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MAGAZINE n.234 / 20 14 DICEMBRE 2020 Airpods Max: le cuffie Apple con riduzione del rumore a 629€ 15 26 26 Garmin Venu Sq Smartwatch di sostanza Pure Humidify+Cool L’aria sana di Dyson IN PROVA IN QUESTO NUMERO “Vendo per regalo non gradito” I tablet del voucher sui marketplace Il Samsung Galaxy Tab S6 Lite diventa il re degli annunci di vendita online. Chi ha ottenuto il voucher lo ha già rimesso in vendita. Ma non potrebbe farlo 05 Disney+ aumenta i prezzi in Italia Ma aumentano anche i contenuti Scatta a febbraio l’aumento dei prezzi della piattaforma in Italia. Il prezzo dell’abbonamento sarà di 8,99€ al mese, oppure 89,99€ all’anno. Ma verrà incluso all’interno di Disney+ il servizio Star, con programmi TV e film prodotti dagli studi Disney 12 Il “pacco” delle Playstation 5 sottocosto Il “pacco” delle Playstation 5 sottocosto Euromediashop scompare col bottino Euromediashop scompare col bottino PS5 e Xbox Series X introvabili e vendute sottocosto Convinti da un volantino di carta, ci sono caduti in tanti malgrado DDAY.it avesse messo tutti sull’avviso Surface Laptop Go Buona l’idea 23 23 Edge, lo smartphone curvo di Motorola Samsung Galaxy S21 Il lancio è imminente. Ecco i video teaser 13 30 30 20 20 08 08 Snapdragon 888 5G Snapdragon 888 5G Gli smartphone del 2021 Gli smartphone del 2021 saranno così saranno così 36 36 Sky apre i negozi fisici Previste 50 aperture nel 2021 Canon come Sony Venderà i suoi sensori anche ad altre aziende 02 Megane Sporter E-Tech Megane Sporter E-Tech Ibrida con tecnologia Ibrida con tecnologia di Formula 1 di Formula 1 14 10

Il “pacco” delle Playstation 5 sottocosto Euromediashop … · 2020. 12. 14. · torna al sommario 2 n .234 20 MAGAZINE DICEMRE 020 L a Playstation 5 è introvabile. O meglio,

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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020

Airpods Max: le cuffie Apple con riduzione del rumore a 629€ 15

2626

Garmin Venu Sq Smartwatch di sostanza

Pure Humidify+CoolL’aria sana di Dyson

IN PROVA IN QUESTO NUMERO

“Vendo per regalo non gradito” I tablet del voucher sui marketplace Il Samsung Galaxy Tab S6 Lite diventa il re degli annunci di vendita online. Chi ha ottenuto il voucher lo ha già rimesso in vendita. Ma non potrebbe farlo05

Disney+ aumenta i prezzi in Italia Ma aumentano anche i contenuti Scatta a febbraio l’aumento dei prezzi della piattaforma in Italia. Il prezzo dell’abbonamento sarà di 8,99€ al mese, oppure 89,99€ all’anno. Ma verrà incluso all’interno di Disney+ il servizio Star, con programmi TV e film prodotti dagli studi Disney

12

Il “pacco” delle Playstation 5 sottocostoIl “pacco” delle Playstation 5 sottocosto Euromediashop scompare col bottinoEuromediashop scompare col bottino PS5 e Xbox Series X introvabili e vendute sottocosto Convinti da un volantino di carta, ci sono caduti in tanti malgrado DDAY.it avesse messo tutti sull’avviso

Surface Laptop Go Buona l’idea

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Edge, lo smartphone curvo di Motorola

Samsung Galaxy S21 Il lancio è imminente. Ecco i video teaser

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Snapdragon 888 5G Snapdragon 888 5G Gli smartphone del 2021 Gli smartphone del 2021 saranno cosìsaranno così3636

Sky apre i negozi fisici Previste 50 aperture nel 2021

Canon come Sony Venderà i suoi sensori anche ad altre aziende

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Megane Sporter E-Tech Megane Sporter E-Tech Ibrida con tecnologia Ibrida con tecnologia di Formula 1di Formula 1

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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020

di Roberto PEZZALI

La Playstation 5 è introvabile. O meglio, si trova su

eBay, a prezzi folli che sfiorano i 1000 euro. Eppure

c’è chi in Italia assicura di averne uno stock intero

a magazzino e ha deciso di venderla addirittura sottoco-

sto. È partita una fortissima campagna pubblicitaria del

sito euromediashop.com, un e-tailer di Brindisi che sta

distribuendo volantini cartacei nel nord Italia dove l’in-

trovabile Playstation 5 viene venduta a 419 euro nella

versione con disco e a 349 euro nella versione all-di-

gital. Stessa sorte per Xbox Series X e Series S: anche

loro, nonostante siano praticamente introvabili, vendute

sottocosto. Difficile dimenticarsi di sottocosto.online, il

sito di Cremona che ha accettato ordini per merce mai

consegnata, usando una campagna pubblicitaria in ra-

dio per attivare clienti.

Di Euromediashop non esistono opinioni online: il sito è

troppo recente, è stato registrato solo a ottobre, e non

abbiamo trovato sui diversi siti di recensioni. Le uniche

recensioni sono quelle lasciate da alcuni profili sulla pa-

gina Facebook creata ad ottobre, profili che però non

sembrano troppo attivi come Vincenzo Galeone, che

sulla sua pagina ha pubblicato l’ultima volta un video nel

gennaio del 2019. Vincenzo Galeone il 13 novembre “ri-

spunta” tuttavia per consigliare Euromediashop. Con lui

anche un’altra manciata di profili social.

Euromediashop offre un numero verde (registrato sul

servizio gratuito https://www.verdericaricabile.it), ha un

magazzino con indirizzo e il titolare, Christian Ciciriello,

risponde al cellulare ai clienti che lo chiamano, inviando

anche foto dei magazzini pieni di Playstation a chi, un

po’ dubbioso, ne fa richiesta. Abbiamo contattato alcu-

ni distributori e produttori chiedendo informazioni sui

prodotti presenti sul sito (ci sono anche TV e droni) e

tutti stanno facendo verifiche. Diversi operatori si sono

dimostrati tuttavia sorpresi per il prezzo “sottocosto”: e

abbiamo sentito solo notizie di sciacalli che provavano a

rivendere le nuove console ad un prezzo due o tre volte

superiore a quello di vendita. Per quale motivo quindi un

imprenditore, se davvero avesse a magazzino in pronta

consegna le Playstation 5, dovrebbe venderle sottoco-

sto nel momento in cui queste console sono introvabili

e potrebbe venderle senza problemi a prezzo pieno?

Abbiamo contattato telefonicamente il signor Christian

Ciciriello che si è reso disponibile a fornire alcune infor-

mazioni su Euromediashop.

DDay: come fa ad avere determinati prezzi su prodotti apparentemente introvabili?Ciciriello: “Le promozioni sulla Playstation 5 e le al-

tre promozioni sul sito sono prodotti ‘civetta’ per far

conoscere Euromediashop alle persone residenti al

nord. Abbiamo investito in Lombardia oltre 90.000

euro in pubblicità.”

DDay: Possibile che siate voi gli unici con ancora con-sole a magazzino e le vendiate oltretutto ad un prezzo più basso di quello ufficiale?Ciciriello: “Certo. Perché mentre Mediaworld e Euro-

nics hanno fatto il preorder, e quindi hanno venduto

tutte le PS5 sotto prenotazione, Euromediashop le ha

tenute a magazzino perché nessuno si sarebbe fidato

a pagare in anticipo un qualcosa che sarebbe stato

consegnata dopo diversi mesi. Abbiamo 500 Playsta-

tion 5 disponibili.”

DDay: Chi vi ha venduto le console, Sony?Ciciriello: “Le console non ce le ha vendute direttamen-

te Sony, ma le abbiamo comprate da rivenditori che le

hanno a loro volta comprate da Sony Italia. Arrivano

dall’Italia, la garanzia è italiana”

DDay: Offrite anche il ritiro a domicilio nel magazzino, ma è disponibile solo dal 22 di dicembre. Perché?

Ciciriello: “Perché vogliamo evitare una multa di 6.000

euro per assembramenti in magazzino. Possiamo con-

segnare solo 12/13 prodotti al giorno su appuntamento,

quindi siamo già arrivati con la “coda” al 22 di dicem-

bre. Senta come squilla il telefono, siamo presi d’assal-

to. Voi state facendo insinuazioni sulla mia attività.”

DDay: Guardi, se ci fossero metodi di pagamento più sicuri e garantiti come PayPal forse ci sarebbe anche più fiducia.Ciciriello: “PayPal non è tra i metodi di pagamento per-

ché il guadagno sugli articoli è talmente misero che non

si riesce a pagare il 7% di commissioni a PayPal. Non

ci sarebbe più guadagno, a quel punto tanto vale non

aprire neppure una attività”.

DDay.it: Basterebbe vendere le console a prezzo pie-no. Si venderebbero uguale, glielo assicuriamo.Ciciriello: “Ho investito sul Nord Italia, e articoli come

il vostro mi stanno pugnalando. Sono un imprenditore,

ho una attività che ha fatturato lo scorso anno 150.000

euro. Voi dite che il sito è uscito dal nulla”

DDay.it: Ci risulta aperto a ottobre 2020.Ciciriello: “Si, ma l’azienda esiste da tempo. Ho dovuto

reinventarmi e reinventare un attività per far fronte alla

situazione attuale. Sappiamo in che situazione econo-

mica siamo con il coronavirus, e glielo dico sinceramen-

te, ho investito in pubblicità in Lombardia perchè credo

che ci siano più soldi che da noi”.

C’è chi ordina, paga e non ottiene più risposta. L’azienda: “Abbiamo 4000 email”“Ordinatene una voi e vedrete che abbiamo le conso-

le”. Così ci aveva detto al telefono il titolare Christian

MERCATO Mentre molti cercavano di mettere le mani sulle nuove console, spuntava un sito che diceva di venderle e pure sottocosto

Euromediashop, il sito con PS5 e Xbox Series X sottocosto La nostra indagine sull’e-tailer sbucato dal nulla Dopo la fortissima campagna pubblicitaria del sito euromediashop.com, con tanto di volantini, abbiamo indagato a fondo

segue a pagina 03

torna al sommario 3

MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020

Ciciriello. Quando ci abbiamo provato, il sito era irrag-

giungibile, ma è bastata una telefonata per ricevere

le indicazioni su come agire “Inviateci un messaggio

tramite Whatsapp”. Qualcuno lo ha fatto: c’è chi ci ha

segnalato di aver fatto il bonifico e di aver inviato la ri-

cevuta del bonifico tramite Whatsapp. Da quel momen-

to, però, le comunicazioni si sono interrotte: nessuna

risposta da parte dell’azienda, né al telefono e neppure

via Whatsapp. Se però l’azienda non rispondeva alle

telefonate o ai messaggi di chi ha già effettuato un or-

dine, invece rispondeva alle telefonate di chi era inte-

ressato a comprare.

Abbiamo ricontattato Euromediashop per chiedere

chiarimenti sulle segnalazioni che ci erano arrivate, ma

il titolare non era disponibile al telefono e non rilasciava

più interviste. Al suo posto rispondeva un altro “dipen-

dente” che ci diceva di inviare una mail “Abbiamo oltre

4000 mail a cui rispondere, sono troppe, non riusciamo

a starci dietro” la giustificazione. Non siamo riusciti nem-

meno a prendere appuntamento per andare a visitare

il magazzino: la risposta era sempre “Inviate una mail”.

Siamo riusciti a raggiungere anche alcune persone che

hanno invece ordinato i prodotti senza pagare con bo-

nifico, ma con pagamento alla consegna direttamente

in magazzino. La risposta arrivata in mail è la seguente:

“Buongiorno gentile cliente, per l’elevato numero di

messaggi che stiamo ricevendo, le garantiamo una

risposta entro le 24h. Tutti gli articoli presenti sul sito

sono disponibili in pronta consegna. Grazie, Lo staff di

Euromediashop”.

MERCATO

Il “caso” Euromediashop

segue Da pagina 02

Le recensioni comprate su Telegram. Sony: “Non lavoriamo con questo retailer” Nei giorni successivi, Euromediashop ha continuato la

sua campagna promozionale per la vendita di prodot-

ti sottocosto, soprattutto le introvabili PS5. I volantini,

come confermato da alcuni lettori, sarebbero arrivati

anche a Roma, nonostante non abbiamo segnalazioni di

alcun prodotto consegnato. Anzi, sono arrivate sempre

di più mail e messaggi che ci chiedevano cosa fare dopo

aver prima pagato e poi perso ogni contatto. L’azienda

è quindi uscita allo scoperto sulla sua pagina Facebook

con un messaggio del quale riportiamo alcuni estratti:

“Già da giovedì abbiamo deciso di spostare tempora-

neamente il magazzino a causa delle minacce ricevu-

te. Tutti gli utenti che hanno infangato l’azienda senza

alcun motivo scrivendo di aver comprato da noi la PS5

già da un mese e non averla ricevuta saranno denun-

ciati’ perché dicono il falso dato che la nostra promozio-

ne delle console è iniziata il 28 dicembre.”

Oltre alla data errata, c’è anche la questione del ma-

gazzino, che secondo l’azienda è stato spostato e non

è più nella zona industriale di Brindisi. Il vero proprieta-

rio di quello che era stato descritto dall’azienda come

magazzino, con tanto di cartello poi rimosso, dopo aver

visto il servizio del giornalista di Canale 85, Michele Iur-

laro, ha contattato il giornalista dicendo di aver visto in

TV il suo magazzino, che è chiuso da un paio d’anni e

in attesa di essere affittato. “Non stiamo riuscendo a

rispondere a tutte le persone perchè è diventata una

situazione insostenibile con migliaglia di messaggi,

email e chiamate”, chiude il messaggio su Facebook,

con l’intento di rassicurare tutte le persone che hanno

comprato e ora non sanno cosa fare, se attendere il

prodotto o rivolgersi alle autorità.

Sony Interactive Entertainment Italia ci ha rilasciato la se-

guente dichiarazione: “Sony Interactive Entertainment

Italia non lavora con questo retailer e non può confer-

mare questa promozione”.

Ci ha scritto anche una delle persone che figurava come

acquirente sulla pagina del negozio su Facebook, con-

sigliando il negozio e recensendolo in modo positivo. La

recensione è stata comprata sui gruppi Telegram. “Per-

donami, non volevo ingannare nessuno”.

Euromediashop è sparito (insieme ai soldi e alle PS5). Sito giù, pagina Facebook cancellata e telefono spentoArriva poi il giorno 10 dicembre, nel quale, secondo

Euromediashop, i clienti avrebbero dovuto ricevere le

Playstation 5. Era anche il giorno in cui, secondo alcune

nostre fonti, Euromediashop avrebbe dovuto saldare le

fatture ai fornitori che hanno stampato i volantini.

Euromediashop è invece sparito. Il sito internet è irrag-

giungibile, la pagina Facebook è stata cancellata e al

telefono non risponde più nessuno, risulta spento.

L’intervista al titolare Christian Ciciriello, promessa sul-

la pagina Facebook per chiarire agli utenti la situazio-

ne, era probabilmente un modo per prendere tempo

e pianificare la fine di questa triste pagina durata una

settimana circa. Non ci risulta che nessuno abbia mai

ricevuto nulla dal sito e non ci risulta nemmeno che la

sparizione del titolare e del sito siano dovuto ad una

azione delle Forze dell’Ordine, che dovrebbero avere

ricevuto più di una denuncia da parte di incauti utenti

che hanno fatto un bonifico sul conto personale di Cici-

riello seguendo alla lettera le istruzioni inviate su What-

sapp. Difficile che questi utenti possano ricevere la loro

console, ancora più difficile che rivedano i soldi versati.

Cercheremo di capire come si evolverà questa triste vi-

cenda, che sicuramente porterà ad una indagine: resta

il fatto che in quasi dieci giorni da quanto è stato distri-

buito il primo volantino, nonostante siano state informa-

te le Forze dell’Ordine, nessuno sia riuscito a interve-

nire per capire, subito, se Euromediashop era solo un

sito poco organizzato o un tentativo di raggiro. Sarebbe

interessante vedere anche come si evolverà la questio-

ne per quegli utenti reali che hanno lasciato recensioni

finte a pagamento per promuovere una attività che non

è mai esistita: è anche colpa delle loro recensioni se ci

sono persone che hanno creduto ad Euromediashop.

Il messaggio di una delle persone che figurava come un acquirente sulla pagina del negozio su Facebook. La recensione è stata comprata sui gruppi Telegram.

torna al sommario 4

MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020

di Roberto PEZZALI

Il 4 dicembre almeno 100.000 utenti (o forse sarebbe

meglio dire “utenze”) erano in coda “virtuale” per cer-

care di accaparrarsi uno dei pochissimi pezzi di Play-

station 5 disponibili sul sito di Euronics. Inutile dire che

quasi nessuno tra gli utenti “normali” è riuscito nel suo

intento. La stessa cosa è successa sul sito di Unieuro,

che è rimasto down e malfunzionante per ore.

Probabile, come è già successo in passato, che la Play-

station 5 sia stata acquistata da qualcuno che si è fatto

aiutare da un computer per riuscire a fare nel minor tem-

po possibile quello che con l’interazione umana sareb-

be fisicamente impossibile: visitare una pagina compul-

sivamente centinaia di volte e aggiungere un prodotto

nel carrello in una frazione di secondo non appena reso

disponibile.

Li chiamano “bot”, ma non sono altro che script che ogni

secondo visitano un sito, controllano se un prodotto è

disponibile e provano a metterlo nel carrello. Se ci rie-

scono avvisano subito l’utente con un messaggio per

far concludere la transazione.

Lo script lavora 24 ore su 24, sette giorni su sette e può

essere moltiplicato per aumentare la possibilità di co-

gliere il momento giusto: centinaia di Playstation 5, di

Xbox e di schede video di ultima generazione, anche

loro introvabili, sono state acquistate nelle ultime setti-

mane in questo modo. E poi rimesse in vendita ad un

prezzo decisamente più alto. Bagarinaggio puro

Non è sbagliato pensare che un comportamento di que-

sto tipo sia scorretto, soprattutto se l’acquisto è finaliz-

zato alla rivendita a prezzo maggiorato; altri potrebbero

semplicemente ribattere dicendo che i computer sono

nati per aiutare l’uomo, e in questo caso lo script non fa

altro che verificare la disponibilità di un prodotto e, se

possibile, di metterlo nel carrello: nulla di illegale.

Nulla di troppo sofisticato e complesso per uno svilup-

patore: chi è abituato a scrivere un po’ di test automatici

per provare un sito o una applicazione, ha sicuramente

avuto a che fare con librerie che permettono di automa-

tizzare le interazioni all’interno di un browser. Lo script

non fa altro che ripetere una serie di azioni: visita una

pagina cerca un prodotto, controlla se è disponibile e lo

aggiunge al carrello. Oggi è possibile trovare ‘script’ già

pronti e completi che fanno tutto questo, perfettamente

configurabili dal singolo sviluppatore che con una pic-

cola infarinatura di javascript (typescript in questo caso)

può anche aggiungere un sito di eCommerce all’elenco

di quelli già presenti. Uno degli script più utilizzati - ov-

viamente non faremo il nome - è già configurato con

all’interno i parametri per diversi siti italiani, da Unieuro

e Euronics. In meno di tre minuti, il tempo di sistemare

la configurazione per farsi inviare le notifiche, lo script

è pronto a partire e inizia a tempestare di richieste i siti

prescelti verificando l’effettiva disponibilità dei prodotti

selezionati. Dopo pochi secondi iniziano a comparire i

risultati: ovviamente al momento le console sono Out of

Stock, ma lo script continuerà a lavorare per noi, finché

non viene fermato. Se già un solo script simile, installato

su un Raspberry Pi, assicura un buon risultato, bisogna

considerare anche che questo script può essere molti-

plicato nelle istanze in esecuzione: decine e decine di

“bot” che lavorano per permettere a chi li “addomesti-

ca” di mettere le mani sulloggetto del desiderio.

Più istanze e più richieste, che moltiplicate per il nume-

ro delle persone che usano questo sistema diventano

quasi un “attacco informatico” verso un negozio e-com-

merce, che si trova inondato di tante richieste con-

temporanee come se centinaia di migliaia di persone

“vere” lo visitassero nello stesso istante. Amazon, con

l’infrastruttura che ha alle spalle, resiste; molti altri siti

no, soprattutto quelli italiani che davanti ad una promo-

zione forte e ad una crescita di traffico spesso risultano

irraggiungibili o, se va tutto bene, lenti e malfunzionanti.

I bot favoriscono il “bagarinaggio” e fanno arrabbiare i clienti comuniSebbene non sia illegale utilizzare un bot, si tratta

comunque di una condotta deleteria per il mercato

dell’e-commerce, perché spesso i prodotti comprati fi-

niscono poi in vendita a prezzi più alti e si alimenta il

mercato nero. E poi, dal lato dell’e-tailer, si contribuisce

a creare disaffezione dei clienti “normali” nei confronti

dell’insegna, che non solo non acquistano il prodotto

desiderato ma vivono un’esperienza di disservizio.

Il momento particolare, con i prodotti più ricercati che

possono essere venduti esclusivamente online per

evitare assembramenti in negozio, non fa altro che

amplificare gli effetti deleteri del fenomeno dei bot. Chi

si è messo in coda insieme ad altre 100.000 persone,

con il sito di Euronics aperto sullo schermo, perdendo

ore nella speranza di poter mettere una nuova console

sotto l’albero, è ovviamente furibondo. La sua rabbia

non si placherà di certo quando si renderà conto che la

console che avrebbe potuto prendere lui l’ha acquistata

probabilmente un bot e ora si trova in vendita su Subito

a 1000 euro.

Gli e-tailer dovrebbero porre in essere delle contromisure a tutela della propria clientela e della propria immaginePurtroppo gli e-tailer non stanno facendo molto per cer-

care di risolvere un problema che si ripresenta sempre,

ogni volta. Ci sarebbero tanti modi “tecnici” per ostaco-

lare il lavoro dei bot e degli script e certamente sarebbe

giusto porli in essere; ma forse ancora più facile sareb-

be premiare i clienti più fedeli. Euronics, come Unieuro,

Amazon, Mediaworld e ogni sito che vende elettronica

di consumo, ha un programma fedeltà, spesso attivo

da anni, che poteva essere usato in questa occasione:

con la certezza che non sarebbero stati pezzi per tutti,

sarebbe forse stato giusto riservare i primi pezzi di con-

sole solo ai clienti più fedeli e da più tempo.

Un meccanismo di questo tipo avrebbe premiato quel-

le persone che hanno già assiduità di acquisto presso

quell’insegna, piuttosto di favorire quelli che sono abi-

tuati a saltare da un sito all’altro alla ricerca di una man-

ciata di euro di sconto. Pare che tutto il focus strategico

dei retailer sia puntato all’acquisizione di nuovi clienti e

non alla fidelizzazione di quelli passati. Ma, come abbia-

mo già visto nel mondo della telefonia cellulare, quando

il numero dei clienti non è espandibile all’infinito, conti-

nuare a rubarseli l’un con l’altro non è una grande idea.

Insomma, se un negozio non riesce a fare il negozio,

coccolando la sua clientela abituale, vinceranno bot,

bagarini e i soliti furbetti. È veramente questo quello che

vogliono i negozi specializzati?

MERCATO Xbox, Playstation e schede video introvabili se non a prezzi folli su alcuni siti. Vero e proprio bagarinaggio digitale

Negozi online, servono contromisure contro i botIl rischio è favorire il bagarinaggio. Il caso PS5 insegna Script e bot usati per mettere nel carrello i prodotti non appena disponibili. Senza che i negozi prendano misure per contrastare

torna al sommario 5

MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020

di Gianfranco GIARDINA

Ricordate il tablet “prediletto” dalle specifiche del

voucher banda larga? Ebbene, come da noi pre-

visto, a pochissimi giorni dall’attivazione delle pri-

me linee finanziate dagli incentivi pubblici, i tablet del

voucher impazzano sulle piattaforme di vendita online.

Come dire che chi ha sottoscritto l’abbonamento scon-

tato con il tablet, lo ha già rimesso in vendita. Ma faccia-

mo un passo indietro e ricostruiamo la vicenda per chi

non l’avesse seguita passo passo.

Tab S6 Lite, il tablet “quasi unico”Il tablet in questione è il Galaxy Tab S6 Lite, le cui carat-

teristiche tecniche rispecchiano alla lettera e nei det-

tagli la lista delle specifiche imposte da Infratel per i

device che possono godere del voucher banda larga.

La vicenda ha destato un certo interesse degli utenti

e degli operatori, dato che, prima che Infratel desse

il permesso di raggiungere le specifiche tecniche an-

che con l’aggiunta di un battery pack esterno, il Sam-

sung era di fatto l’unico modello (a prezzo accessibile)

compatibile con le indicazioni e quindi con il voucher.

Avevano fatto discutere, poi, le circostanze grazie alle

quali TIM è stato l’unico gestore a poter mettere in of-

ferta la versione solo Wi-Fi del tablet, mentre agli altri è

restata solo la più costosa (ed inutile nelle circostanze

specifiche) versione LTE. Sulla base di quanto emer-

so sentendo il mercato e gli operatori, TIM sarebbe

riuscita ad accaparrarsi tutte le quantità disponibili del

modello Wi-Fi essendosi mossa in anticipo rispetto

agli altri concorrenti, tanto che di Tab S6 Lite Wi-Fi sul

mercato non esistono più esemplari disponibili, se non

le rimanenze di chi aveva in casa questo modello pri-

ma della vicenda voucher. I distributori ne sono sprov-

visti e non sarebbero disponibili nuovi arrivi se non fra

diverse settimane.

Stanno arrivano i tablet ai primi sottoscrittori del voucherIl voucher banda larga e PC/tablet può essere richie-

sto direttamente ai gestori dal 9 novembre scorso.

Ma i primi giorni sono stati interlocutori, anche perché

pendeva sul provvedimento una richiesta di sospensi-

va al TAR rigettata il 20 novembre. Le richieste hanno

iniziato ad arrivare più copiose negli ultimi giorni, con

grandi differenze tra regioni: la dashboard voucher,

pubblicata sul sito del MiSE, parla di oltre 30 milioni

MERCATO Effetti di specifiche strane e troppo stringenti: i Samsung Galaxy Tab S6 Lite proliferano sui marketplace dell’usato

I tablet del voucher PC già sui marketplace dell’usatoMolti utenti si dichiarano non interessati al tablet scelto da Infratel e lo hanno subito rimesso in vendita prima ancora di aprirlo

di euro di contributi già allocati, pari all’84,89% del to-

tale, di cui però la stragrande maggioranza (oltre 28,5

milioni) solo prenotato e non ancora attivato, dati i nor-

mali tempi di attivazione delle nuove linee dati.

Questo vuol dire che il tablet è arrivato nelle mani solo

di una minoranza degli utenti che hanno fatto richiesta

del voucher: precisamente gli utenti che hanno la linea

attivata, con il device consegnato, sono al momento

poco più di 3000, su 400mila che potranno benefi-

ciarne in totale. Puntuali i siti di vendite online di beni

usati e le aree deputate allo stesso scopo dei social

network si sono già riempite di offerte di privati che

hanno messo in vendita del Samsung Galaxy Tab S6

Lite, tra l’altro quello in sola versione Wi-Fi, per prezzo

certamente quello più conveniente. Con TIM infatti si

pagano solo 25 euro di contributo diretto per ottenere

il tablet: gli altri 300 euro sono a carico dello Stato.

Ebbene, su un prodotto che sul mercato praticamente

è indisponibile, si trovano decine e decine di offerte

di prodotti nuovi ancora incellophanati, spesso giusti-

ficati come “doppio regalo”. Ora, tutto è possibile, ma

pensare che non solo qualcuno abbia regalato uno

dei tablet meno disponibili del momento, poiché ra-

strellato dai gestori, e ma che sia incorso anche nell’in-

cidente di regalare un doppione, è francamente poco

credibile. E poi altre motivazioni, altrettanto inquietanti

se si tratta davvero di tablet arrivati con il voucher pub-

blico: “Nuovo, ancora con pellicola, vendo per inuti-

lizzo”; “Regalo non gradito ancora imballato”; “Nuovo,

ancora sigillato” e avanti così per decine e decine di

offerte. Prezzi tra i 280 e i 350 euro e zone di prove-

nienza guarda caso molto sovrapposte con quelle di

prima diffusione delle attivazioni dell’offerta voucher.

Evidentemente il tablet “unico” che emerge dalle

specifiche Infratel non deve aver sedotto granché gli

utenti se la vendita è addirittura immediata e a scatola

ancora confezonata.

Va anche detto - per maggior chiarezza - che la vendi-

ta, se si tratta di tablet proveniente da voucher, è del

tutto illegittima, visto che l’utente diventerà proprieta-

rio del device solo dopo il 12 mese di abbonamento.

Saranno i giuristi a dirci se in questo caso ad essere

danneggiati sono i gestori telefonici, che è il proprieta-

rio del device per il primo anno, o le casse dello Stato,

che quel device l’hanno finanziato.

Ma forse sarebbe un atto di chiarezza istituzionale

dovuto da parte degli enti preposti ai controlli, in-

tervenire e verificare la provenienza di tutti questi

Samsung Galaxy Tab S6 Lite messi in vendita da usa-

ti-nuovi. A meno che non si voglia dimostrare a tutti

i costi che il voucher PC/tablet “è stato un successo”

a prescindere dal fatto che poi i device finiscano in

tempo zero sul mercato dell’usato-nuovo.

torna al sommario 6

MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020

Slack acquisita da Salesforce per l’incredibile cifra di 27,7 miliardi di dollariGrossi sconvolgimenti in atto nel mondo del cloud. Dopo le indiscrezioni, Salesforce ha annunciato di aver raggiunto un accordo per l’acquisizione della piattaforma di messaggistica e collaborazione Slack, un’operazione dai numeri clamorosi: 27,7 miliardi di dollari. Secondo i termini dell’accordo, gli azionisti di Slack riceveranno per ogni azione 26,79 dollari e 0,0776 azioni di SalesForce.Basata a San Francisco, California, Salesforce è diventata leader nel campo delle soluzioni Enterprise di CRM e cloud computing e punta ad integrare Slack con la propria piattaforma andando a sostituire i sistemi nativi di messaggistica e collaborazione oggi presenti.

Estratto dai quotidiani onlinewww.DDAY.it

Registrazione Tribunale di Milanon. 416 del 28 settembre 2009

e

www.DMOVE.itRegistrazione Tribunale di Milano

n. 308 del’8 novembre 2017

direttore responsabileGianfranco Giardina

editingMaria Chiara Candiago

EditoreScripta Manent Servizi Editoriali srl

via Gallarate, 76 - 20151 MilanoP.I. 11967100154

Per [email protected]

Per la pubblicità[email protected]

MAGAZINE

MAGAZINE

di Paolo CENTOFANTI

Siamo abituati a parlare di Panaso-

nic per i suoi prodotti consumer,

ma l’azienda giapponese è anche

uno dei protagonisti del mondo dell’au-

tomazione industriale e non solo, tanto

da essere il terzo player mondiale per

brevetti in questo campo. Panasonic ha

fondato due Hub dedicati alla ricerca e

sviluppo sulla robotica a Tokyo ed Osa-

ka e aperto dei distaccamenti anche in

Europa a Monaco e Zurigo e stretto par-

tnership con alcune delle principali uni-

versità tecnologiche. Il motivo? Portare

l’esperienza maturata nel settore indu-

striale fuori dalle fabbriche e più vicina

alle persone.

Ciò comprendo lo sviluppo di nuovi au-

sili sia per migliorare la produttività in

ambito lavorativo (come la Power Suit

che abbiamo avuto modo di provare a

inizio anno), che nuovi robot e soluzioni

automatiche per aiutare persone con

disabilità. In questo senso, ad esempio,

si inserisce la nuova carrozzina a guida

autonoma PIMO, che consente di rag-

giungere una destinazione immettendo

la posizione via smartphone e di portare

il passeggero a destinazione evitando

ostacoli, sfruttando le tecnologie di vi-

sione e intelligenza artificiale sviluppato

da Panasonic. In istituzioni come Ospe-

dali, diverse PIMO possono coordinarsi

tra di loro per trasportare i pazienti nei

corridoi in modo ordinato, completa-

mente autonomo e in sicurezza.

PIMO affiancherà soluzioni come il ro-

bot HOSPI, già operativo in Giappone

dal 2013 come unità per il trasporto di

farmici e materiale medico tra i reparti in

modo autonomo e come assistente in-

formazioni. Ma sono stati sviluppati an-

che robot per la logistica e persino per

l’agricoltura con un sistema automatico

per la raccolta dei pomodori.

La divisione robotics di Panasonic conta

di proseguire sulla strada tracciata con

prodotti come l’esoscheletro Atoun Model Y, con l’ambizione di sviluppare

nuove soluzioni per “aumentare” le ca-

pacità dell’uomo. Parlando della Power

Suit, in una chiacchierata a margine con

il responsabile per l’Europa delle solu-

zioni per la logistica Edin Osmanovic,

l’esoscheletro, dopo un lancio in Giap-

pone, sarà disponibile nel vecchio con-

tinente a partire dal 2021.

Le prime unità demo sono state conse-

gnate ad alcuni clienti e i primi feedback

sono stati estremamente positivi, segno

che quello degli esoscheletri è un mer-

cato ricco di opportunità. Da febbraio,

Panasonic aprirà uno show-room dedi-

cato per la Power Suite Atoun in Germa-

nia, che darà la possibilità alle aziende

interessate di conoscere e provare sul

campo la soluzione. Si tratta ricordiamo

di un esoscheletro che consente di aiu-

tare nei lavori usuranti a proteggere i

muscoli della schiena e ad alleggerirne

lo sforzo. L’esoscheletro si inserisce in

una strategia più ambia di soluzioni de-

dicate alla logistica e al retail. Secondo

Osmanovic, la tecnologia ha raggiunto

un livello di maturità da consentire a so-

luzioni di automazione che erano fino

ad oggi accessibili solo a colossi della

logistica come Amazon, anche a picco-

le e medie imprese, con la possibilità di

aumentare produttività e tagliare i costi

sul medio e lungo periodo. In questo

settore Panasonic lavora da System In-

tegrator offrendo ai clienti soluzioni su

misura basate sulle proprie tecnologie

come face and object recognition, in-

telligenza artificiale, display, projection

mapping, analisi dei flussi nei punti ven-

dita e molto altro. L’obiettivo è aiutare

tutte quelle aziende che hanno visto gli

effetti della pandemia mettere in luce

tutte le criticità e i ritardi accumulati nel

campo della automatizzazione dei pro-

cessi di logistica e gestione magazzino.

Un esempio su tutti quello delle catene

di supermercati che con l’esplodere del

fenomeno della spesa online sono an-

date totalmente in tilt.

MERCATO Panasonic vuole portare l’esperienza maturata nel settore industriale fuori dalle fabbriche

La strategia per l’automazione di Panasonic Robot in fabbrica ma più vicini alle persone Dagli ausili per persone con disabilità, agli strumenti per “aumentare” il lavoro manuale

Qui sopra, la carrozzina elettrica e autonoma PIMO e il robot HOSPI.

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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020

di Massimiliano DI MARCO

La rete unica dev’essere neutrale

e non verticalmente integrata. Un

mantra che i principali operatori di

telecomunicazione in Italia continuano

a ripetere affinché al Governo arrivi ben

chiaro il concetto: non si deve tornare al

monopolio di TIM, che per anni ha rallen-

tato lo sviluppo dell’infrastruttura.

Vodafone e Sky d’accordo: la rete unica sia “neutrale e terza”Durante il 5G Italy, l’amministratore dele-

gato di Sky Italia Maximo Ibarra ha ribadi-

to la posizione della società, che già a set-

tembre si era espressa in un comunicato congiunto con Vodafone e WindTre.

Ibarra ha evidenziato che per anni in Italia

è stato evidente un divario infrastrutturale,

che solo “negli ultimi 3-4 anni” e grazie a

“una rete wholesale indipendente” (cioè il

lavoro di Open Fiber) è stato parzialmen-

te colmato. Per tale ragione, ha evidenzia-

to il dirigente di Sky, la futura rete unica

“deve garantire indipendenza, terzietà e

non deve essere verticalmente integrata”.

Vanno nella stessa direzione le parole di

Aldo Bisio, AD di Vodafone Italia, secon-

do cui il piano della rete unica dev’essere

“migliore della somma di quelli stand alo-

ne” dei singoli operatori; in caso contrario,

“non si spiega per quale motivo rinuncia-

mo alla concorrenza per arrivare a creare

un operatore unico”.

Bassanini: “Seguire il modello di Open Fiber”Soprattutto Franco Bassanini, presidente

di Open Fiber, ha rimarcato le necessità

di una rete unica “indipendente, neutra-

le, terza al servizio di tutti gli operatori e

quindi wholesale only” come quella di

Open Fiber. Ciò perché, ha evidenziato

Bassanini, “una rete unica verticalmen-

te integrata controllata da un operatore

dominante presenta molte criticità, tra

cui una di livello regolatorio per le au-

torizzazioni che deve ricevere dalle au-

torità antitrust”. Anche nell’ottica di usu-

fruire delle risorse economiche europee

previste dal piano Next Generation EU

(noto anche come recovery fund). “Una

cosa, infatti, è usare i fondi europei - ha

aggiunto - per un’infrastruttura comune,

un’altra è per favorire un concorrente

sul mercato rispetto ad altri”.

Il percorso verso la rete unicaL’iter che porterà alla rete unica è già

stabilito, ma ci sono ancora degli osta-

coli da superare. La creazione di Fiber-

Cop, la società in cui TIM ha spostato

l’infrastruttura in rame, è stato il primo

passaggio: nelle intenzioni di TIM e del

Governo, in futuro gli asset di FiberCop

e quelli di Open Fiber saranno convo-

gliati in una nuova società appositamen-

te creata, cioè AssessCo. In mezzo c’è

Enel, che detiene ancora il 50% delle

quote di Open Fiber; la restante metà

è di Cassa Depositi e Prestiti, società

controllata dal Ministero dell’Economia

e delle Finanze. L’intenzione di CDP è

quello di convincere Enel a venderle la

sua quota: controllando al 100% Open

Fiber, CDP (che ha anche una quota in

TIM) potrebbe avere la strada spianata.

Enel, però, sta ancora valutando la pro-

posta del Gruppo Macquarie, interessato

ad acquisire il 50% di Open Fiber. Mac-

quarie è attiva nel settore della vendita

all’ingrosso dell’accesso alla rete anche

in altri Paesi europei: a novembre 2019

ha annunciato l’acquisizione della rete in

FTTH della spagnola MasMovil insieme

con Aberdeen Standard Investments.

MERCATO Gli operatori ribadiscono la volontà di una rete unica terza, neutrale e indipendente

Rete unica, gli operatori non vogliono sorprese “La rete sia neutrale e verticamente integrata” Nessuno vuole il ritorno al monopolio: gli operatori sembrano non convinti delle promesse del Governo

MERCATO I dati significativi del rapporto Gartner per il Q3 2020

Smartphone, forse il peggio è passato E Xiaomi fa numeri da capogiro

di Pasquale AGIZZA

L’impatto dell’emergenza Coronavirus

sul mercato smartphone sembra esse-

re passato, e la crescita di Xiaomi sem-

bra inarrestabile. Sono questi i due punti

salienti del rapporto Gartner che analizza le

vendite di smartphone nel terzo quarto del

2020. Dopo un crollo superiore al 20% nel Q1 e nel Q2 del 2020, il Q3 si chiude con

un -5,7%. Andando ad analizzare i dati per produttore, le prime due posizioni sono

occupate da Samsung e Huawei. Samsung è l’unica dei produttori di testa, insieme

a Xiaomi, a far segnare un dato positivo, con un +2,2% di vendite in più rispetto allo

stesso periodo dello scorso anno e il superamento della soglia degli 80 milioni di

smartphone venduti, Huawei sta invece vivendo un periodo difficile, con un preoc-

cupante -21,3% di vendite rispetto al Q3 del 2019. Xiaomi è l’assoluta dominatrice di

questo periodo storico in campo smartphone, facendo segnare un ottimo +34,9%

rispetto al Q3 del 2019. In termini numerici, si parla di oltre 44 milioni di smartphone

venduti, con una quota di mercato che passa dall’8 al 14% . Dati in chiaroscuro per

Apple: da una parte le vendite calano leggermente (-0,6%), dall’altra aumenta la

quota di mercato, che sale all’11,1%. Guardando i numeri, nel Q3 del 2020 Apple ha

venduto 40,6 milioni di iPhone rispetto ai 40,8 milioni del Q3 2019.

FTTH Council: Italia seconda in Europa per crescita della copertura. Ma gli abbonati sono ancora pochiL’Italia ha fatto meglio di Germania e Regno Unito. Nel 2020, il numero di unità immobiliari raggiunte dalla fibra ottica in Italia è secondo solo alla Francia. L’80% delle case raggiunto da Open Fiber di Paolo CENTOFANTI

In occasione dell’edizione 2020 della conferenza del FTTH Council Europe è stato fatto il punto sulla crescita delle reti di nuova genera-zione nel continente. Per una volta l’Italia non è il fanalino di coda, anzi. In termini di nuove unità immobiliari raggiunte in FTTH o FTTB rispetto al 2019, le previsioni per il 2020 posizionano l’Italia al secondo po-sto rispetto ai paesi dell’Unione Europea più il Regno Unito. Secon-do le cifre raccolte da IDATE, la co-pertura FTTH in Italia raggiungerà nel 2020 12 milioni di unità immo-biliari, segnando un più 3,9 milioni di abitazioni rispetto all’anno pre-cedente. Cresce più dell’Italia solo la Francia, con un più 4,7 milioni, arrivando a 21,5 milioni di unità immobiliari, ma facciamo meglio di Germania (+1,9) e persino Regno Unito (+1,8). Ben l’80% della cre-scita italiana è ascrivibile ad Open Fiber, che ha portato la fibra a circa 10 milioni di unità immobiliari sui 12 complessivi. L’italia è però ferma al palo in termini di attivazioni, con solo 1,9 milioni di abbonamenti in tecnologia FTTH al 2020, contro gli oltre 11 milioni della Spagna e i 10,5 milioni della Francia.

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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020

di Roberto PEZZALI

Non si chiamerà Snapdragon 1000 e nemmeno

Snapdragon 875: Qualcomm ha annunciato che

il nuovo SoC pensato per gli smartphone top

di gamma del 2021 sarà lo Snapdragon 888 5G. L’an-

nuncio, dato da Cristiano Amon sul palco virtuale dello

Snapdragon Tech Summit, anticipa quello di tutti i part-

ner e i produttori che presenteranno nei prossimi mesi i

nuovi modelli basato proprio sul nuovo processore.

Dopo Apple A14 e Huawei Kirin 9000 è arrivato il tur-

no dello Snapdragon 888, forse quello il più impor-

tante tra i tre “processori top” perché sarà il cuore di

decine e decine di modelli di smartphone di fascia

alta previsti a partire dai primi mesi del 2021 e basati

su Android.

Lo Snapdragon 888 è un SoC, un “system on chip”,

quindi una sorta di sistema a blocchi composto da

tantissimi elementi.

Ecco cosa Qualcomm ha migliorato rispetto alla ge-

nerazione precedente e soprattutto a cosa porta, in

termini di vantaggi reali per le persone che useranno i

nuovi smartphone, questo miglioramento.

Lo Snapdragon 888 5G è un processore realizzato

con processo produttivo a 5 nanometri, e per la pri-

ma volta sul modello di punta il modem 5G è inte-

grato. Fino allo scorso anno, lo ricordiamo, il modem

5G era esterno, quest’anno l’X60 sarà all’interno del

package. L’X60 è il modem di terza generazione di

Qualcomm, ed è il primo modem 5G di Qualcomm a

supportare l’aggregazione dello spettro mmWave e

sub-6 GHz permettendo di raggiungere una veloci-

tà massima di download di 7,5 Gbps e di upload di 3

Gbps. Questo modem permetterà anche agli opera-

tori di abilitare la tecnologia Voice Over 5G NR, evo-

luzione in chiave 5G del VoLTE. Oltre al modem 5G

integrato viene rinnovata anche la sezione “wireless”

del processore, aggiungendo il modulo FastConnect

6900 che sovrintende a Wi-fi e bluetooth. Per il Wi-fi

arriva il supporto al Wi-fi 6e, una estensione del Wi-

fi 6 che prevede 14 ulteriori canali radio da 80 MHz

ciascuno e altri 7 da 160 MHz, mentre per il bluetooth

si passa al nuovo 5.2 che dovrebbe abilitare l’audio

LE. Quest’ultimo (vedi approfondimento) è il nuovo

standard per la trasmissione audio a basso consumo

che dovrebbe sostituire nei prossimi anni l’attuale si-

stema di trasmissione audio che usa ancora il blueto-

oth standard.

Per la prima volta il Cortex X1 su uno smartphonePassiamo alla CPU: Qualcomm ha rivisto interamente

la sua CPU Kryo servendosi sempre di core Cortex di

ARM. La configurazione scelta è 4-3-1, con 4 core ad

alta efficienza, 3 core ad alte prestazioni e un core

“prime” che viene usato per i carichi più intensi.

Partiamo proprio da questo core “Prime”, perché

Qualcomm ha usato il nuovissimo Cortex X1, la micro-

architettura disegnata da ARM per soddisfare anche

esigenze dei clienti con modelli non standard. Non

sappiamo se Qualcomm abbia usato la variante gene-

rica o abbia chiesto qualche personalizzazione, quel-

lo che sappiamo però è che questo è il core tra quelli

progettati direttamente da ARM più potente mai rea-

lizzato. Un core a 2.84 GHz, con 1 MB di cache di se-

condo livello. Per i tre core ad alte prestazioni Qual-

comm ha usato invece i nuovi Cortex A78, 2.4 GHz di

clock e 512 KB di cache di secondo livello ciascuno.

I quattro core ad alta efficienza sono i buoni “vecchi”

A55, 1.8 GHz, ognuno con una piccola cache. Condi-

visa tra i core troviamo anche 4 MB di cache di terzo

livello e 3MB di cache di sistema.

Si punta tutto sul machine learning: potenza quasi doppia rispetto a Snapdragon 865Il processore, insieme alla GPU Adreno 660, al nuovo

DSP Hexagon 780 e al Sensing Hub rientra in quello

che Qualcomm definisce “AI Engine”.

Oggi la presenza all’interno di un SoC di un processo-

re capace di fare calcoli veloci sui modelli di intelligen-

za artificiale è fondamentale, e Qualcomm da diversi

segue a pagina 09

MOBILE Qualcomm annuncia il nuovo processore top di gamma per gli smartphone: è Snapdragon 888 e punta tutto su 5G

Snapdragon 888 5G, l’annuncio ufficiale Ecco come saranno gli smartphone del 2021 Tutti i dettagli sul SoC che sarà il cuore di decine di smartphone top di gamma previsti a partire dal 2021 e basati su Android

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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020

MOBILE

Snapdragon 888 5Gsegue Da pagina 08

anni ha un approccio leggermente diverso da quello

degli altri produttori che realizzano un core specifico:

a seconda del tipo di calcolo sceglie se usare la CPU,

la GPU o uno degli acceleratori presenti nel DSP. La

potenza complessiva che riesce a raggiungere è di

26 TOPS. Lo Snapdragon 865 si fermava a 15 TOPS.

Fotografie a 10 bit e video HDR “vero”Dove Qualcomm ha investito tantissimo è sulla foto-

grafia, considerata oggi uno dei parametri di scelta per

uno smartphone. Per la prima volta su uno Snapdragon

viene usato un triplo ISP (Image Signal Processor) che

può gestire contemporaneamente il flusso di dati da tre

moduli camera. Fino ad oggi sugli smartphone Android

è stato impossibile sfruttare in modo fluido lo zoom tra

diverse fotocamere proprio per l’impossibilità di gestire

un flusso 4K a 60 fps da tre sensori distinti e insieme.

Il triplo DSP può elaborare fino a tre video 4K HDR in-

sieme, per un totale di 2.7 Gigapixel per secondo. L’in-

cremento rispetto al precedente ISP Spectra di Qual-

comm è del 35%. Non è la sola novità: la

velocità permette di scattare fino a 120

foto ogni secondo, ed è stata inserita

una nuova modalità di cattura gestita di-

rettamente via hardware che permette lo

scatto di foto a 0.1 lux, in condizioni quindi

di bassissima luminosità, senza ricorrere

a sistemi software. E’ sempre la somma di

più pose, ma viene gestita a basso livello

dall’ISP: implementare il Night Mode sarà

molto più semplice.

La novità però più importante sotto il

profilo della qualità dello scatto è la pos-

sibilità di salvare le foto in HEIF HDR a 10

bit: il mondo delle foto su smartphone

Android fino ad oggi era vincolato agli 8

bit del formato Jpeg. Lo Snapdragon 888

è stato pensato e progettato per sfrutta-

re al meglio i nuovi sensori “binned”. Alcuni di questi

sensori possono essere usati per catturare con un solo

scatto pose a diverse esposizioni. Un sensore da 48

megapixel, ad esempio, può catturare 4 foto da 12 me-

gapixel a differenti EV da usare poi per lo stack HDR.

Lo Snapdragon 888, abbinato ad uno di questi sensori,

può registrare video HDR in real time, aumentando il

range dinamico di un sensore che è pur sempre molto

piccolo. Questo sfruttando la fotografia computazionale

abbinata al video. Poteva mancare un po’ di machine

learning? No, infatti l’ISP Spectra integra anche diversi

modelli di machine learning legati alla fotografia: bilan-

ciamento del bianco, autofocus e esposizione automa-

tica vengono gestiti con tre reti neurali. Per sfruttare

tutte le potenzialità in ambito fotografico si devono

tuttavia implementare le librerie di Qualcomm: negli

anni scorsi molti produttori hanno preferito non farlo,

affidandosi a soluzioni sviluppate in casa.

Restando in tema video lo scorso anno lo Snapdragon

865 permetteva la registrazione video 8K: quest’anno

Qualcomm non parla più di 8K, si limita ad arrivare a

dichiarare un comunque ottimo 4K a 120 fps sia in regi-

strazione sia in riproduzione.

Rilevamento di terremoti e di incidenti nel nuovo Sensor Hub

Passiamo al gaming, dove la piattaforma Elite Gaming

di Qualcomm promette un ulteriore passo in avanti.

Qualcomm parla di 4K, di 144 fps, di giochi HDR a 10

bit e di rendering a livello “desktop”, ma come sap-

piamo tutte queste promesse in ambito gaming si

sono storicamente infrante di fronte alla mancanza

di giochi supportati. Qualcomm assicu-

ra anche di aver migliorato il tempo di

risposta del touch grazie ad una nuova

funzionalità Quick Touch, e di aver im-

plementato il Variable Rate Shading per

aumentare complessivamente del 30%

le prestazioni della GPU Adreno. Tra tutti

i blocchi presenti nel SoC c’è un piccolo

modulo che merita di essere menziona-

to, ed è il Sensing Hub. Integra una serie

di piccoli sensori, e gestisce alcuni task

come il riconoscimento vocale always on

e il rilevamento dell’audio ambientale: la

versione 2021 ha però un sensore per il

rilevamento dei terremoti e di incidenti

in macchina. Con le opportune librerie i

produttori di smartphone potranno usar-

li per inserire queste funzioni a livello di

sistema. Questo è il nuovo Snapdragon 888 5G. La

più grossa novità riguarda l’ISP più veloce e il core

“Prime” basato sul nuovo Cortex X1. Qualcomm non

ha parlato di efficienza energetica (se non nella parte

grafica) e non ha mostrato confronti diretti con il mo-

dello attuale. Per capire quanto va forte si dovranno

attendere i primi benchmark.

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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020

Samsung Galaxy S21, il lancio è imminente Ecco i videoI filmati sono tre: S21, S21+ e S21 Ultra, che mostra le quattro fotocamere con l’autofocus laser di Sergio DONATO

Per vedere la nuova famiglia di smartphone Galaxy S21 bisognerà aspettare l’evento Samsung del 14 gennaio, ma Android Police è riuscito ad avere i teaser dei tre modelli di S21. Il primo a mostrarsi è l’S21 5G nella colorazione Phan-tom Violet. Il video dà molto risalto alle tre camere posteriori con un sensore da 12 MP per la camera principale e un altro da 12 MP per la ultra grandangolare. Per la lente tele, invece di un sensore da 48 MP, ce ne sarà uno da 64 MP. Le tre camere sono incastonate in una placca bronzea. Il teaser del Galaxy S21+ 5G è identico a quello dell’S21, perché la differenza tra i due modelli do-vrebbe essere rappresentata solo da uno schermo più grande e una batteria più capiente.Il Galaxy S21 Ultra mostra qualche novità nello stile. Lo schermo è curvato lungo i bordi, le camere posteriori diventano quattro e la placca che le ospita segue la co-lorazione del telefono. Si nota la camera tele periscopica 10x con sensore da 10 MP, subito dopo la camera principale da 108 MP, la 12 MP ultra grandangolare e, stacca-ta, un’altra 10 MP che si occuperà dello zoom 3x. Oltre al flash, si vede l’autofocus laser, che sostitu-isce il sensore ToF dell’S20 Ultra.

di Sergio DONATO

Con l’arrivo di Android 11, Samsung

ha deciso di dare una rinfrescata

all’interfaccia dei suoi smartphone.

È stata annunciata la One UI 3, in arrivo su

alcuni telefoni Galaxy e in concomitanza

con gli aggiornamenti di Android 11. Non

solo novità grafiche, ma più personalizza-

zioni e app per il benessere.

Grafica nuova e pulita I miglioramenti estetici riguardano so-

prattutto la schermata di blocco, quella

iniziale, il pannello rapido e le notifiche.

Quest’ultime avranno effetti di luminosità

e sfocatura che aiuteranno la lettura, così

come i widget guadagneranno uno stile

e un ordine nuovi. Il tutto, dice Samsung,

sarà più pulito ed elegante.

Le notifiche dei messaggi e delle conver-

sazioni saranno raggruppate seguendo

la nuova filosofia di Android 11, e saran-

no di più le informazioni visualizzate

sulla schermata di blocco, che include-

ranno gli eventi del calendario e le rou-

tine. Sarà possibile anche aggiungere

video alla schermata delle chiamate in

entrata e in uscita. Anche le animazioni

e la grafica in movimento dell’interfaccia

sarà più fluida, con perfezionamenti sui

singoli tocchi e gli effetti conseguenti.

Samsung promette anche una maggiore

naturalità nello spostamento tra i dispo-

sitivi della gamma Galaxy, con il suppor-

to “senza soluzione di continuità” per le

nuove funzioni.

Personalizzazione minuziosa e nuove app per il benessereAl di là delle novità globali, la One UI 3

offrirà una personalizzazione dell’inter-

faccia utente più profonda. Le modifiche

sono state rese più rapide, e saranno

supportati profili diversi a seconda

dell’uso del dispositivo, per esempio,

differenziando le ore di lavoro da quelle

della vita privata. Il benessere digitale

della One UI 3 darà il benvenuto a nuove

applicazioni che si concentreranno sul

miglioramento delle proprie abitudini,

con dati settimanali e i periodi di utilizzo

dello smartphone. Sarà anche possibile

controllare se si è utilizzato il telefono

durante la guida: un’informazione utile a

correggere alcuni atteggiamenti.

MOBILE Android 11 sui dispositivi Galaxy di Samsung significa l’arrivo dell’interfaccia One UI 3

Android 11 arriva nei Samsung Galaxy L’interfaccia One UI 3 si rifà il look Non solo nuovi elementi grafici, ma anche più attenzione alle notifiche e app per il benessere

La prima fortunata è la serie Galaxy S20Il programma di aggiornamento dei di-

spositivi Galaxy alla One UI 3 è partito il 3

dicembre. I primi a riceverlo saranno i te-

lefoni della serie Galaxy S20, quindi S20,

S20+ e S20 Ultra, in Corea, Stati Uniti e

nella maggior parte dei mercati europei.

A seguire, l’aggiornamento toccherà le

serie Galaxy Note20, Z Fold2 5G, Z Flip,

Note10, Fold e S10 nelle prossime setti-

mane. La One UI 3 sarà disponibile anche

sui dispositivi Galaxy A, ma solo a partire

dalla prima metà del 2021.

MOBILE Importante via per l’arrivo di soluzioni FWA basate su 5G

5G, la trasmissione record di TIM6,5 km percorsi su mmWave a 1 GB/s

di Pasquale AGIZZA

Sei chilometri e mezzo di distanza percorsi, su frequenze millimetriche

(mmWave) a 26 GHz e a velocità di 1Gbps. È questo il risultato record otte-

nuto da TIM, in collaborazione con Qualcomm ed Ericsson.

Il test è stato concluso con successo e ha visto la trasmissione di un segnale da

un’antenna radio ad un dispositivo ricevente lontani sei chilometri e mezzo. Il tut-

to tramite l’impiego della tecnologia 5G su onde millimetriche. Il risultato è impor-

tante perché la banda a 26 GHz è stata concepita inizialmente per celle ad alta

capacità ma di piccolo raggio in ambito cittadino. Dal punto di vista commerciale,

invece, l’esperimento si è dimostrato importantissimo per sancire l’effettiva possi-

bilità di usare il 5G su spettro ad onde millimetriche per offrire connessioni miglio-

ri tramite FWA. Grazie alla tecnologia

FWA quindi, TIM intende portare la

velocità della fibra anche in quelle

abitazioni che non sono connesse

alla fibra ottica. L’operatore parla, in

questo caso, di Fiber to the Air. E l’e-

sperimento è un deciso passo avanti

in questo campo.

GALAXY S21

GALAXY S21 ULTRA

torna al sommario 11

MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020

di Roberto PEZZALI

l primo smartwatch sicuro per bambini

nasce dalla collaborazione tra Vodafo-

ne e Disney. Si chiama Neo, e sarà di-

sponibile a partire dal 2021: permetterà ai

genitori di restare connessi ai propri figli

con una interfaccia semplice, un ambien-

te sicuro e usando un linguaggio sempli-

ce e chiaro. Neo permetterà di effettuare

telefonate, di usare chat e emoji e ai più

piccoli di approcciarsi al digitale.

La parte tecnologica è stata affidata a

Vodafone, mentre la parte creativa è

farina del sacco Disney: i bambini pos-

sono personalizzare Neo scegliendo il

proprio ‘aiutante’ tra i personaggi dell’u-

niverso Disney. Ci sono Minnie, Elsa di

Frozen, Buzz Lightyear, Darth Vader, gli

avenger e Grogu, aka Baby Yoda, il pro-

tagonista di The Mandalorian.

Disney e Vodafone assicura che l’oro-

logio sarà costantemente aggiornato

con nuovi personaggi e nuovi temi, per

tenerlo vivo. Lo smartwatch non assomi-

glia affatto a tutti gli altri smartwatch in

commercio: è ovviamente più robusto

e più semplice, con una scocca in po-

licarbonato e due cinturini in dotazione,

disponibile nei colori verde e azzurro.

I cinturini sono due perché uno è un

classico cinturino, l’altro è un modello

speciale che permette di agganciare

il quadrante leggermente inclinato per

facilitare la lettura.

Lo schermo è un AMOLED tondo da

390 x 390 pixel, il processore un Qual-

comm 2500W mentre il sistema operati-

MOBILE Disney e Vodafone hanno annunciato Neo, il nuovo smartwatch pensato per i bambini

Vodafone Neo, lo smartwatch per bambini Ha i personaggi Disney e arriva nel 2021Personalizzato con i personaggi più famosi dei cartoni, Neo promette di essere sicuro e facile da usare

vo è proprietario, basato sulla versione

opensource di Android Wear. All’inter-

no trovano spazio il GPS, un modulo

Wi-fi e un modem 3G / LTE per tenere lo

smartwatch connesso alla rete.

Trattandosi di un prodotto Vodafone

non ha slot per la SIM ma è dotato di

una embedded SIM (Smart SIM): seb-

bene manchi al momento una offerta

commerciale siamo di fronte ad un pro-

dotto che avrà un canone mensile di

utilizzo. Vodafone ci ha fatto sapere che

ci saranno diverse promozioni e che il

canone sarà comunque molto basso. Il

prodotto dovrebbe essere associabile

anche ad altri operatori.

C’è anche una fotocamera da 5 mega-

pixel: secondo Vodafone permette ai

piccoli di immortalare le loro avventure

quotidiane. Neo ha una batteria che as-

sicura 24 ore di autonomia, ed è certifi-

cato IP68: si può immergere.

Come ogni smartwatch non mancano

un tracker di attività e il contapassi, con

i genitori che possono impostare obiet-

tivi da raggiungere.

Vodafone e Disney ci tengono a preci-

sare che, rispetto a molti altri smartwa-

tch per bambini, Neo è stato pensato

per essere sicuro: tramite la Vodafone

Smart App genitori e familiari avranno

il controllo totale, potranno impostare

la lista dei contatti fidati, gestire il tem-

po di fronte allo schermo attraverso

la “Modalità Silenziosa” e controllare

il luogo in cui si trova il dispositivo. Si

possono anche impostare una serie di

promemoria.

Al momento, non esiste un prezzo per

il servizio abbinato a Neo ma c’è un

prezzo per il dispositivo che dovrebbe

essere, da quanto ci risulta, di 199 euro.

Neo arriverà nei primi mesi del 2021 nei

negozi Vodafone.

Il lancio del 5G di Iliad è imminente. Primi a beneficiarne gli utenti privatiL’AD di Iliad ha riferito che il 5G arriverà a brevissimo. Forse già a dicembre. Metà degli impianti in Italia sono già collegati in fibra. Le prime offerte saranno per gli utenti privati, poi seguiranno le aziende di Sergio DONATO

Iliad è pronta per il 5G. Lo ha detto l’amministratore delegato, Bene-detto Levi, al Corriere della Sera. La precedenza verrà data agli utenti privati, mentre per le solu-zioni businessbisognerà aspettare un po’ di più. L’intervista a Levi è stata pubblicata sul supplemento del 2 dicembre L’Economia del Corriere, e la notizia è di quelle im-portanti, perché introduce un nuo-vo concorrente nella rete 5G italia-na; e che si identifica anche come operatore a tariffa unica. Levi ha dichiarato che il lancio delle offerte sulla rete 5G di Iliad è imminente. L’AD non ha specificato una data, ma si è lasciato scappare un “a brevissimo”. Nell’intervista, si è ve-nuto a sapere che oltre la metà de-gli attuali impianti Iliad attivi in Italia è già collegata in fibra. 5G e fibra sono tecnologie che vanno a brac-cetto nell’espansione della rete di quinta generazione, soprattutto per la connettività di backhaul, e sapere che Iliad ha già un nume-ro consistente di siti collegati in fibra potrebbe fare ben sperare gli utenti che si interesseranno ai suoi servizi 5G. Saranno infatti gli utenti privati i primi ad avere accesso alla rete 5G di Iliad.

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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020

di Sergio DONATO

Una Sony A7S III attaccata a un

pallone aerostatico e mandata in

cielo fino a una quota di 37 chi-

lometri per riprendere l’aurora boreale.

Ecco cosa hanno fatto tre fotografi usan-

do la macchina fotografica full frame più

“sensibile” di Sony.

Non è la prima volta che una macchina

fotografica diventa la passeggera di un

pallone aerostatico per riuscire a scat-

tare foto del nostro pianeta dall’alto, ma

non è mai stato fatto di notte e non per

filmare l’aurora boreale.

I tre fotografi che ci hanno pensato e

hanno realizzato la splendida impresa

sono Nate Luebbe, Autumn Schrock e

Austin Smith. Non è una cosa che si in-

venta così, da un giorno all’altro. Il grup-

po ha impiegato un anno per la ricerca,

la progettazione e la realizzazione dello

specifico sistema di stabilizzazione pen-

sato per la A7S III che avrebbe preso il

volo. La macchina di Sony è stata scelta

per la sua elevata sensibilità alle basse

luci. Nelle fotocamere Sony, infatti, quel-

la “S” nel nome sta per “sensitivity”. E la

A7S III, uscita recentemente, strizza l’oc-

chio anche alle riprese video, dato che

negli intenti dei progettisti Sony è stata

creata per ottenere la “migliore mirror-

less 4K sul mercato”.

Una Sony A7S III a 37 chilometri di quota per l’aurora borealeIl lancio è avvenuto il 26 settembre 2020

da Fairbanks, in Alaska. C’era solo una fi-

nestra di poche settimane e che doveva

toccare i primi giorni di autunno. D’estate,

a quelle latitudini, il cielo non è mai com-

pletamente buio, e d’inverno i forti venti

artici avrebbero impedito qualsiasi tenta-

tivo. La A7S III è stata quindi inserita nel

sistema di stabilizzazione e agganciata a

un pallone sonda di tre metri. Il pallone è

asceso nel cielo notturno dell’Alaska per

due ore, raggiungendo un’altitudine mas-

sima di 37,369 km, prima di scoppiare. A

quel punto, la A7S III abbandonata a se

stessa ha dovuto fare affidamento sul

paracadute montato sul sistema di sta-

bilizzazione. È tornata a terra ed è stata

recuperata con un elicottero il giorno

successivo. Durante l’ascensione, la A7S

III ha ripreso e ha scattato foto dell’aurora

boreale, riuscendo anche a fare panora-

miche delle sinuosi contorsioni illumina-

te di verde e prodotte dagli elettroni del

vento solare che interagiscono con la

ionosfera terrestre. Il colore dell’aurora

FOTOGRAFIA La macchina Sony agganciata a un pallone aerostatico ha regalato immagini uniche

Una Sony A7S III riprende l’aurora boreale La ripresa eccezionale a 37 km di quotaIl pallone è esploso a 37 km di quota, ma la fotocamera aveva un sistema per tornare a terra

Canon come Sony Venderà i suoi sensori anche ad altre aziende. Un passo storicoCanon venderà i suoi sensori di immagine ad aziende terze. Per ora si tratta di sensori industriali destinati al mercato asiatico, ma il futuro potrebbe riservare sorprese di Sergio DONATO

Canon ha deciso di rendere di-sponibili alla vendita i suoi senso-ri di immagine ad altre aziende. Per la prima volta, Canon intende quindi separare i suoi sensori dai suoi dispositivi e aprire per essi un nuovo mercato. Per il momen-to, quello asiatico. In questo modo, Canon segue le orme di Sony che l’ha preceduta già da tempo, per esempio, con la vendita dei sensori di imma-gine ai produttori di smartpho-ne. Nel caso di Canon, i sensori sono quelli per l’uso industriale. Sul sito asia.canon, la società ha previsto una pagina con quattro specifici sensori che vengono elencati per la vendita, insieme ai distributori di Singapore e ai rap-presentanti. I sensori sono l’High Speed Global Shutter e il 2.1 MP HDR pensati per l’uso video e poi ci sono i due ad altissima risolu-zione: il 120 MP e soprattutto il 250 MP che si presta alla video-sorveglianza, all’archiviazione di-gitale e alla microscopia. Quattro sensori con usi particolari e poco consumer. Nulla fa pensare che la decisione possa estendersi anche al resto del mercato mon-diale e per sensori più consumer come quelli delle macchine foto-grafiche. Ma non è detto che Ca-non non possa pensarci.

il documentario completo

dipende in parte anche dai gas presenti

nell’aria: il verde significa che è generata

da atomi di ossigeno.

È stato realizzato un documentario

dell’impresa di circa trenta minuti. Nate

Luebbe, il fotografo che ha guidato tutto

il progetto, ha detto a Petapixel: “Nel cor-

so della mia ricerca ho contato solo pochi

tentativi, e sono stati effettuati con GoPro

o action camera simili, e con un carico uti-

le non stabilizzato.”

Luebbe ha poi specificato: “I palloni mete-

orologici non vengono quasi mai lanciati

di notte, e soprattutto non nell’Artico di

notte. Per quanto ne so, è la prima volta

che viene utilizzato un sistema di stabi-

lizzazione personalizzato con una tele-

camera professionale, il che rende le

riprese estremamente uniche.”

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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020

di Roberto PEZZALI

Il 23 febbraio 2021 il prezzo di Disney+

in Italia aumenterà: il prezzo dell’abbo-

namento sarà di €8,99 al mese, op-

pure €89,99 all’anno. Lo ha comunicato

Disney nel corso dell’Investor Day 2020,

che ha spiegato come l’aumento sia le-

gato ad un aumento dell’offerta che pre-

vede, nei prossimi anni, il lancio di “circa

10 serie Star Wars e 10 serie Marvel oltre

a 15 serie live action Disney, Disney Ani-

mation, e Pixar”. Insieme a queste centi-

naia di nuovi contenuti.

L’aumento di prezzo partirà il 23 febbraio

2021, giorno in cui verrà incluso anche in

Italia all’interno di Disney+ il servizio Star.

Star, come spiega Disney, “consentirà di

vedere migliaia di ore di programmi te-

levisivi e film prodotti dagli studi creativi

Disney, tra cui Disney Television Studios,

FX, 20th Century Studios, 20th Televi-

sion, e verrà arricchito da un’ulteriore

offerta locale, laddove disponibile.” Tanti

i contenuti si aggiungono a quelli di un

catalogo già ricco e di altissima qualità,

anche tecnica. Ricordiamo infatti che Di-

sney+ offre 4K e HDR senza far pagare

un “premium” rispetto al prezzo di base.

Prevista nella prima parte dell’anno an-

che un aggiornamento globale della

piattaforma e dell’app, con un parental

control più sicuro: sarà possibile stabilire

dei limiti di accesso specifici per deter-

minati profili sulla base della classifica-

zione dei titoli e inoltre aggiungere un

PIN per quei profili con accesso a conte-

nuti adatti a un pubblico adulto.

TV E VIDEO Annunciato in Corea del Sud il primo MicroLED con la tecnologia del futuristico The Wall

Il futuro della TV di Samsung è un MicroLED da 110” Arriverà nel mondo nel 2021 ad un prezzo non per tutti: più di 1000 euro per pollice di diagonale

di Paolo CENTOFANTI

Abbiamo più volte parlato di come

la tecnologia del futuro di display si

chiami MicroLED. Quel futuro è un

po’ più vicino grazie a Samsung, che ha

annunciato la disponibilità in pre-order

in Corea del Sud del primo “televisore”

MicroLED da 110 pollici con risoluzione

4K, che arriverà nel resto del mondo nel

primo trimestre del 2021. Circa un anno

fa al CES di Las Vegas Samsung aveva

annunciato per il 2020 una gamma com-

pleta di TV MicroLED con diversi formati

da 75 a 292 pollici di diagonale, prodotti

che non si sono in realtà materializzati

sul mercato a causa delle difficoltà di

produzione che tutta l’industria sta ri-

scontrando su questo fronte.

I MicroLED sono dei display ad emissio-

ne diretta in cui i pixel sono costituiti da

triplette di microscopici LED di colore

rosso, verde e blu. I vantaggi sono una

grandissima luminosità, nero perfetto (i

pixel si spengono completamente come

nell’OLED), ampia gamma cromatica e

possibilità di costruire schermi modulari

ENTERTAINMENT Il prezzo dell’abbonamento sarà di 8,99€ al mese, oppure di 89,99€ all’anno

Disney+, a febbraio aumenta il prezzo in Italia Ma aumenteranno anche i contenuti L’aumento partirà il 23 febbraio 2021, in cui verrà incluso anche in Italia il servizio Star

come avviene in ambito commerciale

con i LED Wall. Di fatto, il nuovo prodot-

to di Samsung, derivato dal The Wall da

150 pollici distribuito per lo più in ambito

professionale, è al confine tra il mondo

dei MicroLED e quello dei LED Wall per

digital signage: con una diagonale di 110

pollici ha un pixel pitch di circa 0,6 mm,

il che lo pone molto vicino ai LED Wall

più definiti oggi sul mercato, ma ancora

lontano dal livello di miniaturizzazione

atteso per la tecnologia MicroLED. L’in-

dustria è infatti al lavoro per realizzare

display MicroLED con dimensioni che

vanno da diagonali anche al di sotto del

pollice per visori e wearable, fino a tele-

visori di ogni taglio e non solo per grandi

superfici. Ma per raggiungere questo

livello ci vorranno ancora diversi anni.

A testimonianza della difficoltà di pro-

durre questo tipo di display, il costo del

MicroLED di Samsung in Corea è di cir-

ca 130.000 euro, a conti fatti più di 1000

euro per pollice di diagonale.

Successo dei TV OLED da 65 pollici: vendono di più dei modelli da 55’’I TV OLED da 65” hanno superato per la prima volta nelle vendite i modelli da 55”, a livello globale. A rivelarlo è una ricerca condotta da Omdia che prevede un’ulteriore crescita del mercato nel 2021 di Gaetano MERO

I TV OLED da 65 pollici hanno su-perato nelle vendite il formato da 55 pollici a livello globale nell’ulti-mo trimestre. Si tratta di un piccolo ma significativo sorpasso all’in-terno del segmento OLED, che rivela una maggiore propensione dei consumatori all’acquisto di modelli di TV premium. In base ai dati forniti da Omdia, società che ha condotto il sondaggio, la fetta di TV OLED da 65’’ venduti nel terzo trimestre del 2020 è pari al 41,2% contro il 38,7% dei TV da 55’’. Uno dei motivi del sorpasso è da ricer-care nella flessione dei prezzi dei pannelli realizzati con tale tecno-logia – il prezzo medio per un TV OLED da 65’’ è pari a 1.750 euro – e, soprattutto, allo scaturire di pro-duzioni su larga scala come quel-le di LG e Samsung. Nel 2019 la quota di TV OLED da 55’’ vendute a livello globale si è attestata al 49,4%. Quest’anno si prevede che tale quota scenderà al 43,1%, men-tre le previsioni per il 2021 parlano di una vera e propria conquista del mercato OLED da parte dei TV da 65’’ con una quota pari al 48,9% contro il 35,9% dei modelli da 55’’. L’espansione continuerà anche nel 2022, con una fetta riservata ai TV OLED da 65’’ che supererà il 56% nel segmento di riferimento.

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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020

di Paolo CENTOFANTI

Nel 2021 DPlay, la piattaforma

di streaming del gruppo Di-

scovery, diventerà Discovery+,

il nuovo servizio on demand che il

network americano lancerà in tutto il

mondo a inizio anno prossimo. Con

un’operazione di consolidamento del-

la propria offerta, tramite Discovery+

il gruppo punta a offrire un prodotto

simile in tutto il mondo con un misto

di contenuti internazionali e locali dai

canali lineari del gruppo più diverse

produzioni originali, che saranno di-

sponibili quando il servizio debutterà

come in Italia il 4 gennaio con 55.000

episodi di programmi televisivi. Tra le

produzioni che vedremo nel 2021 ci sa-

ranno: matrimonio a prima vista italia,

love island italia, elettra e il resto scom-

pare, naked attraction italia, ti spedisco

in convento italia e molto altro

Per l’Europa la notizia più importante è

che Discovery+ coprirà in streaming le

prossime Olimpiadi e integrerà come fa

oggi Dplay i contenuti di Eurosport con

un pacchetto aggiuntivo. Ci sarà inoltre

un pacchetto dedicato al Tennis che

offrirà accesso alle partite di tre tornei

del grande slam. Il modello sarà diver-

so da paese a paese, con un mix tra of-

ferta gratuita con pubblicità e premium

a pagamento.

Per l’Italia il costo di Discovery+ sarà di

3,99€ al mese oppure 39,90€ all’anno.

Discovery+ più il pacchetto Eurosport

costerà invece 7,99€ al mese oppure

69,90€ all’anno Ci sarà però una pro-

mozione che per un periodo limitato

permetterà di abbonarsi con il 50% di

sconto: 19,90 euro anziché 39,90 per

l’intero primo anno, e 34,90 euro inve-

ce di 69,90 euro per il primo anno con

il pacchetto Eurosport incluso. In Italia,

Discovery ha annunciato una partner-

ship con Telecom Italia per supportare

il lancio della nuova piattaforma.

ENTERTAINMENT Il gruppo Discovery consolida la sua presenza nel mercato dei servizi di streaming

A inizio 2021 arriverà Discovery+ Il servizio di streaming globale di DiscoveryRaccoglierà la sua offerta sotto un’unica piattaforma globale, Discovery Plus. Dal 4 gennaio

Sky apre i negozi fisici cominciando da Milano, Roma, Napoli e Brescia. Previste 50 aperture nel 2021Sky diventa fisica. A dicembre apre 4 negozi, seguiti da altri 50 nel 2021. Al loro interno, assistenza specializzata e illustrazione dei servizi della società, compresa la prova di Sky WiFi dove disponibile di Sergio DONATO

Sky ha deciso di aprire negozi fisi-ci in tutta Italia. Per la prima volta, Sky avrà degli spazi reali che for-meranno una rete di negozi nelle principali città italiane. Si parte da Milano, Brescia, Roma e Napoli.Sky ha pensato i propri negozi come degli open space suddivisi in spazi tematici e con postazioni dedicate ai servizi offerti dalla so-cietà. Quindi, non solo i contenuti della pay tv, ma anche l’ecosiste-ma di Sky Q, l’app Now Tv e si potrà provare anche la velocità di Sky WiFi – circoscritta alle capacità della fibra dello specifico negozio Sky. Agli abbonati sarà offerta an-che un’assistenza specializzata e potranno dialogare con i consu-lenti Sky. Il primo negozio, quello pilota, sarà inaugurato il 4 dicem-bre a Milano, in Corso Buenos Aires 22. A dicembre apriranno anche i negozi Sky di Roma (Via Cola di Rienzo 259), Napoli (Via Luca Giordano 88) e Brescia (Via X Giornate 85). Nel corso del 2021, le aperture in tutta Italia saranno complessivamente 50. Sky ha specificato che “i negozi saranno distribuiti in modo capillare su tut-to il territorio nazionale”.

ENTERTAINMENT Polemiche dei musicisti verso il modello di business messo in piedi dallo streaming

Artisti UK: solo 200 sterline all’anno con lo streaming “Il sistema di business necessita di una riforma”Profitti delle piattaforme per oltre 1 miliardo di sterline nel 2019, ma solo il 13% va agli artisti

che raggiungono milioni di ascolti annui

sulle piattaforme. Il 92% degli intervista-

ti ha affermato che solo il 5% dei propri

guadagni nel 2019 proveniva dai servizi

streaming. Il 43% ha inoltre dichiarato di

aver dovuto svolgere altri lavori per po-

ter sopravvivere. Il sistema è obsoleto

e necessita di una riforma, viene ribadito

dal Dipartimento per il digitale, la cultu-

ra, i media e lo sport britannico, che sta

attualmente vagliando tutte le richieste

di GateanoMERO

Non accennano a placarsi le polemi-

che di musicisti e addetti ai lavori

britannici verso il modello di bu-

siness messo in piedi dalle piattaforme

di streaming musicale. Secondo un son-

daggio, condotto dal governo del Regno

Unito, risulta che l’82% degli artisti inglesi

abbia guadagnato nel 2019 poco meno di

200 sterline tramite lo streaming. Piatta-

forme come Spotify, Apple Music, Deezer,

Amazon Music, hanno generato profitti

per oltre 1 miliardo di sterline nello scor-

so anno ma solo il 13% di tale somma è

finita nelle tasche degli artisti, dimostrano

i dati dell’indagine. Non si tratta di band

minori, chiariscono le associazioni di set-

tore Musicians’ Union e The Ivors Aca-

demy che hanno appoggiato l’iniziativa;

nell’inchiesta sono inclusi anche nomi

giunte dagli artisti. “I pagamenti in stre-

aming minacciano il futuro della musica”

hanno protestato musicisti come Nile

Rodgers, Ed O’Brien e Tom Gray. Il parla-

mento inglese non è l’unico a propende-

re per gli artisti: in un recente sondaggio

realizzato da YouGov il 77% degli intervi-

stati ha difatti risposto che le piattaforme

streaming non pagano abbastanza i mu-

sicisti. Nessun commento è arrivato fino-

ra dalle società chiamate in causa.

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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020

di Roberto PEZZALI

La “sorpresa” natalizia di Apple è

arrivata: le cuffie con sistema dei ri-

duzione del rumore attiva a marchio

Apple non si chiameranno AirPods Stu-

dio ma AirPods Max e saranno disponibili

a partire dal 15 di dicembre al prezzo di

629 euro. Partiamo dal prezzo perché

ci troviamo davanti ad una cifra che è di

due volte superiore a quella di ogni altra

cuffia a riduzione del rumore disponibile

sul mercato, che sia Bose, Sony o Beats.

Non avendole ascoltate, e neppure pre-

se in mano, non possiamo ovviamente

dire se il prezzo è adeguato alla resa

offerta, ma 629 euro per una cuffia sem-

brano tanti.

Gli AirPods Max sono costruiti attorno

alla base che ha dato vita anche alle

AirPods Pro: il processore è sempre l’H1

e Apple ha sfruttato i 10 core audio del

chip per spingere sul fronte dell’audio

computazionale offrendo alcune delle

caratteristiche già viste sulle AirPods Pro:

equalizzatore adattativo, cancellazione

attiva del rumore, modalità trasparenza e

audio spaziale. L’equalizzatore adattativo

regola la risposta in base alla tenuta dei

cuscinetti auricolari: un test integrato in

iOS misura il segnale audio inviato all’u-

tente e regola le frequenze medio-basse

in tempo reale. Come sulle AirPods Pro

HI-FI E HOME CINEMA Le prime cuffie over ear con riduzione del rumore a marchio Apple

Apple AirPods Max arrivano il 15 dicembre Cuffie con riduzione del rumore a 629 euroIl prezzo è doppio rispetto ad ogni altro modello a riduzione del rumore sul mercato

c’è la cancellazione attiva del rumore:

ogni cuscinetto auricolare è dotato di tre

microfoni rivolti verso l’esterno per rileva-

re i rumori ambientali, mentre un micro-

fono all’interno del cuscinetto monitora il

suono che arriva all’orecchio dell’utente.

Presenti anche la modalità trasparenza,

per ascoltare i suoi esterni, e lo Spatial

Audio, che usa i giroscopi per posiziona-

re il suono surround attorno all’ascoltato-

re quando tiene tra le mani un dispositivo

con iOS 14. Per 629 euro ci si aspetta

una qualità costruttiva eccezionale: Ap-

ple spiega che la parte superiore in ma-

glia traspirante è studiata per distribuire

il peso e ridurre la pressione sulla testa

mentre la cornice dell’archetto in accia-

io inossidabile assicura il giusto comfort,

grazie anche ai braccetti allungabili che

permettono di adattare le cuffie ad ogni

testa. Il comfort è garantito anche dai due

cuscinetti auricolari fissati all’archetto

tramite un meccanismo che bilancia e di-

stribuisce la pressione delle cuffie e con-

sente di inclinare e ruotare in modo indi-

pendente i singoli cuscinetti, per adattarsi

alla conformazione unica di ogni utente. I

cuscinetti sono come sempre in memory

foam, e sul padiglione è presente la “Di-

gital Crown”, una ghiera ispirata a quella

dell’Apple Watch che permette un con-

trollo preciso del volume, la possibilità

di riprodurre e mettere in pausa l’audio,

passare alla traccia successiva, risponde-

re o terminare telefonate e attivare Siri.

Assente il jack audio, si ricaricano trami-

te Lightning, ma si possono ugualmente

collegare via cavo usando un adattatore

Lightning - Jack da acquistare a parte.

All’interno dei padiglioni trova spazio un

unico driver dinamico da 40 mm con un

motore dotato di un doppio magnete ad

anello in neodimio: secondo Apple gli

AirPods Max possono mantenere una di-

storsione armonica totale inferiore all’1%

nell’intera gamma udibile, persino al

massimo volume. Trattandosi di auricolari

bluetooth hanno ovviamente una batte-

ria interna, e l’autonomia dichiarata è di

20 ore di audio, conversazione o ripro-

duzione di film con cancellazione attiva

del rumore e audio spaziale abilitati. La

ricarica, come abbiamo scritto, è tramite

lightning e nella confezione è presente

il cavo ma non il caricatore. In dotazione

viene data una custodia Smart Case mor-

bida e sottile che li mantiene in modalità

a bassissimo consumo quando non sono

utilizzati. AirPods Max saranno disponibili

con cinque diverse finiture: griglio, silver,

blu, rosa e verde.

La gamma di TV LCD Panasonic con Android TV sbarca in EuropaPanasonic abbandona per la prima volta la piattaforma proprietaria My Home Screen per utilizzare Android TV. Quattro i modelli e il prezzo si preannuncia concorrenziale di Pasquale AGIZZA

Risoluzione 4K, quattro diversi tagli - da 43 a 65 pollici - e a bor-do Android TV 9.0. Sono queste le caratteristiche principali della gamma LCD HX 700 di Panasonic, finalmente in vendita in Europa. La novità maggiore è data dal cam-bio di sistema operativo: niente piattaforma proprietaria My Home Screen, ma Android TV 9.0 con Chromecast, Google Assistant e, per la prima volta sui TV Panaso-nic, anche la possibilità di sfruttare Disney +. Per quel che riguarda l’aspetto tecnico, parliamo di un pannello LCD con risoluzione 4K e supporto ad HDR10, HDR10+ e Dolby Vision. Supporta, inoltre, lo standard HDMI 2.0b. La gamma HX 700 si compone di quattro di-versi tagli: il modello da 65 pollici, un 55 pollici, un 50 pollici e 43 pol-lici. Il sito italiano di Panasonic non dà ancora la possibilità di acquista-re i televisori. Guardando alla Ger-mania, i prezzi dovrebbero essere intorno ai 399 euro per il 43”, 499 euro per il 50”, 549 euro per il 55 e circa 799 euro per il 65”. L’arrivo di una gamma di TV Panasonic con Android TV segna un cambio net-to nelle politiche del produttore. A questo punto è lecito domandarsi se Panasonic continuerà a lavora-re su My Home Screen o se l’arrivo della gamma HX 700 è solo l’anti-cipo di un passaggio completo ad Android TV per tutti i modelli 2021.

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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020

di Roberto PEZZALI

Un MacBook Air con processore

M1 è oggi il miglior notebook che

si possa comprare a poco più di

1000 euro. Qualità vuol dire non solo ve-

locità, ma anche costruzione, autonomia,

silenziosità e gestione termica. Non esi-

ste al momento un notebook capace di

esprimere le stesse identiche prestazioni

restando freddo, totalmente silenzioso e

con una batteria che assicura più di 10

ore vere di utilizzo. A fare la differenza è

il processore M1, progettato e fatto debut-

tare sulla gamma “entry level” di personal

computer. Ci sono il MacBook Air, il Mac-

Book Pro da 13”, pensato per una utenza

evoluta che però non ha bisogno di una

più potente GPU esterna e il Mac Mini, il

desktop piccolo e miniaturizzato pensato

per chi non vuole comprare un iMac e

vuole sfruttare un monitor che ha già.

Chi lo scorso anno ha speso migliaia

di euro per acquistare il bellissimo Mac

Pro con processori Xeon, da sfruttare

come workstation da lavoro con Xco-

de, ha visto i record di compilazione

fatti registrare nell’ultimo anno dai Mac

Pro sorpassati dAl Mac Mini con M1. Un

computer “da casa”, che costa 30 volte

meno di alcune configurazioni avanzate.

Il “problema”, se vogliamo così chiamar-

lo, è che l’M1 rappresenta per Apple il

primo modello di una gamma che, come

conferma Bloomberg, prevede diversi

modelli già a partire dal prossimo anno.

L’M1 usato sul MacBook Air, lo ricordia-

mo, ha “solo” 4 core ad alte prestazioni

da 4 watt l’uno e 8 core grafici: l’intero

processore a pieno regime non arriva a

consumare 20 watt totali.

Secondo Bloomberg, Apple non avreb-

be alcuna intenzione di utilizzare questo

modello sui MacBook Pro e sugli iMac,

e neppure sui Mac Pro: la gamma di

system on chip che l’azienda starebbe

provando a Cupertino prevede infatti

modelli con CPU che arrivano a 32 core

e GPU con 128 core. Per la precisione

la versione destinata ai MacBook Pro

di fascia alta, quelli con GPU esterna,

avrebbe un processore dotato sempre

di 4 core ad alta efficienza accompagna-

ti però da 16 core ad alte prestazioni, e

secondo la testata americana la GPU di

questa versione di fascia alta dovrebbe

avere dai 16 ai 32 core a seconda del si-

stema su cui sarà montata. L’obiettivo di

Apple è arrivare ad avere soluzioni sca-

labili a seconda delle esigenze: stessa

identica base ma core della CPU e della

GPU che possono crescere a seconda

delle esigenze. Nella versione destinata

ai Mac Pro, che dovrebbe essere annun-

ciata entro la fine del 2021 o all’inizio del

2022, sono previsti 32 core per la CPU e

128 core grafici per la GPU. Per arrivare

ad una configurazione simile si dovreb-

be ricorrere ad una soluzione costruttiva

analoga a quella adottata da AMD con

il Threadripper 5990X, per il quale sono

stati uniti sul chip più “die”.

Se guardiamo alle prestazioni fatte regi-

strare dal “piccolo” M1, e pensiamo che

potrebbero arrivare a breve notebook

con un processore almeno tre volte più

veloce, ci troviamo davanti a qualcosa

che rischia davvero di stravolgere gli

equilibri sul mercato.

Oggi ci sono tre aziende che possono

competere con Apple su questo fronte:

Intel, AMD e Qualcomm. Quest’ultima,

che produce processori per smartphone

e piattaforme per PC connessi, si è det-

ta soddisfatta del lavoro fatto da Apple,

perché ovviamente vede davanti a lei

un futuro fatto da portatili “ARM”. Senza

uno sforzo enorme di Microsoft è difficile

però che questo possa avverarsi, e ad

oggi Microsoft non sembra avere inten-

zioni di prendere decisioni “forti”.

Intel ha appena annunciato la sua undi-

cesima generazione di processori per

notebook e si prepara a lanciare quella

per notebook di fascia alta e desktop,

ma da quanto si è visto nei primi test di

Tiger Lake non ci troviamo davanti ad

una piattaforma capace di competere

con M1 sotto il profilo delle prestazioni.

Per quanto riguarda AMD, oggi i suoi

processori multicore sono gli unici che

in alcuni ambiti riescono a tenere testa

a M1 nella stessa fascia di prezzo. La

stessa AMD sembra aver rispolverato un

vecchio progetto siglato “K12 FFX” crea-

to nel 2016 da Jim Keller, che prevede-

va una CPU ARM V8 unita ad una GPU

Radeon, e questo nuovo chip potrebbe

essere annunciato al CES. Il problema

di AMD non è la qualità del prodotto

ma la sua disponibilità. Oggi Apple ha

una quota nel mercato PC vicino al 7%:

pochissimo, anche perché il grosso del

mercato viene fatto ancora dai notebook

con a bordo Windows, forti di un prezzo

più abbordabile e di una maggiore va-

rietà nell’offerta. La storia insegna che

basta poco per spezzare alcuni equilibri

anche consolidati: il mercato dei tablet

nel 2012 vedeva Apple occupare con

l’iPad una quota piccola, il prezzo di 500

euro richiesto era ben più alto dei 250

euro chiesti per i vari modelli di tablet

Android che si potevano trovare sugli

scaffali. Oggi, con l’iPad da 10” a 389

euro (299 euro durante le varie promo-

zioni), l’iPad è uno dei tablet più venduti

in assoluto. Un MacBook Air con pro-

cessore M1 costa oggi più di 1000 euro,

ma con la stessa logica degli iPad e

degli iPhone Apple potrebbe decidere

nei prossimi anni di affiancare ai nuovi

modelli presentati anche modelli con

processore più vecchio abbassando il

prezzo di ingresso. Se arrivasse sul mer-

cato un MacBook da 699 euro quel 7%

di quota di mercato potrebbe crescere

e arriva anche ad un 15% o ad un 20%.

Qualcuno deve muoversi, e anche velo-

cemente: M1 è già veloce oggi, ma con 16

o 32 core nella CPU e una GPU da 128

core potrebbe diventare imprendibile.

PC Secondo Bloomberg Apple sta già provando le nuove versioni di processore M per sistemi di fascia alta

Apple Silicon, nel 2021 CPU a 32 core e GPU a 128 core AMD prepara la contromossa, ARM e Radeon insiemePronti modelli con CPU che arrivano a 32 core e GPU con 128 core. I concorrenti devono reagire

Eizo lancia tre nuovi monitor FlexScan. Per l’OLED bisogna aspettare: “Non è ancora una tecnologia stabile”Novità per la gamma di monitor FlexScan di Eizo: la società ha presentato tre nuovi monitor. Tutti hanno un pannello IPS: l’OLED, secondo Eizo, non è ancora abbastanza stabile di Massimiliano DI MARCO

Eizo ha presentato tre nuovi mo-nitor della gamma FlexScan, pen-sati principalmente per un uso da ufficio, nei tre tagli: 24”, 27” e 38”, a cui corrispondono risoluzioni crescenti. Si passa dal Full HD del modello 24” (EV2495), al Quad HD del 27” (EV2795) fino ai 1600p del monitor curvo da 38” (EV3895) con rapporto d’aspetto 24:10, fre-quenza di aggiornamento di 60 Hz e angolo di visualizzazione di 178°. Per ora Eizo continua a puntare sui pannelli IPS: gli OLED non sono ancora pronti, secondo la società. “Al momento l’OLED non è così stabile ed è molto più costoso” ha precisato Luca Zaffanella, sales specialist di Eizo. “Ci sono clienti del settore cinematografico che lo hanno provato e poi sono tornati indietro, mentre nell’ambito dell’uf-ficio non ha una reale necessità. Come Eizo aspettiamo che le tec-nologie siano affidabili e stabili, cosa che secondo noi ancora non vale per l’OLED”. “I limiti di questa tecnologia, secondo il GM Piergiu-seppe Carboni, “ci impediscono di fare una produzione massiccia allo stato dell’arte tecnologico”.

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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020

di Massimiliano DI MARCO

Mentre Nespresso punta a rivedere il sistema delle sue capsule, Nescafé ha proposto un’e-

voluzione del concetto della macchina del caf-

fè: Dolce Gusto Genio S mira ad abbracciare coloro

che già hanno una macchina del caffè, ma ritengono

che possano avere di più. Alla prova dei fatti, Genio S

è sia un passo avanti sia un passo indietro.

Tre modelli: una gamma vasta e bilanciataLa gamma Genio S è ben organizzata. Il modello di

base include una ghiera girevole a LED per selezio-

nare le varie funzioni e la lunghezza della bevanda.

Sono presenti due temperature: caldo e freddo.

Genio S Plus fa il salto in più: le temperature selezio-

nabili diventano quattro (vengono aggiunti due livelli

intermedi) e la funzione Espress Boost che, secondo

Nescafé, intensifica l’aroma dell’espresso.

Infine, al top di gamma, c’è Genio S Touch (il modello

che abbiamo testato): aggiunge uno schermo touch

per l’interazione. Genio S Touch viene proposta a un

prezzo di lancio di 79 euro; il prezzo non promozio-

nale arriva a 119 euro. Non ci sono ulteriori differenze

significative tra i tre modelli: il sistema ad alta pres-

sione raggiunge i 15 bar e hanno un serbatoio di 0,8

l. La gamma Genio S è compatibile con le tradizionali

capsule Dolce Gusto.

Stile moderno ma poco piacevoleGenio S Touch ha uno stile moderno. Questo mo-

dello è disponibile nei colori grigio scuro e argento;

quest’ultimo è meno accattivante. Da questo punto

di vista, la macchina pecca la mancanza di ulteriori

opzioni cromatiche, specialmente di colori pastello.

In generale, Genio S Touch è caratterizzata da uno

stile estetico tecnologico, che non restituisce una

sensazione di calore. I materiali, considerata la fascia

di prezzo, sono buoni: Genio S Touch non ha partico-

lari finiture né elementi estetici di pregio, ma è solida.

Il regola gocce ha due livelli. La nota positiva è che

Genio S Touch è compatta: misura 28 cm in altezza.

SMARTHOME Nescafé Dolce Gusto Genio S Touch è il modello top di gamma delle nuove macchine da caffè Dolce Gusto

Dolce Gusto Genio S Touch, la nostra provaGenio S Touch è più avanzata e ha molte funzioni sulla carta interessanti, ma forse persino troppe e poco utili nella pratica

Alla prova: tante funzioni, forse troppeLa gamma Genio S rimane compatibile con le cap-

sule Dolce Gusto già in commercio. In questo senso,

non c’è un tangibile distaccamento dal caffè prodot-

to da altre macchine Nescafé e la gamma Genio S

perché la base di partenza è la medesima. Dove Ge-

nio S prova a fare qualcosa di più è nella varietà di

opzioni: che sono tante, forse persino troppe. Per il

modello Genio S Touch, ci sono quattro temperature:

ottimo per chi vuole, per esempio, un tè caldo velo-

ce; più difficile inquadrare l’utilità dei livelli intermedi

di temperatura (che potrebbero essere definiti come

“tiepido” e “un po’ caldo”).

L’Espresso Boost spinge l’aroma dell’espresso, ma

senza trasformarlo: le differenze sono davvero mi-

nime. Infine, un’altra icona è dedicata alla funzione

integrata di decalcificazione. Orientarsi nel set di ico-

ne disponibili non è semplice; il tutto avrebbe potu-

to essere organizzato con più ordine: molte funzioni

sono sulla carta interessanti ma alla pratica poco utili

e che probabilmente saranno ben poco usate. La loro

presenza crea solo confusione. Preparare un caffè,

quindi, viene inutilmente complicato da tali scelte: chi

si trova di fronte a Genio S Touch per la prima volta

fatica a capire come fare un semplice caffè a causa

delle tante icone disponibili. Genio S Touch - e le

Genio S in generale - hanno quindi due volti: da una

parte, sono complicate macchine del caffè a capsule;

dall’altra, sono macchine automatiche che preparano

velocemente anche cappuccini, tè e altre bevande

in un corpo compatto. In questo senso, sono un ap-

parecchio versatile, considerato che costano quanto

macchine equivalenti che preparano solo caffè.

Macchine del caffè alla ricerca di un’identitàLa sensazione, provando Genio S Touch, è che le

macchine del caffè stiano vivendo un particolare mo-

mento di transizione. In una scala dove ai due estre-

mi ci sono le macchine del caffè a capsule di alcuni

anni fa e, in vetta, le macchine da caffè tipiche dei

bar, le nuove proposte - in cui può essere inclusa la

sperimentale Nespresso Vertuo - sono nel mezzo alla

ricerca di un’identità: non possono più limitarsi a es-

sere macchine da caffè, ma non hanno ancora trova-

to l’esatto passaggio evolutivo. La prova della Genio

S Touch, in questo senso, è evidente: la macchina del

caffè si avvicina alle caratteristiche di altri dispositivi

tecnologici (come gli smartphone) per cercare una

nuova strada. Non saremmo sorpresi, tra qualche

tempo, di vedere sul mercato macchine da caffè auto-

matiche che, per proporre qualche novità, inizieranno

a operare anche da remoto, per mezzo di reti Wi-Fi

e di applicazioni mobile: le stesse introduzioni, cioè,

che hanno già toccato i grandi elettrodomestici.

Genio S Touch non cambia la sostanza, ma prova a

inseguire un nuovo modello di fruizione. Per la stra-

da si perde, però, la semplicità che, in questi anni, ha

contribuito ad alimentare la domanda delle macchine

da caffè automatiche. Genio S Touch di sicuro non

passa inosservata: e forse era proprio l’obiettivo che

Nescafé voleva raggiungere.

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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020

L’Osservatorio di Arecibo è crollato. Ma il suo messaggio più importante è ancora in viaggio nello spazioLe recenti rotture non hanno dato scampo alla struttura con 57 anni di età e pochissima manutenzione. Lascia un’eredità scientifica enorme e un messaggio che è ancora in viaggio di Sergio DONATO

Dopo i recenti danni, la piattafor-ma sospesa non poteva più reg-gere tutto quel peso, si sapeva. L’Osservatorio Arecibo in Porto Rico è collassato definitivamen-te il 1° dicembre. Aveva 57 anni, durante i quali ha fatto scoperte straordinarie. A metà agosto, uno dei cavi ausiliari che aiutano a supportare la piattaforma metal-lica che si trova sopra l’antenna riflettente si spezza. A novem-bre il cedimento di uno dei cavi principali del ricevitore centrale. La National Science Foundation, che gestisce e finanzia in gran parte l’osservatorio, decide di av-viare lo smantellamento control-lato. Il sub-riflettore non è però riuscito ad aspettare altro tempo: il 1° dicembre la struttura è preci-pitata sulla parabola. L’Osserva-torio di Arecibo ha partecipato al progetto Seti per la ricerca di vita intelligente nell’universo, sparan-do il 16 settembre del 1974, verso l’ammasso globulare Messier 13, distante 25.000 anni luce, uno dei segnali radio più potenti della storia umana. È il famoso “mes-saggio di Arecibo”. Quel messag-gio è ancora in viaggio.

di Sergio DONATO

L’intelligenza artificiale AlphaFold 2,

sviluppata da DeepMind, è riuscita a

determinare la forma tridimensiona-

le di una proteina partendo dalla sua se-

quenza di aminoacidi con una precisione

mai raggiunta prima. In pochi giorni è riu-

scita a fare ciò per cui un laboratorio tra-

dizionale di ricerca impiegherebbe anni.

Conoscere velocemente la forma di una

proteina può aiutare la progettazione dei

farmaci e rende più rapida la compren-

sione delle malattie.

Le proteine, dalla forma dipende la funzioneLe proteine sono presenti in tutti gli

esseri viventi e svolgono un ruolo cen-

trale nei processi chimici essenziali per

la vita. Sono composte da stringhe di

aminoacidi che si ripiegano per dare la

forma finale alla proteina. E la forma di

una proteina è strettamente legata alla

sua funzione.

La capacità di prevedere questa struttu-

ra sblocca una maggiore comprensione

di ciò che fa la proteina e di come funzio-

na. Molte delle più grandi sfide di ricerca

biologica del mondo sono legate alle

proteine e al ruolo che svolgono.

Un esempio è le proteina Spike (dall’in-

glese “spuntone”, ndr) del coronavirus

SARS-CoV-2 che porta alla sindrome

COVID-19. È quella glicoproteina, com-

posta in un trimero, cioè da tre glicopro-

teine riunite, che riveste la superficie del

virus e gli fa assumere la sua forma ca-

ratteristica, con protuberanze che sem-

brano cunei rovesciati e che permettono

al virus di interagire con le cellule umane

e infettarle.

Usando ancora come esempio il virus

SARS-CoV-2, l’unico modo informato per

identificare nuovi antivirali che lo possa-

no sconfiggere passa necessariamente

attraverso la conoscenza della struttura

tridimensionale delle proteine del virus.

Combinazioni infinite, servono anni di ricercaIl problema nel determinare la forma di

una proteina sta soprattutto nel tempo

necessario per farlo. Capire la forma os-

servando una proteina significa utilizzare

tecniche come la cristallografia a raggi X

SCIENZA E FUTURO AlphaFold 2 è riuscita a fare ciò per cui un laboratorio di ricerca impiegherebbe anni

Pochi giorni per capire la forma delle proteine L’IA di Google al servizio di una svolta epocaleÈ una rivoluzione che permetterà di sviluppare farmaci più rapidamente e capire prima le malattie

e la spettroscopia NMR, che determina-

no la posizione di ogni atomo rispetto

all’altro nella molecola proteica. E che si

traduce in anni di lavoro.

Poiché sappiamo che le proteine, se sro-

tolate, sono composte da stringhe che

possono contenere fino a venti aminoa-

cidi, il modo per capire la forma finale sa-

rebbe quella di conoscere il modo in cui

questi aminoacidi interagiscono tra loro

per assumere la forma tridimensionale.

Il problema è che le loro interazioni pos-

sibili sono state calcolate in un numero

incredibilmente alto: 10^300, ovvero 10

elevato a 300.

AlphaFold 2 di Google impiega una manciata di giorniFin dal 1994, esiste una sfida biennale

che si concentra sulla ricerca dello stato

dell’arte nella previsione della struttura

proteica. Si chiama CASP (Community

Wide Experiment on the Critical Asses-

sment of Techniques for Protein Structu-

re Prediction), e coinvolge decine di

squadre provenienti da più di venti Paesi

che tentano di prevedere con l’aiuto di

computer la forma di un insieme di circa

cento proteine partendo dalle loro se-

quenze di aminoacidi

La rete AlphaFold 2 sviluppata da Dee-

pMind di Google, alla fine del CASP14 tenutosi quest’anno ha raggiunto un

punteggio strabiliante nella predizione.

La principale metrica utilizzata dal CASP

per misurare l’accuratezza delle previ-

sioni è il Global Distance Test (GDT) che

va da 0 a 100. AlphaFold 2 ha registrato

un punteggio di 92,4, e per le proteine

più complesse di 87. Mai nessuna rete di

intelligenza artificiale aveva raggiunto un

risultato simile, prima d’ora. Secondo il

professore John Moult, che nel 1994 è

stato il co-fondatore del CASP, un pun-

teggio di circa 90 GDT è considerato

informalmente competitivo con i risultati

ottenuti attraverso i metodi sperimentali.

I quali però impiegano anni, AlphaFold 2

ci è riuscito in una manciata di giorni.

AlphaFold 2 è stata nutrita dagli svilup-

patori di DeepMind con un database di

circa 170.000 proteine conosciute in-

sieme a grandi database contenenti se-

quenze proteiche sconosciute. Durante

il processo di deep learning, la struttura

di una proteina tridimensionale è rappre-

sentata come un grafico spaziale. Il pro-

gramma quindi impara utilizzando le in-

formazioni sulle forme 3D delle proteine

note contenute nel database pubblico

delle proteine e quelle delle sequenze

sconosciute.

Una rivoluzione scientifica. Cambierà tuttoIl dottor Andriy Kryshtafovych, dell’U-

niversità della California di Davis, negli

Stati Uniti, è stato uno dei giudici scien-

tifici, e ha descritto il risultato come

“veramente notevole”. Ha poi aggiunto:

“Essere in grado di studiare la forma del-

le proteine in modo rapido e preciso ha

il potenziale per rivoluzionare le scienze

della vita.” DeepMind ora sta prepa-

rando la pubblicazione del suo studio

in modo da sottoporlo alla peer-review

scientifica. E c’è ancora molto altro da

fare. AlphaFold 2 riesce ad anticipare la

forma delle proteine conoscendo i loro

aminoacidi, ma non sa ancora determina-

re in che modo più proteine si adattano

insieme e come le proteine interagisco-

no con altre molecole, come per esem-

pio il DNA e l’RNA.

torna al sommario 20

MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020

di Gianfranco GIARDINA

Non c’è mai stato un periodo in cui la presenza in

casa delle persone è stata così assidua come nel

2020: i ripetuti lockdown ci hanno tenuto in casa

più di quanto non avessimo voluto. E se la qualità dell’a-

ria in casa era già un tema rilevante prima, ora diven-

ta basilare per il nostro benessere. Certo, perché ogni

giorno compiamo circa 28 mila atti respiratori, in ognu-

no dei quali inspiriamo quasi mezzo litro di aria, insieme

a tutti gli inquinanti in esso compresi. Ma a comporre la

qualità dell’aria non c’è solo l’elemento legato agli inqui-

nanti, ma anche il comfort che questa offre agli abitanti

della casa. La qualità dell’aria, quindi, è un termine che

non è “ingabbiabile” in un solo parametro: temperatu-

ra? Umidità? Polveri sottili? Altri inquinanti? Insomma, è

determinata da tanti fattori concomitanti e solo se riesci

a controllarti tutti insieme, ti assicuri aria veramente “pu-

lita”. Dyson, come spesso le accade, anche questa volta

ha provato ad approcciare il problema in maniera diver-

sa, dando la sua soluzione originale, diversa da tutti gli

altri. L’ultima proposta Dyson, che abbiamo provato a

fondo, si chiama Pure Humidify + Cool ed è un prodotto

capace di svolgere diverse funzioni: ventilatore, purifica-

tore e umidificatore. Tre funzioni che viaggiano in stretta

connessione e sono governate dallo stesso “cervello”.

Un prodotto - lo anticipiamo - caro, come da “tradizione”

Dyson, ma che fa cose che non abbiamo visto fare ad

altri prodotti. Ecco la nostra prova.

Un totem elegante ma che non si mimetizzaIl design di questo prodotto non è del tutto nuovo, vi-

sto che richiama da vicino i ventilatori-purificatori di

casa Dyson, con quell’inconfondibile “foro” centrale e

l’assenza di pale a vista. Un bel “totem”, certamente di

design, ma che non passa certo inosservato, visto che

il contenitore dell’acqua per l’umidificatore posto nella

parte bassa lo rende ancora più alto. Va detto, però, che

l’ovale di distribuzione dell’aria stretto e allungato fa sì

TEST È un prodotto capace di svolgere diverse funzioni: ventilatore, purificatore e umidificatore. Varrà i 700 euro richiesti?

Aria buona e giusta a casa: Dyson Pure Humidify+CoolAbbiamo provato l’ultimo nato della gamma di purificatori Dyson e ce ne siamo innamorati. Anche se non manca qualche difetto

segue a pagina 21

che l’ingombro sia contenuto e la parte alta non esca

dalla sagoma: dove ci sta la base può starci tutto l’ap-

parecchio. Quindi è tutto sommato facile da sistemare

in ambiente, difficile però da mimetizzare: chi lo sceglie

deve accettare la sua presenza.

La parte centrale del fusto è destinata alla filtrazione:

all’interno c’è il motore digitale sull’asse verticale e su-

bito sotto l’evaporatore dell’acqua, attorno al quale si

sviluppa a 360 gradi un generosissimo filtro combina-

to: uno strato HEPA cattura tutte le polveri sottili e un

ulteriore filtro ai carboni attivi si occupa dei gas e dei

componenti organici volatili. Entrambi sono “impacchet-

tati” in un unico blocco che offre una tenuta stagna tra

camera interna ed esterno, con tanto di guarnizione su

tutti i lati. La manutenzione, che è necessaria in ogni pu-

rificatore, è abbastanza semplice: è già previsto un ciclo

di pulizia profonda che si esegue semplicemente con

l’ausilio di acido citrico, facilmente recuperabile a basso

costo sul mercato. Questo ciclo sanifica la macchina e

soprattutto decalcifica l’evaporatore. L’azienda consiglia

di eseguirlo una volta al mese per un utilizzo assiduo in

zone con acqua molto dura. I filtri, invece, sono sempre

controllati dalla macchina che ne verifica lo stato di com-

promissione. Quando i filtri sono saturi vanno cambiati: il

ricambio completo dei due doppi filtri è presente sul sito

Dyson e ha un prezzo di 60 euro. Al di sotto c’è il conte-

nitore dell’acqua, decisamente generoso (5 litri) e facile

da riempire. Addirittura alla base del contenitore sono

integrate tre rotelle che facilitano l’estrazione e il reinse-

rimento nella sua sede. C’è poi un elegante telecoman-

do che permette il controllo di tutte le funzioni dell’appa-

recchio. In maniera molto inconsueta, il telecomando ha

un alloggiamento proprio in cima all’apparecchio, in un

equilibrio apparentemente instabile. In realtà una volta

messo in posizione, il telecomando non si muove poiché

l’appoggio è calamitato: una piccola finezza che rende

l’apparecchio ancor più sofisticato sul fronte del design.

Finalmente l’umidificazione controllataIl Pure Humidify + Cool è uno dei ventilatori-purificatori

di cui Dyson negli anni ha già allestito una serie intera,

più o meno con lo stesso design, seppur con dimen-

sioni diverse. Da alcuni anni ci sono diversi ventilatori,

capaci di purificare, alcuni anche con la funzione di ri-

scaldamento. Ora arriva il modello che mette insieme la

Dyson Pure Humidify+CoolLa video recensione

lab

video

torna al sommario 21

MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020

TEST

Dyson Pure Humidify+Coolsegue Da pagina 20

purificazione con l’umidificazione. In realtà non è il de-

butto di Dyson nel campo degli umidificatori, dato che

in passato c’è stato il modello AM10, che però non era in

grado di purificare l’aria. Perché questo “combo”? Beh,

il comfort ambientale non dipende solo dalla tempera-

tura; anzi potremmo dire che dipende più dall’umidità

che dalla temperatura. Quale umidità? Semplicemente

quella giusta, dato che la gamma di umidità di comfort

varia a seconda della temperatura: più la temperatura è

alta e più bassa deve essere l’umidità, e viceversa.

L’idea quindi di unire alla funzione di ventil-purificato-

re anche l’umidificazione è assolutamente vincente. E

questo soprattutto per una caratteristica che è decisiva

per questo prodotto: contrariamente alla quasi totalità

degli umidificatori in commercio, questo apparecchio di

Dyson misura continuamente il tasso di umidità dell’aria

e cerca di modulare l’emissione della di aria umida per

centrare una concentrazione obiettivo. Gli umidificatori

tradizionali, invece, emettono vapore acqueo in conti-

nuo senza un vero controllo sulle condizioni ambientali

e questo può sfociare addirittura in un eccesso di umidi-

tà, che poi finisce per essere tutt’altro che confortevole.

Aria non “bagnata” e assolutamente puraMa non è la sola unicità di questo prodotto: l’umidificato-

re Dyson provvede a emettere umidità per evaporazio-

ne attraverso il passaggio dell’aria in un apposito filtro

che pesca acqua dal serbatoio. Non c’è un procedimen-

to a scarica elettrica né a ultrasuoni: in entrambi questi

casi l’aria emessa è tutt’altro che “asciutta”, anzi spesso

bagna il muro o il pavimento adiacente al punto di rila-

scio del “vapore”. Il Pure Humidify + Cool di Dyson, in-

vece, rilascia aria che, al tatto, appare del tutto secca. In

realtà, quando serve, è più umida di quella ambientale e

quindi contribuisce a riallineare il livello di umidità verso

quello target. Ma non c’è alcun rischio di inumidire gli

oggetti nei dintorni o bagnare il pavimento.

E poi c’è un altro fattore chiave: la garanzia che l’aria

emessa in ambiente, oltre al avere il giusto livello di umi-

dità, sia anche pulita, senza inquinanti ma anche senza

batteri. Infatti normalmente negli umidificatori l’acqua sta

nel serbatoio anche per giorni e potrebbero proliferare

all’interno micro-organismi non graditi. Per questo mo-

tivo l’apparecchio, nel punto di pescaggio dell’acqua,

dispone di una lampada UV che espone l’acqua per

diversi secondi prima che entri nell’evaporatore e che

è in grado di inattivare i batteri, evitandone quindi la va-

porizzazione in ambiente; inoltre l’evaporatore è costi-

tuito da una maglia in fibre in argento che garantiscono

il mantenimento dell’asetticità dell’acqua anche dopo il

passaggio nel condotto illuminato dagli UV.

Acqua sanificata che quindi si incontra con l’aria purifica-

ta dalla batteria dei filtri, e quindi priva di PM2,5 e PM10,

favorendo così l’emissione in ambiente di aria nettamen-

te più pulita di quella in ingresso e con un’umidificazione

che non diffonde batteri e altri microorganismi.

L’utente decide se l’emissione dell’aria deve essere diretta o riflessaLa restituzione dell’aria in ambiente avviene con la fun-

zione di ventilazione. L’utente, agendo sul telecomando,

decide se avere un cono di emissione concentrato, di

45°, o più ampio, di 90°, attraverso due fessure motoriz-

zate che gestiscono la distribuzione dell’aria. Ma soprat-

tutto l’utente può decidere - cosa basilare soprattutto

in inverno - di evitare di direzionare l’aria frontalmente,

lasciandola uscire da una fessura posteriore posta lungo

tutto l’ovale.

Questa è una funzione assolutamente vincente per chi

vuole l’aria purificata senza avere però un “vento” diret-

to verso di sé: consigliatissimo in inverno.

Una “centralina meteo” in casa che monitora in continuazione la qualità dell’ariaUno degli aspetti migliori, almeno a nostro avvio, dell’u-

midificatore purificatore Dyson è il monitoraggio dei pa-

rametri ambientali. Ovviamente temperatura e umidità,

che determinano il comportamento dell’umidificatore;

ma anche PM10, PM2.5, biossido di azoto e componenti

organici volatili. Tutti questi parametri contribuiscono a

definire un indicatore sintetico di qualità dell’aria, il cui

andamento è ben visibile sul display frontale.

Ma c’è di più: Basta premere il tasto “i” sul telecoman-

do per vedere in sequenza tutti gli indicatori in manie-

ra disgiunta, con tanto di microgrammi/m3 per PM10 e

PM2.5, e livelli di concentrazione per componenti orga-

nici volatili e NO2, oltre ovviamente alla temperatura in

gradi e al livello di umidità relativa in percentuale rilevati.

Le medesime informazioni, ma anche con i dati storici,

sono visibili organizzate in grafici molto comunicativi

sull’app Dyson Link, l’app che permette di controllare

tutti i device Dyson Wi-Fi. Infatti, questo purificatore-u-

midificatore è connesso e controllabile interamente via

app. L’app innanzitutto ripete tutte le funzioni del tele-

comando (ma funziona anche da remoto); sempre attra-

verso l’app è possibile programmare l’apparecchio su

base settimanale per entrare in funzione nella modalità

segue a pagina 22

La modalità notturna abbatte la rumorosità della macchina per non dare alcun fastidio anche nelle situazioni più silenziose.

torna al sommario 22

MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020

preferita nel giorno e nell’ora scelta, utile per chi vuole

per esempio garantirsi un’aria di qualità al rientro a casa

o chi vuole mantenere, per esempio in camera da letto,

un livello di umidità e purezza dell’aria durante la notte.

La prova: l’aria di casa migliora drasticamente. Ma ce ne vorrebbe uno per stanzaL’installazione dei Dyson Pure è semplice: basta stacca-

re gli scotch di protezione e inserire l’evaporatore cen-

trare e i filtri. Ma quasi subito siamo rimasti colpiti da un

dettaglio un po’ stonato, rispetto alla classe Dyson: l’ap-

parecchio ha in bella vista un’etichetta con il seriale per

il tracciamento produttivo realizzato con un adesivo non

facilmente rimovibile. Così, quando si stacca l’etichetta,

resta parte della carta e della colla incollata sul telaio;

lo stesso dicasi con gli scotch di fermo della vasca per

l’acqua. Fregando un po’ si puliscono, ma certamente è

un piccolo aspetto da rivedere, visto anche il costo del

prodotto. La messa in funzione è immediata e il colle-

gamento alla Wi-Fi tramite l’app facile e veloce. Vista la

stagione invernale, abbiamo pensato che la cosa più in-

dicata fosse installarlo in una camera da letto, la stanza

in cui si passa il maggior numero di ore. Qui serve ov-

viamente aria pulita e anche al giusto grado di umidità,

per evitare che i riscaldamenti accesi secchino troppo

l’aria e con essa anche la gola delle persone che vi ri-

posano. Altri umidificatori usati in passato avevano sem-

pre dato qualche problema: gocciolamenti e condense

nei pressi del punto di rilascio e soprattutto un livello di

umidità non noto né controllato. Lasciando il Dyson Pure

Humidify+Cool in modalità umidità automatica per tutta

la notte, abbiamo ottenuto proprio quello che volevamo:

un livello di umidità di comfort (la macchina, quando

accesa, l’ha portata al circa 60% in modo automatico,

dal circa 45% di partenza) senza alcun rumore. A que-

sto scopo, abbiamo utilizzato una ventola al minimo, a

velocità “1”, con la possibilità di indirizzare il flusso verso

il retro e con la modalità notturna inserita: praticamente

non si sente, ma lavora. E lo fa anche con polveri sottili e

altri inquinanti, come sia l’indicatore sintetico della qua-

lità dell’aria che i grafici dei singoli valori, in discesa per

le prime ore e poi mantenuti a livelli minimi per tutta la

notte, dimostrano. Siamo rimasti piacevolmente stupiti:

la gola secca e il principio di mal di gola con il quale ci

svegliavamo frequentemente la mattina, sono pratica-

mente scomparsi. La qualità dell’aria non si percepisce

“a naso”, ma ci si sveglia con una sensazione decisa-

mente migliore rispetto a prima, con aria meno viziata.

Emerge poi un’altra evidenza: l’evento più “catastrofico”

per l’ecosistema domestico è il famoso (e anche neces-

sario) “ricambio dell’aria”. La mini stazione meteo conte-

nuta nel purificatore Dyson ci sbatte in faccia la realtà:

aprire la finestra (come accade tutte le mattine) fa lette-

ralmente schizzare alle stelle gli inquinanti nell’aria, con

tutti i valori che peggiorano repentinamente. A seconda

delle giornate, limpide o nebbiose, a salire violentemen-

te è a volte le polveri sottili, a volte l’NO2. Ma in tutti i casi

l’indicatore della qualità dell’aria va di colpo in zona ros-

sa. Poi basta far partire il purificatore e in relativamente

poco tempo - serve comunque qualche ora - i parametri

rientrano sotto i livelli di guardia.

Al di là di tutto, questa è già una triste conferma: so-

prattutto nelle grandi città, cambiare l’aria non è un’ope-

razione sana, seppur necessaria. Per fortuna, durante i

mesi invernali con pochi gradi all’esterno, l’operazione

dura generalmente poco tempo. Ma la situazione, para-

dossalmente, è destinata ad essere addirittura peggiore

nelle altre stagioni, quando la finestra resta aperta molto

di più o addirittura sempre. Dopo aver visto questi dati

abbiamo iniziato a guardare il purificatore Dyson con

occhi diversi: da tecno-gadget desiderabile a apparec-

chio pressoché indispensabile. Il problema è che ne

servirebbe uno in ogni stanza della casa, e questo è ov-

viamente impossibile. La possibilità di “puntare” via app

la partenza del sistema, però, dà l’interessante opportu-

nità di “bonificare” la stanza prima del rientro a casa: la

“pulizia” per rientrare nei parametri può durare anche

qualche ora, meglio non aspettare. E in questo senso, il

fatto che si tratti di un apparecchio connesso è decisivo.

Un ottimo prodotto, con particolari da migliorareQuasi 700 euro per un “ventilatore” sono un’enormità.

Se questo Pure Humidify+Cool fosse un ventilatore. La

necessità di non cadere in questo equivoco forse è alla

base di un nome di prodotto che non convince, troppo

complicato e composito. Ma per lo meno, questo nome,

spiega le tre funzioni dell’apparecchio in maniera dida-

scalica. Quello che fa la differenza è che siamo di fronte

a un prodotto pressoché unico; e a un prodotto unico,

non si guarda lo scontrino: se piace lo si compra, se no

lo si lascia in negozio. Guardando alla concorrenza, Phi-

lips, per esempio, aveva in gamma qualcosa che, nelle

funzioni base poteva assomigliare a questo Dyson, con

L’apertura della finestra di prima mattina fa schizzare alle stelle i livelli di NO2.

Cambiando l’aria in inverno, l’umidità precipita: ci penserà poi l’umificatore (oltre all’aria che arriva dagli altri ambienti) a riportare le cose in ordine.

In tarda mattinata si accendono i fornelli per far da mangiare: la qualità dell’aria si degrada. Ac-cendendo l’apparecchio, anche se è nella stanza attigua, il livello si riporta verso il target.

funzione di purificazione e umidificazione combinata,

ma ne ha interrotto la produzione in passato; ora ha un

apparecchio che fa solo il purificatore e costa quasi 600

euro. Quindi, da questo punto di vista, il prezzo dell’ap-

parecchio Dyson potrebbe parere congruo.

Se il Dyson Pure Umidify+Cool ci ha convinto, non per

questo non vanno notate le cose che potrebbero esse-

re migliorabili di questo prodotto. La prima riguarda tutti

i prodotti connessi Dyson: la società non ha ancora rila-

sciato le skill Alexa in italiano che abiliterebbe i comandi

vocali anche nella nostra lingua. Un peccato, visto an-

che la buona diffusione che Dyson ha nel nostro Paese.

Ma certamente, presto o tardi, il problema sarà risolto.

L’altro aspetto, anch’esso risolvibile con un aggiorna-

mento software, è la mancanza di un automatismo che

permetta all’apparecchio di entrare in funzione, se così

programmato, non appena la qualità dell’aria scende

sotto una certa soglia. Sarebbe molto comodo e libe-

rebbe l’utente dal dover controllare se la qualità dell’a-

ria a casa degrada, tanto più che l’apparecchio, se così

configurato, monitora i parametri ambientali 24 ore su

24. Basterebbe aggiungere la funzione all’app.

L’ultimo limite da noi riscontrato non è invece risolvibile

per via software: proiettando l’utilizzo di questo prodot-

to anche in una chiave estiva, Il Pure Humidfy+Cool non

può funzionare anche da deumidificatore, cosa che

invece sarebbe utile per centrare il livello di comfort

nelle situazioni di maggiore afa. Il raffrescamento per

vaporizzazione di una certa aliquota di acqua potrebbe

certamente dare un contributo di abbassamento della

temperatura, ma riteniamo - pur senza aver fatto la pro-

va specifica - che l’apparecchio in estate possa essere

utile solo per le funzioni di purificatore-ventilatore.

Aggiungere anche la funzione inversa di deumidifica-

zione sarebbe per questo apparecchio la vera quadra-

tura del cerchio.

TEST

Dyson Pure Humidify+Coolsegue Da pagina 21

torna al sommario 23

MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020

di Roberto PEZZALI

La famiglia Surface si allarga: arriva Surface Lap-

top Go, la filosofia della gamma Go in un form

factor che ricorda Surface Laptop. L’idea di base

è sempre quella di dare il prodotto giusto al target

giusto, e tenendo conto di questo abbiamo recensito

e valutato il Surface Laptop Go: si rivolge a chi vuole

un prodotto sottile e leggero con Windows ma non

ama i convertibili e le tastiere “cover” come quelle di

Surface Go e Pro.

Laptop Go è un notebook a tutti gli effetti, ma è un

notebook piccolo pensato per adolescenti, scuola e

uso prettamente “office”: Microsoft non ha inseguito

le specifiche tecniche o i punteggi del benchmark, ha

cercato di creare un qualcosa che fosse bilanciato,

ben costruito e con un elevata percezione di quali-

tà quando lo si tiene tra le mani. Tutto ad un prezzo

che rispecchia le scelte di Microsoft con la gamma

Surface: resta un prodotto di fascia premium che può

capire solo chi non guarda solo alla scheda tecnica.

Se si guardano a processore, memorie e specifiche

Laptop Go perde in partenza.

Servono 819 euro per portare a casa il modello con

Core i5 Intel 1035G1 di decima generazione con 8GB

di RAM e 128 GB di storage. Si può risparmiare qual-

cosa con la versione da 64 GB, sconsigliata però per

la presenza di un disco da 64 GB eMMC, troppo lento

per gli standard di oggi. Il modello di fascia alta costa

1019 euro e ha sempre 8 GB di RAM ma un disco da

256 GB: 200 euro in più per 128 GB in più sono one-

stamente una rapina, fanno sembrare quasi economi-

ci (e non lo sono) i 230 euro chiesti da Apple per 256

GB in più. Per fortuna, vedremo dopo, sulla versione

ad 128 GB il disco non è saldato.

TEST Il nuovo pc della famiglia Surface ha una qualità costruttiva sopra la media e alcune idee interessanti, come lo schermo 3:2

Microsoft Surface Laptop Go, la recensione Buona l’idea, un po’ meno la realizzazioneNonostante le buone intenzioni, Surface Laptop Go scivola su alcuni aspetti banali. La tastiera, ad esempio, non è retroilluminata

La costruzione non si discute: finiture premium in 1.1 KgLa qualità costruttiva di un Surface è un qualcosa che

solo chi ne ha avuto uno o lo ha toccato con mano

può capire. Il corpo di Laptop Go è in alluminio, sia la

parte che include lo schermo sia la zona con la tastie-

ra. Solo la zona inferiore è in policarbonato, con una

finitura soft davvero piacevole. La cerniera è robusta,

tanto robusta che con il laptop nuovo si fa fatica ad

aprire lo schermo con un solo dito, operazione resa

difficoltosa anche dall’assenza di una scanalatura che

aiuta a fare presa. C’è solo un leggerissimo scalino,

percepibile con il polpastrello: lo schermo sporge di

una frazione di millimetro, quanto basta per far presa.

I peso è di 1.1 Kg, e lo schermo è è un inedito 12.4”

in formato 3:2, aspect ratio perfettamente indovinato

per un notebook: c’è tantissimo spazio per lavorare.

Le cornici sono sottili, ma quello che più stupisce è

lo spessore del blocco monitor, una lastra di vetro e

alluminio difficilissima da flettere anche con le dita, è

davvero robusta.

Purtroppo, nonostante con uno spessore abbondante

ci fosse spazio, Microsoft ha scelto di dotare il Surface

Laptop Go di una webcam spillo, un puntino piccolis-

Surface Laptop GoCOSTA TROPPO, E OFFICE NON È NEPPURE INCLUSO 649,00 €

Il Surface Laptop Go non può essere paragonato agli altri laptop che fanno delle specifiche tecniche un vanto. Siamo davanti ad un prodotto diverso, dove Microsoft ha preferito spendere per la cura dei dettagli, per i materiali e per lo schermo piuttosto che inserire un processore potentissimo in una scocca completamente in plastica. Ci ricorda un pochino il primo Surface Go: un prodotto bello per la sua particolarità, ma con diverse cose sulle quali è difficile passare sopra con facilità. Il target è quello casa / scuola, non è un laptop da gioco e neppure da video editing, lavoro, encoding video o altro: va bene per navigare su internet, scrivere mail, guardare film, scrivere documenti e fogli di calcolo, compilare presentazioni e giocare a Solitario o a Campo Minato. Oggi tutti sono portati a chiedere, quando comprano un prodotto, anche quello che non serve pensando che possa servire in futuro, il Laptop Go non fa per loro, perché nasce per fare poche cose ma per farle bene. Ha un’ottima tastiera, ha uno schermo di eccellente qualità, una batteria che dura e una scocca robusta che non lascia impronte. Purtroppo il prezzo è alto, e parte da 819 euro per l’unica versione che noi consiglieremmo, quella con disco SSD. A questo prezzo non si possono accettare una tastiera non retroilluminata e soli 128 GB di storage, sono effettivamente troppi come è troppo quanto richiesto da Microsoft per la versione da 256 GB. Come è difficile digerire la webcam piccolissima e il fatto che Office vada pagato. E’ di Microsoft, è uno strumento indispensabile per un prodotto come questo: renderlo disponibile in forma gratuita, magari assieme a GamePass Cloud, avrebbe reso questo Surface Laptop Go il notebook più leggero, completo e conveniente su mercato.

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

8 7 8 8 7 77.6COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEOttima qualità costruttivaFormato dello schermo 3:2 ottimaleSSD aggiornabile dall’utente

Webcam di qualità mediocrePrezzo elevato nella configurazione intermediaLa tastiera non è retroilluminata

segue a pagina 24

lab

video

Uno scalino di una frazione di millimetro è l’unico appiglio per aprire il notebook con una mano.

torna al sommario 24

MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020

TEST

Microsoft Surface Laptop Gosegue Da pagina 23

simo con una risoluzione di 720p, una nota stonata.

Microsoft è l’unica che dota i suoi prodotti di webcam

di qualità: Surface Go 2, ad esempio, ha una eccel-

lente webcam da 5 megapixel ed è forse il miglior

2 in 1 che si possa avere per la scuola a distanza. Le

immagini della camera di Surface Go 2 sono nitide,

vivide, ben bilanciate nell’esposizione e nel punto di

bianco. La fotocamera frontale di Surface Laptop Go

è invece appena sufficiente, e se in altri tempi questa

cosa sarebbe passata in secondo piano oggi la web-

cam è più importante che mai e nel giudizio questa

scelta pesa, vista anche la “tradizione” di Microsoft

con le webcam.

Di fianco alla webcam trovano spazio due microfoni,

ottima la qualità delle chiamate, ma mancano le due

camere di Windows Hello: l’autenticazione biometria

usa il sensore di impronte digitali nascosto sotto il ta-

sto di accensione.

Questo è l’unico tasto retroilluminato di tutta la tastie-

ra, secondo grosso difetto dopo la webcam: manca

totalmente la retroilluminazione della tastiera, ed è

una seconda assenza che pesa non poco.

Peccato, perché la tastiera è fantastica, con il giusto

gap tra i tasti, una escursione ampia, un feeling di

digitazione che rappresenta una via di mezzo tra le

vecchie tastiere con i tasti spessi e quelle ultra piatte

e scomode. Non ci piace solo la disposizione dei tasti

a croce: Microsoft ha tenuto i tre tasti in linea con la

stessa altezza e tante volte, per questo motivo, viene

istintivo premere lo shift al posto della freccia su.

Il trackpad è centrato, ampio quanto possibile, cro-

maticamente abbinato ai tasti: le dita scivolano con

dolcezza e precisione, il trattamento superficiale è

perfetto, nessun attrito neppure con le dita umide.

Microsoft ha voluto tenere una tastiera molto ampia,

con pochissimo spazio ai bordi, e per questo motivo

è riuscita a inserire i diffusori ai lati. Ha preferito non

metterli nella parte inferiore, e li ha inseriti sotto la ta-

stiera, nascosti. L’audio esce un po’ dalla tastiera e un

po’ dalla ghiera di dissipazione: i due speaker suona-

no discretamente, ma non allo stesso livello del Sur-

face Go 2 con i due speaker inseriti a bordo schermo.

Poche le opzioni di connettività, ma almeno sono va-

rie: c’è una USB classica, una Type C e un jack audio,

di fianco al classico connettore Surface Connect.

Si potrebbe pensare che quest’ultimo sia l’unico

modo che permette la ricarica veloce, ma non è così:

tramite USB Type C con un alimentatore adeguato il

Surface Laptop Go usa il PowerDelivery a 20 V e ri-

esce ad arrivare a 60 watt di carica, usando il profilo

20V e 3 ampere. Questo quando la batteria è vuota,

poi si stabilizza come si vede dalla foto sotto attor-

no ai 35 watt fino a ricarica completa. Usando un

caricatore Power Delivery adeguato tramite USB-C

il Laptop Go si ricarica quindi più velocemente che

con l’alimentatore Microsoft da 39 watt in dotazione.

Il connettore proprietario di Microsoft non offre quin-

di alcun vantaggio rispetto al Type C, e nonostante

con l’aggancio magnetico sia sicuro e pratico, resta

comunque un connettore proprietario. Per il tipo di

notebook crediamo che la dotazione si prese sia più

che adeguata: se si usa il suo caricatore restano libe-

re due USB, una per tipo, e si possono collegare an-

che chiavette senza adattatore. La porta USB Type è

una Gen 1 da 5Gb/s e supporta anche la connessione

di display esterni usando il Display Port, massimo un

monitor 4K a 60p o due monitor 4K a 30p.

Non è un notebook da prestazioni, ma l’autonomia è ottimaIl cuore del Surface Laptop Go è il processore Intel

Core i5 di decima generazione 1035G1, 1 GHz come

frequenza di base e 3.5 Ghz in boost. E’ un proces-

sore a 4 core con un TDP di 15 watt raffreddato at-

tivamente con una ventola, un ottimo compromesso

in termini di prestazioni e autonomia. La RAM è un

banco da 8 GB di LPDDR4x saldata sulla scheda men-

tre il disco è un SSD da 128 GB che, fortunatamente,

non è saldato: è saldato solo nella versione da 64 GB

eMMC. Questo vuol dire che chi prende il modello da

819 euro può sostituire il disco in caso di necessità

rimuovendo le viti nella parte inferiore, sotto i piedini

di gomma. Un upgrade “fai da te” costa molto meno

di quello proposto da Microsoft.

Lo schermo è un PixelSense touch screen in formato

3:2, con un buon trattamento antiriflesso nonostante

la finitura molto lucida.

Ha 12.4” di diagonale e 1536 x 1024 pixel di risolu-

zione, più che adeguati per dare una sensazione di

compattezza senza incidere troppo sull’autonomia.

Non è tuttavia uno schermo da effetto wow alla pri-

ma accensione, e non sappiamo neppure se definir-

lo uno schermo hi-dpi: i pixel si vedono, le font e le

icone sono leggermente sgranate, ma d’altra parte

ha una solo 1.5 milioni di pixel contro i 5.5 milioni del

fantastico schermo che Microsoft ha messo sul Sur-

face Pro X. Lo schermo non è neppure compatibile

con Microsoft Pen, è solo un preciso schermo touch.

Per valutare le prestazioni di questo notebook come

Tramite USB Type C con un alimentatore adeguato il Surface Laptop Go usa il PowerDelivery a 20 V e riesce ad arrivare a 60 watt di carica, usando il profilo 20V e 3 ampere.

Ecco i punteggi di Surface Laptop Go confrontati con quelli ottenibili con l’Honor MagicBook Pro, che ricordiamo costa 649 euro ma che è un tipo di notebook differente, più pesante, con schermo più grande e con autonomia inferiore. segue a pagina 25

torna al sommario 25

MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020

sempre ci siamo adattati a quello che è il suo target:

non è un notebook da gioco, non è un notebook per

la produzione video, non è un notebook per il calcolo

3D. Va bene per tutto il resto, anche per fare un po’

di programmazione con Visual Studio code o con

software di base. Per dare un’idea “numerica” di quelli

che possono essere i risultati in termini di prestazioni

abbiamo sfruttato una serie di test su applicativi reali,

dalla suite di Office alla navigazione web con Edge e

Firefox, misurando non solo il tempo di avvio ma anche

le prestazioni in alcune operazioni di base. Per farlo ci

Le prestazioni con Lightroom, Photoshop e Affinity, anche queste confrontate con alcuni notebook pro-vati di recente. Ci teniamo a precisare che non sono notebook appartenenti alla stessa classe di prezzo, ma abbiamo iniziato ad applicare questo tipo di test standard a tutti i notebook provati. Nei prossimi mesi il database con i dati si arricchirà con altri modelli. Le prestazioni del Surface Laptop Go sono di gran lunga inferiori a quelle degli altri modelli provati.

TEST

Microsoft Surface Laptop Gosegue Da pagina 24

siamo serviti di PC Mark Professional, che dopo aver

simulato alcune operazioni come la scrittura, l’inseri-

mento di una foto in un documento, la navigazione su

diversi siti e l’esecuzione di formule su celle Excel resti-

tuisce un punteggio numerico. Abbiamo anche provato

a fare un encoding con FFmpeg di un file ProRes, ope-

razione fatta più che altro per capire come il Surface

Laptop Go si destreggia con un task impegnativo per il

processore. Il risultato è un 1035G1 che arriva al 100%

senza però mai scaldare troppo, con la ventola che si

sente in modo distinto e prestazioni ben lontane da

quelle offerte da altri sistemi. Con il processore a pieno

carico, durante l’encoding, il clock parte a a 2.5 GHz

per poi scendere a 1.6 Ghz dopo pochi minuti. Con

la riduzione del clock scende anche la temperatura,

mai eccessiva, e quindi anche i consumi. Inizialmente

il consumo è pari a 20 watt, poi si stabilizza a 15 watt.

L’autonomia generale è più che buona: il profilo di

consumo impostato da Microsoft è molto conserva-

tivo, e piuttosto che “bruciare” la batteria in poche

ore preferisce frenare le prestazioni di task che sono

power consuming. Si riescono a fare dalle 6 alle 8 ore

con lo schermo a metà luminosità.

Il Surface Laptop Go è un laptop con prestazioni

adeguate per navigare sul web, fare videoconferen-

ze, scrivere documenti Office e rispondere alle mail.

Questo non vuol dire che non si possono sviluppare

fotografie RAW, fare editing di piccoli filmati anche in

4K o programmare: tutto si può fare, piano, ma ci sono

prodotti che offrono prestazioni migliori.

di Sergio DONATO

Microsoft ha snocciolato una serie

di numeri che intendono foto-

grafare l’accoglienza al lancio

delle nuove console Xbox Series X e S.

Numeri che sono interessanti ma che

bisogna leggere anche con molta at-

tenzione.

Si parte dai 3.800 titoli giocati e di “mi-

liardi di ore” passate giocando nel corso

dell’ultimo mese, ma questi dati fanno ri-

ferimento all’intero universo Xbox, e non

specificamente a quello delle due nuove

console. Inoltre, rispetto allo stesso pe-

riodo dello scorso anno, nel mese di no-

vembre 2020 la partecipazione mensile

a Xbox Game Pass è più che radoppiata.

Sebbene le nuove Xbox abbiano quasi

sicuramente avuto il ruolo di traino nella

crescita, anche in questo caso si tratta di

un dato generico. Microsoft ha però for-

nito anche numeri più dettagliati riferiti al

mese di novembre circa le nuove console.

Più di un 1,6 milioni di “aggiornamenti” di

giochi sono stati consegnati ai possessori

di Xbox Series X e S attraverso Smart De-

livery. La funzione Smart Delivery consen-

te agli utenti che possiedono la versione

di un gioco per Xbox One di avere diritto

alla versione per Xbox Series X o S quan-

do avranno la nuova console, in modo da

non dover comprare due versioni diverse

Microsoft ha quindi detto che tramite

Smart Delivery sono stati distribuiti 1,6

milioni di giochi sulle due nuove console.

Il dato purtroppo non ci dice niente sulle

unità di Xbox Series X e S vendute, perché

un profilo di gioco può essere abbinato a

più giochi. Più del 40% di coloro che si

sono uniti a Xbox per la prima volta, però,

lo ha fatto attraverso una Xbox Series S,

segno che la nuova console “solo digita-

le” ha saputo esercitare un forte richiamo.

L’Europa è stata una delle regioni più ve-

loci a esaurire le console a disposizione.

Su oltre quaranta mercati, le Xbox Series

X e S hanno registrato il record di vendite

in poche ore nel Regno Unito, in Francia

e in Germania. Tra i videogiochi più gioca-

ti - però per l’intero servizio Xbox Game

Pass, quindi non specificamente attraver-

so le nuove console – compaiono De-

stiny 2: Beyond Light, Rainbow Six: Siege,

Tetris Effect Connected, e Star Wars: Jedi

Fallen Order con l’accesso anticipato su

Xbox Game Pass Ultimate.

Nella primavera del 2021, il cloud gaming

GAMING L’Europa è stato il mercato più veloce ad acquistare le nuove console Microsoft Xbox Series X e S. Sparite in poche ore

Microsoft: “Xbox Series X e S vendute in poche ore in Europa Nella primavera 2021 Project xCloud arriva su iOS e PC”Smart Delivery ha distribuito più di 1,6 milioni di giochi e il 40% dei nuovi utenti è entrato in Xbox dopo l’acquisto di una Xbox Series S

via Xbox Game Pass Ultimate arriverà

sui PC Windows attraverso l’applicazio-

ne Xbox o il browser, e sui dispositivi iOS

utilizzando il browser mobile. In questo

modo, Microsoft intende aggiungere

oltre un miliardo di dispositivi all’eco-

sistema Xbox. Infine, Microsoft ha fatto

riferimento anche a un “numero infinito”,

quello di Halo Infinite. Così come già

annunciato congiuntamente da 343 In-

dustries e Microsoft, Master Chief rifarà

la sua comparsa solo nell’autunno del

torna al sommario 26

MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020

di Gaetano MERO

Con la linea Edge si è aperto per Motorola un

nuovo capitolo all’interno dell’affollatissimo

settore smartphone Android, con l’obiettivo di

conquistare la fascia alta del mercato. Due i termina-

li che fanno parte della gamma: Edge ed Edge Plus,

dispositivi indistinguibili dal punto di vista del design

ma profondamente diversi a livello hardware tanto da

avere un prezzo di listino l’uno il doppio dell’altro, ri-

spettivamente 599 euro e 1.199 euro.

Il modello oggetto della nostra prova è quello base,

e nonostante abbia a disposizione meno risorse e

prestazioni meno elevate rispetto alla versione Plus

è riuscito ad indicarci in modo chiaro la strada che

Motorola intende percorrere. Ciò che ci ha lasciato

perplessi durante le giornate di utilizzo è stata la ge-

stione software un po’ confusa, non particolarmente

ottimizzata per un modello con schermo curvo, assie-

me ad alcune assenze che fanno sentire il loro peso

in questa fascia di prezzo. Vi spieghiamo il perché nel

nostro approfondimento.

Display super-curvo e luminos il biglietto da visita di Motorola EdgeMotorola Edge è stato progettato per non passare

inosservato, soprattutto a display acceso. A bordo è

presente un pannello OLED Full HD+ da 6,7’’ con riso-

luzione 1080 x 2340 pixel, curvatura con angoli di 90

gradi, frequenza di aggiornamento a 90Hz e cornici

ridotte al minimo con un rapporto corpo/schermo su-

periore al 95%. Si tratta di una delle proporzioni tra le

più alte del settore, ma c’è un trucco: la curvatura par-

ticolarmente marcata spinge le cornici laterali sui bor-

di così da non renderle visibili all’utente, ciò ha inoltre

TEST Motorola Edge inaugura una nuova gamma di dispositivi del brand americano. Curvatura spinta e materiali premium

Motorola Edge, lo smartphone curvo by Motorola Design accattivante, ma serve più sostanzaEdge è curato dal punto vista estetico, ma forse manca un software ottimizzato per sfruttare al meglio la dotazione hardware

consentito al produttore di mantenere le dimensioni

del telefono “contenute” soprattutto in termini di lar-

ghezza (71,1 cm) nonostante il display. L’altezza misura

161.6 mm, lo spessore è di 9.3 mm risentendo chiara-

mente della sbordatura, mentre il peso arriva a 188

grammi. I colori sono vividi e i dettagli definiti, grazie

alla compatibilità con lo standard HDR10 che permet-

te di godersi al meglio i contenuti in streaming. Ottima

anche la luminosità che raggiunge i 532 nits e con-

sente una facile lettura delle informazioni sotto la luce

diretta del sole. Il display è interrotto da un foro in alto

a sinistra in cui è ospitata la fotocamera frontale, men-

tre la protezione è riservata al Gorilla Glass 5.

Lo smartphone è tenuto insieme da una cornice in al-

luminio, che riprende lo stesso colore della scocca.

Sul lato destro trovano spazio bilanciere del volume e

tasto di accensione/spegnimento, con il classico grip

diventato tratto distintivo dei dispositivi del marchio.

Il lato superiore ospita un microfono e il carrellino per

l’inserimento della nano SIM e della microSD o secon-

da SIM, sul lato inferiore è collocato lo speaker, il se-

condo microfono, l’ingresso USB di tipo C e il jack da

3,5 mm. Sul retro troviamo infine il set di fotocamere

con una sporgenza ridotta al minimo e l’immancabile

flash LED. Nota negativa per il retro scocca, rivestito

da policarbonato lucido non proprio oleofobico, par-

ticolarmente scivoloso e soggetto ai graffi, tanto da

costringere all’utilizzo della cover protettiva.

segue a pagina 27

Motorola EdgeMOTOROLA OSA CON LA LINEA EDGE. ORA SERVE DARE UN SENSO ALLO SCHERMO CURVO

599,99 €

Edge inaugura una nuova gamma di dispositivi per Motorola, in cui il design costituisce indubbiamente l’elemento chiave. Dopo aver ammirato curvatura estrema e definizione del display arriva però il momento di utilizzare in modo concreto lo smartphone, entrando nel pieno dell’esperienza utente. Motorola Edge è un telefono scattante che compie il suo lavoro senza evidenti difficoltà o rallentamenti, passando in modo fluido dai social alla navigazione, dal gioco in 3D fino alle app pensate per la produttività. Il display è notevole e rende particolarmente appagante la fruizione di contenuti video in streaming, a cui si associa un audio stereo pulito e ben calibrato. Osare con un form factor di questo tipo richiede tuttavia a Motorola uno sforzo lato software maggiore rispetto alla versione di Android semi-stock a cui il brand ha abituato gli utenti. Durante l’utilizzo ci si scontra difatti con alcuni limiti dell’attuale My Ux che non sfrutta al massimo le potenzialità di Edge, ad esempio con feature ad hoc, e non consente un livello di personalizzazione superiore, come ci si aspetterebbe in questa fascia di prezzo. Anche il comparto fotografico è poco equilibrato, con scatti poco definiti e colori spenti soprattutto di sera. La strada intrapresa da Motorola è comunque quella giusta, il passo successivo, a nostro avviso, dovrà essere quello di fornire ad Edge un tratto distintivo che possa offrire agli utenti qualcosa in più giustificando il prezzo facendo brillare la linea nell’affollato segmento Android.

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

8 7 9 7 7 77.6COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEDesignFluidità sistemaDisplay a 90Hz compatibile con HDR10

FotocamereGestione softwareAssenza di ricarica wireless

torna al sommario 27

MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020

TEST

Motorola Edgesegue Da pagina 26

Sistema reattivo e operazioni veloci, ma la My Ux mostra i suoi limitiMotorola Edge si è dimostrato particolarmente scat-

tante durante il nostro lungo periodo di test. Il merito

è del chipset Qualcomm Snapdragon 765G realizzato

con processo produttivo a 7 nanometri, un octa-co-

re che raggiunge un picco di 2,4 GHz. Il processore

è affiancato dalla GPU Adreno 620 ed è compatibile

con la rete 5G, rendendo dunque il dispositivo pronto

ai servizi di nuova generazione. La memoria è compo-

sta da 6GB di RAM e 128GB destinati all’archiviazione,

espandibili tramite una classica microSD. A rendere più

facile il lavoro di gestione ci pensa una versione An-

droid semi-stock, a cui Motorola apporta qua e là per-

sonalizzazioni e feature racchiuse nella My Ux. Questa

volta però il tocco leggero del brand non ci ha convinti

del tutto.

Bisogna essere consapevoli che uno smartphone con

display curvo come Motorola Edge presenta alcuni

compromessi in termini di usabilità. Le migliaia di ap-

plicazioni Android non sono progettate per lavorare

su display di questo tipo e molto spesso a risentirne è

proprio la fruibilità: le informazioni presenti ai lati dello

schermo rischiano difatti di non essere viste dall’uten-

te. Ciò accade soprattutto mentre si naviga sul web e

si visualizzano dei testi, ma si rivela particolarmente

frustrante anche quando vengono visualizzati video a

tutto schermo in cui si verifica un “effetto lente” poco

naturale in prossimità dei bordi, probabilmente per

un gioco di riflessi con il vetro protettivo. Per ovviare

a questo problema Motorola ha inserito la funzione

“schermo sui bordi” con cui ridurre, deselezionando la

spunta per singola app, l’area di schermo utilizzato e

avere dunque un’immagine completa, anche se ristret-

ta, che non va a finire sulla cornice.

La funzionalità può essere impostata da menù sce-

gliendo singolarmente le app su cui disattivare i bor-

di oppure con un doppio tocco sulla barra laterale,

quando attiva. L’opzione però non può essere ado-

perata con tutte le applicazioni, funziona ad esempio

con Chrome ma non se si accede alla barra di ricerca

Google o all’applicazione Google Podcast. Inoltre, non

compie miracoli: la curvatura resta visibile anche con i

bordi disattivati e se ne deve prendere atto.

Un’altra complicazione data dai bordi estremamente

curvi viene fuori con le gesture introdotte da Android

10. In particolare, attivare il comando che consente

di tornare indietro nelle schermate – scorrendo dal

bordo destro o sinistro verso l’interno – non è sem-

pre un’impresa facile: è capitato spesso che il gesto

sia andato a vuoto o che abbia richiamato per sbaglio

la barra intelligente. Il software a bordo prova ad ogni

modo a rendere meno sensibile lo schermo sui lati, so-

prattutto durante l’impugnatura, ma non è un compito

così semplice e il tocco involontario con l’apertura di

qualche app è sempre dietro l’angolo.

Motorola ha compiuto comunque uno sforzo in termini

di design e questo va riconosciuto. Il display è di otti-

ma fattura, i 90Hz e l’HDR10 danno quella spinta in più

rendendo video e giochi assolutamente godibili anche

se non sono fondamentali. Le nostre obiezioni riguar-

dano semplicemente l’utilità che bordi estremamente

curvi come quelli presenti sull’Edge possono avere per

l’utente finale, al di là dell’aspetto puramente estetico.

Oltre all’illuminazione sui bordi all’arrivo delle notifiche,

il Motorola Edge è dotato di Active Display versione

rivisitata dell’Always on Display già vista nei preceden-

ti smartphone del produttore. Lo schermo non resta

dunque sempre acceso, come ci saremmo aspettati in

presenza di un OLED, ma si attiva all’arrivo di una noti-

fica, se si sfiorano bordi e superficie o se si passa una

mano sopra la fotocamera frontale. Il sistema tuttavia è

particolarmente pigro, dunque si fa prima a prendere il

mano il dispositivo per controllare le notifiche che affi-

darsi a tale funzionalità. Motorola Edge in definitiva si è

comportato bene nelle operazioni quotidiane, passan-

do dai social alla navigazione, dall’ascolto di musica in

streaming alla visione di contenuti online. Nessun se-

gno di stanchezza o rallentamento con le app aperte

in background nonostante i 6GB di RAM nel segmento

Android inizino a stare un po’ stretti. Premendo il tasto

Motorola è possibile accedere ad una serie di accorgi-

menti per personalizzare la propria esperienza d’uso

oltre a consultare suggerimenti in merito alle funziona-

lità extra disponibili. Tra queste spicca la modalità gio-

co ribattezzata Moto Gametime: si tratta di un’opzione

studiata per garantire performance migliori durante

le sessioni di gioco. Il dispositivo è infatti in grado di

bloccare le notifiche e la luminosità adattiva, liberare

la RAM e offrire una barra di strumenti a scomparsa, al

fine di non disturbare il giocatore.

Foto scure e selfie non sempre a fuoco: Motorola Edge non è un camera phoneLo diciamo subito: l’esperienza fotografica con Moto-

rola Edge ci ha un po’ deluso. Lo smartphone monta

sul retro un set composto da quattro sensori: principa-

le da 64MP con apertura f/1.8 e messa a fuoco auto-

matica, teleobiettivo da 8MP con zoom ottico 2x, gran-

dangolare da 16MP e apertura f/2.2, sensore ToF 3D

utilizzato per migliorare la profondità nelle immagini.

Sulla carta un’ottima dotazione dunque, che si avvale

inoltre di tecnologie come l’AI, per stabilire autonoma-

mente i parametri giusti prima di ogni scatto, e Quad

Pixel, per aumentare la luminosità in caso di poca luce

nell’ambiente. Le foto realizzate hanno rivelato tutta-

via alcuni limiti dell’intero comparto multimediale, con

scatti che presentano colori poco vividi, scene scure

e una messa a fuoco non sempre precisa. Gli scatti

effettuati di giorno restituiscono dettagli definiti ma

basta qualche nuvola per scurire la scena. Anche il

teleobiettivo e la fotocamera grandangolare non sem-

brano avere problemi con scene in cui c’è molta luce.

segue a pagina 28

torna al sommario 28

MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020

Qualche difficoltà la si riscontra comunque nelle inqua-

drature di panorami urbani, in cui i contorni degli edifici

in lontananza appaiono meno precisi. La situazione

cambia drasticamente quando non si è sotto la luce

diretta del sole: le immagini diventano meno definite, i

colori più spenti ed è necessario eseguire più tentativi

per ottenere un risultato di qualità sufficiente. Di sera le

foto assumono un colore ambrato grazie all’intervento

dell’AI: un metodo per rendere meno evidenti le sba-

vature date dalla poca illuminazione, adottato anche

da altri dispositivi. Teleobiettivo e grandangolare risen-

tono chiaramente degli stessi difetti della fotocamera

principale, con lo svantaggio di avere una risoluzione

inferiore. Negli scatti è evidente una difficoltà generale

nella messa a fuoco, che rende le foto passabili per

una pubblicazione veloce sui social più che per essere

conservate come ricordo negli anni. Con le macro lo

smartphone si comporta piuttosto bene, probabilmen-

te sono gli scatti che convincono di più pur con le soli-

te difficoltà nei colori. La fotocamera frontale, ricavata

all’interno di un foro del display, monta un sensore da

25MP, con apertura ampia f/2.0 e compatibilità con

HDR. Qui la situazione è decisamente più drammatica:

i selfie sono quasi sempre fuori fuoco, con colori poco

naturali che tendono al giallo e al rosso. La camera en-

I NOSTRI SCATTI DI PROVA clicca per l’ingrandimento

tra in crisi quando è presente più di un soggetto, in cui

le sfocature sono ancora più lampanti. Un problema

che rientra probabilmente anche nella calibrazione del

sensore e che Motorola ha provato a sistemare con gli

ultimi aggiornamenti. Sul lato video nulla da eccepire,

Motorola Edge può registrare filmati in 4K fino a 30fps,

oppure con risoluzione Full HD fino a 60fps. Presente

una buona stabilizzazione elettronica e la possibilità di

utilizzare non solo il sensore principale ma anche gran-

dangolo e teleobiettivo (in questo caso però ci si dovrà

accontentare della definizione FHD). I video possono

essere realizzati altresì con la fotocamera frontale, qui

la qualità massima scende al Full HD fino a 30fps e per-

de purtroppo la stabilizzazione.

Ricarica veloce da 18W e autonomia nella media. Rapide le funzioni di sbloccoMotorola Edge integra una batteria da 4.500 mAh, in

grado di assicurare un’intera giornata di utilizzo inten-

so senza problemi. Il sistema supporta la ricarica velo-

ce TurboPower a 18W, leggermente inferiore rispetto

a quanto offerto dalla concorrenza, mentre manca la

compatibilità con la ricarica wireless. Il lato connettivi-

tà è supportato dal già citato 5G a cui si aggiungono

Wi-Fi 802.11 a/b/g/n/ac dual-band, Bluetooth 5.1, NFC e

l’immancabile GPS. Le funzioni di sblocco sono gestite

dal sensore di impronte posto sotto il display, partico-

larmente efficace e veloce, e dalla fotocamera frontale

tramite riconoscimento del volto, con la quale non ab-

biamo riscontrato grossi problemi soprattutto di giorno.

Di sera e in ambienti poco illuminati lo sblocco con il

volto fa chiaramente più fatica, richiedendo l’utilizzo

dell’impronta o l’inserimento del pin per accedere allo

smartphone. Degna di nota è infine l’esperienza audio:

gli speaker stereo – uno collocato a fine scocca e l’altro

all’interno della capsula auricolare – sono stati proget-

tati in collaborazione con Waves e regalano un suono

definito e senza distorsioni anche al massimo del vo-

lume. La presenza del jack da 3,5 mm consente di uti-

lizzare le cuffie preferite, mentre il sistema Moto Audio

garantisce una personalizzazione del suono in base al

contenuto e al proprio sistema di ascolto. Qui abbiamo

constatato l’assenza di un lettore progettato da Motoro-

la per l’ascolto, che sceglie di affidarsi esclusivamente

all’app YouTube Music: si tratta di una mancanza che

probabilmente molti degli utenti non noteranno ma

rende l’esperienza meno completa per chi preferisce

ancora salvare la musica preferita – magari con brani

introvabili sulle piattaforme streaming – direttamente

nella memoria interna del telefono o su una microSD.

TEST

Motorola Edgesegue Da pagina 27

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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020

di Mirko SPASIANO

A qualche mese dal lancio del Venu, Garmin ne

ha annunciati un paio di fratellini, peraltro sen-

sibilmente più economici sotto l’insegna Venu

Sq: alla versione “liscia” si affianca infatti la Music

Edition, che, colorazioni a parte, si differenzia esclu-

sivamente per la possibilità di archiviare circa 500

canzoni sullo smartwatch. La versione che ci è stata

inviata in redazione è proprio quest’ultima e ci ha

accompagnato al polso per diverse settimane. Lo

abbiamo trovato estremamente concreto, con pochi

fronzoli e, per certi versi, ci ha restituito sensazioni

simili a quelle che ci ha dato il Fitbit Versa 2 lo scor-

so anno: pur essendo decisamente più votato all’u-

so come sportwatch, l’impressione è che si potesse

fare qualcosina in più sotto il profilo del design.

Non brilla sotto il profilo dell’esteticaAl primo approccio è davvero difficile apprezzare

uno smartwatch come il Venu Sq. Nonostante il bi-

nomio di colori blu navy-oro sia senz’altro una scel-

ta vincente, la differenza in termini d’estetica con il

fratello maggiore si vede tutta. Al di là di un display

quadrato a fronte di uno schermo circolare, il Venu

Sq non si fregia di linee sinuose; anzi, è di una sem-

plicità estrema. Se sotto il profilo del parco sensori

non c’è una grossa differenza con il Venu “standard”,

si capisce subito dov’è che Garmin si sia focalizzata

nel ridurre i costi. Lo schermo è un LCD da 1,3 pollici

di diagonale, con una risoluzione da 240 x 240 pixel,

incastonato in una cassa da 40,6 x 37,0 x 11,5 millime-

tri. La risoluzione dello schermo non è propriamente

entusiasmante, ma è sicuramente più che sufficien-

te, soprattutto quando si fa sport. Le dimensioni del-

lo smartwatch sono giuste, ma le cornici – peraltro

asimmetriche per ospitare il logo Garmin in basso

– sono anacronistiche. Nonostante la profondità del

nero sia notevole per un LCD, si vede che lo scher-

mo non è AMOLED ed è un peccato, perché avrebbe

aiutato tanto a occultare le cornici. Nel complesso, la

TEST La nostra prova dello smartwatch Venu Sq è stata un’altalena di emozioni. Ecco le nostre sensazioni sulla versione Music Edition

Abbiamo provato Garmin Venu Sq Music Edition Uno smartwatch di poca apparenza e tanta sostanzaLo abbiamo trovato molto concreto, con pochi fronzoli, ma col tempo si impara ad apprezzare, soprattutto come sportwatch

luminosità del display è discreta (sconsigliamo, però,

di settare la luminosità sul livello più basso: lo scher-

mo risulta davvero troppo scuro), tutto sommato ben

assistita da un sensore di luminosità ambientale. La

regolazione automatica della luminosità è forse un

pelo troppo ballerina in condizioni di scarsa luce am-

bientale artificiale: in questo contesto, può risultare

leggermente fastidiosa. Davvero superlativo, invece,

il trattamento olefobico. Bella la ghiera in alluminio

anodizzato, che alloggia su una cassa in polimeri fi-

brorinforzati. Sul lato destro trovano posto due tasti

fisici che sono una vera manna dal cielo per inte-

ragire con lo smartwatch durante l’attività fisica. Le

dimensioni compatte, unite a un peso di poco infe-

riore ai 38 grammi, rendono il Venu Sq comodo e ab-

bastanza discreto, sebbene delle linee più bombate

sui bordi avrebbero giovato ai fini della vestibilità

(soprattutto nel caso di maniche abbastanza strette).

Ottima la scelta di ricorrere a cinturini standard da

20 millimetri, ma il meccanismo di rilascio rapido non

è tra i più pratici che abbiamo provato. Inoltre, pur

essendo di silicone di buona fattura, il cinturino in

dotazione offre resistenza quasi nulla in corrispon-

denza delle cerniere, dando un’errata impressione

di un prodotto scadente. Per chi – come chi scrive

– ha la pelle particolarmente sensibile, si suggerisce

sempre di far respirare/asciugare bene il polso prima

di indossare qualsiasi orologio con cinturino in silico-

ne, dopo l’attività fisica e quando si bagna; in caso

contrario, si può incorrere in una leggera irritazione.

In questo senso, il Venu Sq non fa eccezione.

Difficile fare di meglio in quanto a sensori in questa fascia di prezzoParticolarmente ricco il parco sensori, soprattutto se

rapportato al prezzo del Venu Sq: oltre all’imprescin-

dibile accelerometro, vi sono il sensore ottico (con

la rinomata tecnologia Garmin Elevate) per il rileva-

mento del battito cardiaco e il pulsossimetro per la

misurazione della saturazione dell’ossigeno nel san-

gue. Manca l’altimetro, ma, in compenso, ci sono il

tris GPS, GLONASS e Galileo – una rarità assoluta –,

accompagnato dalla bussola. Il Venu Sq è infatti piut-

tosto rapido ad agganciare la posizione (mediamen-

te ampiamente sotto i 30 secondi) e fornisce anche

una traccia abbastanza precisa.

Non possono mancare, poi, le antenne Wi-Fi e Blue-

tooth, oltre al supporto al protocollo ANT+, in piena

tradizione Garmin. Ci sono anche il chip NFC per

i pagamenti con Garmin Pay e un motorino per la

vibrazione piuttosto debole. Come in tutti i sistemi

proprietari che non appartengono a colossi come

Apple, Samsung e Google, le banche supportate non sono tantissime. In questo senso, il supporto a

servizi come Revolut e Nexi è un’ancora di salvezza.

Quanto alla vibrazione, anche se impostata al livel-

lo più alto, risulta relativamente fiacca, offrendo un

feedback poco soddisfacente e sicuramente non

all’altezza del prezzo. Come anticipato, poi, Garmin

ci ha inviato in redazione la versione Music Edition,

che include un’unità di archiviazione riservata al ca-

ricamento della musica. A quanto ammonti specifica-

mente questa capacità non è dato saperlo, se non

per un vago “si possono salvare fino a 500 brani”.

Ciò si traduce nella sincronizzazione su smartwatch,

via Wi-Fi, delle playlist di Spotify, Deezer e Amazon

Music: la procedura di connessione al Wi-Fi e di ri-

conoscimento del dispositivo è un po’ tediosa, ma,

una volta che la si è portata a termine, fare sport

segue a pagina 31

torna al sommario 31

MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020

senza portarsi il telefono dietro è una vera goduria.

Rispetto al modello base del Venu Sq, però, cotanta

grazia porta con sé un sovrapprezzo di 50 euro, ma

è difficile dire se sia giustificato. Se Garmin avesse

offerto una sola variante di Venu Sq, specificamente

la Music Edition, a 200 euro, la sua proposta sareb-

be stata veramente allettante.

Come di consueto, non ci dilunghiamo sulla preci-

sione del contapassi: per un dispositivo da polso,

è una statistica inutile e fuorviante (basti pensare

che per un periodo abbiamo indossato il Venu Sq al

polso del braccio dominante e ha rilevato il lavarsi i

denti come una vera e propria corsa…). Quanto alle

prestazioni del sensore per il rilevamento del battito

cardiaco, ne siamo rimasti piacevolmente colpiti: con-

frontando la traccia con quella di una fascia cardio,

risulta sorprendentemente fedele, sia sotto il profilo

dell’andamento generale, sia in termini di battito me-

dio e di picco. Garmin ha fatto ancora una volta bingo,

anche su un prodotto relativamente economico.

Come smartwatch non convince appienoSe invece si guarda il Venu Sq prettamente sotto la

lente dello smartwatch, l’esperienza risulta in qual-

che misura deludente. C’è l’essenziale, come il sup-

porto alle notifiche, ai quadranti intercambiabili, ai

pagamenti contactless, alla riproduzione musicale in

Bluetooth e alle app di terze parti. Ma, al di là di una

grafica che andrebbe svecchiata un po’ – considera-

zione comunque soggettiva – è l’esperienza d’uso a

non essere esaltante.

Pur essendo possibile scaricare applicazioni di terze

parti, sul Venu Sq non c’è una schermata con la lista

delle app: dalla schermata iniziale bisogna scorrere

col dito verso l’alto o verso il basso tante volte per

raggiungere quella di proprio interesse, passando in

rassegna, volenti o nolenti, le schermate di ogni app

installata. Certo, le varie schermate si possono rimuo-

vere o riordinare, posizionando, ad esempio, il riepilo-

go di giornata in alto e le notifiche in fondo (in modo

che siano accessibili con un singolo swipe rispettiva-

mente verso l’alto e verso il basso) ma comunque non

è un sistema che brilla per immediatezza.

Per quanto concerne la gestione delle notifiche, seb-

bene siano puntualissime nella stragrande maggio-

ranza dei casi, c’è qualche aspetto che lascia l’amaro

in bocca. Tutte le notifiche che giungono allo smar-

tphone vengono replicate sul Venu Sq e possono es-

sere disabilitate per singola app sia dallo smartphone

sia direttamente dallo smartwatch: è una cosa fanta-

stica, che offrono in pochi. Molto apprezzata, poi, la

possibilità di rispondere a eventuali messaggi con

ben 9 formule preimpostate, tutte pienamente per-

sonalizzabili. Si lasciano apprezzare anche una serie

di implementazioni smart, come la modalità non di-

sturbare automatica durante il sonno, la possibilità di

personalizzare la gestione delle notifiche durante gli

allenamenti, gli avvisi sulla frequenza cardiaca ano-

mala, così come il LiveTrack per avvisare i contatti nel

caso di incidente.

TEST

Garmin Venu Sqsegue Da pagina 30

C’è da dire, però, che se si risponde a un messag-

gio direttamente dalla tendina delle notifiche dello

smartphone, si riceve la notifica della propria risposta

sul Venu Sq. Analogamente, avviando una chiamata

con WhatsApp, il Venu Sq vibra come se la si stesse

ricevendo. Componendo e inviando un tweet dallo

smartphone, ecco ancora una notifica. Inoltre, alcune

notifiche silenziose, come quelle del meteo di Goo-

gle, non sono…silenziose sullo smartwatch: ogni volta

che il meteo si aggiorna quando si accende il display

del telefono, si riceve una notifica, risultando estre-

mamente fastidioso e costringendo l’utente a disabi-

litarle. Sono tutte cose che, potenzialmente, si posso-

no sistemare con un aggiornamento, ma al momento

della prova danno l’idea di un’implementazione delle

notifiche estremamente acerba. Quanto all’esperien-

za d’uso dall’orologio, è regolata per lo più dai tasti

fisici. Una pressione rapida del tasto superiore funge

da scorciatoia verso l’app per l’attività fisica, potendo

selezionare tre attività come preferite (come corsa,

bici o nuoto); una prolungata consente di accedere al

menu comandi, che contiene 9 toggle rapidi per, tra

gli altri, la modalità non disturbare, la luminosità, Gar-

min Pay, il cronometro e la musica. È un peccato che

questa schermata non occupi tutto il display, perché

chi ha le mani grandi può far fatica con 9 toggle su

uno schermo così piccolo: superiormente, infatti, vi è

una barra che riporta lo stato di carica della batteria e

che occupa inutilmente tanto spazio. Il tasto inferiore,

invece, serve per tornare alla schermata precedente

con una pressione rapida e per accedere alle impo-

stazioni con una pressione prolungata.

Se si è sulla schermata iniziale, trascinando il dito

verso destra, si può lanciare un’app di propria scel-

ta, da settare nelle impostazioni; se, invece, si stanno

esplorando le impostazioni, uno swipe verso destra

consente di tornare indietro. Curiosamente, però, non

è prevista una funziona analoga o una qualsiasi altra

interazione per uno swipe verso sinistra.

Diverse app per gestire le funzionalità dello smartwatchDavvero singolare e non esattamente esaltante la

scelta da parte di Garmin di fare ricorso a due app

segue a pagina 32

torna al sommario 32

MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020

separate per gestire tutte le funzionalità dei suoi

dispositivi indossabili. Attraverso Garmin Connect

è possibile tenere traccia di tutti i dati raccolti dallo

smartwatch sulle prestazioni dell’utente nel corso

della giornata e, in particolare, durante l’attività fisica

(a meno che non si tratti del golf). Sempre attraver-

so Garmin Connect si può aggiornare lo smartwatch

OTA. Anzi, per essere più precisi, dopo quelli in fase

di configurazione iniziale, eventuali update vengono

notificati sul Venu Sq e possono essere avviati di-

rettamente dallo smartwatch: possibilità davvero ap-

prezzata. Chiaramente in Garmin Connect non può

mancare tutta la parte inerente al fitness tracking,

che riguarda il tracciamento di statistiche quali passi

fatti, calorie consumate e frequenza cardiaca. A que-

ste si affiancano metriche più peculiari, come le ore

di sonno, la frequenza respiratoria, il livello di stress

e la saturazione d’ossigeno del sangue. Se sulla pre-

cisione dell’identificazione delle varie fasi del sonno

è davvero difficile formulare un giudizio, ci si può in-

vece sbilanciare sul rilevamento delle ore complessi-

ve di sonno: purtroppo è poco preciso (ad esempio,

quando si guarda un film a letto, spesso una parte

consistente viene interpretata come sonno). Discor-

so analogo può farsi stesso per la frequenza respi-

ratoria: l’app fornisce due valori medi giornalieri, uno

relativo alle fasi di veglia e uno a quelle di sonno, ma

TEST

Garmin Venu Sqsegue Da pagina 31

senza una traccia continua “h24” del respiro, è im-

possibile verificarne l’attendibilità. Ammettendo che

le stime siano accurate, una frequenza respiratoria

a riposo particolarmente elevata potrebbe essere

sintomatica di un disturbo respiratorio: nel dubbio,

bisogna sempre rivolgersi a un medico. Lo stesso

dicasi per le stime riguardo l’SpO2: non sono asso-

lutamente da considerare come misurazioni aventi

una qualche valenza medica, soprattutto a tema CO-

VID. A ogni modo, il Venu Sq offre la possibilità di

rilevare la saturazione dell’ossigeno nel sangue sia

durante il sonno – idealmente per identificare casi

di apnea notturna, di concerto con le misurazioni

della frequenza respiratoria – sia durante il giorno:

quest’ultima opzione, però, incide parecchio sulla

batteria del Venu Sq. Simpatica, invece, quella che

si potrebbe definire una “ludicizzazione” del traccia-

mento dello stress e della body battery: sulla base di

una serie di dati raccolti – quali frequenza cardiaca

(probabilmente la sua variabilità), livello d’esercizio e

ore di sonno rilevato – , l’app fornisce una valutazio-

ne sintetica sullo stato di stress dell’utente e sul suo

livello d’energia. Soprattutto quest’ultimo aspetto

può tornare utile per adattare l’intensità dei propri

allenamenti al proprio stato di forma.

Voltando pagina, per l’installazione e l’aggiornamen-

to di app di terze parti, così come per il download

di quadranti aggiuntivi, bisogna fare affidamento su

Garmin Connect IQ. Veramente ampia la disponi-

bilità di watchface, peraltro spesso personalizzabi-

li. Stranamente, almeno nella sezione delle app di

tendenza, compaiono anche quadranti non suppor-

tati dal Venu Sq: se non ce ne si rende conto e si

clicca, poi, sul tasto installa, sembra che la proce-

dura fallisca, senza nessun avviso da parte dell’app.

Inoltre, pur essendo buona parte compatibile con il

La home del negozio digitale, con quadranti e app. Le anteprime di tutti i quadranti sono tonde e spesso gli screenshot di quelli quadrati sono assenti.

La gestione di download e aggiornamenti: curiosamente, il numero di app installabili è fisso, indipendentemente dallo spazio occupato dalla musica.

Qui la sezione per i quadranti personalizzati: le opzioni sono veramente poche, ma si può caricare un’immagine persona-lizzata.

La schermata iniziale, che riporta un resoconto della giornata (in questo caso, stressante).

Le opzioni di personalizzazio-ne della schermata “La mia giornata”.

segue a pagina 33

Un resoconto un po’ più dettagliato di una giornata più tranquilla, per singola statistica.

torna al sommario 33

MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020

Venu Sq, molte pagine dei quadranti in Connect IQ

non contengono l’anteprima del layout su schermi

quadrati. Insomma, si scopre come appaiono diretta-

mente sull’orologio, costringendo l’utente a noiose

procedure di installazione-disinstallazione nel caso

in cui il quadrante appena installato non piaccia. Ca-

rina, seppure estremamente basilare, la possibilità di

creare watchface con sfondi personalizzati diretta-

mente dall’app, per poi caricarla sullo smartwatch.

Peccato che i caratteri utilizzati siano piuttosto pic-

coli, peraltro con bordino nero: su uno schermo con

risoluzione così bassa, la resa non è delle migliori.

Per quanto concerne il catalogo delle app, Garmin

se la cava decisamente meglio di Fitbit, ma è lontana

dall’esperienza offerta da watchOS. Tolti Spotify, De-

ezer, Amazon Music e Uber, mancano grandi nomi.

Ci sono, però, tante applicazioni per finalità specifi-

che, che vanno magari dall’app per il tennis – sport

non rilevato di default dal Venu Sq –, a quella per

la navigazione turn-by-turn (tramite Google Maps

sul telefono), passando per quella che consente di

memorizzare la posizione dell’automobile. Come per

gli aggiornamenti di sistema, è possibile tenere le

app aggiornate automaticamente, anche se, in un

paio di circostanze, ci è capitato che alcune app non

completassero l’aggiornamento finché non abbiamo

aperto l’app sul telefono.

Come sportwatch dà il meglio di sèQuanto al tracciamento delle attività sportive, Gar-

min ha fatto un ottimo lavoro, portando molte carat-

teristiche che si ritrovano nei suoi prodotti di fascia

più alta sul Venu Sq, che in taluni casi è significa-

tivamente più economico. È possibile tracciare una

marea di attività, come camminata, corsa, ciclismo (il

tutto anche indoor), nuoto, yoga e pilates. Fin qui,

tutto sostanzialmente nella norma, se si esclude il

tracciamento della frequenza respiratoria dedicato

specificamente allo yoga. Per non parlare, poi, del

tracciamento di tanti esercizi specifici da palestra,

come tapis roulant, ellittica, step, vogatore, pesi e

cardio. A tutto ciò si affianca il rilevamento di tante

attività “inconsuete” come il golf, il SUP, il canottag-

gio, lo sci (anche di fondo) e lo snowboard. Insom-

ma, ce n’è davvero per tutti i gusti. Va segnalato che,

per avere statistiche dettagliate sul golf, va scaricata

Garmin Golf sullo smartphone e vanno precaricate le

mappe sul Venu Sq. Passando ad attività più ordina-

rie, durante la corsa, di default vengono mostrate a

video statistiche come il timer, la distanza percorsa

e il passo, così come tempi e distanze su giro e fre-

quenza cardiaca. Queste informazioni sono ripartite

su tre schermate, ma purtroppo non si possono uti-

lizzare i tasti fisici per scorrerle: bisogna utilizzare lo

schermo touch. Peccato davvero. Per fortuna, però,

si possono personalizzare le informazioni su ogni

singola schermata secondo le proprie esigenze. Per

informazioni più dettagliate, come velocità, cadenza,

elevazione, ecc., bisogna rifarsi all’applicazione sul

telefono post-allenamento.

Quanto al tracciamento del nuoto, che purtroppo

non abbiamo avuto di provare, il Venu Sq si ferma

a quello in piscina. Non potendo utilizzare lo scher-

mo touch per ovvie ragioni, a video compaiono al

massimo tre dati (configurabili) su una singola scher-

mata. Comprensibilmente, durante l’allenamento, il

TEST

Garmin Venu Sqsegue Da pagina 32

Venu Sq non è estremamente informativo, ma dopo,

su smartphone, si ritrovano informazioni dettagliate

come numero medio di bracciate, ritmo, velocità –

occhio a settare correttamente la lunghezza della

piscina – e persino il punteggio SWOLF.

Qualsiasi sia l’attività, le statistiche a video possono

essere personalizzate. C’è, poi, il valore aggiunto

dei tasti fisici, con quello inferiore che viene utiliz-

zato per registrare la fine del giro o della ripetuta,

mentre quello superiore per stoppare l’allenamento.

Il Venu Sq non raccoglie informazioni super detta-

gliate come il VO2 Max o l’effetto dell’allenamento –

prerogativa di dispositivi Garmin più costosi come i

Forerunner o i Fenix –, ma, per essere un dispositivo

“generico”, non troppo costoso, fa un’ottima figura

come sportwatch.

L’autonomia può raggiungere gli otto giorniConcludiamo con un altro dei pezzi forti di questo

Venu Sq: la durata della batteria. A dispetto di un’au-

tonomia stimata di 6 giorni, a seconda delle moda-

lità d’uso lo si riesce a spingere anche oltre, se lo

si utilizza esclusivamente come smartwatch. Settato

opportunamente, ovvero disattivando l’always-on

display, impostando la luminosità sul livello medio

e il timeout dello schermo su breve (5 secondi) e

consentendo le misurazioni pulsossimetriche solo di

notte, si possono toccare anche gli 8 giorni. Come

abbiamo già sottolineato in precedenza, non vale la

pena essere ulteriormente conservativi con la lumi-

nosità, perché settandola sul livello più basso si fa

fatica già in ambienti mediamente illuminati.

Attivando le misurazioni dell’SpO2 anche durante il

giorno e magari aggiungendo anche un paio di alle-

namenti di un’ora – senza GPS – l’autonomia si atte-

sta sui 5-6 giorni. Davvero sorprendente l’efficienza

dell’antenna GPS: il consumo medio è dell’ordine

di un 7% l’ora. All’estremo opposto dello spettro,

spremendo al massimo il Venu Sq, ossia attivando

l’always-on display e impostando la luminosità al

massimo, la batteria si esaurisce già dopo 1-2 giorni.

Quanto al connettore per la ricarica, bene il cavet-

to lungo circa mezzo metro, ma l’interfaccia è pro-

prietaria e ormai ampiamente desueta: un attacco

magnetico sarebbe stato di gran lunga preferibile.

La ricarica almeno è veloce: una carica completa ri-

chiede circa un’ora. Questo vuol dire che in pochi

minuti si riesce a guadagnare anche una giornata

d’autonomia.

torna al sommario 34

MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020

di Massimiliano DI MARCO

Con Android TV e una risoluzione nativa Full

HD, il proiettore portatile XGIMI MoGo Pro+ è

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Si tratta di dispositivi di compromesso: la natura por-

tatile, infatti, porta ad avere un naturale ribilanciamen-

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e dimensioni.

In questo senso, XGIMI MoGo Pro+ riesce a bilanciare

bene la necessità di una qualità audiovisiva sufficien-

te - anzi, a tratti molto soddisfacente per la categoria

di prodotto - con un’esperienza multimediale basata

su Android TV che, pur con alcune evidenti limitazio-

ni, supporta pienamente i casi d’uso di un proiettore

portatile. Rispetto al modello MoGo Pro, la versione

Plus (l’oggetto della recensione) è dotata della fun-

zione di correzione trapezoidale automatica, di un

autofocus laser veloce, di uno stand integrato che

consente una leggera inclinazione dell’apparecchio e

di una batteria più capiente.

Il posizionamento commerciale di Mogo Pro+ è sicu-

ramente interessante. Costa 150 euro più del modello

MoGo, che ha una risoluzione di 540p e si ferma a

una luminosità di 210 nit; inoltre, costa 150 euro in

meno del modello Halo, che propone altoparlanti da

5 W e una luminosità di 800 nit.

A insidiare la valida proposta commerciale del XGIMI

MoGo Pro+ è l’Anker Nebula Capsule Max: la risolu-

zione nativa scende a 720p, ma il prezzo di 500 euro

e gli altoparlanti integrati da 8 W ne fanno un’alter-

nativa più conveniente per chi riesce a sostenere il

compromesso video.

Design derivativoA prima vista, MoGo Pro+ potrebbe essere confuso

per il Sonos One. Lo stile è quindi abbastanza deri-

vativo per un prodotto audiovideo compatto; ciò non

è però un difetto: solo una constata-

TEST XGIMI MoGo Pro+ alza l’asticella del livello dei proiettori portatili con Android TV e una piena risoluzione nativa di 1080p

XGIMI MOGO Pro+, proiettore portatile Android TV È praticamente completo, peccato per il prezzo MOGO Pro+ è una proposta molto completa, ma pecca nell’audio, che pur firmato Harman Kardon non riesce a esprimersi a dovere

zione. Di fatto, MoGo Pro+ è un bell’oggetto: solido

e dall’aspetto pulito. La griglia

degli altoparlanti copre il lato

frontale e quelli laterali; die-

tro trovano spazio il tasto di

accensione e spegnimento e

le porte HDMI, USB e da 3,5

mm. La lente del proiettore è

in alto a destra del lato fron-

tale; di fianco il sensore della

messa a fuoco. In basso, inve-

ce, la lente per la correzione

trapezoidale automatica.

Il corpo pesa 0,9 kg: è suffi-

cientemente compatto per

essere portatile, ma fa co-

munque sentire la presenza

in uno zaino. L’alimentatore

per la ricarica è da 65 W. Il te-

lecomando in dotazione è un po’ piccolo, ma è dotato

di una quantità di tasti sufficienti per le funzioni basila-

ri: per esempio, c’è il tasto dedicato all’Assistente Go-

ogle e in fondo, quasi nascosto, c’è un interruttore per

scegliere tra volume e messa a fuoco, che può anche

essere sistemata manualmente attraverso i tasti del

volume (ecco il perché del selettore). Uno stile esteti-

co equilibrato, che facilita la mimetizzazione del pro-

iettore portatile XGIMI anche come diffusore audio.

La prova video: un bel Full HD, ma manca NetflixXGIMI MoGo Pro+ ha una risoluzione nativa di 1080p,

ma supporta anche sorgenti 4K. Può proiettare uno

schermo da 76” a 2 m di distanza, ma la dimensio-

ne può essere spinta - allontanandosi ulteriormente

XGIMI MoGo Pro+UN PROIETTORE PORTATILE COMPLETO, MA COSTOSO 649,99 €

XGIMI MoGo Pro+ integra quasi tutto ciò che si potrebbe chiedere a un proiettore portatile: c’è l’esteso catalogo di Android TV, supporta la risoluzione nativa Full HD e pesa meno di 1 kg. Si tratta di una proposta estremamente completa, caratterizzata da una buona qualità video e da una navigazione fluida. Pecca soprattutto nell’audio, che pur portando la firma di Harman Kardon non riesce a esprimersi a dovere. Il design è derivativo, ma comunque soddisfacente.

Dove MoGo Pro+ fatica a consolidare la propria offerta è il prezzo: 649 euro. Per un proiettore portatile non è poco e gli utenti potrebbero essere spinti a risparmiare qualcosa per scendere alla risoluzione nativa di 720p, dove la concorrenza ha valide alternative con un’audio più prestante.

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

7 8 7 8 7 77.3COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEFull HD nativoC’è Android TVPesa meno di 1 kg

CostosoAudio sottotonoNon c’è Netflix nativamente

segue a pagina 35

Il Sonos One. Lo stile di XGIMI MoGo Pro+ lo ricorda molto.

torna al sommario 35

MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020

- fino a 100”. Il proiettore raggiunge una luminosità

di 300 nit: abbastanza per riuscire a vedere ciò che

viene proiettato anche in una stanza poco luminosa,

sebbene non sia il caso d’uso ideale. La qualità video

Full HD è soddisfacente: l’immagine è nitida e, per il

segmento a cui appartiene, la riproduzione dei colori

è di buon livello, soprattutto a breve distanza. All’au-

mentare della distanza, la qualità dell’immagine inizia

a perdere mordente, ma nella nostra prova attorno a 1

m di distanza la qualità era molto positiva con colori bi-

lanciati e una nitidezza soddisfacente. Sopra l’1,5 m di

distanza, la qualità ha iniziato a perdere colpi: i colori,

in particolare, risultano più sbiaditi e i neri perdono di

profondità. Ci sono quattro modalità per personalizza-

re l’immagine durante la riproduzione video: Soffuso,

Ufficio e Luminoso non sono coerenti con una buona

riproduzione cromatica; Standard è quella più equili-

brata. Un limite, semmai, è l’assenza nativa di Netflix,

che non è compatibile con il dispositivo. Consapevo-

le di tale mancanza, XGIMI ha realizzato un piccolo

manuale, incluso nella confezione, che spiega i modi

alternativi: collegare un notebook attraverso la porta

HDMI oppure usare dispositivi esterni come la Fire TV

Stick. Trasmettere il video di Netflix da un dispositivo

iOS o Android non funziona. L’applicazione di Netflix

può però essere aggiunta tramite sideload nel giro

di pochi secondi. Sono invece già disponibili sul Play

Store altri servizi di streaming come Disney+, Rai Play,

Dplay, DAZN e Prime Video. In questo senso è MoGo

Pro+ è molto completo, in quanto si appoggia sul va-

sto catalogo del Play Store.

Come diffusore audio mostra tutti i suoi limitiMoGo Pro+ include un processore Amlogic T905X2

(che include quattro Cortex A55) e una GPU Mali-G31.

La navigazione nell’interfaccia è fluida quanto serve,

ma il dispositivo fatica un po’ all’accensione e all’a-

pertura delle app. È limitato nei giochi, sebbene con

esperienze semplici in 3D - come sparatutto in prima

persona - rimane fluido, pur con una grafica ridimen-

sionata. Ci sono giochi pensati per essere fruiti diretta-

mente con il telecomando; per tutti gli altri, è possibile

collegare un controller Bluetooth (anche i pad ufficiali

di PlayStation e Xbox). Usato solo come dispositivo au-

dio, XGIMI MoGo Pro+ assolve il compito senza infamia

e senza lode: il volume è alto, ma la qualità è anonima.

Riproduce in modo bilanciato brani di vario genere -

dal rock classico al pop italiano - ma soprattutto sulle

TEST

XGIMI MOGO Pro+segue Da pagina 34

basse frequenze manca di profondità. In generale, è

un buon diffusore audio da usare durante le feste e in

altri momenti in cui la qualità può andare in secondo

piano, magari come sottofondo. Il discorso è diverso,

invece, nel caso di un ascolto attento: in questo caso,

MoGo Pro+ mostra tutte le difficoltà nell’esprimere una

qualità audio a cui i piccoli driver integrati non posso-

no arrivare. Pur portando la firma di Harman Kardon,

MoGo Pro+ non si distingue dagli altri proiettori porta-

tili: sono dispositivi di compromesso che puntano sulla

portatilità; per raggiungere tale scopo, la dimensione

dei driver dev’essere ridotta e con essi la qualità che

possono esprimere.

Per quanto riguarda l’autonomia, nella nostra prova

non abbiamo superato le ore 2 ore e mezza di autono-

mia riproducendo video in streaming in Full HD, men-

tre con l’ascolto musicale MoGo Pro+ supera le 7 ore.

di Franco AQUINI

La cantinetta per vini LG Signature

LSR200W diventerà protagonista

di una collaborazione con le canti-

ne Bellavista nel percorso guidato che il

marchio di Franciacorta proporrà ai suoi

visitatori nella prossima primavera.

La cantinette stanno diventando un elet-

trodomestico molto ricercato tra i cultori

del vino, perché permettono di conser-

vare le bottiglie migliori in un ambiento

protetto e a temperatura controllata. LG

Signature LSR200W, rivestita di acciaio

inox antigraffio e da un vetro oscurato,

può contenere fino a 65 bottiglie. Il vetro

frontale, in particolare, offre la funzionalità

Instaview, che permette di poter guardare

l’interno della cantinetta semplicemente

bussando. Il resto del tempo, il vetro ri-

marrà oscurato per proteggere le botti-

glie di vino dalla luce e per evitare inutili

aperture della porta che altererebbero la

temperatura interna.

Temperatura e umidità controllate in tre zone separateIl Multi Temperature Control invece per-

mette di creare tre zone distinte all’in-

terno della cantinetta, tutte con tempe-

rature differenti per conservare diversi

tipi di vino. Il Multi Temperature Control,

insieme Controllo dell’umidità ottimale,

consente invece di creare un ambiente

perfetto per la maturazione dei vini.

In più, LG ha previsto un cassetto conver-

tibile, anch’esso con temperatura perso-

nalizzabile scegliendo tra frigorifero o fre-

ezer in base al contenuto che si desidera

conservare. In questo caso, lo scopo del

cassetto è quello di conservare qualcosa

che possa essere servito in abbinamento

al vino, come formaggi o salumi. Molto

intelligente, infine, la funzione Auto Open

Door, che permette di aprire la porta della

cantinetta avvicinando il piede alla base

SMARTHOME La cantinetta LG Signature LSR200W diventa protagonista di una collaborazione con le cantine Bellavista

Con LG, 65 bottiglie di vino con temperatura e umidità perfetteTra le caratteristiche della cantinetta LG, le tre zone a temperatura e umidità controllata per conservare diversi tipi di vino

della cantinetta, in modo da aprire il di-

spositivo con le mani occupate. Il prezzo

è alto, 7499 euro, ma siamo davanti ad

un prodotto pensato per chi ha trasfor-

mato il vino in una passione e possiede

bottiglie di un certo valore che necessi-

tano anche di un adeguato trattamento.

torna al sommario 36

MAGAZINEn.66 / 2014 DICEMBRE 2020

di M. ZOCCHI

Renault completa la gamma delle

sue auto elettrificate con Megane

Sporter E-Tech. Dopo le elettriche

Zoe e Twingo ZE, l'ibrida Clio e la plug-

in Captur, arriva un'altra ricaricabile in un

segmento amatissimo in Italia e Europa,

la station wagon, o meglio sporter.

Anche in questo caso, la casa francese

ci tiene a sottolineare come la tecnologia

del propulsore della nuova Megane deri-

vi dall'esperienza nell'elettrico, oltre che

da 40 anni in Formula 1. Questo know

how porta su Megane E-Tech la trasmis-

sione Multi-mode, con innesto a denti e

priva di frizione, oltre al classico recupe-

ro energetico in rilascio e frenata.

Con la batteria da 9,8 kWh la vettura può

viaggiare in puro elettrico per circa 50

km secondo il ciclo WLTP, o fino a 65

km nel ciclo urbano (WLTP city), spinta

dal motore elettrico principale da 49 kW,

unito allo starter HSG. Quando si passa

AUTO IBRIDA L'ibrida ricaricabile unisce tecnologia ad un segmento molto amato in Europa

Renault presenta Megane Sporter E-Tech La plug-in con la tecnologia di Formula 1Con la batteria da 9,8 kWh, può viaggiare in puro elettrico per circa 50 km secondo il ciclo WLTP

in modalità di gestione ibrida entra in

funzione il motore termico 1.6 benzina,

completamente riprogettato, con dop-

pio iniettore, omologato Euro 6dFull.

Gli interni offrono i consueti spazi ge-

nerosi tipici della Megane, con 447 litri

di carico, che salgono a 1.408 litri con i

sedili posteriori ribassati, e con una lun-

ghezza di carico massima di 2,7 metri,

grazie al sedile passeggero anch'esso

ripiegabile. Megane Sporter E-Tech è

tecnologica anche negli interni, con i

comandi della console centrale con un

look più moderno e il contagiri che in

alcune versioni diventa completamente

digitale, con un display da 10,2", perso-

nalizzabile e che comprende anche le

indicazioni del navigatore. Completa la

dotazione il nuovo display multimediale

da 9,3", praticamente un tablet verticale

integrato nella plancia. Nelle versioni

base il display è invece da 7", oppure

da 7" con navigatore integrato, ma tut-

te sono compatibili con Android Auto

e Apple CarPlay. Tecnologia nelle auto

oggi significa anche sistemi di assisten-

za alla guida, e sulla nuova Megane non

possono mancare tutti gli ADAS che ci

si aspetta di trovare su questo segmen-

to. Negli allestimenti con trasmissione

automatica EDC è presente l'Highway

and Traffic Jam Companion, un sistema

che associa l’Adaptive Cruise Control

(con funzione Stop & Go) e il dispositi-

vo di assistenza al mantenimento della

corsia. In pratica si raggiunge il livello

2 nella scala di assistenza, ma sempre

con le mani sul volante.

Presente ovviamente anche la frenata

d'emergenza con riconoscimento pedo-

ni, il sensore angolo cieco, attivo anche

in uscita dal parcheggio. Presente an-

che il sensore di stanchezza, che valu-

ta lo stato del guidatore tramite i micro

movimenti del volante, ed avvisa con

segnale sia acustico che visivo. Sempre

presenti i radar per assistenza al par-

cheggio, la retrocamera, il regolatore di

velocità e anche il riconoscimento della

segnaletica stradale. La nuova Mega-

ne Sporter E-Tech plug-in è in offerta a

partire da 36.950 euro nella versione

business e 39.950 euro nella versione

più sportiva, la R.S Line. Può però acce-

dere agli incentivi statali di 2.500 euro, o

4.500 euro in caso di rottamazione di un

vecchio veicolo. Renault aggiunge un'of-

ferta lancio con finanziamento e rata da

249 euro al mese.

DMOVE 68 milioni di euro per la conversione elettrica della fabbrica

Volvo trasforma fabbrica in Svezia Produrrà solo motori elettrici

di M. ZOCCHI

Volvo è stata ben

chiara per i suoi pro-

positi futuri: vuole

che le sue vendite siano

al 50% di auto elettriche

entro il 2025. È evidente

dunque che per raggiun-

gere questo scopo servirà

la giusta fornitura di com-

ponenti e la decisione è

che i motori elettrici sa-

ranno prodotti in-house,

nella fabbrica svedese di

Skövde. In una prima fase

i motori saranno solo assemblati in questo stabilimento, mentre più avanti avverrà

anche la produzione dei singoli componenti.

Volvo ha messo sul piatto un investimento di 68 milioni di euro per convertire gra-

dualmente la fabbrica. Secondo i vertici dell’azienda questa mossa consentirà agli

ingegneri e sviluppatori di raggiungere migliori livelli di efficienza, grazie alla pro-

gettazione coordinata di motore, inverter e elettronica di gestione.

E i motori a combustione? La produzione dei propulsori endotermici verrà eliminata

e commissionata a una sussidiaria, la Powertrain Engineering Sweden (PES), dietro

la quale c’è anche Geely, la casa madre che possiede Volvo.

SVO Bikes svela Chrono: eBike con sospensioni Ohlins, cambio nel mozzo e cinghiaL’azienda francese toglie il velo dalla sua prima eMTB full. Telaio già visto, ma abbinato ad altre scelte di alto livello di M. ZOCCHI

SVO Bikes, azienda di bici con sede in Francia, a La Peryade, ha presentato la sua idea di eMTB, puntando a un mix di tradizione e innovazione. La SVO Chrono è basata su un telaio simile a quelli Specialized, a cui la casa ha abbi-nato componenti di ottimo livello. Il cambiamento più evidente è la scelta della cinghia di trasmissione in carbonio (by Gates) abbinata al cambio nel mozzo Rohloff, a 14 ve-locità con comando wireless. Per la parte elettrica SVO va sul sicu-ro, con il motore Bosch di quarta generazione e la batteria da 500 Wh, che però opzionalmente può arrivare fino a 1.125 Wh. L’eBike sarà disponibile in tre versioni, con le due top di gamma che avranno il telaio in carbonio anziché in allu-minio. L’allestimento SVO Chrono abbina al telaio in alluminio la for-cella Rock Shox Revelation RC 35 e l’ammortizzatore Deluxe Select, entrambi con 150 mm di escur-sione. Il tutto a 8.200 euro. Sa-lendo di gamma troviamo la SVO Chrono GTE, che passa al telaio full carbon e sospensioni Ohlins, forcella 36RFX e ammortizzatore TTX. Il prezzo sale a 13.990 euro. Allo stesso prezzo si può puntare anche alla SVO Chrono RS, che utilizza sospensioni SID, ruote SVO Carbon Star, manubrio, attacco manubrio, reggisella e sella Hope, tutto in carbonio super leggero.

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MAGAZINEn.66 / 2014 DICEMBRE 2020

di Massimiliano ZOCCHI

Sembra che i rapporti tra Herbert

Diess, CEO di Volkswagen, e Elon

Musk, fondatore di Tesla, siano più

che buoni, come visto in un recente in-contro tra i due. Buoni rapporti probabil-

mente agevolati dal reciproco rispetto, e

dalla semplice accettazione da parte di

Diess di ciò che Tesla rappresenta per

tutta l'industria automotive: un modo

nuovo di vedere (e fare) le cose.

Lo stesso Diess ha rivelato aspetti in-

teressanti del suo lavoro negli ultimi

mesi, con un lungo posto sul suo blog

personale, intitolato "How we transform Volkswagen". Cosa ha a che fare con

Tesla questa lettera aperta (indirizzata

alla dirigenza)? In un passaggio, il CEO

ha rivelato una riunione più o meno se-

greta, tenutasi lo scorso aprile, sopran-

nominata "Mission T". Non una lettera

scelta a caso, in quanto uno degli argo-

menti principali era proprio Tesla:

AUTO ELETTRICA Herbert Diess in un post ha rivelato una riunione segreta chiamata Mission T

Il CEO di Volkswagen rivela "Mission T" Il piano per raggiungere (e superare) TeslaNel piano, gli alti dirigenti Volkswagen hanno elaborato una strategia per raggiungere Tesla

"31 dirigenti senior di Volkswagen, Audi e Porsche sono stati coinvol-ti nella "Mission T", come è stata soprannominata. L'evento ruotava attorno a come possiamo raggiun-gere Tesla, un'azienda focalizzata esclusivamente sul futuro, senza un tradizionale business automobi-listico. Il suo ecosistema in stile Sili-con Valley è influenzato dalle capa-

cità del software, dall'attenzione alla tecnologia e dalla cultura del rischio. Il workshop si è svolto nell'arco di tre giorni - sotto vincoli speciali con maschere e allonta-namento sociale a causa della pandemia COVID-19. La domanda di apertura era: "Cosa dobbiamo ottenere nei prossimi sei mesi per raggiungere Tesla in termini di tec-nologia entro il 2024?"

Il tema quindi era piuttosto diretto, sen-

za giri di parole e senza atavica foglia di

fico. E nel post Diess spiega molto bene

il suo punto di vista. Fin dal suo arrivo

in Volkswagen, si è reso conto che la

struttura aziendale, troppo ancorata a

metodologie del passato, frena enor-

memente il progresso e i cambiamenti

necessari, cambiamenti che Diess vede

come indispensabili per trasformare

Volkswagen da azienda che vende auto

ad azienda digitale.

Le start up emergenti (usa come esem-

pio Tesla, ma altri come Rivian o Lucid

sono sulla bocca di tutti) stanno, secon-

do Diess, dimostrando come la scarsa

burocrazia e la predisposizione al ri-

schio, le rendano troppo veloci da rag-

giungere, e superare, se non si opera

come loro. Per questo è scaturita alcuni

mesi fa la decisione di creare in seno

ad Audi il team Artemis, slegato dalle

logiche aziendali, e con carta bianca.

Il team sembrava legato alla creazione

di una sorta di super car del futuro, ma

ora si scopre che in realtà è una sorta

di esperimento, per utilizzare nuovi me-

todi di lavoro, più snelli e moderni, da

poter eventualmente applicare in futuro

a tutto il gruppo Volkswagen.

Il numero uno di Audi è lapidario: “Non c’è nessun futuro per le auto a idrogeno”L’intervista del CEO di Audi al settimanale Die Zeit chiude la porta ad ogni progetto del produttore per quel che riguarda l’idrogeno. “L’unica soluzione per le auto è l’elettrico a batteria” ha dichiarato di P. AGIZZA

“Non c’è nessun futuro per le auto ad idrogeno nel prossimo decennio”. A rilasciare questa lapidaria dichiarazione è Markus Duesmann, CEO di Audi da aprile 2020 ed impiegato nell’azienda tedesca sin dal 1992.In un’intervista a Die Zeit, il diri-gente si è schierato con decisio-ne contro l’utilizzo dell’idrogeno per la propulsione, in netta con-trapposizione a quanto dichiara-to negli ultimi anni dal preceden-te board.“Non saremo in grado di produr-re quantità sufficienti di idroge-no, in maniera pulita, nei pros-simi decenni. Per questo motivo non credo assolutamente che l’idrogeno possa essere utilizza-to nelle auto” il commento. Idee chiare anche per quel che riguar-da il futuro: “L’unica soluzione per le auto è l’elettrico a batteria” ha dichiarato.Duesmann si pone in netta con-trapposizione rispetto alla prece-dente dirigenza del gruppo tede-sco di proprietà Volkswagen: la dichiarazione dell’AD ad interim Bram Schot illustrava come Audi fosse intenzionata a dare la mas-sima priorità allo sviluppo della tecnologia dell’idrogeno.

DMOVE L'emergente Xpeng continua il periodo d'oro

Xpeng macina record su record A novembre vendite quadruplicate

di M. ZOCCHI

Abbiamo parlato spes-

so di Xpeng in occa-

sione del record fatto registrare nel terzo trime-stre, o del litigio a distanza con Elon Musk, o ancora

per l'arrivo del secondo modello nel mercato euro-

peo. Ora dalla Cina arrivano

altre notizie positive per l'azienda finanziata da Alibaba e Xiaomi, grazie a un no-

vembre ancora una volta sopra le aspettative sul fronte delle vendite. Xpeng ha

venduto nell'ultimo mese un totale di 4.224 vetture, corrispondenti ad un +342%

anno su anno. Precisamente:

•Xpeng P7: 2.732 unità

•Xpeng G3 (SUV): 1.492 unità

Stupisce in particolare il successo della berlina sportiva P7, che dal suo lancio,

avvenuto solo il giugno scorso, ha già venduto 11.371 esemplari. In totale l'azienda

del Chairman Xiaopeng in 11 mesi ha venduto 21.341 auto elettriche, che resta

comunque un notevole +87% anno su anno. Curiosamente negli ultimi giorni il

titolo in Borsa ha perso parecchio, dopo le vette improvvise precedenti, ma siamo

pronti a scommettere che con questi dati tornerà a salire.

torna al sommario 38

MAGAZINEn.66 / 2014 DICEMBRE 2020

di Massimiliano ZOCCHI

Quella tra la rete autostradale ita-

liana e le colonnine di ricarica per

auto elettriche è una storia lunga e

complessa, alla quale ora si aggiunge un

nuovo capitolo. Tra gli emendamenti per

il DDL Bilancio presentati alla Commissio-

ne della camera, ne spunta uno proposto

dal M5S a firma Giuseppe Chiazzese (lo stesso deputato che ha proposto la de-trazione al 50% per le auto a batteria),

che punta ancora a forzare l’adozione di

colonnine di ricarica fast in autostrada,

grosso punto carente dell’infrastruttura

italiana. Nell’emendamento si chiede ai

vari concessionari autostradali di pubbli-

care entro 60 giorni dall’entrata in vigore

della nuova manovra le specifiche mini-

me delle colonnine che verrebbero in-

stallate. Non solo, i concessionari avreb-

bero poi 180 giorni di tempo per installare

un numero adeguato di punti di ricarica,

in caso contrario qualsiasi soggetto abi-

AUTO ELETTRICA Presentato un nuovo emendamento al DDL Bilancio, ecco che cosa chiede

DDL Bilancio ed elettriche, nuovo emendamento Forzare le colonnine di ricarica in autostradaL’intervento punta ancora a forzare l’adozione di colonnine di ricarica fast in autostrada

litato avrebbe diritto di candidarsi all’in-

stallazione. A quel punto il concessiona-

rio dovrebbe, entro 30 giorni, pubblicare

una manifestazione di interesse per sele-

zionare un operatore, tenuto conto delle

caratteristiche e di altre condizioni, che

favoriscano la competitività.

Si specifica inoltre che i punti di ricarica

devono essere “ad alta potenza”, il che,

insieme ad un numero congruo di in-

stallazioni, andrebbe di pari passo con

l’affermazione “garantendo che le infra-

strutture messe a disposizione consen-

tano agli utilizzatori tempi di attesa per

l’accesso al servizio non superiori a quelli

offerti agli utilizzatori di veicoli a combu-

stione interna”. L’emendamento ora pas-

serà al vaglio della Commissione, che

potrà approvarlo, modificarlo o anche

rifiutarlo. In caso di esito positivo si dovrà

attendere l’approvazione finale del DDL

Bilancio dal Parlamento.

Honda in Europa, addio a benzina e diesel, si punta all'elettricoHonda ha deciso che dal 2022 dirà addio ai motori endotermici in Europa. Solo elettrico e ibrido, con quest'ultimo destinato a sparire come passo successivo di M. ZOCCHI

Lo sforzo di Honda nel settore dell'elettrico è ancora limitato al minimo indispensabile, con la sola piccola Honda E come rap-presentante della gamma a zero emissioni. Tuttavia il successo e l'apprezzamento della city car a batteria potrebbero aver spinto la casa giapponese a fare uno sfor-zo più deciso e repentino per un cambio di rotta, il tutto accentua-to dalla pressione che mettono le nuove regolamentazioni dell'U-nione Europea.Ed è proprio in Europa che ar-riva una decisione importante, per parola di Ian Howells, vice presidente di Honda, che ha di-chiarato che la casa non venderà più auto esclusivamente endoter-miche dal 2022. Di recente Hon-da ha dovuto acquistare crediti a zero emissioni da Tesla, per non rischiare multe salatissime, ed ha quindi deciso che in futuro ce la farà con le sue sole forze puntan-do a una flotta esclusivamente elettrificata.Secondo Howells, Honda avrà una combinazione di auto elet-triche ed ibride (un secondo mo-dello elettrico è in arrivo), e non appena la legislazione metterà un freno anche a ibride, mild hybrid e plug-in hybrid, la produzione si sposterà solo sull'elettrico.

di M. ZOCCHI

Sempre più guidatori stanno pas-

sando alla mobilità elettrica, tanto

che in alcuni Paesi la quota ha già

raggiunto benzina e diesel, o addirittura

è in fase di sorpasso. Questo epocale

cambiamento chiama anche un cambio di

paradigma tra chi fornisce servizi, come il

classico "distributore", che diventa un più

generico "stazione di servizio". Sono già

diversi i casi che abbiamo segnalato, dai timidi tentativi italiani, fino a spettacolari location americane. Ora anche nel Re-

gno Unito esordisce la prima stazione

di servizio del futuro, tutta dedicata alla

mobilità elettrica. È opera di Gridserve,

nell'Essex e prende il nome di Electric

Forecourt. Si tratta della prima stazione

di 100 previste da Gridserve, in colla-

borazione con Hitachi Capital UK, a

fronte di un investimento di 1 miliardo

RETE DI RICARICA 36 caricatori ultra fast, alimentati da fotovoltaico e energia 100% rinnovabile

UK, arriva la stazione di servizio del futuro 36 colonnine ultra fast, accumulo e fotovoltaicoCi sono anche addetti che forniscono consigli e spiegazioni ai clienti sulla mobilità elettrica

di sterline nei prossimi

5 anni. La location con-

ta 36 colonnine ultra

fast, ciascuna con una

potenza fino a 350 kW,

capaci quindi di far re-

cuperare l'80% della

carica in circa 20 mi-

nuti alla maggior parte

delle auto elettriche in commercio.

Gridserve, azienda che fornisce ener-

gia rinnovabile e servizi ecosostenibili,

certifica tutta l'energia del Forecourt

come rinnovabile, oltre a supportare la

generazione con un grande impianto

fotovoltaico, presente sulle pensiline di

copertura e sul tetto dell'edificio adia-

cente. Per sostenere i picchi di richiesta

è stata installata anche una batteria di

accumulo da 6 MWh, che permette di

immagazzinare energia solare quan-

do le colonnine non sono in uso, o di

recuperare energia dalla rete nelle fa-

sce in cui è più economica, o ancora,

attraverso il sistema di gestione di Grid-

serve, utilizzarla come accumulo per le

giornate con surplus di energia eolica.

Nell'edificio collegato, gli addetti sono

assunti in quanto sostenitori della mobi-

lità elettrica, e possono fornire consigli e

spiegazioni ai clienti, aiutati anche dagli

schermi che mostrano i modelli di auto

elettriche sul mercato.

torna al sommario 39

MAGAZINEn.66 / 2014 DICEMBRE 2020

di Massimiliano ZOCCHI

ll settore delle batterie per automotive

è in fermento come non succedeva da

tempo, e a generare questa situazione

non c’è una incredibile nuova tecnologia

o una chimica rivoluzionaria. Semplice-

mente i produttori si sono accorti che

con le prestazioni e la sicurezza raggiunte

dalle celle al litio attuali, possono dire ad-

dio ai moduli (sotto unità in cui le batterie

sono suddivise), e puntare sulle batterie

cell-to-pack.

Recentemente avevamo trattato di cosa si tratta e quali vantaggi può avere que-

sta tecnica, ma ora che anche Tesla ha apertamente dichiarato di puntare al

CTP, tutti i grandi nomi le stanno andando

dietro. L’ultima è LG Chem, che ha svilup-

pato la piattaforma MPI (module pack in-

tegrated) in cui per l’appunto le celle sono

legate tra loro singolarmente a formare

BATTERIE Anche LG Chem starebbe preparando la propria piattaforma per le batterie cell-to-pack

Anche LG Chem vuole il cell-to-pack Batterie con più capacità e i costi crollanoCon le prestazioni e la sicurezza raggiunte dalle celle al litio attuali, si può dire addio ai moduli

direttamente il pacco batteria. Anche nel

caso di LG Chem le principali conseguen-

ze dell’uso di questa tecnica sono due: il

risparmio di componentistica e il migliora-

mento della densità energetica della bat-

teria. Sul primo punto LG Chem dichiara

dei dati sbalorditivi, che potrebbero apri-

re scenari molto interessanti. La riduzione

dei costi sarebbe nell’ordine del 30%, un

ribasso notevole considerando che la

batteria ad oggi è ancora il componen-

te più costoso di un’auto elettrica. Il se-

condo punto, quello relativo alla densità

energetica, non è altrettanto stupefacen-

te, ma comunque su ottimi livelli: +10%. Si-

gnifica che una vettura guadagnerebbe

autonomia semplicemente assemblando

le celle con questa tecnica. Tuttavia non

è ancora chiaro se il dato sia riferito alla

densità in peso o in volume.

Kymco a sorpresa: l'elettrica RevoNex pronta alla produzione in ItaliaKymco finalmente svela la sorte della moto elettrica RevoNex presentata un anno fa: sarà la prima moto con il marchio Made in Italy

di M. ZOCCHI

Nel novembre 2019, durante la fiera EICMA, Kymco aveva pre-sentato in grande stile la moto elettrica RevoNex. Le impressio-ni dal vivo sono state da subito positive, sia per le innovazioni introdotte che per l'estetica parti-colarmente curata. Ciò che aveva lasciato un po' di amaro in bocca, il giorno della presentazione, era l'assoluta mancanza di dichiara-zioni sulle specifiche tecniche o su tempistiche di commercializ-zazione, mancanza che è con-tinuata nei mesi successivi. Ora finalmente il Chairman di Gwan-gyang Group (che include appun-to Kymco) Ke Shengfeng, ha reso noto che la RevoNex è sulla via della produzione. Ciò che proba-bilmente stupisce di più è sapere che la nuova moto elettrica sarà il primo veicolo che Kymco ven-derà con il marchio Made in Italy, rivelando dunque una produzio-ne delocalizzata al contrario del solito. Anziché essere un brand italiano a importare un prodotto asiatico, è un'azienda taiwane-se a produrre un suo veicolo di punta in Italia. Ancora non si sa nulla su chi possa effettivamen-te essere il partner industriale. Ecco il nostro reportage il giorno del lancio.

di Sergio DONATO

Nei prossimi cinque anni, tutta la

gamma Maserati sarà elettrifica-

ta. Lo ha detto Davide Grasso, a

capo della società, nel corso del MFGS

2020 (Milano Fashion Global Summit).

L’affermazione arriva dalla premessa

rappresentata dalla MC20 lanciata a

settembre. Grasso ha dichiarato: “Con

il lancio della MC20 abbiamo inaugura-

to la nuova era di Maserati. Il modello

è il first of its kind, perché è la prima

super sportiva che è stata disegnata

e concepita per ospitare i due motori,

quello classico a combustione e quello

elettrico."

Ha anche aggiunto: "Da questo momen-

to in poi, tutta la linea Maserati e i nuo-

vi modelli saranno disponibili anche in

versione full electric, compreso il SUV

Grecale che uscirà l'anno prossimo e i

successivi GranTurismo e GranCabrio.

Tutta la nostra line-up sarà elettrificata

nei prossimi cinque anni.”

AUTO ELETTRICA Nel 2025 Maserati conta di avere tutti i suoi modelli con alimentazione elettrica

Maserati, tutti i modelli elettrificati entro cinque anniIl SUV Grecale sarà full electric è uscirà nel 2021. Lo seguiranno GranTurismo e GranCabrio

Maserati full electric, si parte già nel 2021

Secondo i piani del Tridente, il cuore

elettrico della MC20 dovrebbe battere

per la prima volta nel 2022. Sarà una

versione esclusivamente a batteria. Ma

è chiaro che la prima fase dell’elettrifi-

cazione possa prevedere anche modelli

intermedi, quindi ibridi. Tuttavia, Grasso

ha fatto capire che con il SUV Grecale

Maserati vuole affrettare i tempi, dato

che uscirà nel 2021 e sarà anche com-

pletamente elettrico. La conversione

all’elettrico di Maserati ha preso uffi-

cialmente il via nel 2018 e, a settembre

dell’anno dopo, FCA ha confermato che

nel 2020 sarebbe arrivata la Ghibli Hy-

brid. Uscita verificatasi puntualmente il

16 luglio, anche se la conversione elet-

trica della Ghibli si è manifestata in una

mild-hybrid. Nel 2022, Maserati punta a

presentare sei nuovi modelli e ad ave-

re complessivamente una gamma di 8

PHEV (Plug-in Hybrid Electric Vehicle) e

6 BEV (Battery Electric Vehicle).

torna al sommario 40

MAGAZINEn.66 / 2014 DICEMBRE 2020

di Massimiliano ZOCCHI

Daymak è un’azienda canadese

molto attiva nella vendita di pic-coli veicoli elettrici, a partire dalle

eBike, passando per gli scooter, per ar-

rivare fino agli all-terrain, anche in stile

buggy. Ora però il fondatore Aldo Baioc-

chi vuole fare un ulteriore passo, con il

progetto Avvenire. Nome italiano, a ce-

lebrare le chiare origini italiane del boss,

per una gamma di sei veicoli, a coprire

esigenze molto diverse tra loro, ma con

un comune denominatore: tecnologia e

stile futuristico.

Si parte con la eBike, denominata Terra,

con motore hub da 500 W, batteria inte-

grata da 576 Wh, luci LED e casse audio

integrate. Il modello base partirebbe da

3.495 dollari, ma per ben 7.999 dollari si

può prenotare (con caparra di 100 dol-

lari) l’allestimento premium. In questa

configurazione Terra ha piccoli pannelli

fotovoltaici sul telaio, per auto ricaricar-

si, le casse sono marchiate JBL, e c’è

persino la scansione dell’impronta digi-

tale come chiave d’accesso. Prime con-

segne pianificate per la fine del 2021.

AUTO ELETTRICA L’azienda canadese vara un nuovo progetto per la serie premium Avvenire

Le promesse futuristiche di Daymak Dall'eBike fotovoltaica al drone passeggeriIl fondatore Aldo Baiocchi fa un ulteriore passo con una gamma di 6 veicoli per esigenze diverse

Ben diversa per utilizzo sarà Spiritus,

auto elettrica a tre ruote, con aspetto

da supercar e due posti a sedere. Le

specifiche sembrano sbalorditive per

la dimensione della vettura e, soprat-

tutto, per il prezzo. La promessa è di

400 km di autonomia con una batteria

da 60 kWh, con accelerazione da 0 a

100 km/h in meno di due secondi. Op-

tional possibili sono l’impianto audio

con 12 casse, auto pilota e vehicle to

grid. Prezzo a partire da 18.000 dollari

canadesi. Il terzo, e ancora più incredibi-

le prodotto, è il multi rotore per trasporto

passeggeri Skyrider. Non lo si può esatta-

mente definire drone, in quanto prevede

un pilota umano, anche se è possibile il

volo autonomo da un punto ad un altro

prefissato. Anche qui le specifiche sono

molto alte: velocità di 300 km/h e 100 km

di autonomia. Il prezzo in questo caso

non è stato ancora rivelato.

Completano poi la gamma l’eBike con

cabina chiusa, Foras a 4.595 dollari, il

triciclo elettrico Tectus a 4.495 dollari, e

l’all-terrain Aspero per 6.500 dollari.

L’ambizione è certamente altissima, sem-

pre che non si riveli l’ennesimo progetto

inconsistente, realizzato solo per attirare

l’attenzione. Per tutti i dettagli è possibile

consultare il sito dedicato alla gamma Avvenire.

SpaceX si riscatta: Starship SN8 è partita, ma poi è esplosa (video)Il secondo tentativo è quello buono per il test di salto di Starship Serial Number 8. Decollo perfetto, così come la manovra di rientro, ma impossibile evitare una spettacolare esplosione di M. ZOCCHI

Dopo il primo tentativo di lancio abortito, SpaceX ha aperto una seconda finestra di lancio, per cer-care di portare a termine il test che coinvolgeva Starship SN8, l'ottavo prototipo di nave interplanetaria che doveva per la prima volta spe-rimentare la manovra di atterrag-gio verticale. Dopo una attesa infi-nita, finalmente i tre motori Raptor si sono accesi e SN8 ha spiccato il volo. I motori si sono poi gradual-mente disattivati, fino a che la nave si è portata in posizione orizzontale per il rientro dall'altitudine di circa 12,5 km. Controllando il volo e l'as-setto tramite le ali pieghevoli si è poi posizionata correttamente so-pra la piattaforma di atterraggio e ha ripreso l'assetto verticale, ma al momento dell'impatto si è disinte-grata in una spettacolare esplosio-ne. Solo due dei tre motori si sono riaccesi per rallentare la caduta e pare proprio che la velocità al mo-mento di toccare terra sia stata la causa dell'esplosione. È possibile che i motori di frenata dovessero essere solo due, e ci sia qualcosa d'altro da correggere. Il test è da considerarsi del tutto riuscito e la raccolta dati è stata importante. Dati che serviranno per i prossimi tentativi con SN9, che verrà testata non appena possibile.

di M. ZOCCHI

Monarch, azienda americana, ha

svelato il suo trattore elettrico e

smart, Monarch Tractor. Il mezzo

si presenta con la tipica forma e dimen-

sione del trattore compatto, anche se con

dettagli che lo rendono più futuristico.

Come la luce LED azzurra che gira intorno

al frontale, o come il tettuccio che include

una ricca serie di sensori. Già, perché ol-

tre a essere elettrico, Monarch può anche

fare a meno del guidatore, con una guida

autonoma e programmabile. Il fattore può

dunque lasciar lavorare il suo trattore da

solo, controllando tutto dall'app dedicata,

dalla quale può anche gestire il lavoro di

una flotta di più veicoli. Il Monarch Trac-

TRASPORTI Monarch ha presentato un trattore smart, elettrico, con una ricca serie di sensori

Monarch svela il trattore elettrico e autonomo È anche un fuoristrada e una batteria di accumuloPuò anche ricaricare un'auto elettrica o affrontare l'offroad. Arrivo previsto per la fine del 2021

tor include videocamere per

visuale a 360 gradi e altri sen-

sori (al momento non specifi-

cati), gestiti da un sistema di

deep learning con uno scam-

bio dati nell'ordine dei 240 GB

al giorno. Tramite la raccolta di

questi dati il proprietario può

anche conoscere in tempo re-

ale lo stato dei camp. Il trattore

smart può essere utilizzato anche come

all-terrain-vehicle, con una velocità non

comune per i trattori, con sensori anti ri-

baltamento. All'occorrenza, è anche una

batteria di accumulo, che ha potenza di

erogazione sufficiente anche per rica-

ricare un'auto elettrica. Al momento è

possibile preordinare il prodotto sul sito

dedicato, con un deposito di 500 dollari

e arrivo previsto per la fine del 2021. Del-

le specifiche si conosce solo il motore da

55 kW, l'opzione per 4 ruote motrici, la ga-

ranzia della batteria di 10 anni e il prezzo

di partenza di 50.000 dollari.