non c’è possibilità di satira, non c’è libertà. Tra l’altro, il numero di «Charlie Hebdo» di questa settimana contiene un dibattito burla sull’esistenza di Gesù. Molti cristiani potrebbero sentirsi offesi. Il direttore Stephan Charbonnier, detto Charb, ucciso nel massacro, era un provocatore nato e si divertiva a prendere di mira politici, polizia, banchieri, religioni, papa, profeti (prendo queste informazioni dall’articolo di Ravi Somaiya pubblicato in queste ore sull’edizione online del New York Times). Perfino il governo francese era intervenuto per invitare alla prudenza Charb: è ragionevole e intelligente buttare olio sul fuoco? Mentre per paura di attentati, a causa delle vignette, chiudeva ambasciate e consolati in una ventina di paesi. Ma

Informa cri 03.2015

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INFORMAZIONE La responsabilità di fare cronaca

NON SI POSSIEDE DIO, NON SI POSSIEDE LA VERITA’

di Vincenzo Passerini (tratto dal Blog de L’Adige del 08.01.2015)

Febbraio 2015

In redazione in questo periodo ci siamo fatti spesso una domanda difficile e attualissima: cosa significa fare informazione? Dove sono i confini del nostro InformaCRI? Di cosa è giusto e importante parlare? Una risposta abbiamo provato a darcela. Crediamo di non poterci fermare ai fatti quotidiani del nostro comitato, ma di dover

allargare i nostri orizzonti il più possibile, raccontando ciò che accade nel mondo, tragedie ma anche eventi positivi che non possono lasciarci indifferenti come singoli cittadini, ma che devono farci reagire come volontari di Croce Rossa. Quella divisa infatti non la leviamo mai, nemmeno quando è riposta nell’armadio, quei sette principi devono far parte della nostra vita quotidiana anche fuori dai muri delle nostre sedi. E quindi come poter tacere davanti a tutto ciò che sta accadendo nel mondo, davanti alla violenza, alla discriminazione, alla follia umana, davanti all’egoismo, al qualunquismo, ai luoghi comuni. L’impegno di noi volontari di Croce Rossa non può fermarsi al turno in emergenza o alla missione di protezione civile, non può concludersi con la visita dei bambini della scuola materna alle ambulanze o alla lezione di primo soccorso alle squadre sportive. Noi siamo una realtà, una parte importante della risposta al bisogno, noi abbiamo la responsabilità di non tacere davanti alla negazione dei diritti umani, noi tutti dobbiamo impegnarci per portare verità laddove qualcuno o qualcosa strumentalizza gli eventi fomentando rabbia, paura e disorientamento. Questa è la certezza che ci guida nel redigere il nostro Foglio di Informazione. Questo è l’invito ad ognuno di noi alla responsabilità di essere volontari di Croce Rossa, sempre, comunque e ovunque.

Mai tacere quando uomini liberi sono uccisi per aver espresso le loro idee. Scrivo subito, a caldo, queste righe di commozione e di sdegno per la strage di Parigi dove dodici persone sono state uccise e altre cinque ferite nell’attacco di terroristi islamici al giornale satirico «Charlie Hebdo»: otto giornalisti, due agenti, un ospite, il portiere dello stabile. I terroristi hanno ucciso al grido di «Vendicheremo il profeta» e «Allah è grande». Colpa del giornale: aver pubblicato vignette offensive su Maometto e l’Islam.

La vera satira è feroce, per sua natura, e non ha riguardi per nessuno. O è così, o non esiste satira. E se non c’è possibilità di satira, non c’è libertà. Tra l’altro, il numero di «Charlie Hebdo» di questa settimana contiene un dibattito burla sull’esistenza di Gesù. Molti cristiani potrebbero sentirsi offesi. Il direttore Stephan Charbonnier, detto Charb, ucciso nel massacro, era un provocatore nato e si divertiva a prendere di mira politici, polizia, banchieri, religioni, papa, profeti (prendo queste informazioni dall’articolo di Ravi Somaiya pubblicato in queste ore sull’edizione online del New York Times).

Perfino il governo francese era intervenuto per invitare alla prudenza Charb: è ragionevole e intelligente buttare olio sul fuoco? Mentre per paura di attentati, a causa delle vignette, chiudeva ambasciate e consolati in una ventina di paesi. Ma

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IL TERRORISMO FONDAMENTALISTA RIFIUTA DIO

tratto dal Sito www.vaticaninsider.it

Charb aveva replicato: meglio morire in piedi che vivere in ginocchio. Insomma: perché posso prendere in giro il papa e Gesù ma non Maometto? D’altronde il giornale Charlie Hebdo (il cui nome fa riferimento al personaggio di Charlie Brown) è nato sulle ceneri di un altro giornale satirico chiamato Hara-Kiri, chiuso nel 1970 in seguito alle critiche per aver scherzato sulla morte di De Gaulle, un «mostro sacro» della storia francese. La strage di Parigi ci chiede di non tacere. Anche noi occidentali abbiamo un passato di ferocie in nome della religione. O in nome dell’ateismo di stato. O in nome della rivoluzione laica per la libertà. O in nome della libertà di mercato (quante stragi di schiavi, di minatori, ...). O del «popolo» (la stagione del terrorismo e delle stragi è troppo recente perché noi italiani possiamo ergerci a giudici presuntuosi di altri popoli). Roghi, ghigliottine, lager, gulag, torture, bombe, tritolo, mitra, P38. Non dobbiamo tacere, ma gridare forte che non si uccidono le persone per spegnere le loro idee o per imporre le nostre. La violenza in nome della religione o della politica va cancellata una volta per sempre. Soprattutto in queste ore incoraggiamo l’islam non violento a diventare più forte, non indeboliamolo. Non sarebbe giusto e non gioverebbe a nessuno. E per incoraggiarlo ha bisogno della nostra amicizia. In questo momento di lutto per la Francia mi vengono in mente (e so dove andare a trovarle) le parole di Pierre Lucien Claverie, vescovo cattolico nato da famiglia francese trapiantata in Algeria, ucciso da estremisti islamici nel 1996, ma che aveva tenuto aperto il dialogo e l’incontro con l’islam pur sapendo che agli estremisti non piaceva (ma l’Algeria di oggi deve anche al suo coraggio se la situazione non è più quella delle stragi di allora): «Sono persuaso che l’umanità è pluralista, e che quando pretendiamo di possedere la verità o parlare in nome dell’umanità noi diventiamo preda del totalitarismo e dell’esclusione. Nessuno possiede la verità, ciascuno è in cerca di essa. Credo che Dio c’è, non pretendo di possederlo. Non si possiede Dio. Non si possiede la verità e io ho bisogno della verità di altri che pure sono in ricerca. Questa è la mia esperienza con migliaia di algerini con i quali condivido l’esistenza e le cui domande sono le mie domande».

“Il terrorismo fondamentalista rifiuta

Dio stesso, e di fronte ai risvolti

agghiaccianti per il dilagare del

terrorismo auspico che i leader

religiosi, politici e intellettuali

specialmente musulmani, condannino

qualsiasi interpretazione fondamentalista ed estremista della religione che giustifica la violenza”.

È quanto ha detto Papa Francesco lo scorso 12 gennaio ricevendo il corpo diplomatico accreditato presso la Santa

Sede, nel tradizionale incontro d'inizio anno, occasione per il Papa di presentare uno sguardo sulla situazione del

mondo.

Alla cultura che rigetta l'altro e genera violenza e morte, il Pontefice

associa i numerosi fatti della cronaca quotidiana, non ultima la tragica

strage avvenuta a Parigi alcuni giorni fa. Gli altri vengono visti come

oggetti e l’essere umano da libero diventa schiavo, ora delle mode, ora

del potere, ora del denaro, talvolta perfino di forme fuorviate di

religione. Parlando delle conseguenze di questa mentalità, Francesco

dice: “Ci troviamo in una vera e propria guerra mondiale combattuta a

pezzi in varie zone del pianeta, a partire dalla vicina Ucraina, divenuta

drammatico teatro di scontro e per la quale auspico che, attraverso il dialogo, si consolidino gli sforzi in atto per far

cessare le ostilità, e le parti coinvolte intraprendano quanto prima, in un rinnovato spirito di rispetto della legalità

internazionale, un sincero cammino di fiducia reciproca e di riconciliazione fraterna”.

È un vero bollettino di guerra quello che ricorda Papa Francesco, parlando di Medio Oriente, auspicando che cessino

le violenze e si arrivi a una soluzione che permetta tanto al popolo palestinese che a quello israeliano di vivere

finalmente in pace. Passa poi a ricordare gli altri conflitti nella regione, i cui risvolti sono agghiaccianti anche per il

dilagare del terrorismo di matrice fondamentalista in Siria ed in Iraq. Tale fenomeno è conseguenza della cultura

dello scarto applicata a Dio. Il fondamentalismo religioso, infatti, prima ancora di scartare gli esseri umani

perpetrando orrendi massacri, rifiuta Dio stesso, relegandolo a un mero

pretesto ideologico.

Prosegue il Papa: “Di fronte a tale ingiusta occorre una risposta

unanime che, nel quadro del diritto internazionale, fermi il dilagare

delle violenze, ristabilisca la concordia e risani le profonde ferite che il

succedersi dei conflitti ha provocato. In questa sede faccio perciò

appello all’intera comunità internazionale, così come ai singoli Governi

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IL GIORNO DELLA MEMORIA La storia purtroppo è ancora attualità

di Francesco Pristipino

interessati, perché assumano iniziative concrete per la pace e in difesa di quanti soffrono le conseguenze della

guerra e della persecuzione e sono costretti a lasciare le proprie case e la loro patria”.

Ricorda poi le vittime tra i bambini e cita la Nigeria dove non cessano le violenze che colpiscono indiscriminatamente

la popolazione, ed è in continua crescita il tragico fenomeno dei sequestri di persone, spesso di giovani ragazze

rapite per essere fatte oggetto di mercimonio, un esecrabile commercio che non può continuare.

Il Papa parla quindi dell'orrendo crimine che è lo stupro e che si accompagna alle guerre. “È una gravissima offesa

alla dignità della donna, che non solo viene violata nell’intimità del suo corpo, ma pure nella sua anima, con un

trauma che difficilmente potrà essere cancellato e le cui conseguenze sono anche di carattere sociale. Purtroppo, si

verifica che anche laddove non c’è guerra troppe donne ancor oggi soffrono violenza nei loro confronti”.

Un paragrafo importante è dedicato ai profughi e rifugiati. “Quante

persone perdono la vita in viaggi disumani, sottoposte alle angherie di

veri e propri aguzzini avidi di denaro?. Molti migranti , soprattutto nelle

Americhe, sono bambini soli, più facile preda dei pericoli, necessitando

di maggiore cura, attenzione e protezione. È dunque necessario - spiega

il Pontefice - un cambio di atteggiamento nei loro confronti, con leggi

che tutelino i diritti dei cittadini e l’accoglienza dei migranti”.

“Ma - spiega ancora il Papa - oltre ai migranti, ci sono tanti altri esiliati

nascosti, che vivono all’interno delle nostre case e delle nostre famiglie. Penso soprattutto agli anziani e ai

diversamente abili, come pure ai giovani, perché non esiste peggiore povertà di quella che priva del lavoro, della

dignità del lavoro e che rende il lavoro una forma di schiavitù”. http://vaticaninsider.lastampa.it/nel-mondo/dettaglio-articolo/articolo/francesco-francis-francisco-medio-oriente-middle-east-medio-oriente-38506/

Fermate per un istante il vostro sguardo e la vostra attenzione su questa immagine. Vi sembrerà di guardare una foto di gente povera in qualche posto sperduto del mondo, è in bianco-nero quindi, non distinguiamo bene di che razza sono, aspettano solo del cibo in fila come bestiame.

La foto è stata scattata in Austria precisamente nel Lager di Katzenau, l’anno era il 1916 e quelle persone non sono neri ma di carnagione chiara, quelli che il mondo definisce comunemente “Bianchi” e vi dirò di più sono italiani, e vi dirò anche di più, sono trentini. Scappati, deportati a Katzenau oppure a Braunau, perché nelle loro case c’era la guerra e rischiavano di essere uccisi. Non avevano piu niente, casa, terra, lontani da familiari, avevano solo gli abiti che indossavano quando sono scappati. Cosa è cambiato in questi novantanove anni, da quando è stata scattata quella foto? Nulla, forse solo il colore della pelle. Adesso chi scappa dalla guerra, lasciando le proprie case per non essere ucciso, porta con se solo gli abiti che ha addosso, esattamente come quei

trentini nella foto. Portano anche con se un marchio che la società detta “civile” ha dato loro, hanno la pelle nera e quindi sono diversi, magari sono potenzialmente delinquenti … ricordate la storia dello stupro del campo di Marco? Subito si è pensato fosse stato “uno di loro”, poi le indagini hanno escluso tutto. La storia non ci ha insegnato niente, forse perché non la conosciamo abbastanza oppure perché leggiamo solo quello che ci fa comodo. Perdere la casa, dover scappare dalla propria terra non è diverso se la tua pelle è nera o bianca o gialla, la fame e la malattia hanno lo stesso colore. Ogni essere umano fin dalla sua nascita ha il diritto di vivere nella sua dignità, la storia ce lo dice ma noi ce ne dimentichiamo facilmente. Meditate italiani, meditate trentini, meditiamo tutti, una volta anche noi siamo stati Profughi.

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GIOVANI DAI GRANDI SOGNI E DALLE MILLE SPERANZE

di Giada Danieli

Greta e Vanessa, due nomi sentiti e risentiti negli ultimi mesi, nomi associati a mille polemiche, nomi che nascondono grandi sogni. Perché questo è quello che nessuno dice, nessuno ci spiega perché loro erano lì, perché queste due ragazze hanno messo in pericolo la loro stessa vita. Purtroppo le persone parlano senza conoscere i fatti, riportando notizie fasulle, credendo a giornalisti improvvisati e a finti moralisti.

Certo, da parte loro un po’ di ingenuità, se così si vuole chiamare, può esserci stata. Probabilmente non avevano calcolato fino in fondo i rischi che avrebbero potuto correre o forse lo avevano fatto ed hanno deciso comunque che valeva la pena rischiare. Queste due ragazze avevano semplicemente un sogno e l’hanno inseguito.

Vanessa Marzullo, 21 anni, di Bergamo. Studentessa di Mediazione Linguistica e Culturale, volontaria presso Organizzazione Internazionale di Soccorso, dal 2012 si dedica alla Siria, dalla diffusione di notizie tramite blog e social networks all'organizzazione di manifestazioni ed eventi in sostegno del popolo siriano. Sulla Siria dice: «La prendo come un fatto personale, mi sembra che tocchino dei miei amici. Quando parlano di guerra civile o di terroristi non stanno parlando di persone che non conosco, ma di gente che io ho sentito la sera prima su Skype. La vivo molto dall’interno. Sento che questa cosa è parte di me ormai». Greta Ramelli, 20 anni, di Varese, studentessa di Scienze Infermieristiche e volontaria presso Organizzazione Internazionale di Soccorso, nel maggio 2011 ha trascorso 4 mesi in Zambia, nel dicembre 2012 tre settimane a Calcutta. Attualmente si occupa principalmente di Siria, sia per quanto riguarda l'accoglienza profughi insieme ad altri volontari, sia per attivismo e

aiuti umanitari, collaborando anche con altre associazioni. Il loro sogno si chiama Progetto Horryaty, che in siriano significa LIBERTA’; nasce da un loro viaggio in Siria, un Paese del quale non è facile rimanere indifferenti e che sta vivendo una guerra civile sanguinosa da anni; un Paese in cui non ci sono buoni e cattivi, ma una situazione drammatica e complessa che ha provocato più di duecentomila morti, di cui la metà tra i civili, e milioni di profughi e sfollati. Il progetto ha due precisi obiettivi, come scrivono loro nella pagina facebook: attivare un corso base di primo soccorso e rifornire alcune aree di kit di emergenza di Primo Soccorso e garantire ai pazienti malati di patologie croniche di accedere alle giuste terapie rispettando tempi, dosi e qualità dei farmaci. Un progetto nobile, un po’ rischioso per via della guerra, ma di grande cuore. E se non si è idealisti, audaci e appassionati, e magari imprudenti, a vent’anni, quando si deve esserlo? Sarei curiosa di sapere come erano a vent’anni quelli che le hanno insultate sui social network con aggettivi che vanno da “sprovvedute” a “stronzette”, e se costoro sono tra quelli, ci potrei scommettere, che sottolineano la mancanza di valori dei giovani e la loro pigrizia. Greta e Vanessa non vanno santificate né screditate, ma rispettate. Nessuno va insultato per le sue passioni, soprattutto a vent’anni. Mi chiedo che cosa ci sia, in chi prende iniziative appassionate come quelle di Greta e Vanessa, che turba tanto chi le critica con violenza. Della loro scelta poco sappiamo, se non che è da rispettare, almeno quanto quella di chi fa cose diverse, meno audaci, forse meno pericolose. Come noi, volontari di Croce Rossa. È come se, andando a soccorrere un ferito in una scarpata, fossi scivolata e mi fossi rotta un gomito. Ero consapevole del rischio che correvo, eppure sono andata lo stesso. Ma nessuno mai si sognerebbe di dirmi che sono stata una “sprovveduta” o ancora peggio una “stronzetta”. Come nessuno si è mai permesso di giudicare la scelta di quei volontari del Soccorso Alpino che sono morti nel tentativo di salvare alcuni alpinisti in difficoltà; e anzi, li ricordano, giustamente, come gli angeli della montagna. Forse per qualche siriano anche Greta e Vanessa sono due angeli, sicuramente anche loro hanno rischiato per un buon motivo, perché aiutare gli altri è sempre un buon motivo. Certo, in questo caso specifico sono stati spesi molti soldi, che forse serviranno per comprare armi, ma con che coraggio ci permettiamo di dare un valore in denaro ad una vita? Mi indigna molto sentire i commenti delle persone che si permettono di giudicare le scelte di altri, ma nella maniera più assoluta non tollero i Volontari di Croce Rossa che lo fanno. Noi dovremmo essere di esempio per le altre persone; ci siamo cuciti addosso sette principi imprescindibili, che per chi non se li ricordasse sono umanità, imparzialità, neutralità, unità, indipendenza, volontariato e universalità; da parte nostra non sono giustificabili gesti o frasi di intolleranza, di nessun genere. Alcune volte, sentendo o leggendo commenti di alcuni di noi volontari, mi chiedo come potrà continuare il mondo se invece di andare avanti si regredisce; se invece di unire si divide; se invece di costruire si distrugge; se invece di lavorare per la pace, perfino nella nostra associazione, ci si concede all’odio, al razzismo, all’intolleranza, al giudizio facile. Anche io sono una ragazza, proprio come Vanessa e Greta, e anche io come loro ho un grande sogno. Mi piacerebbe che il mondo maturasse, perché i frutti maturi sono dolci, teneri, di sapore intenso e di tanti colori. Anche nel mondo ci vorrebbero più dolcezza e tenerezza, bisognerebbe dare più sapore alla vita, con le nostre azioni, ma soprattutto dovremmo rispettare i “colori” di tutti, senza giudicare.

Il prossimo spunto di riflessione che vi proponiamo è tratto dal Giornale della Protezione Civile. (L‘articolo nella sua completezza è consultabile al link http://www.ilgiornaledellaprotezionecivile.it/?pg=1&idart=14529&idcat=1)

Non ci stanno i volontari del soccorso ad essere annoverati fra i fannulloni approfittatori e assenteisti. Stanno arrivando dai rappresentanti delle massime associazioni di soccorso e volontariato reazioni di indignazione e smentita. Ma facciamo un passo indietro e riassumiamo i fatti: il 4

I “FURBETTI DEL PERMESSINO” NON SIAMO NOI IL VOLONTARIATO REAGISCE ALLE ACCUSE DI ASSENTEISMO

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gennaio appare su La Stampa un articolo di Paolo Baroni che titola "Lavorare il meno possibile? Ecco come si fa", in cui si denuncia come "alcune leggi e diversi contratti di categoria permettono di restare a casa e intascare regolarmente lo stipendio". "I recordman dell’assenteismo, i «furbetti» del permesso, - scrive Baroni - oltre alle malattie «strategiche» hanno a disposizione un’infinità di strumenti per evitare di presentarsi al lavoro e intascare ugualmente lo stipendio. Per effetto delle leggi e dei vari contratti di categoria sono almeno una decina le differenti tipologie di permessi retribuiti, tutte fondate su diritti sacrosanti, sia chiaro, su cui il lavoratore infedele volendo può «giocare»". Baroni prosegue quindi stilando un vademecum dei permessi includendo: "la legge che consente ai volontari della protezione civile di assentarsi anche per 10 giorni consecutivi (massimo 30 giorni in un anno) per effettuare simulazioni e formazione ed in caso di calamità concede 30 giorni consecutivi con un tetto di 90 in un anno. Permessi retribuiti anche quanti ricoprono il ruolo di volontari del Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico del Club alpino italiano nei giorni in cui svolgono operazioni o esercitazioni". L'argomento è stato successivamente ripreso anche da Massimo Gramellini, vice direttore de La Stampa, che durante la trasmissione televisiva su Rai3 "Che tempo che fa" ha incluso i permessi concessi ai volontari fra i possibili strumenti di assenteismo legalizzato: "Permessi per volontariato civile anche 10 giorni consecutivi per effettuare simulazioni in caso di calamità che poi quando avvengono ci trovano sempre impreparati - elenca Gramellini - permessi per i volontari del soccorso alpino e del soccorso speleologico...." Dispiace davvero vedere che una piaga come quella dell'assenteismo furbetto venga associata al lavoro dei volontari, praticamente quasi senza distinguo. Gli assenteisti beceri non hanno giustificazioni, non sono simpatici, non fanno ridere, non "hanno capito tutto dalla vita", non sono un esempio da seguire e vanno combattuti e puniti severamente. E soprattutto vanno chiamati per nome e cognome, e non confusi in una massa generica che ne cancella l'identità truffaldina. Vanno identificati nello stesso modo in cui lo sono i volontari di protezione civile e del soccorso alpino e speleologico quando vengono chiamati a prestare servizio in caso di calamità, incidenti, e tragedie grandi e piccole, uomini e donne che non vengono pagati per il rischio che corrono e per il tempo che dedicano alla comunità, ma VOLONTARI a cui la legge concede di mantenere il posto di lavoro e il trattamento economico per le giornate dedicate al soccorso e alla formazione. Immediate le reazioni del CNSAS, del CAI e di ANPAS alle dichiarazioni apparse a riguardo su La Stampa Umberto Martini del CAI: "A nome degli oltre 7000 Volontari del CNSAS e e degli oltre 300.000 Soci del Cai, di cui il Cnsas è struttura operativa - voglio far sentire forte e chiaro il nostro NO a questo accostamento improprio che offende la dignità di chi rischia ogni giorno la vita per prestare soccorso sia ai frequentatori sia alle popolazioni di montagna. Per avere diritto ai benefici di legge l'attività svolta (esercitazione regionale o intervento) deve essere certificata dal Sindaco del comune dove essa avviene. Affermando che i Volontari CNSAS possano abusare di un sacrosanto diritto, potrebbe ingenerare il rischio di suggerire ai telespettatori (e ai lettori) che centinaia di Sindaci potrebbero essere corresponsabili, o quanto meno leggeri, quando con la propria firma attestano l'attività svolta. Inoltre il CNSAS è in convenzione con il sistema 118, che ingaggia l'intervento del soccorso alpino e speleologico. Tutta l'attività è dunque tracciabile. L'addestramento dei Volontari del soccorso alpino è costante, e per tutte le attività esercitative di carattere locale non si ha diritto a permessi né a indennità. Le stesse infatti di norma vengono effettuate in giornate non lavorative. Quando ciò non è possibile, i Volontari si prendono giornate di ferie". Fabrizio Pregliasco, presidente di ANPAS (Associazione nazionale della Pubbliche assistenze) scrive al direttore de La Stampa: "Egregio Direttore Calabresi, le scrivo a nome degli 80mila volontari che in 881 comunità d'Italia si occupano del miglioramento della vita quotidiana delle persone ogni giorno. Persone che dedicano la loro passione, il loro tempo libero e che spesso ne tolgono alle loro famiglie per il bene delle loro comunità e della nazione di cui fanno parte....." Pregliasco definisce le affermazioni di Baroni "una generalizzazione che reputiamo ingiusta, prima ancora che grave, quella fatta ai volontari CNSAS e puntualizza che nell'articolo si fa riferimento alla legge che permette al volontario di protezione civile di assentarsi per simulazioni e formazione ma "non si menziona la norma (DPR 194/2001 - art. 9) che sottolinea che il datore di lavoro è tenuto (e non obbligato) a consentire la partecipazione dei volontari delle organizzazioni di protezione civile alle attività di esercitazione/soccorso. Questa disposizione, secondo l'articolo, è considerato uno strumento per evitare di presentarsi al lavoro"

Patrizia Calzolari che firma l’articolo, dice una cosa molto importante: “Noi, che sul nostro giornale quotidianamente parliamo dell'opera dei volontari, ne ospitiamo i resoconti, i racconti, diamo notizia delle esercitazioni, degli interventi e dei percorsi di formazione, sappiamo quanto siano imprescindibili sia l'intervento dei volontari in emergenza, sia la loro formazione e l'opera di diffusione della cultura della protezione civile e della prevenzione del rischio che portano avanti. Parlare della indispensabilità dei soccorsi è, crediamo, fuori discussione. Parlare di quanto siano vitali la formazione e le esercitazioni è argomento da spiegare e far capire a tutti i cittadini italiani: chi vorrebbe, parlando del solo CNSAS, essere soccorso a 2800 metri da un dilettante? Chi vorrebbe essere verricellato e caricato in volo su un elicottero da un soccorritore improvvisato? Chi, bloccato nella pancia della terra, si farebbe recuperare da un inesperto?”

E nonostante questa certezza, nonostante il tempo e le risorse che si impiegano per la formazione, purtroppo, a

volte succede che i soccorritori non ce la facciano, perdendo addirittura la vita per soccorrere persone in pericolo.

Come non ricordare Ervin Riz 32 anni, Luca Prinot 43 anni, Diego Peratoner 42 anni e Alessandro Dantone 39 anni.

Era il giorno di Santo Stefano del 2009 quando questi quattro ragazzi fassani, partirono per soccorrere due

escursionisti stranieri dispersi in Val Lasties, tra il Pordoi, vicino al gruppo del Sella, a 2.750 m di quota. Erano tutti

estremamente esperti e al lavoro da anni nel Soccorso alpino del Trentino e non sono più tornati a casa, rimasti

sotto una valanga nel tentativo di salvare vite umane. Tutto fuori che assenteisti ci vien da dire!

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InfoSENEGAL Consegnato il mezzo finanziato dal nostro

progetto solidarietà 2014

AUTOSANITARIA Pronta la nuova sede, trasloco effettuato La soddisfazione del Comitato e di TE 118

GIU’ LE MANI DAI VOLONTARI Tutti sappiamo che il mondo e l’Italia stanno attraversando un periodo di crisi socio-politica. Fa male vedere dei personaggi che, in televisione, si permettono di infangare l’operato delle persone che fanno volontariato. Sto parlando dell’intervista al giornalista Gramellini, che ha messo nel calderone degli ASSENTEISTI anche i lavoratori che sono anche volontari di Protezione Civile, i quali, a suo dire, godono di permessi facili che poi vanno a gravare sulle tasche dei contribuenti. È evidente che il Sig. Gramellini non conosce per niente il mondo del volontariato, probabilmente perché non ne ha mai fatto o, perlomeno, non lo ha mai fatto in associazioni che operano nel campo della Protezione Civile. Evidentemente non sa che le persone, che per lui sono la piaga dell’Italia, giorno e notte, festivo o non festivo, lasciano la propria famiglia ed anche il proprio lavoro per andare a salvare vite umane. Che siano volontari dei VVFF, del Soccorso Alpino, della Protezione Civile o della Croce Rossa non cambia il valore umano che ogni giorno queste persone dimostrano. Ed è un pensiero ignobile accostarli a chi veramente timbra il cartellino e non sta sul posto di lavoro, ma fa tutt’altro. E peggio ancora è paragonarli a quei politici che secondo quanto dice il “cartellino” sono in aula, ma in realtà sono chissà dove, tanto il bottone glielo preme il suo collega seduto nel posto a fianco. Gli sprechi che si dovrebbero eliminare sono altri. Noi volontari non pretendiamo ringraziamenti o elogi, non vogliamo essere chiamati eroi, ma pretendiamo rispetto per quello che facciamo in silenzio, rispetto per il valore inestimabile che diamo alla comunità, all’Italia e al mondo intero. Perché quando la comunità chiama noi ci siamo… e questo Gramellini non l’ha detto.

Francesco Pristipino

Nei giorni successivi questi quattro uomi, mariti,

padri e lavoratori, sono diventati eroi, acclamati

dalla stampa, citati come esempio di coraggio e

abnegazione dai telegiornali, quella stessa stampa

(non tutta per fortuna) che oggi, facendo di tutta l’erba

un fascio, rischia, invano, di infangare un

movimento fatto di cuore, passione, coraggio, un

movimento che si chiama VOLONTARIATO.

Concludiamo questa riflessione con un messaggio

arrivato in redazione a firma di un volontario del

nostro comitato che, a botta calda, ha voluto

testimoniare il suo disappunto per l’intervento di

Gramellini.

Buone nuove arrivano da Mariarosa Salerno, volontaria della CRI di Ponte a Egola, che ci comunica l’arrivo del mezzo finanziato dal progetto solidarietà 2014 del nostro comitato. Ricordiamo che il mezzo sarà a disposizione del personale sanitario del Posto di Salute di Thiel in Senegal. Un automezzo efficiente che contribuirà alla realizzazione del progetto sanitario per le donne e i bambini dell‟intera comunità.

Carissimi, finalmente la foto è arrivata. ..non è il massimo è fatta da un telefonino. E’ bellissima!! Il piccolo posto di salute è contentissimo. Noi partiamo il 28 marzo e durante la nostra permanenza ci sarà modo di fare delle foto e controllollare che tutto prosegua nel giusto modo. Ci vedremo al nostro ritorno. Grazie dal profondo del cuore. A presto. Mari

Finalmente pronti, si trasloca! La sede nuova dell’autosanitaria presso il Centro Civico di Carbonare è pronta. Soddisfazione per il bellissimo risultato ottenuto che completa un importantissimo progetto in cui il nostro comitato crede da anni. La stessa soddisfazione che ha provato Ivano Floriani, Coordinatore Infermieristico T.E. 118 di Rovereto, che in una mail al Dott.

Zini, Direttore di T.E. 118, comunica il trasferimento e commenta positivamente il risultato ottenuto:”La nuova logistica è ottima, il garage è riscaldato pertanto non più problemi per i presidi sanitari in giacenza nell’autosanitaria. La sala consolle è in regola per le comunicazioni sia via radio che via telefonica con il numero telefono cellulare dedicato per l’infermiere. Vi è il nuovo collegamento ADSL per il PC e quindi possibile collegamento Emmaweb. Ed in più un appartamento soprastante ben arredato. Pertanto, dalla data odierna gli infermieri di Rovereto sono a disposizione per gli

eventi di urgenza-emergenza territorio altipiani in questa nuova sede.” Prosegue Floriani: ”Un grazie al comitato CRI Altipiani per aver preso a carico il completamento dei lavori per garantire alle equipe un soggiorno più funzionale e complimenti per l’arredamento della nuova sede.”

Aggiungiamo che a breve sarà programmata una piccola cerimonia di inaugurazione per festeggiare insieme alla comunità il tanto sospirato obbiettivo finalmente raggiunto. Comuni, Comunità di valle, Comitato CRI Altipiani e la nostra gente, insieme dentro la comunità, come facciamo ogni giorno con la nostra attività.

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2014 – UN ANNO IMPEGNATIVO Ecco i numeri del nostro impegno sul territorio a servizio della comunità

A volte siamo allergici ai numeri, pensiamo che non servano a niente, che siano solo burocrazia e invece è interessante leggere nero su bianco il risultato del nostro lavoro di un anno, il 2014, impegnativo ma ricco di sodisfazioni. Divertitevi nella lettura e se volete qualche delucidazione, rivolgetevi alla redazione che girerà al Comitato le vostre richieste.

SERVIZI COMPLESSIVI 2014 - COMITATO

SERVIZI 2014 - AUTOSANITARIA

SERVIZI 2014 - LAVARONE

FOLGARIA

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QUOTE ASSOCIATIVE 2015 Si comunica a tutti i volontari, che entro il 31 marzo è necessario versare la quota associativa presso la segreteria della propria sede territoriale di appartenenza. La quota è invariata e fissata in € 8,00. È inoltre possibile diventare soci ordinari della CRI Altipiani versando una quota annuale di € 16,00 … proponetelo a tutti i vostri amici e conoscenti … un piccolo gesto dal grande valore, per sostenere le attività della Croce Rossa.

SESSIONI ESAMI PATENTE 5 (Ambulanza) Sono state fissate le sessioni di esami 2015 per il conseguimento della patente Tipo 5 nelle date di sabato 28 Febbraio, sabato 13 Giugno e sabato 24 Ottobre. L'esame, sia teorico che pratico, della prima sessione (28.02) si terrà a Trento, presso la Sala Grande del Comitato CRI, con inizio alle ore 08:30. La data ultima per l'iscrizione dei Volontari all'esame della prima sessione è fissata per lunedì 16 febbraio 2015. Chi fosse interessato può comunicarlo alla segreteria della propria sede territoriale.

FORMAZIONE - RIPRESA L’ATTIVITÀ FORMATIVA DEL NOSTRO COMITATO Sono ricominciate le lezioni nelle due sedi territoriali di Folgaria e Lavarone. Abbiamo il calendario degli appuntamenti fino a fine giugno e questo consente ad ognuno di noi di programmare la partecipazione con ampio anticipo.