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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020
Airpods Max: le cuffie Apple con riduzione del rumore a 629€ 15
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Garmin Venu Sq Smartwatch di sostanza
Pure Humidify+CoolL’aria sana di Dyson
IN PROVA IN QUESTO NUMERO
“Vendo per regalo non gradito” I tablet del voucher sui marketplace Il Samsung Galaxy Tab S6 Lite diventa il re degli annunci di vendita online. Chi ha ottenuto il voucher lo ha già rimesso in vendita. Ma non potrebbe farlo05
Disney+ aumenta i prezzi in Italia Ma aumentano anche i contenuti Scatta a febbraio l’aumento dei prezzi della piattaforma in Italia. Il prezzo dell’abbonamento sarà di 8,99€ al mese, oppure 89,99€ all’anno. Ma verrà incluso all’interno di Disney+ il servizio Star, con programmi TV e film prodotti dagli studi Disney
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Il “pacco” delle Playstation 5 sottocostoIl “pacco” delle Playstation 5 sottocosto Euromediashop scompare col bottinoEuromediashop scompare col bottino PS5 e Xbox Series X introvabili e vendute sottocosto Convinti da un volantino di carta, ci sono caduti in tanti malgrado DDAY.it avesse messo tutti sull’avviso
Surface Laptop Go Buona l’idea
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Edge, lo smartphone curvo di Motorola
Samsung Galaxy S21 Il lancio è imminente. Ecco i video teaser
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30302020
0808
Snapdragon 888 5G Snapdragon 888 5G Gli smartphone del 2021 Gli smartphone del 2021 saranno cosìsaranno così3636
Sky apre i negozi fisici Previste 50 aperture nel 2021
Canon come Sony Venderà i suoi sensori anche ad altre aziende
02
Megane Sporter E-Tech Megane Sporter E-Tech Ibrida con tecnologia Ibrida con tecnologia di Formula 1di Formula 1
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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020
di Roberto PEZZALI
La Playstation 5 è introvabile. O meglio, si trova su
eBay, a prezzi folli che sfiorano i 1000 euro. Eppure
c’è chi in Italia assicura di averne uno stock intero
a magazzino e ha deciso di venderla addirittura sottoco-
sto. È partita una fortissima campagna pubblicitaria del
sito euromediashop.com, un e-tailer di Brindisi che sta
distribuendo volantini cartacei nel nord Italia dove l’in-
trovabile Playstation 5 viene venduta a 419 euro nella
versione con disco e a 349 euro nella versione all-di-
gital. Stessa sorte per Xbox Series X e Series S: anche
loro, nonostante siano praticamente introvabili, vendute
sottocosto. Difficile dimenticarsi di sottocosto.online, il
sito di Cremona che ha accettato ordini per merce mai
consegnata, usando una campagna pubblicitaria in ra-
dio per attivare clienti.
Di Euromediashop non esistono opinioni online: il sito è
troppo recente, è stato registrato solo a ottobre, e non
abbiamo trovato sui diversi siti di recensioni. Le uniche
recensioni sono quelle lasciate da alcuni profili sulla pa-
gina Facebook creata ad ottobre, profili che però non
sembrano troppo attivi come Vincenzo Galeone, che
sulla sua pagina ha pubblicato l’ultima volta un video nel
gennaio del 2019. Vincenzo Galeone il 13 novembre “ri-
spunta” tuttavia per consigliare Euromediashop. Con lui
anche un’altra manciata di profili social.
Euromediashop offre un numero verde (registrato sul
servizio gratuito https://www.verdericaricabile.it), ha un
magazzino con indirizzo e il titolare, Christian Ciciriello,
risponde al cellulare ai clienti che lo chiamano, inviando
anche foto dei magazzini pieni di Playstation a chi, un
po’ dubbioso, ne fa richiesta. Abbiamo contattato alcu-
ni distributori e produttori chiedendo informazioni sui
prodotti presenti sul sito (ci sono anche TV e droni) e
tutti stanno facendo verifiche. Diversi operatori si sono
dimostrati tuttavia sorpresi per il prezzo “sottocosto”: e
abbiamo sentito solo notizie di sciacalli che provavano a
rivendere le nuove console ad un prezzo due o tre volte
superiore a quello di vendita. Per quale motivo quindi un
imprenditore, se davvero avesse a magazzino in pronta
consegna le Playstation 5, dovrebbe venderle sottoco-
sto nel momento in cui queste console sono introvabili
e potrebbe venderle senza problemi a prezzo pieno?
Abbiamo contattato telefonicamente il signor Christian
Ciciriello che si è reso disponibile a fornire alcune infor-
mazioni su Euromediashop.
DDay: come fa ad avere determinati prezzi su prodotti apparentemente introvabili?Ciciriello: “Le promozioni sulla Playstation 5 e le al-
tre promozioni sul sito sono prodotti ‘civetta’ per far
conoscere Euromediashop alle persone residenti al
nord. Abbiamo investito in Lombardia oltre 90.000
euro in pubblicità.”
DDay: Possibile che siate voi gli unici con ancora con-sole a magazzino e le vendiate oltretutto ad un prezzo più basso di quello ufficiale?Ciciriello: “Certo. Perché mentre Mediaworld e Euro-
nics hanno fatto il preorder, e quindi hanno venduto
tutte le PS5 sotto prenotazione, Euromediashop le ha
tenute a magazzino perché nessuno si sarebbe fidato
a pagare in anticipo un qualcosa che sarebbe stato
consegnata dopo diversi mesi. Abbiamo 500 Playsta-
tion 5 disponibili.”
DDay: Chi vi ha venduto le console, Sony?Ciciriello: “Le console non ce le ha vendute direttamen-
te Sony, ma le abbiamo comprate da rivenditori che le
hanno a loro volta comprate da Sony Italia. Arrivano
dall’Italia, la garanzia è italiana”
DDay: Offrite anche il ritiro a domicilio nel magazzino, ma è disponibile solo dal 22 di dicembre. Perché?
Ciciriello: “Perché vogliamo evitare una multa di 6.000
euro per assembramenti in magazzino. Possiamo con-
segnare solo 12/13 prodotti al giorno su appuntamento,
quindi siamo già arrivati con la “coda” al 22 di dicem-
bre. Senta come squilla il telefono, siamo presi d’assal-
to. Voi state facendo insinuazioni sulla mia attività.”
DDay: Guardi, se ci fossero metodi di pagamento più sicuri e garantiti come PayPal forse ci sarebbe anche più fiducia.Ciciriello: “PayPal non è tra i metodi di pagamento per-
ché il guadagno sugli articoli è talmente misero che non
si riesce a pagare il 7% di commissioni a PayPal. Non
ci sarebbe più guadagno, a quel punto tanto vale non
aprire neppure una attività”.
DDay.it: Basterebbe vendere le console a prezzo pie-no. Si venderebbero uguale, glielo assicuriamo.Ciciriello: “Ho investito sul Nord Italia, e articoli come
il vostro mi stanno pugnalando. Sono un imprenditore,
ho una attività che ha fatturato lo scorso anno 150.000
euro. Voi dite che il sito è uscito dal nulla”
DDay.it: Ci risulta aperto a ottobre 2020.Ciciriello: “Si, ma l’azienda esiste da tempo. Ho dovuto
reinventarmi e reinventare un attività per far fronte alla
situazione attuale. Sappiamo in che situazione econo-
mica siamo con il coronavirus, e glielo dico sinceramen-
te, ho investito in pubblicità in Lombardia perchè credo
che ci siano più soldi che da noi”.
C’è chi ordina, paga e non ottiene più risposta. L’azienda: “Abbiamo 4000 email”“Ordinatene una voi e vedrete che abbiamo le conso-
le”. Così ci aveva detto al telefono il titolare Christian
MERCATO Mentre molti cercavano di mettere le mani sulle nuove console, spuntava un sito che diceva di venderle e pure sottocosto
Euromediashop, il sito con PS5 e Xbox Series X sottocosto La nostra indagine sull’e-tailer sbucato dal nulla Dopo la fortissima campagna pubblicitaria del sito euromediashop.com, con tanto di volantini, abbiamo indagato a fondo
segue a pagina 03
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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020
Ciciriello. Quando ci abbiamo provato, il sito era irrag-
giungibile, ma è bastata una telefonata per ricevere
le indicazioni su come agire “Inviateci un messaggio
tramite Whatsapp”. Qualcuno lo ha fatto: c’è chi ci ha
segnalato di aver fatto il bonifico e di aver inviato la ri-
cevuta del bonifico tramite Whatsapp. Da quel momen-
to, però, le comunicazioni si sono interrotte: nessuna
risposta da parte dell’azienda, né al telefono e neppure
via Whatsapp. Se però l’azienda non rispondeva alle
telefonate o ai messaggi di chi ha già effettuato un or-
dine, invece rispondeva alle telefonate di chi era inte-
ressato a comprare.
Abbiamo ricontattato Euromediashop per chiedere
chiarimenti sulle segnalazioni che ci erano arrivate, ma
il titolare non era disponibile al telefono e non rilasciava
più interviste. Al suo posto rispondeva un altro “dipen-
dente” che ci diceva di inviare una mail “Abbiamo oltre
4000 mail a cui rispondere, sono troppe, non riusciamo
a starci dietro” la giustificazione. Non siamo riusciti nem-
meno a prendere appuntamento per andare a visitare
il magazzino: la risposta era sempre “Inviate una mail”.
Siamo riusciti a raggiungere anche alcune persone che
hanno invece ordinato i prodotti senza pagare con bo-
nifico, ma con pagamento alla consegna direttamente
in magazzino. La risposta arrivata in mail è la seguente:
“Buongiorno gentile cliente, per l’elevato numero di
messaggi che stiamo ricevendo, le garantiamo una
risposta entro le 24h. Tutti gli articoli presenti sul sito
sono disponibili in pronta consegna. Grazie, Lo staff di
Euromediashop”.
MERCATO
Il “caso” Euromediashop
segue Da pagina 02
Le recensioni comprate su Telegram. Sony: “Non lavoriamo con questo retailer” Nei giorni successivi, Euromediashop ha continuato la
sua campagna promozionale per la vendita di prodot-
ti sottocosto, soprattutto le introvabili PS5. I volantini,
come confermato da alcuni lettori, sarebbero arrivati
anche a Roma, nonostante non abbiamo segnalazioni di
alcun prodotto consegnato. Anzi, sono arrivate sempre
di più mail e messaggi che ci chiedevano cosa fare dopo
aver prima pagato e poi perso ogni contatto. L’azienda
è quindi uscita allo scoperto sulla sua pagina Facebook
con un messaggio del quale riportiamo alcuni estratti:
“Già da giovedì abbiamo deciso di spostare tempora-
neamente il magazzino a causa delle minacce ricevu-
te. Tutti gli utenti che hanno infangato l’azienda senza
alcun motivo scrivendo di aver comprato da noi la PS5
già da un mese e non averla ricevuta saranno denun-
ciati’ perché dicono il falso dato che la nostra promozio-
ne delle console è iniziata il 28 dicembre.”
Oltre alla data errata, c’è anche la questione del ma-
gazzino, che secondo l’azienda è stato spostato e non
è più nella zona industriale di Brindisi. Il vero proprieta-
rio di quello che era stato descritto dall’azienda come
magazzino, con tanto di cartello poi rimosso, dopo aver
visto il servizio del giornalista di Canale 85, Michele Iur-
laro, ha contattato il giornalista dicendo di aver visto in
TV il suo magazzino, che è chiuso da un paio d’anni e
in attesa di essere affittato. “Non stiamo riuscendo a
rispondere a tutte le persone perchè è diventata una
situazione insostenibile con migliaglia di messaggi,
email e chiamate”, chiude il messaggio su Facebook,
con l’intento di rassicurare tutte le persone che hanno
comprato e ora non sanno cosa fare, se attendere il
prodotto o rivolgersi alle autorità.
Sony Interactive Entertainment Italia ci ha rilasciato la se-
guente dichiarazione: “Sony Interactive Entertainment
Italia non lavora con questo retailer e non può confer-
mare questa promozione”.
Ci ha scritto anche una delle persone che figurava come
acquirente sulla pagina del negozio su Facebook, con-
sigliando il negozio e recensendolo in modo positivo. La
recensione è stata comprata sui gruppi Telegram. “Per-
donami, non volevo ingannare nessuno”.
Euromediashop è sparito (insieme ai soldi e alle PS5). Sito giù, pagina Facebook cancellata e telefono spentoArriva poi il giorno 10 dicembre, nel quale, secondo
Euromediashop, i clienti avrebbero dovuto ricevere le
Playstation 5. Era anche il giorno in cui, secondo alcune
nostre fonti, Euromediashop avrebbe dovuto saldare le
fatture ai fornitori che hanno stampato i volantini.
Euromediashop è invece sparito. Il sito internet è irrag-
giungibile, la pagina Facebook è stata cancellata e al
telefono non risponde più nessuno, risulta spento.
L’intervista al titolare Christian Ciciriello, promessa sul-
la pagina Facebook per chiarire agli utenti la situazio-
ne, era probabilmente un modo per prendere tempo
e pianificare la fine di questa triste pagina durata una
settimana circa. Non ci risulta che nessuno abbia mai
ricevuto nulla dal sito e non ci risulta nemmeno che la
sparizione del titolare e del sito siano dovuto ad una
azione delle Forze dell’Ordine, che dovrebbero avere
ricevuto più di una denuncia da parte di incauti utenti
che hanno fatto un bonifico sul conto personale di Cici-
riello seguendo alla lettera le istruzioni inviate su What-
sapp. Difficile che questi utenti possano ricevere la loro
console, ancora più difficile che rivedano i soldi versati.
Cercheremo di capire come si evolverà questa triste vi-
cenda, che sicuramente porterà ad una indagine: resta
il fatto che in quasi dieci giorni da quanto è stato distri-
buito il primo volantino, nonostante siano state informa-
te le Forze dell’Ordine, nessuno sia riuscito a interve-
nire per capire, subito, se Euromediashop era solo un
sito poco organizzato o un tentativo di raggiro. Sarebbe
interessante vedere anche come si evolverà la questio-
ne per quegli utenti reali che hanno lasciato recensioni
finte a pagamento per promuovere una attività che non
è mai esistita: è anche colpa delle loro recensioni se ci
sono persone che hanno creduto ad Euromediashop.
Il messaggio di una delle persone che figurava come un acquirente sulla pagina del negozio su Facebook. La recensione è stata comprata sui gruppi Telegram.
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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020
di Roberto PEZZALI
Il 4 dicembre almeno 100.000 utenti (o forse sarebbe
meglio dire “utenze”) erano in coda “virtuale” per cer-
care di accaparrarsi uno dei pochissimi pezzi di Play-
station 5 disponibili sul sito di Euronics. Inutile dire che
quasi nessuno tra gli utenti “normali” è riuscito nel suo
intento. La stessa cosa è successa sul sito di Unieuro,
che è rimasto down e malfunzionante per ore.
Probabile, come è già successo in passato, che la Play-
station 5 sia stata acquistata da qualcuno che si è fatto
aiutare da un computer per riuscire a fare nel minor tem-
po possibile quello che con l’interazione umana sareb-
be fisicamente impossibile: visitare una pagina compul-
sivamente centinaia di volte e aggiungere un prodotto
nel carrello in una frazione di secondo non appena reso
disponibile.
Li chiamano “bot”, ma non sono altro che script che ogni
secondo visitano un sito, controllano se un prodotto è
disponibile e provano a metterlo nel carrello. Se ci rie-
scono avvisano subito l’utente con un messaggio per
far concludere la transazione.
Lo script lavora 24 ore su 24, sette giorni su sette e può
essere moltiplicato per aumentare la possibilità di co-
gliere il momento giusto: centinaia di Playstation 5, di
Xbox e di schede video di ultima generazione, anche
loro introvabili, sono state acquistate nelle ultime setti-
mane in questo modo. E poi rimesse in vendita ad un
prezzo decisamente più alto. Bagarinaggio puro
Non è sbagliato pensare che un comportamento di que-
sto tipo sia scorretto, soprattutto se l’acquisto è finaliz-
zato alla rivendita a prezzo maggiorato; altri potrebbero
semplicemente ribattere dicendo che i computer sono
nati per aiutare l’uomo, e in questo caso lo script non fa
altro che verificare la disponibilità di un prodotto e, se
possibile, di metterlo nel carrello: nulla di illegale.
Nulla di troppo sofisticato e complesso per uno svilup-
patore: chi è abituato a scrivere un po’ di test automatici
per provare un sito o una applicazione, ha sicuramente
avuto a che fare con librerie che permettono di automa-
tizzare le interazioni all’interno di un browser. Lo script
non fa altro che ripetere una serie di azioni: visita una
pagina cerca un prodotto, controlla se è disponibile e lo
aggiunge al carrello. Oggi è possibile trovare ‘script’ già
pronti e completi che fanno tutto questo, perfettamente
configurabili dal singolo sviluppatore che con una pic-
cola infarinatura di javascript (typescript in questo caso)
può anche aggiungere un sito di eCommerce all’elenco
di quelli già presenti. Uno degli script più utilizzati - ov-
viamente non faremo il nome - è già configurato con
all’interno i parametri per diversi siti italiani, da Unieuro
e Euronics. In meno di tre minuti, il tempo di sistemare
la configurazione per farsi inviare le notifiche, lo script
è pronto a partire e inizia a tempestare di richieste i siti
prescelti verificando l’effettiva disponibilità dei prodotti
selezionati. Dopo pochi secondi iniziano a comparire i
risultati: ovviamente al momento le console sono Out of
Stock, ma lo script continuerà a lavorare per noi, finché
non viene fermato. Se già un solo script simile, installato
su un Raspberry Pi, assicura un buon risultato, bisogna
considerare anche che questo script può essere molti-
plicato nelle istanze in esecuzione: decine e decine di
“bot” che lavorano per permettere a chi li “addomesti-
ca” di mettere le mani sulloggetto del desiderio.
Più istanze e più richieste, che moltiplicate per il nume-
ro delle persone che usano questo sistema diventano
quasi un “attacco informatico” verso un negozio e-com-
merce, che si trova inondato di tante richieste con-
temporanee come se centinaia di migliaia di persone
“vere” lo visitassero nello stesso istante. Amazon, con
l’infrastruttura che ha alle spalle, resiste; molti altri siti
no, soprattutto quelli italiani che davanti ad una promo-
zione forte e ad una crescita di traffico spesso risultano
irraggiungibili o, se va tutto bene, lenti e malfunzionanti.
I bot favoriscono il “bagarinaggio” e fanno arrabbiare i clienti comuniSebbene non sia illegale utilizzare un bot, si tratta
comunque di una condotta deleteria per il mercato
dell’e-commerce, perché spesso i prodotti comprati fi-
niscono poi in vendita a prezzi più alti e si alimenta il
mercato nero. E poi, dal lato dell’e-tailer, si contribuisce
a creare disaffezione dei clienti “normali” nei confronti
dell’insegna, che non solo non acquistano il prodotto
desiderato ma vivono un’esperienza di disservizio.
Il momento particolare, con i prodotti più ricercati che
possono essere venduti esclusivamente online per
evitare assembramenti in negozio, non fa altro che
amplificare gli effetti deleteri del fenomeno dei bot. Chi
si è messo in coda insieme ad altre 100.000 persone,
con il sito di Euronics aperto sullo schermo, perdendo
ore nella speranza di poter mettere una nuova console
sotto l’albero, è ovviamente furibondo. La sua rabbia
non si placherà di certo quando si renderà conto che la
console che avrebbe potuto prendere lui l’ha acquistata
probabilmente un bot e ora si trova in vendita su Subito
a 1000 euro.
Gli e-tailer dovrebbero porre in essere delle contromisure a tutela della propria clientela e della propria immaginePurtroppo gli e-tailer non stanno facendo molto per cer-
care di risolvere un problema che si ripresenta sempre,
ogni volta. Ci sarebbero tanti modi “tecnici” per ostaco-
lare il lavoro dei bot e degli script e certamente sarebbe
giusto porli in essere; ma forse ancora più facile sareb-
be premiare i clienti più fedeli. Euronics, come Unieuro,
Amazon, Mediaworld e ogni sito che vende elettronica
di consumo, ha un programma fedeltà, spesso attivo
da anni, che poteva essere usato in questa occasione:
con la certezza che non sarebbero stati pezzi per tutti,
sarebbe forse stato giusto riservare i primi pezzi di con-
sole solo ai clienti più fedeli e da più tempo.
Un meccanismo di questo tipo avrebbe premiato quel-
le persone che hanno già assiduità di acquisto presso
quell’insegna, piuttosto di favorire quelli che sono abi-
tuati a saltare da un sito all’altro alla ricerca di una man-
ciata di euro di sconto. Pare che tutto il focus strategico
dei retailer sia puntato all’acquisizione di nuovi clienti e
non alla fidelizzazione di quelli passati. Ma, come abbia-
mo già visto nel mondo della telefonia cellulare, quando
il numero dei clienti non è espandibile all’infinito, conti-
nuare a rubarseli l’un con l’altro non è una grande idea.
Insomma, se un negozio non riesce a fare il negozio,
coccolando la sua clientela abituale, vinceranno bot,
bagarini e i soliti furbetti. È veramente questo quello che
vogliono i negozi specializzati?
MERCATO Xbox, Playstation e schede video introvabili se non a prezzi folli su alcuni siti. Vero e proprio bagarinaggio digitale
Negozi online, servono contromisure contro i botIl rischio è favorire il bagarinaggio. Il caso PS5 insegna Script e bot usati per mettere nel carrello i prodotti non appena disponibili. Senza che i negozi prendano misure per contrastare
torna al sommario 5
MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020
di Gianfranco GIARDINA
Ricordate il tablet “prediletto” dalle specifiche del
voucher banda larga? Ebbene, come da noi pre-
visto, a pochissimi giorni dall’attivazione delle pri-
me linee finanziate dagli incentivi pubblici, i tablet del
voucher impazzano sulle piattaforme di vendita online.
Come dire che chi ha sottoscritto l’abbonamento scon-
tato con il tablet, lo ha già rimesso in vendita. Ma faccia-
mo un passo indietro e ricostruiamo la vicenda per chi
non l’avesse seguita passo passo.
Tab S6 Lite, il tablet “quasi unico”Il tablet in questione è il Galaxy Tab S6 Lite, le cui carat-
teristiche tecniche rispecchiano alla lettera e nei det-
tagli la lista delle specifiche imposte da Infratel per i
device che possono godere del voucher banda larga.
La vicenda ha destato un certo interesse degli utenti
e degli operatori, dato che, prima che Infratel desse
il permesso di raggiungere le specifiche tecniche an-
che con l’aggiunta di un battery pack esterno, il Sam-
sung era di fatto l’unico modello (a prezzo accessibile)
compatibile con le indicazioni e quindi con il voucher.
Avevano fatto discutere, poi, le circostanze grazie alle
quali TIM è stato l’unico gestore a poter mettere in of-
ferta la versione solo Wi-Fi del tablet, mentre agli altri è
restata solo la più costosa (ed inutile nelle circostanze
specifiche) versione LTE. Sulla base di quanto emer-
so sentendo il mercato e gli operatori, TIM sarebbe
riuscita ad accaparrarsi tutte le quantità disponibili del
modello Wi-Fi essendosi mossa in anticipo rispetto
agli altri concorrenti, tanto che di Tab S6 Lite Wi-Fi sul
mercato non esistono più esemplari disponibili, se non
le rimanenze di chi aveva in casa questo modello pri-
ma della vicenda voucher. I distributori ne sono sprov-
visti e non sarebbero disponibili nuovi arrivi se non fra
diverse settimane.
Stanno arrivano i tablet ai primi sottoscrittori del voucherIl voucher banda larga e PC/tablet può essere richie-
sto direttamente ai gestori dal 9 novembre scorso.
Ma i primi giorni sono stati interlocutori, anche perché
pendeva sul provvedimento una richiesta di sospensi-
va al TAR rigettata il 20 novembre. Le richieste hanno
iniziato ad arrivare più copiose negli ultimi giorni, con
grandi differenze tra regioni: la dashboard voucher,
pubblicata sul sito del MiSE, parla di oltre 30 milioni
MERCATO Effetti di specifiche strane e troppo stringenti: i Samsung Galaxy Tab S6 Lite proliferano sui marketplace dell’usato
I tablet del voucher PC già sui marketplace dell’usatoMolti utenti si dichiarano non interessati al tablet scelto da Infratel e lo hanno subito rimesso in vendita prima ancora di aprirlo
di euro di contributi già allocati, pari all’84,89% del to-
tale, di cui però la stragrande maggioranza (oltre 28,5
milioni) solo prenotato e non ancora attivato, dati i nor-
mali tempi di attivazione delle nuove linee dati.
Questo vuol dire che il tablet è arrivato nelle mani solo
di una minoranza degli utenti che hanno fatto richiesta
del voucher: precisamente gli utenti che hanno la linea
attivata, con il device consegnato, sono al momento
poco più di 3000, su 400mila che potranno benefi-
ciarne in totale. Puntuali i siti di vendite online di beni
usati e le aree deputate allo stesso scopo dei social
network si sono già riempite di offerte di privati che
hanno messo in vendita del Samsung Galaxy Tab S6
Lite, tra l’altro quello in sola versione Wi-Fi, per prezzo
certamente quello più conveniente. Con TIM infatti si
pagano solo 25 euro di contributo diretto per ottenere
il tablet: gli altri 300 euro sono a carico dello Stato.
Ebbene, su un prodotto che sul mercato praticamente
è indisponibile, si trovano decine e decine di offerte
di prodotti nuovi ancora incellophanati, spesso giusti-
ficati come “doppio regalo”. Ora, tutto è possibile, ma
pensare che non solo qualcuno abbia regalato uno
dei tablet meno disponibili del momento, poiché ra-
strellato dai gestori, e ma che sia incorso anche nell’in-
cidente di regalare un doppione, è francamente poco
credibile. E poi altre motivazioni, altrettanto inquietanti
se si tratta davvero di tablet arrivati con il voucher pub-
blico: “Nuovo, ancora con pellicola, vendo per inuti-
lizzo”; “Regalo non gradito ancora imballato”; “Nuovo,
ancora sigillato” e avanti così per decine e decine di
offerte. Prezzi tra i 280 e i 350 euro e zone di prove-
nienza guarda caso molto sovrapposte con quelle di
prima diffusione delle attivazioni dell’offerta voucher.
Evidentemente il tablet “unico” che emerge dalle
specifiche Infratel non deve aver sedotto granché gli
utenti se la vendita è addirittura immediata e a scatola
ancora confezonata.
Va anche detto - per maggior chiarezza - che la vendi-
ta, se si tratta di tablet proveniente da voucher, è del
tutto illegittima, visto che l’utente diventerà proprieta-
rio del device solo dopo il 12 mese di abbonamento.
Saranno i giuristi a dirci se in questo caso ad essere
danneggiati sono i gestori telefonici, che è il proprieta-
rio del device per il primo anno, o le casse dello Stato,
che quel device l’hanno finanziato.
Ma forse sarebbe un atto di chiarezza istituzionale
dovuto da parte degli enti preposti ai controlli, in-
tervenire e verificare la provenienza di tutti questi
Samsung Galaxy Tab S6 Lite messi in vendita da usa-
ti-nuovi. A meno che non si voglia dimostrare a tutti
i costi che il voucher PC/tablet “è stato un successo”
a prescindere dal fatto che poi i device finiscano in
tempo zero sul mercato dell’usato-nuovo.
torna al sommario 6
MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020
Slack acquisita da Salesforce per l’incredibile cifra di 27,7 miliardi di dollariGrossi sconvolgimenti in atto nel mondo del cloud. Dopo le indiscrezioni, Salesforce ha annunciato di aver raggiunto un accordo per l’acquisizione della piattaforma di messaggistica e collaborazione Slack, un’operazione dai numeri clamorosi: 27,7 miliardi di dollari. Secondo i termini dell’accordo, gli azionisti di Slack riceveranno per ogni azione 26,79 dollari e 0,0776 azioni di SalesForce.Basata a San Francisco, California, Salesforce è diventata leader nel campo delle soluzioni Enterprise di CRM e cloud computing e punta ad integrare Slack con la propria piattaforma andando a sostituire i sistemi nativi di messaggistica e collaborazione oggi presenti.
Estratto dai quotidiani onlinewww.DDAY.it
Registrazione Tribunale di Milanon. 416 del 28 settembre 2009
e
www.DMOVE.itRegistrazione Tribunale di Milano
n. 308 del’8 novembre 2017
direttore responsabileGianfranco Giardina
editingMaria Chiara Candiago
EditoreScripta Manent Servizi Editoriali srl
via Gallarate, 76 - 20151 MilanoP.I. 11967100154
Per la pubblicità[email protected]
MAGAZINE
MAGAZINE
di Paolo CENTOFANTI
Siamo abituati a parlare di Panaso-
nic per i suoi prodotti consumer,
ma l’azienda giapponese è anche
uno dei protagonisti del mondo dell’au-
tomazione industriale e non solo, tanto
da essere il terzo player mondiale per
brevetti in questo campo. Panasonic ha
fondato due Hub dedicati alla ricerca e
sviluppo sulla robotica a Tokyo ed Osa-
ka e aperto dei distaccamenti anche in
Europa a Monaco e Zurigo e stretto par-
tnership con alcune delle principali uni-
versità tecnologiche. Il motivo? Portare
l’esperienza maturata nel settore indu-
striale fuori dalle fabbriche e più vicina
alle persone.
Ciò comprendo lo sviluppo di nuovi au-
sili sia per migliorare la produttività in
ambito lavorativo (come la Power Suit
che abbiamo avuto modo di provare a
inizio anno), che nuovi robot e soluzioni
automatiche per aiutare persone con
disabilità. In questo senso, ad esempio,
si inserisce la nuova carrozzina a guida
autonoma PIMO, che consente di rag-
giungere una destinazione immettendo
la posizione via smartphone e di portare
il passeggero a destinazione evitando
ostacoli, sfruttando le tecnologie di vi-
sione e intelligenza artificiale sviluppato
da Panasonic. In istituzioni come Ospe-
dali, diverse PIMO possono coordinarsi
tra di loro per trasportare i pazienti nei
corridoi in modo ordinato, completa-
mente autonomo e in sicurezza.
PIMO affiancherà soluzioni come il ro-
bot HOSPI, già operativo in Giappone
dal 2013 come unità per il trasporto di
farmici e materiale medico tra i reparti in
modo autonomo e come assistente in-
formazioni. Ma sono stati sviluppati an-
che robot per la logistica e persino per
l’agricoltura con un sistema automatico
per la raccolta dei pomodori.
La divisione robotics di Panasonic conta
di proseguire sulla strada tracciata con
prodotti come l’esoscheletro Atoun Model Y, con l’ambizione di sviluppare
nuove soluzioni per “aumentare” le ca-
pacità dell’uomo. Parlando della Power
Suit, in una chiacchierata a margine con
il responsabile per l’Europa delle solu-
zioni per la logistica Edin Osmanovic,
l’esoscheletro, dopo un lancio in Giap-
pone, sarà disponibile nel vecchio con-
tinente a partire dal 2021.
Le prime unità demo sono state conse-
gnate ad alcuni clienti e i primi feedback
sono stati estremamente positivi, segno
che quello degli esoscheletri è un mer-
cato ricco di opportunità. Da febbraio,
Panasonic aprirà uno show-room dedi-
cato per la Power Suite Atoun in Germa-
nia, che darà la possibilità alle aziende
interessate di conoscere e provare sul
campo la soluzione. Si tratta ricordiamo
di un esoscheletro che consente di aiu-
tare nei lavori usuranti a proteggere i
muscoli della schiena e ad alleggerirne
lo sforzo. L’esoscheletro si inserisce in
una strategia più ambia di soluzioni de-
dicate alla logistica e al retail. Secondo
Osmanovic, la tecnologia ha raggiunto
un livello di maturità da consentire a so-
luzioni di automazione che erano fino
ad oggi accessibili solo a colossi della
logistica come Amazon, anche a picco-
le e medie imprese, con la possibilità di
aumentare produttività e tagliare i costi
sul medio e lungo periodo. In questo
settore Panasonic lavora da System In-
tegrator offrendo ai clienti soluzioni su
misura basate sulle proprie tecnologie
come face and object recognition, in-
telligenza artificiale, display, projection
mapping, analisi dei flussi nei punti ven-
dita e molto altro. L’obiettivo è aiutare
tutte quelle aziende che hanno visto gli
effetti della pandemia mettere in luce
tutte le criticità e i ritardi accumulati nel
campo della automatizzazione dei pro-
cessi di logistica e gestione magazzino.
Un esempio su tutti quello delle catene
di supermercati che con l’esplodere del
fenomeno della spesa online sono an-
date totalmente in tilt.
MERCATO Panasonic vuole portare l’esperienza maturata nel settore industriale fuori dalle fabbriche
La strategia per l’automazione di Panasonic Robot in fabbrica ma più vicini alle persone Dagli ausili per persone con disabilità, agli strumenti per “aumentare” il lavoro manuale
Qui sopra, la carrozzina elettrica e autonoma PIMO e il robot HOSPI.
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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020
di Massimiliano DI MARCO
La rete unica dev’essere neutrale
e non verticalmente integrata. Un
mantra che i principali operatori di
telecomunicazione in Italia continuano
a ripetere affinché al Governo arrivi ben
chiaro il concetto: non si deve tornare al
monopolio di TIM, che per anni ha rallen-
tato lo sviluppo dell’infrastruttura.
Vodafone e Sky d’accordo: la rete unica sia “neutrale e terza”Durante il 5G Italy, l’amministratore dele-
gato di Sky Italia Maximo Ibarra ha ribadi-
to la posizione della società, che già a set-
tembre si era espressa in un comunicato congiunto con Vodafone e WindTre.
Ibarra ha evidenziato che per anni in Italia
è stato evidente un divario infrastrutturale,
che solo “negli ultimi 3-4 anni” e grazie a
“una rete wholesale indipendente” (cioè il
lavoro di Open Fiber) è stato parzialmen-
te colmato. Per tale ragione, ha evidenzia-
to il dirigente di Sky, la futura rete unica
“deve garantire indipendenza, terzietà e
non deve essere verticalmente integrata”.
Vanno nella stessa direzione le parole di
Aldo Bisio, AD di Vodafone Italia, secon-
do cui il piano della rete unica dev’essere
“migliore della somma di quelli stand alo-
ne” dei singoli operatori; in caso contrario,
“non si spiega per quale motivo rinuncia-
mo alla concorrenza per arrivare a creare
un operatore unico”.
Bassanini: “Seguire il modello di Open Fiber”Soprattutto Franco Bassanini, presidente
di Open Fiber, ha rimarcato le necessità
di una rete unica “indipendente, neutra-
le, terza al servizio di tutti gli operatori e
quindi wholesale only” come quella di
Open Fiber. Ciò perché, ha evidenziato
Bassanini, “una rete unica verticalmen-
te integrata controllata da un operatore
dominante presenta molte criticità, tra
cui una di livello regolatorio per le au-
torizzazioni che deve ricevere dalle au-
torità antitrust”. Anche nell’ottica di usu-
fruire delle risorse economiche europee
previste dal piano Next Generation EU
(noto anche come recovery fund). “Una
cosa, infatti, è usare i fondi europei - ha
aggiunto - per un’infrastruttura comune,
un’altra è per favorire un concorrente
sul mercato rispetto ad altri”.
Il percorso verso la rete unicaL’iter che porterà alla rete unica è già
stabilito, ma ci sono ancora degli osta-
coli da superare. La creazione di Fiber-
Cop, la società in cui TIM ha spostato
l’infrastruttura in rame, è stato il primo
passaggio: nelle intenzioni di TIM e del
Governo, in futuro gli asset di FiberCop
e quelli di Open Fiber saranno convo-
gliati in una nuova società appositamen-
te creata, cioè AssessCo. In mezzo c’è
Enel, che detiene ancora il 50% delle
quote di Open Fiber; la restante metà
è di Cassa Depositi e Prestiti, società
controllata dal Ministero dell’Economia
e delle Finanze. L’intenzione di CDP è
quello di convincere Enel a venderle la
sua quota: controllando al 100% Open
Fiber, CDP (che ha anche una quota in
TIM) potrebbe avere la strada spianata.
Enel, però, sta ancora valutando la pro-
posta del Gruppo Macquarie, interessato
ad acquisire il 50% di Open Fiber. Mac-
quarie è attiva nel settore della vendita
all’ingrosso dell’accesso alla rete anche
in altri Paesi europei: a novembre 2019
ha annunciato l’acquisizione della rete in
FTTH della spagnola MasMovil insieme
con Aberdeen Standard Investments.
MERCATO Gli operatori ribadiscono la volontà di una rete unica terza, neutrale e indipendente
Rete unica, gli operatori non vogliono sorprese “La rete sia neutrale e verticamente integrata” Nessuno vuole il ritorno al monopolio: gli operatori sembrano non convinti delle promesse del Governo
MERCATO I dati significativi del rapporto Gartner per il Q3 2020
Smartphone, forse il peggio è passato E Xiaomi fa numeri da capogiro
di Pasquale AGIZZA
L’impatto dell’emergenza Coronavirus
sul mercato smartphone sembra esse-
re passato, e la crescita di Xiaomi sem-
bra inarrestabile. Sono questi i due punti
salienti del rapporto Gartner che analizza le
vendite di smartphone nel terzo quarto del
2020. Dopo un crollo superiore al 20% nel Q1 e nel Q2 del 2020, il Q3 si chiude con
un -5,7%. Andando ad analizzare i dati per produttore, le prime due posizioni sono
occupate da Samsung e Huawei. Samsung è l’unica dei produttori di testa, insieme
a Xiaomi, a far segnare un dato positivo, con un +2,2% di vendite in più rispetto allo
stesso periodo dello scorso anno e il superamento della soglia degli 80 milioni di
smartphone venduti, Huawei sta invece vivendo un periodo difficile, con un preoc-
cupante -21,3% di vendite rispetto al Q3 del 2019. Xiaomi è l’assoluta dominatrice di
questo periodo storico in campo smartphone, facendo segnare un ottimo +34,9%
rispetto al Q3 del 2019. In termini numerici, si parla di oltre 44 milioni di smartphone
venduti, con una quota di mercato che passa dall’8 al 14% . Dati in chiaroscuro per
Apple: da una parte le vendite calano leggermente (-0,6%), dall’altra aumenta la
quota di mercato, che sale all’11,1%. Guardando i numeri, nel Q3 del 2020 Apple ha
venduto 40,6 milioni di iPhone rispetto ai 40,8 milioni del Q3 2019.
FTTH Council: Italia seconda in Europa per crescita della copertura. Ma gli abbonati sono ancora pochiL’Italia ha fatto meglio di Germania e Regno Unito. Nel 2020, il numero di unità immobiliari raggiunte dalla fibra ottica in Italia è secondo solo alla Francia. L’80% delle case raggiunto da Open Fiber di Paolo CENTOFANTI
In occasione dell’edizione 2020 della conferenza del FTTH Council Europe è stato fatto il punto sulla crescita delle reti di nuova genera-zione nel continente. Per una volta l’Italia non è il fanalino di coda, anzi. In termini di nuove unità immobiliari raggiunte in FTTH o FTTB rispetto al 2019, le previsioni per il 2020 posizionano l’Italia al secondo po-sto rispetto ai paesi dell’Unione Europea più il Regno Unito. Secon-do le cifre raccolte da IDATE, la co-pertura FTTH in Italia raggiungerà nel 2020 12 milioni di unità immo-biliari, segnando un più 3,9 milioni di abitazioni rispetto all’anno pre-cedente. Cresce più dell’Italia solo la Francia, con un più 4,7 milioni, arrivando a 21,5 milioni di unità immobiliari, ma facciamo meglio di Germania (+1,9) e persino Regno Unito (+1,8). Ben l’80% della cre-scita italiana è ascrivibile ad Open Fiber, che ha portato la fibra a circa 10 milioni di unità immobiliari sui 12 complessivi. L’italia è però ferma al palo in termini di attivazioni, con solo 1,9 milioni di abbonamenti in tecnologia FTTH al 2020, contro gli oltre 11 milioni della Spagna e i 10,5 milioni della Francia.
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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020
di Roberto PEZZALI
Non si chiamerà Snapdragon 1000 e nemmeno
Snapdragon 875: Qualcomm ha annunciato che
il nuovo SoC pensato per gli smartphone top
di gamma del 2021 sarà lo Snapdragon 888 5G. L’an-
nuncio, dato da Cristiano Amon sul palco virtuale dello
Snapdragon Tech Summit, anticipa quello di tutti i part-
ner e i produttori che presenteranno nei prossimi mesi i
nuovi modelli basato proprio sul nuovo processore.
Dopo Apple A14 e Huawei Kirin 9000 è arrivato il tur-
no dello Snapdragon 888, forse quello il più impor-
tante tra i tre “processori top” perché sarà il cuore di
decine e decine di modelli di smartphone di fascia
alta previsti a partire dai primi mesi del 2021 e basati
su Android.
Lo Snapdragon 888 è un SoC, un “system on chip”,
quindi una sorta di sistema a blocchi composto da
tantissimi elementi.
Ecco cosa Qualcomm ha migliorato rispetto alla ge-
nerazione precedente e soprattutto a cosa porta, in
termini di vantaggi reali per le persone che useranno i
nuovi smartphone, questo miglioramento.
Lo Snapdragon 888 5G è un processore realizzato
con processo produttivo a 5 nanometri, e per la pri-
ma volta sul modello di punta il modem 5G è inte-
grato. Fino allo scorso anno, lo ricordiamo, il modem
5G era esterno, quest’anno l’X60 sarà all’interno del
package. L’X60 è il modem di terza generazione di
Qualcomm, ed è il primo modem 5G di Qualcomm a
supportare l’aggregazione dello spettro mmWave e
sub-6 GHz permettendo di raggiungere una veloci-
tà massima di download di 7,5 Gbps e di upload di 3
Gbps. Questo modem permetterà anche agli opera-
tori di abilitare la tecnologia Voice Over 5G NR, evo-
luzione in chiave 5G del VoLTE. Oltre al modem 5G
integrato viene rinnovata anche la sezione “wireless”
del processore, aggiungendo il modulo FastConnect
6900 che sovrintende a Wi-fi e bluetooth. Per il Wi-fi
arriva il supporto al Wi-fi 6e, una estensione del Wi-
fi 6 che prevede 14 ulteriori canali radio da 80 MHz
ciascuno e altri 7 da 160 MHz, mentre per il bluetooth
si passa al nuovo 5.2 che dovrebbe abilitare l’audio
LE. Quest’ultimo (vedi approfondimento) è il nuovo
standard per la trasmissione audio a basso consumo
che dovrebbe sostituire nei prossimi anni l’attuale si-
stema di trasmissione audio che usa ancora il blueto-
oth standard.
Per la prima volta il Cortex X1 su uno smartphonePassiamo alla CPU: Qualcomm ha rivisto interamente
la sua CPU Kryo servendosi sempre di core Cortex di
ARM. La configurazione scelta è 4-3-1, con 4 core ad
alta efficienza, 3 core ad alte prestazioni e un core
“prime” che viene usato per i carichi più intensi.
Partiamo proprio da questo core “Prime”, perché
Qualcomm ha usato il nuovissimo Cortex X1, la micro-
architettura disegnata da ARM per soddisfare anche
esigenze dei clienti con modelli non standard. Non
sappiamo se Qualcomm abbia usato la variante gene-
rica o abbia chiesto qualche personalizzazione, quel-
lo che sappiamo però è che questo è il core tra quelli
progettati direttamente da ARM più potente mai rea-
lizzato. Un core a 2.84 GHz, con 1 MB di cache di se-
condo livello. Per i tre core ad alte prestazioni Qual-
comm ha usato invece i nuovi Cortex A78, 2.4 GHz di
clock e 512 KB di cache di secondo livello ciascuno.
I quattro core ad alta efficienza sono i buoni “vecchi”
A55, 1.8 GHz, ognuno con una piccola cache. Condi-
visa tra i core troviamo anche 4 MB di cache di terzo
livello e 3MB di cache di sistema.
Si punta tutto sul machine learning: potenza quasi doppia rispetto a Snapdragon 865Il processore, insieme alla GPU Adreno 660, al nuovo
DSP Hexagon 780 e al Sensing Hub rientra in quello
che Qualcomm definisce “AI Engine”.
Oggi la presenza all’interno di un SoC di un processo-
re capace di fare calcoli veloci sui modelli di intelligen-
za artificiale è fondamentale, e Qualcomm da diversi
segue a pagina 09
MOBILE Qualcomm annuncia il nuovo processore top di gamma per gli smartphone: è Snapdragon 888 e punta tutto su 5G
Snapdragon 888 5G, l’annuncio ufficiale Ecco come saranno gli smartphone del 2021 Tutti i dettagli sul SoC che sarà il cuore di decine di smartphone top di gamma previsti a partire dal 2021 e basati su Android
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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020
MOBILE
Snapdragon 888 5Gsegue Da pagina 08
anni ha un approccio leggermente diverso da quello
degli altri produttori che realizzano un core specifico:
a seconda del tipo di calcolo sceglie se usare la CPU,
la GPU o uno degli acceleratori presenti nel DSP. La
potenza complessiva che riesce a raggiungere è di
26 TOPS. Lo Snapdragon 865 si fermava a 15 TOPS.
Fotografie a 10 bit e video HDR “vero”Dove Qualcomm ha investito tantissimo è sulla foto-
grafia, considerata oggi uno dei parametri di scelta per
uno smartphone. Per la prima volta su uno Snapdragon
viene usato un triplo ISP (Image Signal Processor) che
può gestire contemporaneamente il flusso di dati da tre
moduli camera. Fino ad oggi sugli smartphone Android
è stato impossibile sfruttare in modo fluido lo zoom tra
diverse fotocamere proprio per l’impossibilità di gestire
un flusso 4K a 60 fps da tre sensori distinti e insieme.
Il triplo DSP può elaborare fino a tre video 4K HDR in-
sieme, per un totale di 2.7 Gigapixel per secondo. L’in-
cremento rispetto al precedente ISP Spectra di Qual-
comm è del 35%. Non è la sola novità: la
velocità permette di scattare fino a 120
foto ogni secondo, ed è stata inserita
una nuova modalità di cattura gestita di-
rettamente via hardware che permette lo
scatto di foto a 0.1 lux, in condizioni quindi
di bassissima luminosità, senza ricorrere
a sistemi software. E’ sempre la somma di
più pose, ma viene gestita a basso livello
dall’ISP: implementare il Night Mode sarà
molto più semplice.
La novità però più importante sotto il
profilo della qualità dello scatto è la pos-
sibilità di salvare le foto in HEIF HDR a 10
bit: il mondo delle foto su smartphone
Android fino ad oggi era vincolato agli 8
bit del formato Jpeg. Lo Snapdragon 888
è stato pensato e progettato per sfrutta-
re al meglio i nuovi sensori “binned”. Alcuni di questi
sensori possono essere usati per catturare con un solo
scatto pose a diverse esposizioni. Un sensore da 48
megapixel, ad esempio, può catturare 4 foto da 12 me-
gapixel a differenti EV da usare poi per lo stack HDR.
Lo Snapdragon 888, abbinato ad uno di questi sensori,
può registrare video HDR in real time, aumentando il
range dinamico di un sensore che è pur sempre molto
piccolo. Questo sfruttando la fotografia computazionale
abbinata al video. Poteva mancare un po’ di machine
learning? No, infatti l’ISP Spectra integra anche diversi
modelli di machine learning legati alla fotografia: bilan-
ciamento del bianco, autofocus e esposizione automa-
tica vengono gestiti con tre reti neurali. Per sfruttare
tutte le potenzialità in ambito fotografico si devono
tuttavia implementare le librerie di Qualcomm: negli
anni scorsi molti produttori hanno preferito non farlo,
affidandosi a soluzioni sviluppate in casa.
Restando in tema video lo scorso anno lo Snapdragon
865 permetteva la registrazione video 8K: quest’anno
Qualcomm non parla più di 8K, si limita ad arrivare a
dichiarare un comunque ottimo 4K a 120 fps sia in regi-
strazione sia in riproduzione.
Rilevamento di terremoti e di incidenti nel nuovo Sensor Hub
Passiamo al gaming, dove la piattaforma Elite Gaming
di Qualcomm promette un ulteriore passo in avanti.
Qualcomm parla di 4K, di 144 fps, di giochi HDR a 10
bit e di rendering a livello “desktop”, ma come sap-
piamo tutte queste promesse in ambito gaming si
sono storicamente infrante di fronte alla mancanza
di giochi supportati. Qualcomm assicu-
ra anche di aver migliorato il tempo di
risposta del touch grazie ad una nuova
funzionalità Quick Touch, e di aver im-
plementato il Variable Rate Shading per
aumentare complessivamente del 30%
le prestazioni della GPU Adreno. Tra tutti
i blocchi presenti nel SoC c’è un piccolo
modulo che merita di essere menziona-
to, ed è il Sensing Hub. Integra una serie
di piccoli sensori, e gestisce alcuni task
come il riconoscimento vocale always on
e il rilevamento dell’audio ambientale: la
versione 2021 ha però un sensore per il
rilevamento dei terremoti e di incidenti
in macchina. Con le opportune librerie i
produttori di smartphone potranno usar-
li per inserire queste funzioni a livello di
sistema. Questo è il nuovo Snapdragon 888 5G. La
più grossa novità riguarda l’ISP più veloce e il core
“Prime” basato sul nuovo Cortex X1. Qualcomm non
ha parlato di efficienza energetica (se non nella parte
grafica) e non ha mostrato confronti diretti con il mo-
dello attuale. Per capire quanto va forte si dovranno
attendere i primi benchmark.
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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020
Samsung Galaxy S21, il lancio è imminente Ecco i videoI filmati sono tre: S21, S21+ e S21 Ultra, che mostra le quattro fotocamere con l’autofocus laser di Sergio DONATO
Per vedere la nuova famiglia di smartphone Galaxy S21 bisognerà aspettare l’evento Samsung del 14 gennaio, ma Android Police è riuscito ad avere i teaser dei tre modelli di S21. Il primo a mostrarsi è l’S21 5G nella colorazione Phan-tom Violet. Il video dà molto risalto alle tre camere posteriori con un sensore da 12 MP per la camera principale e un altro da 12 MP per la ultra grandangolare. Per la lente tele, invece di un sensore da 48 MP, ce ne sarà uno da 64 MP. Le tre camere sono incastonate in una placca bronzea. Il teaser del Galaxy S21+ 5G è identico a quello dell’S21, perché la differenza tra i due modelli do-vrebbe essere rappresentata solo da uno schermo più grande e una batteria più capiente.Il Galaxy S21 Ultra mostra qualche novità nello stile. Lo schermo è curvato lungo i bordi, le camere posteriori diventano quattro e la placca che le ospita segue la co-lorazione del telefono. Si nota la camera tele periscopica 10x con sensore da 10 MP, subito dopo la camera principale da 108 MP, la 12 MP ultra grandangolare e, stacca-ta, un’altra 10 MP che si occuperà dello zoom 3x. Oltre al flash, si vede l’autofocus laser, che sostitu-isce il sensore ToF dell’S20 Ultra.
di Sergio DONATO
Con l’arrivo di Android 11, Samsung
ha deciso di dare una rinfrescata
all’interfaccia dei suoi smartphone.
È stata annunciata la One UI 3, in arrivo su
alcuni telefoni Galaxy e in concomitanza
con gli aggiornamenti di Android 11. Non
solo novità grafiche, ma più personalizza-
zioni e app per il benessere.
Grafica nuova e pulita I miglioramenti estetici riguardano so-
prattutto la schermata di blocco, quella
iniziale, il pannello rapido e le notifiche.
Quest’ultime avranno effetti di luminosità
e sfocatura che aiuteranno la lettura, così
come i widget guadagneranno uno stile
e un ordine nuovi. Il tutto, dice Samsung,
sarà più pulito ed elegante.
Le notifiche dei messaggi e delle conver-
sazioni saranno raggruppate seguendo
la nuova filosofia di Android 11, e saran-
no di più le informazioni visualizzate
sulla schermata di blocco, che include-
ranno gli eventi del calendario e le rou-
tine. Sarà possibile anche aggiungere
video alla schermata delle chiamate in
entrata e in uscita. Anche le animazioni
e la grafica in movimento dell’interfaccia
sarà più fluida, con perfezionamenti sui
singoli tocchi e gli effetti conseguenti.
Samsung promette anche una maggiore
naturalità nello spostamento tra i dispo-
sitivi della gamma Galaxy, con il suppor-
to “senza soluzione di continuità” per le
nuove funzioni.
Personalizzazione minuziosa e nuove app per il benessereAl di là delle novità globali, la One UI 3
offrirà una personalizzazione dell’inter-
faccia utente più profonda. Le modifiche
sono state rese più rapide, e saranno
supportati profili diversi a seconda
dell’uso del dispositivo, per esempio,
differenziando le ore di lavoro da quelle
della vita privata. Il benessere digitale
della One UI 3 darà il benvenuto a nuove
applicazioni che si concentreranno sul
miglioramento delle proprie abitudini,
con dati settimanali e i periodi di utilizzo
dello smartphone. Sarà anche possibile
controllare se si è utilizzato il telefono
durante la guida: un’informazione utile a
correggere alcuni atteggiamenti.
MOBILE Android 11 sui dispositivi Galaxy di Samsung significa l’arrivo dell’interfaccia One UI 3
Android 11 arriva nei Samsung Galaxy L’interfaccia One UI 3 si rifà il look Non solo nuovi elementi grafici, ma anche più attenzione alle notifiche e app per il benessere
La prima fortunata è la serie Galaxy S20Il programma di aggiornamento dei di-
spositivi Galaxy alla One UI 3 è partito il 3
dicembre. I primi a riceverlo saranno i te-
lefoni della serie Galaxy S20, quindi S20,
S20+ e S20 Ultra, in Corea, Stati Uniti e
nella maggior parte dei mercati europei.
A seguire, l’aggiornamento toccherà le
serie Galaxy Note20, Z Fold2 5G, Z Flip,
Note10, Fold e S10 nelle prossime setti-
mane. La One UI 3 sarà disponibile anche
sui dispositivi Galaxy A, ma solo a partire
dalla prima metà del 2021.
MOBILE Importante via per l’arrivo di soluzioni FWA basate su 5G
5G, la trasmissione record di TIM6,5 km percorsi su mmWave a 1 GB/s
di Pasquale AGIZZA
Sei chilometri e mezzo di distanza percorsi, su frequenze millimetriche
(mmWave) a 26 GHz e a velocità di 1Gbps. È questo il risultato record otte-
nuto da TIM, in collaborazione con Qualcomm ed Ericsson.
Il test è stato concluso con successo e ha visto la trasmissione di un segnale da
un’antenna radio ad un dispositivo ricevente lontani sei chilometri e mezzo. Il tut-
to tramite l’impiego della tecnologia 5G su onde millimetriche. Il risultato è impor-
tante perché la banda a 26 GHz è stata concepita inizialmente per celle ad alta
capacità ma di piccolo raggio in ambito cittadino. Dal punto di vista commerciale,
invece, l’esperimento si è dimostrato importantissimo per sancire l’effettiva possi-
bilità di usare il 5G su spettro ad onde millimetriche per offrire connessioni miglio-
ri tramite FWA. Grazie alla tecnologia
FWA quindi, TIM intende portare la
velocità della fibra anche in quelle
abitazioni che non sono connesse
alla fibra ottica. L’operatore parla, in
questo caso, di Fiber to the Air. E l’e-
sperimento è un deciso passo avanti
in questo campo.
GALAXY S21
GALAXY S21 ULTRA
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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020
di Roberto PEZZALI
l primo smartwatch sicuro per bambini
nasce dalla collaborazione tra Vodafo-
ne e Disney. Si chiama Neo, e sarà di-
sponibile a partire dal 2021: permetterà ai
genitori di restare connessi ai propri figli
con una interfaccia semplice, un ambien-
te sicuro e usando un linguaggio sempli-
ce e chiaro. Neo permetterà di effettuare
telefonate, di usare chat e emoji e ai più
piccoli di approcciarsi al digitale.
La parte tecnologica è stata affidata a
Vodafone, mentre la parte creativa è
farina del sacco Disney: i bambini pos-
sono personalizzare Neo scegliendo il
proprio ‘aiutante’ tra i personaggi dell’u-
niverso Disney. Ci sono Minnie, Elsa di
Frozen, Buzz Lightyear, Darth Vader, gli
avenger e Grogu, aka Baby Yoda, il pro-
tagonista di The Mandalorian.
Disney e Vodafone assicura che l’oro-
logio sarà costantemente aggiornato
con nuovi personaggi e nuovi temi, per
tenerlo vivo. Lo smartwatch non assomi-
glia affatto a tutti gli altri smartwatch in
commercio: è ovviamente più robusto
e più semplice, con una scocca in po-
licarbonato e due cinturini in dotazione,
disponibile nei colori verde e azzurro.
I cinturini sono due perché uno è un
classico cinturino, l’altro è un modello
speciale che permette di agganciare
il quadrante leggermente inclinato per
facilitare la lettura.
Lo schermo è un AMOLED tondo da
390 x 390 pixel, il processore un Qual-
comm 2500W mentre il sistema operati-
MOBILE Disney e Vodafone hanno annunciato Neo, il nuovo smartwatch pensato per i bambini
Vodafone Neo, lo smartwatch per bambini Ha i personaggi Disney e arriva nel 2021Personalizzato con i personaggi più famosi dei cartoni, Neo promette di essere sicuro e facile da usare
vo è proprietario, basato sulla versione
opensource di Android Wear. All’inter-
no trovano spazio il GPS, un modulo
Wi-fi e un modem 3G / LTE per tenere lo
smartwatch connesso alla rete.
Trattandosi di un prodotto Vodafone
non ha slot per la SIM ma è dotato di
una embedded SIM (Smart SIM): seb-
bene manchi al momento una offerta
commerciale siamo di fronte ad un pro-
dotto che avrà un canone mensile di
utilizzo. Vodafone ci ha fatto sapere che
ci saranno diverse promozioni e che il
canone sarà comunque molto basso. Il
prodotto dovrebbe essere associabile
anche ad altri operatori.
C’è anche una fotocamera da 5 mega-
pixel: secondo Vodafone permette ai
piccoli di immortalare le loro avventure
quotidiane. Neo ha una batteria che as-
sicura 24 ore di autonomia, ed è certifi-
cato IP68: si può immergere.
Come ogni smartwatch non mancano
un tracker di attività e il contapassi, con
i genitori che possono impostare obiet-
tivi da raggiungere.
Vodafone e Disney ci tengono a preci-
sare che, rispetto a molti altri smartwa-
tch per bambini, Neo è stato pensato
per essere sicuro: tramite la Vodafone
Smart App genitori e familiari avranno
il controllo totale, potranno impostare
la lista dei contatti fidati, gestire il tem-
po di fronte allo schermo attraverso
la “Modalità Silenziosa” e controllare
il luogo in cui si trova il dispositivo. Si
possono anche impostare una serie di
promemoria.
Al momento, non esiste un prezzo per
il servizio abbinato a Neo ma c’è un
prezzo per il dispositivo che dovrebbe
essere, da quanto ci risulta, di 199 euro.
Neo arriverà nei primi mesi del 2021 nei
negozi Vodafone.
Il lancio del 5G di Iliad è imminente. Primi a beneficiarne gli utenti privatiL’AD di Iliad ha riferito che il 5G arriverà a brevissimo. Forse già a dicembre. Metà degli impianti in Italia sono già collegati in fibra. Le prime offerte saranno per gli utenti privati, poi seguiranno le aziende di Sergio DONATO
Iliad è pronta per il 5G. Lo ha detto l’amministratore delegato, Bene-detto Levi, al Corriere della Sera. La precedenza verrà data agli utenti privati, mentre per le solu-zioni businessbisognerà aspettare un po’ di più. L’intervista a Levi è stata pubblicata sul supplemento del 2 dicembre L’Economia del Corriere, e la notizia è di quelle im-portanti, perché introduce un nuo-vo concorrente nella rete 5G italia-na; e che si identifica anche come operatore a tariffa unica. Levi ha dichiarato che il lancio delle offerte sulla rete 5G di Iliad è imminente. L’AD non ha specificato una data, ma si è lasciato scappare un “a brevissimo”. Nell’intervista, si è ve-nuto a sapere che oltre la metà de-gli attuali impianti Iliad attivi in Italia è già collegata in fibra. 5G e fibra sono tecnologie che vanno a brac-cetto nell’espansione della rete di quinta generazione, soprattutto per la connettività di backhaul, e sapere che Iliad ha già un nume-ro consistente di siti collegati in fibra potrebbe fare ben sperare gli utenti che si interesseranno ai suoi servizi 5G. Saranno infatti gli utenti privati i primi ad avere accesso alla rete 5G di Iliad.
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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020
di Sergio DONATO
Una Sony A7S III attaccata a un
pallone aerostatico e mandata in
cielo fino a una quota di 37 chi-
lometri per riprendere l’aurora boreale.
Ecco cosa hanno fatto tre fotografi usan-
do la macchina fotografica full frame più
“sensibile” di Sony.
Non è la prima volta che una macchina
fotografica diventa la passeggera di un
pallone aerostatico per riuscire a scat-
tare foto del nostro pianeta dall’alto, ma
non è mai stato fatto di notte e non per
filmare l’aurora boreale.
I tre fotografi che ci hanno pensato e
hanno realizzato la splendida impresa
sono Nate Luebbe, Autumn Schrock e
Austin Smith. Non è una cosa che si in-
venta così, da un giorno all’altro. Il grup-
po ha impiegato un anno per la ricerca,
la progettazione e la realizzazione dello
specifico sistema di stabilizzazione pen-
sato per la A7S III che avrebbe preso il
volo. La macchina di Sony è stata scelta
per la sua elevata sensibilità alle basse
luci. Nelle fotocamere Sony, infatti, quel-
la “S” nel nome sta per “sensitivity”. E la
A7S III, uscita recentemente, strizza l’oc-
chio anche alle riprese video, dato che
negli intenti dei progettisti Sony è stata
creata per ottenere la “migliore mirror-
less 4K sul mercato”.
Una Sony A7S III a 37 chilometri di quota per l’aurora borealeIl lancio è avvenuto il 26 settembre 2020
da Fairbanks, in Alaska. C’era solo una fi-
nestra di poche settimane e che doveva
toccare i primi giorni di autunno. D’estate,
a quelle latitudini, il cielo non è mai com-
pletamente buio, e d’inverno i forti venti
artici avrebbero impedito qualsiasi tenta-
tivo. La A7S III è stata quindi inserita nel
sistema di stabilizzazione e agganciata a
un pallone sonda di tre metri. Il pallone è
asceso nel cielo notturno dell’Alaska per
due ore, raggiungendo un’altitudine mas-
sima di 37,369 km, prima di scoppiare. A
quel punto, la A7S III abbandonata a se
stessa ha dovuto fare affidamento sul
paracadute montato sul sistema di sta-
bilizzazione. È tornata a terra ed è stata
recuperata con un elicottero il giorno
successivo. Durante l’ascensione, la A7S
III ha ripreso e ha scattato foto dell’aurora
boreale, riuscendo anche a fare panora-
miche delle sinuosi contorsioni illumina-
te di verde e prodotte dagli elettroni del
vento solare che interagiscono con la
ionosfera terrestre. Il colore dell’aurora
FOTOGRAFIA La macchina Sony agganciata a un pallone aerostatico ha regalato immagini uniche
Una Sony A7S III riprende l’aurora boreale La ripresa eccezionale a 37 km di quotaIl pallone è esploso a 37 km di quota, ma la fotocamera aveva un sistema per tornare a terra
Canon come Sony Venderà i suoi sensori anche ad altre aziende. Un passo storicoCanon venderà i suoi sensori di immagine ad aziende terze. Per ora si tratta di sensori industriali destinati al mercato asiatico, ma il futuro potrebbe riservare sorprese di Sergio DONATO
Canon ha deciso di rendere di-sponibili alla vendita i suoi senso-ri di immagine ad altre aziende. Per la prima volta, Canon intende quindi separare i suoi sensori dai suoi dispositivi e aprire per essi un nuovo mercato. Per il momen-to, quello asiatico. In questo modo, Canon segue le orme di Sony che l’ha preceduta già da tempo, per esempio, con la vendita dei sensori di imma-gine ai produttori di smartpho-ne. Nel caso di Canon, i sensori sono quelli per l’uso industriale. Sul sito asia.canon, la società ha previsto una pagina con quattro specifici sensori che vengono elencati per la vendita, insieme ai distributori di Singapore e ai rap-presentanti. I sensori sono l’High Speed Global Shutter e il 2.1 MP HDR pensati per l’uso video e poi ci sono i due ad altissima risolu-zione: il 120 MP e soprattutto il 250 MP che si presta alla video-sorveglianza, all’archiviazione di-gitale e alla microscopia. Quattro sensori con usi particolari e poco consumer. Nulla fa pensare che la decisione possa estendersi anche al resto del mercato mon-diale e per sensori più consumer come quelli delle macchine foto-grafiche. Ma non è detto che Ca-non non possa pensarci.
il documentario completo
dipende in parte anche dai gas presenti
nell’aria: il verde significa che è generata
da atomi di ossigeno.
È stato realizzato un documentario
dell’impresa di circa trenta minuti. Nate
Luebbe, il fotografo che ha guidato tutto
il progetto, ha detto a Petapixel: “Nel cor-
so della mia ricerca ho contato solo pochi
tentativi, e sono stati effettuati con GoPro
o action camera simili, e con un carico uti-
le non stabilizzato.”
Luebbe ha poi specificato: “I palloni mete-
orologici non vengono quasi mai lanciati
di notte, e soprattutto non nell’Artico di
notte. Per quanto ne so, è la prima volta
che viene utilizzato un sistema di stabi-
lizzazione personalizzato con una tele-
camera professionale, il che rende le
riprese estremamente uniche.”
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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020
di Roberto PEZZALI
Il 23 febbraio 2021 il prezzo di Disney+
in Italia aumenterà: il prezzo dell’abbo-
namento sarà di €8,99 al mese, op-
pure €89,99 all’anno. Lo ha comunicato
Disney nel corso dell’Investor Day 2020,
che ha spiegato come l’aumento sia le-
gato ad un aumento dell’offerta che pre-
vede, nei prossimi anni, il lancio di “circa
10 serie Star Wars e 10 serie Marvel oltre
a 15 serie live action Disney, Disney Ani-
mation, e Pixar”. Insieme a queste centi-
naia di nuovi contenuti.
L’aumento di prezzo partirà il 23 febbraio
2021, giorno in cui verrà incluso anche in
Italia all’interno di Disney+ il servizio Star.
Star, come spiega Disney, “consentirà di
vedere migliaia di ore di programmi te-
levisivi e film prodotti dagli studi creativi
Disney, tra cui Disney Television Studios,
FX, 20th Century Studios, 20th Televi-
sion, e verrà arricchito da un’ulteriore
offerta locale, laddove disponibile.” Tanti
i contenuti si aggiungono a quelli di un
catalogo già ricco e di altissima qualità,
anche tecnica. Ricordiamo infatti che Di-
sney+ offre 4K e HDR senza far pagare
un “premium” rispetto al prezzo di base.
Prevista nella prima parte dell’anno an-
che un aggiornamento globale della
piattaforma e dell’app, con un parental
control più sicuro: sarà possibile stabilire
dei limiti di accesso specifici per deter-
minati profili sulla base della classifica-
zione dei titoli e inoltre aggiungere un
PIN per quei profili con accesso a conte-
nuti adatti a un pubblico adulto.
TV E VIDEO Annunciato in Corea del Sud il primo MicroLED con la tecnologia del futuristico The Wall
Il futuro della TV di Samsung è un MicroLED da 110” Arriverà nel mondo nel 2021 ad un prezzo non per tutti: più di 1000 euro per pollice di diagonale
di Paolo CENTOFANTI
Abbiamo più volte parlato di come
la tecnologia del futuro di display si
chiami MicroLED. Quel futuro è un
po’ più vicino grazie a Samsung, che ha
annunciato la disponibilità in pre-order
in Corea del Sud del primo “televisore”
MicroLED da 110 pollici con risoluzione
4K, che arriverà nel resto del mondo nel
primo trimestre del 2021. Circa un anno
fa al CES di Las Vegas Samsung aveva
annunciato per il 2020 una gamma com-
pleta di TV MicroLED con diversi formati
da 75 a 292 pollici di diagonale, prodotti
che non si sono in realtà materializzati
sul mercato a causa delle difficoltà di
produzione che tutta l’industria sta ri-
scontrando su questo fronte.
I MicroLED sono dei display ad emissio-
ne diretta in cui i pixel sono costituiti da
triplette di microscopici LED di colore
rosso, verde e blu. I vantaggi sono una
grandissima luminosità, nero perfetto (i
pixel si spengono completamente come
nell’OLED), ampia gamma cromatica e
possibilità di costruire schermi modulari
ENTERTAINMENT Il prezzo dell’abbonamento sarà di 8,99€ al mese, oppure di 89,99€ all’anno
Disney+, a febbraio aumenta il prezzo in Italia Ma aumenteranno anche i contenuti L’aumento partirà il 23 febbraio 2021, in cui verrà incluso anche in Italia il servizio Star
come avviene in ambito commerciale
con i LED Wall. Di fatto, il nuovo prodot-
to di Samsung, derivato dal The Wall da
150 pollici distribuito per lo più in ambito
professionale, è al confine tra il mondo
dei MicroLED e quello dei LED Wall per
digital signage: con una diagonale di 110
pollici ha un pixel pitch di circa 0,6 mm,
il che lo pone molto vicino ai LED Wall
più definiti oggi sul mercato, ma ancora
lontano dal livello di miniaturizzazione
atteso per la tecnologia MicroLED. L’in-
dustria è infatti al lavoro per realizzare
display MicroLED con dimensioni che
vanno da diagonali anche al di sotto del
pollice per visori e wearable, fino a tele-
visori di ogni taglio e non solo per grandi
superfici. Ma per raggiungere questo
livello ci vorranno ancora diversi anni.
A testimonianza della difficoltà di pro-
durre questo tipo di display, il costo del
MicroLED di Samsung in Corea è di cir-
ca 130.000 euro, a conti fatti più di 1000
euro per pollice di diagonale.
Successo dei TV OLED da 65 pollici: vendono di più dei modelli da 55’’I TV OLED da 65” hanno superato per la prima volta nelle vendite i modelli da 55”, a livello globale. A rivelarlo è una ricerca condotta da Omdia che prevede un’ulteriore crescita del mercato nel 2021 di Gaetano MERO
I TV OLED da 65 pollici hanno su-perato nelle vendite il formato da 55 pollici a livello globale nell’ulti-mo trimestre. Si tratta di un piccolo ma significativo sorpasso all’in-terno del segmento OLED, che rivela una maggiore propensione dei consumatori all’acquisto di modelli di TV premium. In base ai dati forniti da Omdia, società che ha condotto il sondaggio, la fetta di TV OLED da 65’’ venduti nel terzo trimestre del 2020 è pari al 41,2% contro il 38,7% dei TV da 55’’. Uno dei motivi del sorpasso è da ricer-care nella flessione dei prezzi dei pannelli realizzati con tale tecno-logia – il prezzo medio per un TV OLED da 65’’ è pari a 1.750 euro – e, soprattutto, allo scaturire di pro-duzioni su larga scala come quel-le di LG e Samsung. Nel 2019 la quota di TV OLED da 55’’ vendute a livello globale si è attestata al 49,4%. Quest’anno si prevede che tale quota scenderà al 43,1%, men-tre le previsioni per il 2021 parlano di una vera e propria conquista del mercato OLED da parte dei TV da 65’’ con una quota pari al 48,9% contro il 35,9% dei modelli da 55’’. L’espansione continuerà anche nel 2022, con una fetta riservata ai TV OLED da 65’’ che supererà il 56% nel segmento di riferimento.
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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020
di Paolo CENTOFANTI
Nel 2021 DPlay, la piattaforma
di streaming del gruppo Di-
scovery, diventerà Discovery+,
il nuovo servizio on demand che il
network americano lancerà in tutto il
mondo a inizio anno prossimo. Con
un’operazione di consolidamento del-
la propria offerta, tramite Discovery+
il gruppo punta a offrire un prodotto
simile in tutto il mondo con un misto
di contenuti internazionali e locali dai
canali lineari del gruppo più diverse
produzioni originali, che saranno di-
sponibili quando il servizio debutterà
come in Italia il 4 gennaio con 55.000
episodi di programmi televisivi. Tra le
produzioni che vedremo nel 2021 ci sa-
ranno: matrimonio a prima vista italia,
love island italia, elettra e il resto scom-
pare, naked attraction italia, ti spedisco
in convento italia e molto altro
Per l’Europa la notizia più importante è
che Discovery+ coprirà in streaming le
prossime Olimpiadi e integrerà come fa
oggi Dplay i contenuti di Eurosport con
un pacchetto aggiuntivo. Ci sarà inoltre
un pacchetto dedicato al Tennis che
offrirà accesso alle partite di tre tornei
del grande slam. Il modello sarà diver-
so da paese a paese, con un mix tra of-
ferta gratuita con pubblicità e premium
a pagamento.
Per l’Italia il costo di Discovery+ sarà di
3,99€ al mese oppure 39,90€ all’anno.
Discovery+ più il pacchetto Eurosport
costerà invece 7,99€ al mese oppure
69,90€ all’anno Ci sarà però una pro-
mozione che per un periodo limitato
permetterà di abbonarsi con il 50% di
sconto: 19,90 euro anziché 39,90 per
l’intero primo anno, e 34,90 euro inve-
ce di 69,90 euro per il primo anno con
il pacchetto Eurosport incluso. In Italia,
Discovery ha annunciato una partner-
ship con Telecom Italia per supportare
il lancio della nuova piattaforma.
ENTERTAINMENT Il gruppo Discovery consolida la sua presenza nel mercato dei servizi di streaming
A inizio 2021 arriverà Discovery+ Il servizio di streaming globale di DiscoveryRaccoglierà la sua offerta sotto un’unica piattaforma globale, Discovery Plus. Dal 4 gennaio
Sky apre i negozi fisici cominciando da Milano, Roma, Napoli e Brescia. Previste 50 aperture nel 2021Sky diventa fisica. A dicembre apre 4 negozi, seguiti da altri 50 nel 2021. Al loro interno, assistenza specializzata e illustrazione dei servizi della società, compresa la prova di Sky WiFi dove disponibile di Sergio DONATO
Sky ha deciso di aprire negozi fisi-ci in tutta Italia. Per la prima volta, Sky avrà degli spazi reali che for-meranno una rete di negozi nelle principali città italiane. Si parte da Milano, Brescia, Roma e Napoli.Sky ha pensato i propri negozi come degli open space suddivisi in spazi tematici e con postazioni dedicate ai servizi offerti dalla so-cietà. Quindi, non solo i contenuti della pay tv, ma anche l’ecosiste-ma di Sky Q, l’app Now Tv e si potrà provare anche la velocità di Sky WiFi – circoscritta alle capacità della fibra dello specifico negozio Sky. Agli abbonati sarà offerta an-che un’assistenza specializzata e potranno dialogare con i consu-lenti Sky. Il primo negozio, quello pilota, sarà inaugurato il 4 dicem-bre a Milano, in Corso Buenos Aires 22. A dicembre apriranno anche i negozi Sky di Roma (Via Cola di Rienzo 259), Napoli (Via Luca Giordano 88) e Brescia (Via X Giornate 85). Nel corso del 2021, le aperture in tutta Italia saranno complessivamente 50. Sky ha specificato che “i negozi saranno distribuiti in modo capillare su tut-to il territorio nazionale”.
ENTERTAINMENT Polemiche dei musicisti verso il modello di business messo in piedi dallo streaming
Artisti UK: solo 200 sterline all’anno con lo streaming “Il sistema di business necessita di una riforma”Profitti delle piattaforme per oltre 1 miliardo di sterline nel 2019, ma solo il 13% va agli artisti
che raggiungono milioni di ascolti annui
sulle piattaforme. Il 92% degli intervista-
ti ha affermato che solo il 5% dei propri
guadagni nel 2019 proveniva dai servizi
streaming. Il 43% ha inoltre dichiarato di
aver dovuto svolgere altri lavori per po-
ter sopravvivere. Il sistema è obsoleto
e necessita di una riforma, viene ribadito
dal Dipartimento per il digitale, la cultu-
ra, i media e lo sport britannico, che sta
attualmente vagliando tutte le richieste
di GateanoMERO
Non accennano a placarsi le polemi-
che di musicisti e addetti ai lavori
britannici verso il modello di bu-
siness messo in piedi dalle piattaforme
di streaming musicale. Secondo un son-
daggio, condotto dal governo del Regno
Unito, risulta che l’82% degli artisti inglesi
abbia guadagnato nel 2019 poco meno di
200 sterline tramite lo streaming. Piatta-
forme come Spotify, Apple Music, Deezer,
Amazon Music, hanno generato profitti
per oltre 1 miliardo di sterline nello scor-
so anno ma solo il 13% di tale somma è
finita nelle tasche degli artisti, dimostrano
i dati dell’indagine. Non si tratta di band
minori, chiariscono le associazioni di set-
tore Musicians’ Union e The Ivors Aca-
demy che hanno appoggiato l’iniziativa;
nell’inchiesta sono inclusi anche nomi
giunte dagli artisti. “I pagamenti in stre-
aming minacciano il futuro della musica”
hanno protestato musicisti come Nile
Rodgers, Ed O’Brien e Tom Gray. Il parla-
mento inglese non è l’unico a propende-
re per gli artisti: in un recente sondaggio
realizzato da YouGov il 77% degli intervi-
stati ha difatti risposto che le piattaforme
streaming non pagano abbastanza i mu-
sicisti. Nessun commento è arrivato fino-
ra dalle società chiamate in causa.
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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020
di Roberto PEZZALI
La “sorpresa” natalizia di Apple è
arrivata: le cuffie con sistema dei ri-
duzione del rumore attiva a marchio
Apple non si chiameranno AirPods Stu-
dio ma AirPods Max e saranno disponibili
a partire dal 15 di dicembre al prezzo di
629 euro. Partiamo dal prezzo perché
ci troviamo davanti ad una cifra che è di
due volte superiore a quella di ogni altra
cuffia a riduzione del rumore disponibile
sul mercato, che sia Bose, Sony o Beats.
Non avendole ascoltate, e neppure pre-
se in mano, non possiamo ovviamente
dire se il prezzo è adeguato alla resa
offerta, ma 629 euro per una cuffia sem-
brano tanti.
Gli AirPods Max sono costruiti attorno
alla base che ha dato vita anche alle
AirPods Pro: il processore è sempre l’H1
e Apple ha sfruttato i 10 core audio del
chip per spingere sul fronte dell’audio
computazionale offrendo alcune delle
caratteristiche già viste sulle AirPods Pro:
equalizzatore adattativo, cancellazione
attiva del rumore, modalità trasparenza e
audio spaziale. L’equalizzatore adattativo
regola la risposta in base alla tenuta dei
cuscinetti auricolari: un test integrato in
iOS misura il segnale audio inviato all’u-
tente e regola le frequenze medio-basse
in tempo reale. Come sulle AirPods Pro
HI-FI E HOME CINEMA Le prime cuffie over ear con riduzione del rumore a marchio Apple
Apple AirPods Max arrivano il 15 dicembre Cuffie con riduzione del rumore a 629 euroIl prezzo è doppio rispetto ad ogni altro modello a riduzione del rumore sul mercato
c’è la cancellazione attiva del rumore:
ogni cuscinetto auricolare è dotato di tre
microfoni rivolti verso l’esterno per rileva-
re i rumori ambientali, mentre un micro-
fono all’interno del cuscinetto monitora il
suono che arriva all’orecchio dell’utente.
Presenti anche la modalità trasparenza,
per ascoltare i suoi esterni, e lo Spatial
Audio, che usa i giroscopi per posiziona-
re il suono surround attorno all’ascoltato-
re quando tiene tra le mani un dispositivo
con iOS 14. Per 629 euro ci si aspetta
una qualità costruttiva eccezionale: Ap-
ple spiega che la parte superiore in ma-
glia traspirante è studiata per distribuire
il peso e ridurre la pressione sulla testa
mentre la cornice dell’archetto in accia-
io inossidabile assicura il giusto comfort,
grazie anche ai braccetti allungabili che
permettono di adattare le cuffie ad ogni
testa. Il comfort è garantito anche dai due
cuscinetti auricolari fissati all’archetto
tramite un meccanismo che bilancia e di-
stribuisce la pressione delle cuffie e con-
sente di inclinare e ruotare in modo indi-
pendente i singoli cuscinetti, per adattarsi
alla conformazione unica di ogni utente. I
cuscinetti sono come sempre in memory
foam, e sul padiglione è presente la “Di-
gital Crown”, una ghiera ispirata a quella
dell’Apple Watch che permette un con-
trollo preciso del volume, la possibilità
di riprodurre e mettere in pausa l’audio,
passare alla traccia successiva, risponde-
re o terminare telefonate e attivare Siri.
Assente il jack audio, si ricaricano trami-
te Lightning, ma si possono ugualmente
collegare via cavo usando un adattatore
Lightning - Jack da acquistare a parte.
All’interno dei padiglioni trova spazio un
unico driver dinamico da 40 mm con un
motore dotato di un doppio magnete ad
anello in neodimio: secondo Apple gli
AirPods Max possono mantenere una di-
storsione armonica totale inferiore all’1%
nell’intera gamma udibile, persino al
massimo volume. Trattandosi di auricolari
bluetooth hanno ovviamente una batte-
ria interna, e l’autonomia dichiarata è di
20 ore di audio, conversazione o ripro-
duzione di film con cancellazione attiva
del rumore e audio spaziale abilitati. La
ricarica, come abbiamo scritto, è tramite
lightning e nella confezione è presente
il cavo ma non il caricatore. In dotazione
viene data una custodia Smart Case mor-
bida e sottile che li mantiene in modalità
a bassissimo consumo quando non sono
utilizzati. AirPods Max saranno disponibili
con cinque diverse finiture: griglio, silver,
blu, rosa e verde.
La gamma di TV LCD Panasonic con Android TV sbarca in EuropaPanasonic abbandona per la prima volta la piattaforma proprietaria My Home Screen per utilizzare Android TV. Quattro i modelli e il prezzo si preannuncia concorrenziale di Pasquale AGIZZA
Risoluzione 4K, quattro diversi tagli - da 43 a 65 pollici - e a bor-do Android TV 9.0. Sono queste le caratteristiche principali della gamma LCD HX 700 di Panasonic, finalmente in vendita in Europa. La novità maggiore è data dal cam-bio di sistema operativo: niente piattaforma proprietaria My Home Screen, ma Android TV 9.0 con Chromecast, Google Assistant e, per la prima volta sui TV Panaso-nic, anche la possibilità di sfruttare Disney +. Per quel che riguarda l’aspetto tecnico, parliamo di un pannello LCD con risoluzione 4K e supporto ad HDR10, HDR10+ e Dolby Vision. Supporta, inoltre, lo standard HDMI 2.0b. La gamma HX 700 si compone di quattro di-versi tagli: il modello da 65 pollici, un 55 pollici, un 50 pollici e 43 pol-lici. Il sito italiano di Panasonic non dà ancora la possibilità di acquista-re i televisori. Guardando alla Ger-mania, i prezzi dovrebbero essere intorno ai 399 euro per il 43”, 499 euro per il 50”, 549 euro per il 55 e circa 799 euro per il 65”. L’arrivo di una gamma di TV Panasonic con Android TV segna un cambio net-to nelle politiche del produttore. A questo punto è lecito domandarsi se Panasonic continuerà a lavora-re su My Home Screen o se l’arrivo della gamma HX 700 è solo l’anti-cipo di un passaggio completo ad Android TV per tutti i modelli 2021.
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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020
di Roberto PEZZALI
Un MacBook Air con processore
M1 è oggi il miglior notebook che
si possa comprare a poco più di
1000 euro. Qualità vuol dire non solo ve-
locità, ma anche costruzione, autonomia,
silenziosità e gestione termica. Non esi-
ste al momento un notebook capace di
esprimere le stesse identiche prestazioni
restando freddo, totalmente silenzioso e
con una batteria che assicura più di 10
ore vere di utilizzo. A fare la differenza è
il processore M1, progettato e fatto debut-
tare sulla gamma “entry level” di personal
computer. Ci sono il MacBook Air, il Mac-
Book Pro da 13”, pensato per una utenza
evoluta che però non ha bisogno di una
più potente GPU esterna e il Mac Mini, il
desktop piccolo e miniaturizzato pensato
per chi non vuole comprare un iMac e
vuole sfruttare un monitor che ha già.
Chi lo scorso anno ha speso migliaia
di euro per acquistare il bellissimo Mac
Pro con processori Xeon, da sfruttare
come workstation da lavoro con Xco-
de, ha visto i record di compilazione
fatti registrare nell’ultimo anno dai Mac
Pro sorpassati dAl Mac Mini con M1. Un
computer “da casa”, che costa 30 volte
meno di alcune configurazioni avanzate.
Il “problema”, se vogliamo così chiamar-
lo, è che l’M1 rappresenta per Apple il
primo modello di una gamma che, come
conferma Bloomberg, prevede diversi
modelli già a partire dal prossimo anno.
L’M1 usato sul MacBook Air, lo ricordia-
mo, ha “solo” 4 core ad alte prestazioni
da 4 watt l’uno e 8 core grafici: l’intero
processore a pieno regime non arriva a
consumare 20 watt totali.
Secondo Bloomberg, Apple non avreb-
be alcuna intenzione di utilizzare questo
modello sui MacBook Pro e sugli iMac,
e neppure sui Mac Pro: la gamma di
system on chip che l’azienda starebbe
provando a Cupertino prevede infatti
modelli con CPU che arrivano a 32 core
e GPU con 128 core. Per la precisione
la versione destinata ai MacBook Pro
di fascia alta, quelli con GPU esterna,
avrebbe un processore dotato sempre
di 4 core ad alta efficienza accompagna-
ti però da 16 core ad alte prestazioni, e
secondo la testata americana la GPU di
questa versione di fascia alta dovrebbe
avere dai 16 ai 32 core a seconda del si-
stema su cui sarà montata. L’obiettivo di
Apple è arrivare ad avere soluzioni sca-
labili a seconda delle esigenze: stessa
identica base ma core della CPU e della
GPU che possono crescere a seconda
delle esigenze. Nella versione destinata
ai Mac Pro, che dovrebbe essere annun-
ciata entro la fine del 2021 o all’inizio del
2022, sono previsti 32 core per la CPU e
128 core grafici per la GPU. Per arrivare
ad una configurazione simile si dovreb-
be ricorrere ad una soluzione costruttiva
analoga a quella adottata da AMD con
il Threadripper 5990X, per il quale sono
stati uniti sul chip più “die”.
Se guardiamo alle prestazioni fatte regi-
strare dal “piccolo” M1, e pensiamo che
potrebbero arrivare a breve notebook
con un processore almeno tre volte più
veloce, ci troviamo davanti a qualcosa
che rischia davvero di stravolgere gli
equilibri sul mercato.
Oggi ci sono tre aziende che possono
competere con Apple su questo fronte:
Intel, AMD e Qualcomm. Quest’ultima,
che produce processori per smartphone
e piattaforme per PC connessi, si è det-
ta soddisfatta del lavoro fatto da Apple,
perché ovviamente vede davanti a lei
un futuro fatto da portatili “ARM”. Senza
uno sforzo enorme di Microsoft è difficile
però che questo possa avverarsi, e ad
oggi Microsoft non sembra avere inten-
zioni di prendere decisioni “forti”.
Intel ha appena annunciato la sua undi-
cesima generazione di processori per
notebook e si prepara a lanciare quella
per notebook di fascia alta e desktop,
ma da quanto si è visto nei primi test di
Tiger Lake non ci troviamo davanti ad
una piattaforma capace di competere
con M1 sotto il profilo delle prestazioni.
Per quanto riguarda AMD, oggi i suoi
processori multicore sono gli unici che
in alcuni ambiti riescono a tenere testa
a M1 nella stessa fascia di prezzo. La
stessa AMD sembra aver rispolverato un
vecchio progetto siglato “K12 FFX” crea-
to nel 2016 da Jim Keller, che prevede-
va una CPU ARM V8 unita ad una GPU
Radeon, e questo nuovo chip potrebbe
essere annunciato al CES. Il problema
di AMD non è la qualità del prodotto
ma la sua disponibilità. Oggi Apple ha
una quota nel mercato PC vicino al 7%:
pochissimo, anche perché il grosso del
mercato viene fatto ancora dai notebook
con a bordo Windows, forti di un prezzo
più abbordabile e di una maggiore va-
rietà nell’offerta. La storia insegna che
basta poco per spezzare alcuni equilibri
anche consolidati: il mercato dei tablet
nel 2012 vedeva Apple occupare con
l’iPad una quota piccola, il prezzo di 500
euro richiesto era ben più alto dei 250
euro chiesti per i vari modelli di tablet
Android che si potevano trovare sugli
scaffali. Oggi, con l’iPad da 10” a 389
euro (299 euro durante le varie promo-
zioni), l’iPad è uno dei tablet più venduti
in assoluto. Un MacBook Air con pro-
cessore M1 costa oggi più di 1000 euro,
ma con la stessa logica degli iPad e
degli iPhone Apple potrebbe decidere
nei prossimi anni di affiancare ai nuovi
modelli presentati anche modelli con
processore più vecchio abbassando il
prezzo di ingresso. Se arrivasse sul mer-
cato un MacBook da 699 euro quel 7%
di quota di mercato potrebbe crescere
e arriva anche ad un 15% o ad un 20%.
Qualcuno deve muoversi, e anche velo-
cemente: M1 è già veloce oggi, ma con 16
o 32 core nella CPU e una GPU da 128
core potrebbe diventare imprendibile.
PC Secondo Bloomberg Apple sta già provando le nuove versioni di processore M per sistemi di fascia alta
Apple Silicon, nel 2021 CPU a 32 core e GPU a 128 core AMD prepara la contromossa, ARM e Radeon insiemePronti modelli con CPU che arrivano a 32 core e GPU con 128 core. I concorrenti devono reagire
Eizo lancia tre nuovi monitor FlexScan. Per l’OLED bisogna aspettare: “Non è ancora una tecnologia stabile”Novità per la gamma di monitor FlexScan di Eizo: la società ha presentato tre nuovi monitor. Tutti hanno un pannello IPS: l’OLED, secondo Eizo, non è ancora abbastanza stabile di Massimiliano DI MARCO
Eizo ha presentato tre nuovi mo-nitor della gamma FlexScan, pen-sati principalmente per un uso da ufficio, nei tre tagli: 24”, 27” e 38”, a cui corrispondono risoluzioni crescenti. Si passa dal Full HD del modello 24” (EV2495), al Quad HD del 27” (EV2795) fino ai 1600p del monitor curvo da 38” (EV3895) con rapporto d’aspetto 24:10, fre-quenza di aggiornamento di 60 Hz e angolo di visualizzazione di 178°. Per ora Eizo continua a puntare sui pannelli IPS: gli OLED non sono ancora pronti, secondo la società. “Al momento l’OLED non è così stabile ed è molto più costoso” ha precisato Luca Zaffanella, sales specialist di Eizo. “Ci sono clienti del settore cinematografico che lo hanno provato e poi sono tornati indietro, mentre nell’ambito dell’uf-ficio non ha una reale necessità. Come Eizo aspettiamo che le tec-nologie siano affidabili e stabili, cosa che secondo noi ancora non vale per l’OLED”. “I limiti di questa tecnologia, secondo il GM Piergiu-seppe Carboni, “ci impediscono di fare una produzione massiccia allo stato dell’arte tecnologico”.
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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020
di Massimiliano DI MARCO
Mentre Nespresso punta a rivedere il sistema delle sue capsule, Nescafé ha proposto un’e-
voluzione del concetto della macchina del caf-
fè: Dolce Gusto Genio S mira ad abbracciare coloro
che già hanno una macchina del caffè, ma ritengono
che possano avere di più. Alla prova dei fatti, Genio S
è sia un passo avanti sia un passo indietro.
Tre modelli: una gamma vasta e bilanciataLa gamma Genio S è ben organizzata. Il modello di
base include una ghiera girevole a LED per selezio-
nare le varie funzioni e la lunghezza della bevanda.
Sono presenti due temperature: caldo e freddo.
Genio S Plus fa il salto in più: le temperature selezio-
nabili diventano quattro (vengono aggiunti due livelli
intermedi) e la funzione Espress Boost che, secondo
Nescafé, intensifica l’aroma dell’espresso.
Infine, al top di gamma, c’è Genio S Touch (il modello
che abbiamo testato): aggiunge uno schermo touch
per l’interazione. Genio S Touch viene proposta a un
prezzo di lancio di 79 euro; il prezzo non promozio-
nale arriva a 119 euro. Non ci sono ulteriori differenze
significative tra i tre modelli: il sistema ad alta pres-
sione raggiunge i 15 bar e hanno un serbatoio di 0,8
l. La gamma Genio S è compatibile con le tradizionali
capsule Dolce Gusto.
Stile moderno ma poco piacevoleGenio S Touch ha uno stile moderno. Questo mo-
dello è disponibile nei colori grigio scuro e argento;
quest’ultimo è meno accattivante. Da questo punto
di vista, la macchina pecca la mancanza di ulteriori
opzioni cromatiche, specialmente di colori pastello.
In generale, Genio S Touch è caratterizzata da uno
stile estetico tecnologico, che non restituisce una
sensazione di calore. I materiali, considerata la fascia
di prezzo, sono buoni: Genio S Touch non ha partico-
lari finiture né elementi estetici di pregio, ma è solida.
Il regola gocce ha due livelli. La nota positiva è che
Genio S Touch è compatta: misura 28 cm in altezza.
SMARTHOME Nescafé Dolce Gusto Genio S Touch è il modello top di gamma delle nuove macchine da caffè Dolce Gusto
Dolce Gusto Genio S Touch, la nostra provaGenio S Touch è più avanzata e ha molte funzioni sulla carta interessanti, ma forse persino troppe e poco utili nella pratica
Alla prova: tante funzioni, forse troppeLa gamma Genio S rimane compatibile con le cap-
sule Dolce Gusto già in commercio. In questo senso,
non c’è un tangibile distaccamento dal caffè prodot-
to da altre macchine Nescafé e la gamma Genio S
perché la base di partenza è la medesima. Dove Ge-
nio S prova a fare qualcosa di più è nella varietà di
opzioni: che sono tante, forse persino troppe. Per il
modello Genio S Touch, ci sono quattro temperature:
ottimo per chi vuole, per esempio, un tè caldo velo-
ce; più difficile inquadrare l’utilità dei livelli intermedi
di temperatura (che potrebbero essere definiti come
“tiepido” e “un po’ caldo”).
L’Espresso Boost spinge l’aroma dell’espresso, ma
senza trasformarlo: le differenze sono davvero mi-
nime. Infine, un’altra icona è dedicata alla funzione
integrata di decalcificazione. Orientarsi nel set di ico-
ne disponibili non è semplice; il tutto avrebbe potu-
to essere organizzato con più ordine: molte funzioni
sono sulla carta interessanti ma alla pratica poco utili
e che probabilmente saranno ben poco usate. La loro
presenza crea solo confusione. Preparare un caffè,
quindi, viene inutilmente complicato da tali scelte: chi
si trova di fronte a Genio S Touch per la prima volta
fatica a capire come fare un semplice caffè a causa
delle tante icone disponibili. Genio S Touch - e le
Genio S in generale - hanno quindi due volti: da una
parte, sono complicate macchine del caffè a capsule;
dall’altra, sono macchine automatiche che preparano
velocemente anche cappuccini, tè e altre bevande
in un corpo compatto. In questo senso, sono un ap-
parecchio versatile, considerato che costano quanto
macchine equivalenti che preparano solo caffè.
Macchine del caffè alla ricerca di un’identitàLa sensazione, provando Genio S Touch, è che le
macchine del caffè stiano vivendo un particolare mo-
mento di transizione. In una scala dove ai due estre-
mi ci sono le macchine del caffè a capsule di alcuni
anni fa e, in vetta, le macchine da caffè tipiche dei
bar, le nuove proposte - in cui può essere inclusa la
sperimentale Nespresso Vertuo - sono nel mezzo alla
ricerca di un’identità: non possono più limitarsi a es-
sere macchine da caffè, ma non hanno ancora trova-
to l’esatto passaggio evolutivo. La prova della Genio
S Touch, in questo senso, è evidente: la macchina del
caffè si avvicina alle caratteristiche di altri dispositivi
tecnologici (come gli smartphone) per cercare una
nuova strada. Non saremmo sorpresi, tra qualche
tempo, di vedere sul mercato macchine da caffè auto-
matiche che, per proporre qualche novità, inizieranno
a operare anche da remoto, per mezzo di reti Wi-Fi
e di applicazioni mobile: le stesse introduzioni, cioè,
che hanno già toccato i grandi elettrodomestici.
Genio S Touch non cambia la sostanza, ma prova a
inseguire un nuovo modello di fruizione. Per la stra-
da si perde, però, la semplicità che, in questi anni, ha
contribuito ad alimentare la domanda delle macchine
da caffè automatiche. Genio S Touch di sicuro non
passa inosservata: e forse era proprio l’obiettivo che
Nescafé voleva raggiungere.
torna al sommario 19
MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020
L’Osservatorio di Arecibo è crollato. Ma il suo messaggio più importante è ancora in viaggio nello spazioLe recenti rotture non hanno dato scampo alla struttura con 57 anni di età e pochissima manutenzione. Lascia un’eredità scientifica enorme e un messaggio che è ancora in viaggio di Sergio DONATO
Dopo i recenti danni, la piattafor-ma sospesa non poteva più reg-gere tutto quel peso, si sapeva. L’Osservatorio Arecibo in Porto Rico è collassato definitivamen-te il 1° dicembre. Aveva 57 anni, durante i quali ha fatto scoperte straordinarie. A metà agosto, uno dei cavi ausiliari che aiutano a supportare la piattaforma metal-lica che si trova sopra l’antenna riflettente si spezza. A novem-bre il cedimento di uno dei cavi principali del ricevitore centrale. La National Science Foundation, che gestisce e finanzia in gran parte l’osservatorio, decide di av-viare lo smantellamento control-lato. Il sub-riflettore non è però riuscito ad aspettare altro tempo: il 1° dicembre la struttura è preci-pitata sulla parabola. L’Osserva-torio di Arecibo ha partecipato al progetto Seti per la ricerca di vita intelligente nell’universo, sparan-do il 16 settembre del 1974, verso l’ammasso globulare Messier 13, distante 25.000 anni luce, uno dei segnali radio più potenti della storia umana. È il famoso “mes-saggio di Arecibo”. Quel messag-gio è ancora in viaggio.
di Sergio DONATO
L’intelligenza artificiale AlphaFold 2,
sviluppata da DeepMind, è riuscita a
determinare la forma tridimensiona-
le di una proteina partendo dalla sua se-
quenza di aminoacidi con una precisione
mai raggiunta prima. In pochi giorni è riu-
scita a fare ciò per cui un laboratorio tra-
dizionale di ricerca impiegherebbe anni.
Conoscere velocemente la forma di una
proteina può aiutare la progettazione dei
farmaci e rende più rapida la compren-
sione delle malattie.
Le proteine, dalla forma dipende la funzioneLe proteine sono presenti in tutti gli
esseri viventi e svolgono un ruolo cen-
trale nei processi chimici essenziali per
la vita. Sono composte da stringhe di
aminoacidi che si ripiegano per dare la
forma finale alla proteina. E la forma di
una proteina è strettamente legata alla
sua funzione.
La capacità di prevedere questa struttu-
ra sblocca una maggiore comprensione
di ciò che fa la proteina e di come funzio-
na. Molte delle più grandi sfide di ricerca
biologica del mondo sono legate alle
proteine e al ruolo che svolgono.
Un esempio è le proteina Spike (dall’in-
glese “spuntone”, ndr) del coronavirus
SARS-CoV-2 che porta alla sindrome
COVID-19. È quella glicoproteina, com-
posta in un trimero, cioè da tre glicopro-
teine riunite, che riveste la superficie del
virus e gli fa assumere la sua forma ca-
ratteristica, con protuberanze che sem-
brano cunei rovesciati e che permettono
al virus di interagire con le cellule umane
e infettarle.
Usando ancora come esempio il virus
SARS-CoV-2, l’unico modo informato per
identificare nuovi antivirali che lo possa-
no sconfiggere passa necessariamente
attraverso la conoscenza della struttura
tridimensionale delle proteine del virus.
Combinazioni infinite, servono anni di ricercaIl problema nel determinare la forma di
una proteina sta soprattutto nel tempo
necessario per farlo. Capire la forma os-
servando una proteina significa utilizzare
tecniche come la cristallografia a raggi X
SCIENZA E FUTURO AlphaFold 2 è riuscita a fare ciò per cui un laboratorio di ricerca impiegherebbe anni
Pochi giorni per capire la forma delle proteine L’IA di Google al servizio di una svolta epocaleÈ una rivoluzione che permetterà di sviluppare farmaci più rapidamente e capire prima le malattie
e la spettroscopia NMR, che determina-
no la posizione di ogni atomo rispetto
all’altro nella molecola proteica. E che si
traduce in anni di lavoro.
Poiché sappiamo che le proteine, se sro-
tolate, sono composte da stringhe che
possono contenere fino a venti aminoa-
cidi, il modo per capire la forma finale sa-
rebbe quella di conoscere il modo in cui
questi aminoacidi interagiscono tra loro
per assumere la forma tridimensionale.
Il problema è che le loro interazioni pos-
sibili sono state calcolate in un numero
incredibilmente alto: 10^300, ovvero 10
elevato a 300.
AlphaFold 2 di Google impiega una manciata di giorniFin dal 1994, esiste una sfida biennale
che si concentra sulla ricerca dello stato
dell’arte nella previsione della struttura
proteica. Si chiama CASP (Community
Wide Experiment on the Critical Asses-
sment of Techniques for Protein Structu-
re Prediction), e coinvolge decine di
squadre provenienti da più di venti Paesi
che tentano di prevedere con l’aiuto di
computer la forma di un insieme di circa
cento proteine partendo dalle loro se-
quenze di aminoacidi
La rete AlphaFold 2 sviluppata da Dee-
pMind di Google, alla fine del CASP14 tenutosi quest’anno ha raggiunto un
punteggio strabiliante nella predizione.
La principale metrica utilizzata dal CASP
per misurare l’accuratezza delle previ-
sioni è il Global Distance Test (GDT) che
va da 0 a 100. AlphaFold 2 ha registrato
un punteggio di 92,4, e per le proteine
più complesse di 87. Mai nessuna rete di
intelligenza artificiale aveva raggiunto un
risultato simile, prima d’ora. Secondo il
professore John Moult, che nel 1994 è
stato il co-fondatore del CASP, un pun-
teggio di circa 90 GDT è considerato
informalmente competitivo con i risultati
ottenuti attraverso i metodi sperimentali.
I quali però impiegano anni, AlphaFold 2
ci è riuscito in una manciata di giorni.
AlphaFold 2 è stata nutrita dagli svilup-
patori di DeepMind con un database di
circa 170.000 proteine conosciute in-
sieme a grandi database contenenti se-
quenze proteiche sconosciute. Durante
il processo di deep learning, la struttura
di una proteina tridimensionale è rappre-
sentata come un grafico spaziale. Il pro-
gramma quindi impara utilizzando le in-
formazioni sulle forme 3D delle proteine
note contenute nel database pubblico
delle proteine e quelle delle sequenze
sconosciute.
Una rivoluzione scientifica. Cambierà tuttoIl dottor Andriy Kryshtafovych, dell’U-
niversità della California di Davis, negli
Stati Uniti, è stato uno dei giudici scien-
tifici, e ha descritto il risultato come
“veramente notevole”. Ha poi aggiunto:
“Essere in grado di studiare la forma del-
le proteine in modo rapido e preciso ha
il potenziale per rivoluzionare le scienze
della vita.” DeepMind ora sta prepa-
rando la pubblicazione del suo studio
in modo da sottoporlo alla peer-review
scientifica. E c’è ancora molto altro da
fare. AlphaFold 2 riesce ad anticipare la
forma delle proteine conoscendo i loro
aminoacidi, ma non sa ancora determina-
re in che modo più proteine si adattano
insieme e come le proteine interagisco-
no con altre molecole, come per esem-
pio il DNA e l’RNA.
torna al sommario 20
MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020
di Gianfranco GIARDINA
Non c’è mai stato un periodo in cui la presenza in
casa delle persone è stata così assidua come nel
2020: i ripetuti lockdown ci hanno tenuto in casa
più di quanto non avessimo voluto. E se la qualità dell’a-
ria in casa era già un tema rilevante prima, ora diven-
ta basilare per il nostro benessere. Certo, perché ogni
giorno compiamo circa 28 mila atti respiratori, in ognu-
no dei quali inspiriamo quasi mezzo litro di aria, insieme
a tutti gli inquinanti in esso compresi. Ma a comporre la
qualità dell’aria non c’è solo l’elemento legato agli inqui-
nanti, ma anche il comfort che questa offre agli abitanti
della casa. La qualità dell’aria, quindi, è un termine che
non è “ingabbiabile” in un solo parametro: temperatu-
ra? Umidità? Polveri sottili? Altri inquinanti? Insomma, è
determinata da tanti fattori concomitanti e solo se riesci
a controllarti tutti insieme, ti assicuri aria veramente “pu-
lita”. Dyson, come spesso le accade, anche questa volta
ha provato ad approcciare il problema in maniera diver-
sa, dando la sua soluzione originale, diversa da tutti gli
altri. L’ultima proposta Dyson, che abbiamo provato a
fondo, si chiama Pure Humidify + Cool ed è un prodotto
capace di svolgere diverse funzioni: ventilatore, purifica-
tore e umidificatore. Tre funzioni che viaggiano in stretta
connessione e sono governate dallo stesso “cervello”.
Un prodotto - lo anticipiamo - caro, come da “tradizione”
Dyson, ma che fa cose che non abbiamo visto fare ad
altri prodotti. Ecco la nostra prova.
Un totem elegante ma che non si mimetizzaIl design di questo prodotto non è del tutto nuovo, vi-
sto che richiama da vicino i ventilatori-purificatori di
casa Dyson, con quell’inconfondibile “foro” centrale e
l’assenza di pale a vista. Un bel “totem”, certamente di
design, ma che non passa certo inosservato, visto che
il contenitore dell’acqua per l’umidificatore posto nella
parte bassa lo rende ancora più alto. Va detto, però, che
l’ovale di distribuzione dell’aria stretto e allungato fa sì
TEST È un prodotto capace di svolgere diverse funzioni: ventilatore, purificatore e umidificatore. Varrà i 700 euro richiesti?
Aria buona e giusta a casa: Dyson Pure Humidify+CoolAbbiamo provato l’ultimo nato della gamma di purificatori Dyson e ce ne siamo innamorati. Anche se non manca qualche difetto
segue a pagina 21
che l’ingombro sia contenuto e la parte alta non esca
dalla sagoma: dove ci sta la base può starci tutto l’ap-
parecchio. Quindi è tutto sommato facile da sistemare
in ambiente, difficile però da mimetizzare: chi lo sceglie
deve accettare la sua presenza.
La parte centrale del fusto è destinata alla filtrazione:
all’interno c’è il motore digitale sull’asse verticale e su-
bito sotto l’evaporatore dell’acqua, attorno al quale si
sviluppa a 360 gradi un generosissimo filtro combina-
to: uno strato HEPA cattura tutte le polveri sottili e un
ulteriore filtro ai carboni attivi si occupa dei gas e dei
componenti organici volatili. Entrambi sono “impacchet-
tati” in un unico blocco che offre una tenuta stagna tra
camera interna ed esterno, con tanto di guarnizione su
tutti i lati. La manutenzione, che è necessaria in ogni pu-
rificatore, è abbastanza semplice: è già previsto un ciclo
di pulizia profonda che si esegue semplicemente con
l’ausilio di acido citrico, facilmente recuperabile a basso
costo sul mercato. Questo ciclo sanifica la macchina e
soprattutto decalcifica l’evaporatore. L’azienda consiglia
di eseguirlo una volta al mese per un utilizzo assiduo in
zone con acqua molto dura. I filtri, invece, sono sempre
controllati dalla macchina che ne verifica lo stato di com-
promissione. Quando i filtri sono saturi vanno cambiati: il
ricambio completo dei due doppi filtri è presente sul sito
Dyson e ha un prezzo di 60 euro. Al di sotto c’è il conte-
nitore dell’acqua, decisamente generoso (5 litri) e facile
da riempire. Addirittura alla base del contenitore sono
integrate tre rotelle che facilitano l’estrazione e il reinse-
rimento nella sua sede. C’è poi un elegante telecoman-
do che permette il controllo di tutte le funzioni dell’appa-
recchio. In maniera molto inconsueta, il telecomando ha
un alloggiamento proprio in cima all’apparecchio, in un
equilibrio apparentemente instabile. In realtà una volta
messo in posizione, il telecomando non si muove poiché
l’appoggio è calamitato: una piccola finezza che rende
l’apparecchio ancor più sofisticato sul fronte del design.
Finalmente l’umidificazione controllataIl Pure Humidify + Cool è uno dei ventilatori-purificatori
di cui Dyson negli anni ha già allestito una serie intera,
più o meno con lo stesso design, seppur con dimen-
sioni diverse. Da alcuni anni ci sono diversi ventilatori,
capaci di purificare, alcuni anche con la funzione di ri-
scaldamento. Ora arriva il modello che mette insieme la
Dyson Pure Humidify+CoolLa video recensione
lab
video
torna al sommario 21
MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020
TEST
Dyson Pure Humidify+Coolsegue Da pagina 20
purificazione con l’umidificazione. In realtà non è il de-
butto di Dyson nel campo degli umidificatori, dato che
in passato c’è stato il modello AM10, che però non era in
grado di purificare l’aria. Perché questo “combo”? Beh,
il comfort ambientale non dipende solo dalla tempera-
tura; anzi potremmo dire che dipende più dall’umidità
che dalla temperatura. Quale umidità? Semplicemente
quella giusta, dato che la gamma di umidità di comfort
varia a seconda della temperatura: più la temperatura è
alta e più bassa deve essere l’umidità, e viceversa.
L’idea quindi di unire alla funzione di ventil-purificato-
re anche l’umidificazione è assolutamente vincente. E
questo soprattutto per una caratteristica che è decisiva
per questo prodotto: contrariamente alla quasi totalità
degli umidificatori in commercio, questo apparecchio di
Dyson misura continuamente il tasso di umidità dell’aria
e cerca di modulare l’emissione della di aria umida per
centrare una concentrazione obiettivo. Gli umidificatori
tradizionali, invece, emettono vapore acqueo in conti-
nuo senza un vero controllo sulle condizioni ambientali
e questo può sfociare addirittura in un eccesso di umidi-
tà, che poi finisce per essere tutt’altro che confortevole.
Aria non “bagnata” e assolutamente puraMa non è la sola unicità di questo prodotto: l’umidificato-
re Dyson provvede a emettere umidità per evaporazio-
ne attraverso il passaggio dell’aria in un apposito filtro
che pesca acqua dal serbatoio. Non c’è un procedimen-
to a scarica elettrica né a ultrasuoni: in entrambi questi
casi l’aria emessa è tutt’altro che “asciutta”, anzi spesso
bagna il muro o il pavimento adiacente al punto di rila-
scio del “vapore”. Il Pure Humidify + Cool di Dyson, in-
vece, rilascia aria che, al tatto, appare del tutto secca. In
realtà, quando serve, è più umida di quella ambientale e
quindi contribuisce a riallineare il livello di umidità verso
quello target. Ma non c’è alcun rischio di inumidire gli
oggetti nei dintorni o bagnare il pavimento.
E poi c’è un altro fattore chiave: la garanzia che l’aria
emessa in ambiente, oltre al avere il giusto livello di umi-
dità, sia anche pulita, senza inquinanti ma anche senza
batteri. Infatti normalmente negli umidificatori l’acqua sta
nel serbatoio anche per giorni e potrebbero proliferare
all’interno micro-organismi non graditi. Per questo mo-
tivo l’apparecchio, nel punto di pescaggio dell’acqua,
dispone di una lampada UV che espone l’acqua per
diversi secondi prima che entri nell’evaporatore e che
è in grado di inattivare i batteri, evitandone quindi la va-
porizzazione in ambiente; inoltre l’evaporatore è costi-
tuito da una maglia in fibre in argento che garantiscono
il mantenimento dell’asetticità dell’acqua anche dopo il
passaggio nel condotto illuminato dagli UV.
Acqua sanificata che quindi si incontra con l’aria purifica-
ta dalla batteria dei filtri, e quindi priva di PM2,5 e PM10,
favorendo così l’emissione in ambiente di aria nettamen-
te più pulita di quella in ingresso e con un’umidificazione
che non diffonde batteri e altri microorganismi.
L’utente decide se l’emissione dell’aria deve essere diretta o riflessaLa restituzione dell’aria in ambiente avviene con la fun-
zione di ventilazione. L’utente, agendo sul telecomando,
decide se avere un cono di emissione concentrato, di
45°, o più ampio, di 90°, attraverso due fessure motoriz-
zate che gestiscono la distribuzione dell’aria. Ma soprat-
tutto l’utente può decidere - cosa basilare soprattutto
in inverno - di evitare di direzionare l’aria frontalmente,
lasciandola uscire da una fessura posteriore posta lungo
tutto l’ovale.
Questa è una funzione assolutamente vincente per chi
vuole l’aria purificata senza avere però un “vento” diret-
to verso di sé: consigliatissimo in inverno.
Una “centralina meteo” in casa che monitora in continuazione la qualità dell’ariaUno degli aspetti migliori, almeno a nostro avvio, dell’u-
midificatore purificatore Dyson è il monitoraggio dei pa-
rametri ambientali. Ovviamente temperatura e umidità,
che determinano il comportamento dell’umidificatore;
ma anche PM10, PM2.5, biossido di azoto e componenti
organici volatili. Tutti questi parametri contribuiscono a
definire un indicatore sintetico di qualità dell’aria, il cui
andamento è ben visibile sul display frontale.
Ma c’è di più: Basta premere il tasto “i” sul telecoman-
do per vedere in sequenza tutti gli indicatori in manie-
ra disgiunta, con tanto di microgrammi/m3 per PM10 e
PM2.5, e livelli di concentrazione per componenti orga-
nici volatili e NO2, oltre ovviamente alla temperatura in
gradi e al livello di umidità relativa in percentuale rilevati.
Le medesime informazioni, ma anche con i dati storici,
sono visibili organizzate in grafici molto comunicativi
sull’app Dyson Link, l’app che permette di controllare
tutti i device Dyson Wi-Fi. Infatti, questo purificatore-u-
midificatore è connesso e controllabile interamente via
app. L’app innanzitutto ripete tutte le funzioni del tele-
comando (ma funziona anche da remoto); sempre attra-
verso l’app è possibile programmare l’apparecchio su
base settimanale per entrare in funzione nella modalità
segue a pagina 22
La modalità notturna abbatte la rumorosità della macchina per non dare alcun fastidio anche nelle situazioni più silenziose.
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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020
preferita nel giorno e nell’ora scelta, utile per chi vuole
per esempio garantirsi un’aria di qualità al rientro a casa
o chi vuole mantenere, per esempio in camera da letto,
un livello di umidità e purezza dell’aria durante la notte.
La prova: l’aria di casa migliora drasticamente. Ma ce ne vorrebbe uno per stanzaL’installazione dei Dyson Pure è semplice: basta stacca-
re gli scotch di protezione e inserire l’evaporatore cen-
trare e i filtri. Ma quasi subito siamo rimasti colpiti da un
dettaglio un po’ stonato, rispetto alla classe Dyson: l’ap-
parecchio ha in bella vista un’etichetta con il seriale per
il tracciamento produttivo realizzato con un adesivo non
facilmente rimovibile. Così, quando si stacca l’etichetta,
resta parte della carta e della colla incollata sul telaio;
lo stesso dicasi con gli scotch di fermo della vasca per
l’acqua. Fregando un po’ si puliscono, ma certamente è
un piccolo aspetto da rivedere, visto anche il costo del
prodotto. La messa in funzione è immediata e il colle-
gamento alla Wi-Fi tramite l’app facile e veloce. Vista la
stagione invernale, abbiamo pensato che la cosa più in-
dicata fosse installarlo in una camera da letto, la stanza
in cui si passa il maggior numero di ore. Qui serve ov-
viamente aria pulita e anche al giusto grado di umidità,
per evitare che i riscaldamenti accesi secchino troppo
l’aria e con essa anche la gola delle persone che vi ri-
posano. Altri umidificatori usati in passato avevano sem-
pre dato qualche problema: gocciolamenti e condense
nei pressi del punto di rilascio e soprattutto un livello di
umidità non noto né controllato. Lasciando il Dyson Pure
Humidify+Cool in modalità umidità automatica per tutta
la notte, abbiamo ottenuto proprio quello che volevamo:
un livello di umidità di comfort (la macchina, quando
accesa, l’ha portata al circa 60% in modo automatico,
dal circa 45% di partenza) senza alcun rumore. A que-
sto scopo, abbiamo utilizzato una ventola al minimo, a
velocità “1”, con la possibilità di indirizzare il flusso verso
il retro e con la modalità notturna inserita: praticamente
non si sente, ma lavora. E lo fa anche con polveri sottili e
altri inquinanti, come sia l’indicatore sintetico della qua-
lità dell’aria che i grafici dei singoli valori, in discesa per
le prime ore e poi mantenuti a livelli minimi per tutta la
notte, dimostrano. Siamo rimasti piacevolmente stupiti:
la gola secca e il principio di mal di gola con il quale ci
svegliavamo frequentemente la mattina, sono pratica-
mente scomparsi. La qualità dell’aria non si percepisce
“a naso”, ma ci si sveglia con una sensazione decisa-
mente migliore rispetto a prima, con aria meno viziata.
Emerge poi un’altra evidenza: l’evento più “catastrofico”
per l’ecosistema domestico è il famoso (e anche neces-
sario) “ricambio dell’aria”. La mini stazione meteo conte-
nuta nel purificatore Dyson ci sbatte in faccia la realtà:
aprire la finestra (come accade tutte le mattine) fa lette-
ralmente schizzare alle stelle gli inquinanti nell’aria, con
tutti i valori che peggiorano repentinamente. A seconda
delle giornate, limpide o nebbiose, a salire violentemen-
te è a volte le polveri sottili, a volte l’NO2. Ma in tutti i casi
l’indicatore della qualità dell’aria va di colpo in zona ros-
sa. Poi basta far partire il purificatore e in relativamente
poco tempo - serve comunque qualche ora - i parametri
rientrano sotto i livelli di guardia.
Al di là di tutto, questa è già una triste conferma: so-
prattutto nelle grandi città, cambiare l’aria non è un’ope-
razione sana, seppur necessaria. Per fortuna, durante i
mesi invernali con pochi gradi all’esterno, l’operazione
dura generalmente poco tempo. Ma la situazione, para-
dossalmente, è destinata ad essere addirittura peggiore
nelle altre stagioni, quando la finestra resta aperta molto
di più o addirittura sempre. Dopo aver visto questi dati
abbiamo iniziato a guardare il purificatore Dyson con
occhi diversi: da tecno-gadget desiderabile a apparec-
chio pressoché indispensabile. Il problema è che ne
servirebbe uno in ogni stanza della casa, e questo è ov-
viamente impossibile. La possibilità di “puntare” via app
la partenza del sistema, però, dà l’interessante opportu-
nità di “bonificare” la stanza prima del rientro a casa: la
“pulizia” per rientrare nei parametri può durare anche
qualche ora, meglio non aspettare. E in questo senso, il
fatto che si tratti di un apparecchio connesso è decisivo.
Un ottimo prodotto, con particolari da migliorareQuasi 700 euro per un “ventilatore” sono un’enormità.
Se questo Pure Humidify+Cool fosse un ventilatore. La
necessità di non cadere in questo equivoco forse è alla
base di un nome di prodotto che non convince, troppo
complicato e composito. Ma per lo meno, questo nome,
spiega le tre funzioni dell’apparecchio in maniera dida-
scalica. Quello che fa la differenza è che siamo di fronte
a un prodotto pressoché unico; e a un prodotto unico,
non si guarda lo scontrino: se piace lo si compra, se no
lo si lascia in negozio. Guardando alla concorrenza, Phi-
lips, per esempio, aveva in gamma qualcosa che, nelle
funzioni base poteva assomigliare a questo Dyson, con
L’apertura della finestra di prima mattina fa schizzare alle stelle i livelli di NO2.
Cambiando l’aria in inverno, l’umidità precipita: ci penserà poi l’umificatore (oltre all’aria che arriva dagli altri ambienti) a riportare le cose in ordine.
In tarda mattinata si accendono i fornelli per far da mangiare: la qualità dell’aria si degrada. Ac-cendendo l’apparecchio, anche se è nella stanza attigua, il livello si riporta verso il target.
funzione di purificazione e umidificazione combinata,
ma ne ha interrotto la produzione in passato; ora ha un
apparecchio che fa solo il purificatore e costa quasi 600
euro. Quindi, da questo punto di vista, il prezzo dell’ap-
parecchio Dyson potrebbe parere congruo.
Se il Dyson Pure Umidify+Cool ci ha convinto, non per
questo non vanno notate le cose che potrebbero esse-
re migliorabili di questo prodotto. La prima riguarda tutti
i prodotti connessi Dyson: la società non ha ancora rila-
sciato le skill Alexa in italiano che abiliterebbe i comandi
vocali anche nella nostra lingua. Un peccato, visto an-
che la buona diffusione che Dyson ha nel nostro Paese.
Ma certamente, presto o tardi, il problema sarà risolto.
L’altro aspetto, anch’esso risolvibile con un aggiorna-
mento software, è la mancanza di un automatismo che
permetta all’apparecchio di entrare in funzione, se così
programmato, non appena la qualità dell’aria scende
sotto una certa soglia. Sarebbe molto comodo e libe-
rebbe l’utente dal dover controllare se la qualità dell’a-
ria a casa degrada, tanto più che l’apparecchio, se così
configurato, monitora i parametri ambientali 24 ore su
24. Basterebbe aggiungere la funzione all’app.
L’ultimo limite da noi riscontrato non è invece risolvibile
per via software: proiettando l’utilizzo di questo prodot-
to anche in una chiave estiva, Il Pure Humidfy+Cool non
può funzionare anche da deumidificatore, cosa che
invece sarebbe utile per centrare il livello di comfort
nelle situazioni di maggiore afa. Il raffrescamento per
vaporizzazione di una certa aliquota di acqua potrebbe
certamente dare un contributo di abbassamento della
temperatura, ma riteniamo - pur senza aver fatto la pro-
va specifica - che l’apparecchio in estate possa essere
utile solo per le funzioni di purificatore-ventilatore.
Aggiungere anche la funzione inversa di deumidifica-
zione sarebbe per questo apparecchio la vera quadra-
tura del cerchio.
TEST
Dyson Pure Humidify+Coolsegue Da pagina 21
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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020
di Roberto PEZZALI
La famiglia Surface si allarga: arriva Surface Lap-
top Go, la filosofia della gamma Go in un form
factor che ricorda Surface Laptop. L’idea di base
è sempre quella di dare il prodotto giusto al target
giusto, e tenendo conto di questo abbiamo recensito
e valutato il Surface Laptop Go: si rivolge a chi vuole
un prodotto sottile e leggero con Windows ma non
ama i convertibili e le tastiere “cover” come quelle di
Surface Go e Pro.
Laptop Go è un notebook a tutti gli effetti, ma è un
notebook piccolo pensato per adolescenti, scuola e
uso prettamente “office”: Microsoft non ha inseguito
le specifiche tecniche o i punteggi del benchmark, ha
cercato di creare un qualcosa che fosse bilanciato,
ben costruito e con un elevata percezione di quali-
tà quando lo si tiene tra le mani. Tutto ad un prezzo
che rispecchia le scelte di Microsoft con la gamma
Surface: resta un prodotto di fascia premium che può
capire solo chi non guarda solo alla scheda tecnica.
Se si guardano a processore, memorie e specifiche
Laptop Go perde in partenza.
Servono 819 euro per portare a casa il modello con
Core i5 Intel 1035G1 di decima generazione con 8GB
di RAM e 128 GB di storage. Si può risparmiare qual-
cosa con la versione da 64 GB, sconsigliata però per
la presenza di un disco da 64 GB eMMC, troppo lento
per gli standard di oggi. Il modello di fascia alta costa
1019 euro e ha sempre 8 GB di RAM ma un disco da
256 GB: 200 euro in più per 128 GB in più sono one-
stamente una rapina, fanno sembrare quasi economi-
ci (e non lo sono) i 230 euro chiesti da Apple per 256
GB in più. Per fortuna, vedremo dopo, sulla versione
ad 128 GB il disco non è saldato.
TEST Il nuovo pc della famiglia Surface ha una qualità costruttiva sopra la media e alcune idee interessanti, come lo schermo 3:2
Microsoft Surface Laptop Go, la recensione Buona l’idea, un po’ meno la realizzazioneNonostante le buone intenzioni, Surface Laptop Go scivola su alcuni aspetti banali. La tastiera, ad esempio, non è retroilluminata
La costruzione non si discute: finiture premium in 1.1 KgLa qualità costruttiva di un Surface è un qualcosa che
solo chi ne ha avuto uno o lo ha toccato con mano
può capire. Il corpo di Laptop Go è in alluminio, sia la
parte che include lo schermo sia la zona con la tastie-
ra. Solo la zona inferiore è in policarbonato, con una
finitura soft davvero piacevole. La cerniera è robusta,
tanto robusta che con il laptop nuovo si fa fatica ad
aprire lo schermo con un solo dito, operazione resa
difficoltosa anche dall’assenza di una scanalatura che
aiuta a fare presa. C’è solo un leggerissimo scalino,
percepibile con il polpastrello: lo schermo sporge di
una frazione di millimetro, quanto basta per far presa.
I peso è di 1.1 Kg, e lo schermo è è un inedito 12.4”
in formato 3:2, aspect ratio perfettamente indovinato
per un notebook: c’è tantissimo spazio per lavorare.
Le cornici sono sottili, ma quello che più stupisce è
lo spessore del blocco monitor, una lastra di vetro e
alluminio difficilissima da flettere anche con le dita, è
davvero robusta.
Purtroppo, nonostante con uno spessore abbondante
ci fosse spazio, Microsoft ha scelto di dotare il Surface
Laptop Go di una webcam spillo, un puntino piccolis-
Surface Laptop GoCOSTA TROPPO, E OFFICE NON È NEPPURE INCLUSO 649,00 €
Il Surface Laptop Go non può essere paragonato agli altri laptop che fanno delle specifiche tecniche un vanto. Siamo davanti ad un prodotto diverso, dove Microsoft ha preferito spendere per la cura dei dettagli, per i materiali e per lo schermo piuttosto che inserire un processore potentissimo in una scocca completamente in plastica. Ci ricorda un pochino il primo Surface Go: un prodotto bello per la sua particolarità, ma con diverse cose sulle quali è difficile passare sopra con facilità. Il target è quello casa / scuola, non è un laptop da gioco e neppure da video editing, lavoro, encoding video o altro: va bene per navigare su internet, scrivere mail, guardare film, scrivere documenti e fogli di calcolo, compilare presentazioni e giocare a Solitario o a Campo Minato. Oggi tutti sono portati a chiedere, quando comprano un prodotto, anche quello che non serve pensando che possa servire in futuro, il Laptop Go non fa per loro, perché nasce per fare poche cose ma per farle bene. Ha un’ottima tastiera, ha uno schermo di eccellente qualità, una batteria che dura e una scocca robusta che non lascia impronte. Purtroppo il prezzo è alto, e parte da 819 euro per l’unica versione che noi consiglieremmo, quella con disco SSD. A questo prezzo non si possono accettare una tastiera non retroilluminata e soli 128 GB di storage, sono effettivamente troppi come è troppo quanto richiesto da Microsoft per la versione da 256 GB. Come è difficile digerire la webcam piccolissima e il fatto che Office vada pagato. E’ di Microsoft, è uno strumento indispensabile per un prodotto come questo: renderlo disponibile in forma gratuita, magari assieme a GamePass Cloud, avrebbe reso questo Surface Laptop Go il notebook più leggero, completo e conveniente su mercato.
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
8 7 8 8 7 77.6COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEOttima qualità costruttivaFormato dello schermo 3:2 ottimaleSSD aggiornabile dall’utente
Webcam di qualità mediocrePrezzo elevato nella configurazione intermediaLa tastiera non è retroilluminata
segue a pagina 24
lab
video
Uno scalino di una frazione di millimetro è l’unico appiglio per aprire il notebook con una mano.
torna al sommario 24
MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020
TEST
Microsoft Surface Laptop Gosegue Da pagina 23
simo con una risoluzione di 720p, una nota stonata.
Microsoft è l’unica che dota i suoi prodotti di webcam
di qualità: Surface Go 2, ad esempio, ha una eccel-
lente webcam da 5 megapixel ed è forse il miglior
2 in 1 che si possa avere per la scuola a distanza. Le
immagini della camera di Surface Go 2 sono nitide,
vivide, ben bilanciate nell’esposizione e nel punto di
bianco. La fotocamera frontale di Surface Laptop Go
è invece appena sufficiente, e se in altri tempi questa
cosa sarebbe passata in secondo piano oggi la web-
cam è più importante che mai e nel giudizio questa
scelta pesa, vista anche la “tradizione” di Microsoft
con le webcam.
Di fianco alla webcam trovano spazio due microfoni,
ottima la qualità delle chiamate, ma mancano le due
camere di Windows Hello: l’autenticazione biometria
usa il sensore di impronte digitali nascosto sotto il ta-
sto di accensione.
Questo è l’unico tasto retroilluminato di tutta la tastie-
ra, secondo grosso difetto dopo la webcam: manca
totalmente la retroilluminazione della tastiera, ed è
una seconda assenza che pesa non poco.
Peccato, perché la tastiera è fantastica, con il giusto
gap tra i tasti, una escursione ampia, un feeling di
digitazione che rappresenta una via di mezzo tra le
vecchie tastiere con i tasti spessi e quelle ultra piatte
e scomode. Non ci piace solo la disposizione dei tasti
a croce: Microsoft ha tenuto i tre tasti in linea con la
stessa altezza e tante volte, per questo motivo, viene
istintivo premere lo shift al posto della freccia su.
Il trackpad è centrato, ampio quanto possibile, cro-
maticamente abbinato ai tasti: le dita scivolano con
dolcezza e precisione, il trattamento superficiale è
perfetto, nessun attrito neppure con le dita umide.
Microsoft ha voluto tenere una tastiera molto ampia,
con pochissimo spazio ai bordi, e per questo motivo
è riuscita a inserire i diffusori ai lati. Ha preferito non
metterli nella parte inferiore, e li ha inseriti sotto la ta-
stiera, nascosti. L’audio esce un po’ dalla tastiera e un
po’ dalla ghiera di dissipazione: i due speaker suona-
no discretamente, ma non allo stesso livello del Sur-
face Go 2 con i due speaker inseriti a bordo schermo.
Poche le opzioni di connettività, ma almeno sono va-
rie: c’è una USB classica, una Type C e un jack audio,
di fianco al classico connettore Surface Connect.
Si potrebbe pensare che quest’ultimo sia l’unico
modo che permette la ricarica veloce, ma non è così:
tramite USB Type C con un alimentatore adeguato il
Surface Laptop Go usa il PowerDelivery a 20 V e ri-
esce ad arrivare a 60 watt di carica, usando il profilo
20V e 3 ampere. Questo quando la batteria è vuota,
poi si stabilizza come si vede dalla foto sotto attor-
no ai 35 watt fino a ricarica completa. Usando un
caricatore Power Delivery adeguato tramite USB-C
il Laptop Go si ricarica quindi più velocemente che
con l’alimentatore Microsoft da 39 watt in dotazione.
Il connettore proprietario di Microsoft non offre quin-
di alcun vantaggio rispetto al Type C, e nonostante
con l’aggancio magnetico sia sicuro e pratico, resta
comunque un connettore proprietario. Per il tipo di
notebook crediamo che la dotazione si prese sia più
che adeguata: se si usa il suo caricatore restano libe-
re due USB, una per tipo, e si possono collegare an-
che chiavette senza adattatore. La porta USB Type è
una Gen 1 da 5Gb/s e supporta anche la connessione
di display esterni usando il Display Port, massimo un
monitor 4K a 60p o due monitor 4K a 30p.
Non è un notebook da prestazioni, ma l’autonomia è ottimaIl cuore del Surface Laptop Go è il processore Intel
Core i5 di decima generazione 1035G1, 1 GHz come
frequenza di base e 3.5 Ghz in boost. E’ un proces-
sore a 4 core con un TDP di 15 watt raffreddato at-
tivamente con una ventola, un ottimo compromesso
in termini di prestazioni e autonomia. La RAM è un
banco da 8 GB di LPDDR4x saldata sulla scheda men-
tre il disco è un SSD da 128 GB che, fortunatamente,
non è saldato: è saldato solo nella versione da 64 GB
eMMC. Questo vuol dire che chi prende il modello da
819 euro può sostituire il disco in caso di necessità
rimuovendo le viti nella parte inferiore, sotto i piedini
di gomma. Un upgrade “fai da te” costa molto meno
di quello proposto da Microsoft.
Lo schermo è un PixelSense touch screen in formato
3:2, con un buon trattamento antiriflesso nonostante
la finitura molto lucida.
Ha 12.4” di diagonale e 1536 x 1024 pixel di risolu-
zione, più che adeguati per dare una sensazione di
compattezza senza incidere troppo sull’autonomia.
Non è tuttavia uno schermo da effetto wow alla pri-
ma accensione, e non sappiamo neppure se definir-
lo uno schermo hi-dpi: i pixel si vedono, le font e le
icone sono leggermente sgranate, ma d’altra parte
ha una solo 1.5 milioni di pixel contro i 5.5 milioni del
fantastico schermo che Microsoft ha messo sul Sur-
face Pro X. Lo schermo non è neppure compatibile
con Microsoft Pen, è solo un preciso schermo touch.
Per valutare le prestazioni di questo notebook come
Tramite USB Type C con un alimentatore adeguato il Surface Laptop Go usa il PowerDelivery a 20 V e riesce ad arrivare a 60 watt di carica, usando il profilo 20V e 3 ampere.
Ecco i punteggi di Surface Laptop Go confrontati con quelli ottenibili con l’Honor MagicBook Pro, che ricordiamo costa 649 euro ma che è un tipo di notebook differente, più pesante, con schermo più grande e con autonomia inferiore. segue a pagina 25
torna al sommario 25
MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020
sempre ci siamo adattati a quello che è il suo target:
non è un notebook da gioco, non è un notebook per
la produzione video, non è un notebook per il calcolo
3D. Va bene per tutto il resto, anche per fare un po’
di programmazione con Visual Studio code o con
software di base. Per dare un’idea “numerica” di quelli
che possono essere i risultati in termini di prestazioni
abbiamo sfruttato una serie di test su applicativi reali,
dalla suite di Office alla navigazione web con Edge e
Firefox, misurando non solo il tempo di avvio ma anche
le prestazioni in alcune operazioni di base. Per farlo ci
Le prestazioni con Lightroom, Photoshop e Affinity, anche queste confrontate con alcuni notebook pro-vati di recente. Ci teniamo a precisare che non sono notebook appartenenti alla stessa classe di prezzo, ma abbiamo iniziato ad applicare questo tipo di test standard a tutti i notebook provati. Nei prossimi mesi il database con i dati si arricchirà con altri modelli. Le prestazioni del Surface Laptop Go sono di gran lunga inferiori a quelle degli altri modelli provati.
TEST
Microsoft Surface Laptop Gosegue Da pagina 24
siamo serviti di PC Mark Professional, che dopo aver
simulato alcune operazioni come la scrittura, l’inseri-
mento di una foto in un documento, la navigazione su
diversi siti e l’esecuzione di formule su celle Excel resti-
tuisce un punteggio numerico. Abbiamo anche provato
a fare un encoding con FFmpeg di un file ProRes, ope-
razione fatta più che altro per capire come il Surface
Laptop Go si destreggia con un task impegnativo per il
processore. Il risultato è un 1035G1 che arriva al 100%
senza però mai scaldare troppo, con la ventola che si
sente in modo distinto e prestazioni ben lontane da
quelle offerte da altri sistemi. Con il processore a pieno
carico, durante l’encoding, il clock parte a a 2.5 GHz
per poi scendere a 1.6 Ghz dopo pochi minuti. Con
la riduzione del clock scende anche la temperatura,
mai eccessiva, e quindi anche i consumi. Inizialmente
il consumo è pari a 20 watt, poi si stabilizza a 15 watt.
L’autonomia generale è più che buona: il profilo di
consumo impostato da Microsoft è molto conserva-
tivo, e piuttosto che “bruciare” la batteria in poche
ore preferisce frenare le prestazioni di task che sono
power consuming. Si riescono a fare dalle 6 alle 8 ore
con lo schermo a metà luminosità.
Il Surface Laptop Go è un laptop con prestazioni
adeguate per navigare sul web, fare videoconferen-
ze, scrivere documenti Office e rispondere alle mail.
Questo non vuol dire che non si possono sviluppare
fotografie RAW, fare editing di piccoli filmati anche in
4K o programmare: tutto si può fare, piano, ma ci sono
prodotti che offrono prestazioni migliori.
di Sergio DONATO
Microsoft ha snocciolato una serie
di numeri che intendono foto-
grafare l’accoglienza al lancio
delle nuove console Xbox Series X e S.
Numeri che sono interessanti ma che
bisogna leggere anche con molta at-
tenzione.
Si parte dai 3.800 titoli giocati e di “mi-
liardi di ore” passate giocando nel corso
dell’ultimo mese, ma questi dati fanno ri-
ferimento all’intero universo Xbox, e non
specificamente a quello delle due nuove
console. Inoltre, rispetto allo stesso pe-
riodo dello scorso anno, nel mese di no-
vembre 2020 la partecipazione mensile
a Xbox Game Pass è più che radoppiata.
Sebbene le nuove Xbox abbiano quasi
sicuramente avuto il ruolo di traino nella
crescita, anche in questo caso si tratta di
un dato generico. Microsoft ha però for-
nito anche numeri più dettagliati riferiti al
mese di novembre circa le nuove console.
Più di un 1,6 milioni di “aggiornamenti” di
giochi sono stati consegnati ai possessori
di Xbox Series X e S attraverso Smart De-
livery. La funzione Smart Delivery consen-
te agli utenti che possiedono la versione
di un gioco per Xbox One di avere diritto
alla versione per Xbox Series X o S quan-
do avranno la nuova console, in modo da
non dover comprare due versioni diverse
Microsoft ha quindi detto che tramite
Smart Delivery sono stati distribuiti 1,6
milioni di giochi sulle due nuove console.
Il dato purtroppo non ci dice niente sulle
unità di Xbox Series X e S vendute, perché
un profilo di gioco può essere abbinato a
più giochi. Più del 40% di coloro che si
sono uniti a Xbox per la prima volta, però,
lo ha fatto attraverso una Xbox Series S,
segno che la nuova console “solo digita-
le” ha saputo esercitare un forte richiamo.
L’Europa è stata una delle regioni più ve-
loci a esaurire le console a disposizione.
Su oltre quaranta mercati, le Xbox Series
X e S hanno registrato il record di vendite
in poche ore nel Regno Unito, in Francia
e in Germania. Tra i videogiochi più gioca-
ti - però per l’intero servizio Xbox Game
Pass, quindi non specificamente attraver-
so le nuove console – compaiono De-
stiny 2: Beyond Light, Rainbow Six: Siege,
Tetris Effect Connected, e Star Wars: Jedi
Fallen Order con l’accesso anticipato su
Xbox Game Pass Ultimate.
Nella primavera del 2021, il cloud gaming
GAMING L’Europa è stato il mercato più veloce ad acquistare le nuove console Microsoft Xbox Series X e S. Sparite in poche ore
Microsoft: “Xbox Series X e S vendute in poche ore in Europa Nella primavera 2021 Project xCloud arriva su iOS e PC”Smart Delivery ha distribuito più di 1,6 milioni di giochi e il 40% dei nuovi utenti è entrato in Xbox dopo l’acquisto di una Xbox Series S
via Xbox Game Pass Ultimate arriverà
sui PC Windows attraverso l’applicazio-
ne Xbox o il browser, e sui dispositivi iOS
utilizzando il browser mobile. In questo
modo, Microsoft intende aggiungere
oltre un miliardo di dispositivi all’eco-
sistema Xbox. Infine, Microsoft ha fatto
riferimento anche a un “numero infinito”,
quello di Halo Infinite. Così come già
annunciato congiuntamente da 343 In-
dustries e Microsoft, Master Chief rifarà
la sua comparsa solo nell’autunno del
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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020
di Gaetano MERO
Con la linea Edge si è aperto per Motorola un
nuovo capitolo all’interno dell’affollatissimo
settore smartphone Android, con l’obiettivo di
conquistare la fascia alta del mercato. Due i termina-
li che fanno parte della gamma: Edge ed Edge Plus,
dispositivi indistinguibili dal punto di vista del design
ma profondamente diversi a livello hardware tanto da
avere un prezzo di listino l’uno il doppio dell’altro, ri-
spettivamente 599 euro e 1.199 euro.
Il modello oggetto della nostra prova è quello base,
e nonostante abbia a disposizione meno risorse e
prestazioni meno elevate rispetto alla versione Plus
è riuscito ad indicarci in modo chiaro la strada che
Motorola intende percorrere. Ciò che ci ha lasciato
perplessi durante le giornate di utilizzo è stata la ge-
stione software un po’ confusa, non particolarmente
ottimizzata per un modello con schermo curvo, assie-
me ad alcune assenze che fanno sentire il loro peso
in questa fascia di prezzo. Vi spieghiamo il perché nel
nostro approfondimento.
Display super-curvo e luminos il biglietto da visita di Motorola EdgeMotorola Edge è stato progettato per non passare
inosservato, soprattutto a display acceso. A bordo è
presente un pannello OLED Full HD+ da 6,7’’ con riso-
luzione 1080 x 2340 pixel, curvatura con angoli di 90
gradi, frequenza di aggiornamento a 90Hz e cornici
ridotte al minimo con un rapporto corpo/schermo su-
periore al 95%. Si tratta di una delle proporzioni tra le
più alte del settore, ma c’è un trucco: la curvatura par-
ticolarmente marcata spinge le cornici laterali sui bor-
di così da non renderle visibili all’utente, ciò ha inoltre
TEST Motorola Edge inaugura una nuova gamma di dispositivi del brand americano. Curvatura spinta e materiali premium
Motorola Edge, lo smartphone curvo by Motorola Design accattivante, ma serve più sostanzaEdge è curato dal punto vista estetico, ma forse manca un software ottimizzato per sfruttare al meglio la dotazione hardware
consentito al produttore di mantenere le dimensioni
del telefono “contenute” soprattutto in termini di lar-
ghezza (71,1 cm) nonostante il display. L’altezza misura
161.6 mm, lo spessore è di 9.3 mm risentendo chiara-
mente della sbordatura, mentre il peso arriva a 188
grammi. I colori sono vividi e i dettagli definiti, grazie
alla compatibilità con lo standard HDR10 che permet-
te di godersi al meglio i contenuti in streaming. Ottima
anche la luminosità che raggiunge i 532 nits e con-
sente una facile lettura delle informazioni sotto la luce
diretta del sole. Il display è interrotto da un foro in alto
a sinistra in cui è ospitata la fotocamera frontale, men-
tre la protezione è riservata al Gorilla Glass 5.
Lo smartphone è tenuto insieme da una cornice in al-
luminio, che riprende lo stesso colore della scocca.
Sul lato destro trovano spazio bilanciere del volume e
tasto di accensione/spegnimento, con il classico grip
diventato tratto distintivo dei dispositivi del marchio.
Il lato superiore ospita un microfono e il carrellino per
l’inserimento della nano SIM e della microSD o secon-
da SIM, sul lato inferiore è collocato lo speaker, il se-
condo microfono, l’ingresso USB di tipo C e il jack da
3,5 mm. Sul retro troviamo infine il set di fotocamere
con una sporgenza ridotta al minimo e l’immancabile
flash LED. Nota negativa per il retro scocca, rivestito
da policarbonato lucido non proprio oleofobico, par-
ticolarmente scivoloso e soggetto ai graffi, tanto da
costringere all’utilizzo della cover protettiva.
segue a pagina 27
Motorola EdgeMOTOROLA OSA CON LA LINEA EDGE. ORA SERVE DARE UN SENSO ALLO SCHERMO CURVO
599,99 €
Edge inaugura una nuova gamma di dispositivi per Motorola, in cui il design costituisce indubbiamente l’elemento chiave. Dopo aver ammirato curvatura estrema e definizione del display arriva però il momento di utilizzare in modo concreto lo smartphone, entrando nel pieno dell’esperienza utente. Motorola Edge è un telefono scattante che compie il suo lavoro senza evidenti difficoltà o rallentamenti, passando in modo fluido dai social alla navigazione, dal gioco in 3D fino alle app pensate per la produttività. Il display è notevole e rende particolarmente appagante la fruizione di contenuti video in streaming, a cui si associa un audio stereo pulito e ben calibrato. Osare con un form factor di questo tipo richiede tuttavia a Motorola uno sforzo lato software maggiore rispetto alla versione di Android semi-stock a cui il brand ha abituato gli utenti. Durante l’utilizzo ci si scontra difatti con alcuni limiti dell’attuale My Ux che non sfrutta al massimo le potenzialità di Edge, ad esempio con feature ad hoc, e non consente un livello di personalizzazione superiore, come ci si aspetterebbe in questa fascia di prezzo. Anche il comparto fotografico è poco equilibrato, con scatti poco definiti e colori spenti soprattutto di sera. La strada intrapresa da Motorola è comunque quella giusta, il passo successivo, a nostro avviso, dovrà essere quello di fornire ad Edge un tratto distintivo che possa offrire agli utenti qualcosa in più giustificando il prezzo facendo brillare la linea nell’affollato segmento Android.
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
8 7 9 7 7 77.6COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEDesignFluidità sistemaDisplay a 90Hz compatibile con HDR10
FotocamereGestione softwareAssenza di ricarica wireless
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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020
TEST
Motorola Edgesegue Da pagina 26
Sistema reattivo e operazioni veloci, ma la My Ux mostra i suoi limitiMotorola Edge si è dimostrato particolarmente scat-
tante durante il nostro lungo periodo di test. Il merito
è del chipset Qualcomm Snapdragon 765G realizzato
con processo produttivo a 7 nanometri, un octa-co-
re che raggiunge un picco di 2,4 GHz. Il processore
è affiancato dalla GPU Adreno 620 ed è compatibile
con la rete 5G, rendendo dunque il dispositivo pronto
ai servizi di nuova generazione. La memoria è compo-
sta da 6GB di RAM e 128GB destinati all’archiviazione,
espandibili tramite una classica microSD. A rendere più
facile il lavoro di gestione ci pensa una versione An-
droid semi-stock, a cui Motorola apporta qua e là per-
sonalizzazioni e feature racchiuse nella My Ux. Questa
volta però il tocco leggero del brand non ci ha convinti
del tutto.
Bisogna essere consapevoli che uno smartphone con
display curvo come Motorola Edge presenta alcuni
compromessi in termini di usabilità. Le migliaia di ap-
plicazioni Android non sono progettate per lavorare
su display di questo tipo e molto spesso a risentirne è
proprio la fruibilità: le informazioni presenti ai lati dello
schermo rischiano difatti di non essere viste dall’uten-
te. Ciò accade soprattutto mentre si naviga sul web e
si visualizzano dei testi, ma si rivela particolarmente
frustrante anche quando vengono visualizzati video a
tutto schermo in cui si verifica un “effetto lente” poco
naturale in prossimità dei bordi, probabilmente per
un gioco di riflessi con il vetro protettivo. Per ovviare
a questo problema Motorola ha inserito la funzione
“schermo sui bordi” con cui ridurre, deselezionando la
spunta per singola app, l’area di schermo utilizzato e
avere dunque un’immagine completa, anche se ristret-
ta, che non va a finire sulla cornice.
La funzionalità può essere impostata da menù sce-
gliendo singolarmente le app su cui disattivare i bor-
di oppure con un doppio tocco sulla barra laterale,
quando attiva. L’opzione però non può essere ado-
perata con tutte le applicazioni, funziona ad esempio
con Chrome ma non se si accede alla barra di ricerca
Google o all’applicazione Google Podcast. Inoltre, non
compie miracoli: la curvatura resta visibile anche con i
bordi disattivati e se ne deve prendere atto.
Un’altra complicazione data dai bordi estremamente
curvi viene fuori con le gesture introdotte da Android
10. In particolare, attivare il comando che consente
di tornare indietro nelle schermate – scorrendo dal
bordo destro o sinistro verso l’interno – non è sem-
pre un’impresa facile: è capitato spesso che il gesto
sia andato a vuoto o che abbia richiamato per sbaglio
la barra intelligente. Il software a bordo prova ad ogni
modo a rendere meno sensibile lo schermo sui lati, so-
prattutto durante l’impugnatura, ma non è un compito
così semplice e il tocco involontario con l’apertura di
qualche app è sempre dietro l’angolo.
Motorola ha compiuto comunque uno sforzo in termini
di design e questo va riconosciuto. Il display è di otti-
ma fattura, i 90Hz e l’HDR10 danno quella spinta in più
rendendo video e giochi assolutamente godibili anche
se non sono fondamentali. Le nostre obiezioni riguar-
dano semplicemente l’utilità che bordi estremamente
curvi come quelli presenti sull’Edge possono avere per
l’utente finale, al di là dell’aspetto puramente estetico.
Oltre all’illuminazione sui bordi all’arrivo delle notifiche,
il Motorola Edge è dotato di Active Display versione
rivisitata dell’Always on Display già vista nei preceden-
ti smartphone del produttore. Lo schermo non resta
dunque sempre acceso, come ci saremmo aspettati in
presenza di un OLED, ma si attiva all’arrivo di una noti-
fica, se si sfiorano bordi e superficie o se si passa una
mano sopra la fotocamera frontale. Il sistema tuttavia è
particolarmente pigro, dunque si fa prima a prendere il
mano il dispositivo per controllare le notifiche che affi-
darsi a tale funzionalità. Motorola Edge in definitiva si è
comportato bene nelle operazioni quotidiane, passan-
do dai social alla navigazione, dall’ascolto di musica in
streaming alla visione di contenuti online. Nessun se-
gno di stanchezza o rallentamento con le app aperte
in background nonostante i 6GB di RAM nel segmento
Android inizino a stare un po’ stretti. Premendo il tasto
Motorola è possibile accedere ad una serie di accorgi-
menti per personalizzare la propria esperienza d’uso
oltre a consultare suggerimenti in merito alle funziona-
lità extra disponibili. Tra queste spicca la modalità gio-
co ribattezzata Moto Gametime: si tratta di un’opzione
studiata per garantire performance migliori durante
le sessioni di gioco. Il dispositivo è infatti in grado di
bloccare le notifiche e la luminosità adattiva, liberare
la RAM e offrire una barra di strumenti a scomparsa, al
fine di non disturbare il giocatore.
Foto scure e selfie non sempre a fuoco: Motorola Edge non è un camera phoneLo diciamo subito: l’esperienza fotografica con Moto-
rola Edge ci ha un po’ deluso. Lo smartphone monta
sul retro un set composto da quattro sensori: principa-
le da 64MP con apertura f/1.8 e messa a fuoco auto-
matica, teleobiettivo da 8MP con zoom ottico 2x, gran-
dangolare da 16MP e apertura f/2.2, sensore ToF 3D
utilizzato per migliorare la profondità nelle immagini.
Sulla carta un’ottima dotazione dunque, che si avvale
inoltre di tecnologie come l’AI, per stabilire autonoma-
mente i parametri giusti prima di ogni scatto, e Quad
Pixel, per aumentare la luminosità in caso di poca luce
nell’ambiente. Le foto realizzate hanno rivelato tutta-
via alcuni limiti dell’intero comparto multimediale, con
scatti che presentano colori poco vividi, scene scure
e una messa a fuoco non sempre precisa. Gli scatti
effettuati di giorno restituiscono dettagli definiti ma
basta qualche nuvola per scurire la scena. Anche il
teleobiettivo e la fotocamera grandangolare non sem-
brano avere problemi con scene in cui c’è molta luce.
segue a pagina 28
torna al sommario 28
MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020
Qualche difficoltà la si riscontra comunque nelle inqua-
drature di panorami urbani, in cui i contorni degli edifici
in lontananza appaiono meno precisi. La situazione
cambia drasticamente quando non si è sotto la luce
diretta del sole: le immagini diventano meno definite, i
colori più spenti ed è necessario eseguire più tentativi
per ottenere un risultato di qualità sufficiente. Di sera le
foto assumono un colore ambrato grazie all’intervento
dell’AI: un metodo per rendere meno evidenti le sba-
vature date dalla poca illuminazione, adottato anche
da altri dispositivi. Teleobiettivo e grandangolare risen-
tono chiaramente degli stessi difetti della fotocamera
principale, con lo svantaggio di avere una risoluzione
inferiore. Negli scatti è evidente una difficoltà generale
nella messa a fuoco, che rende le foto passabili per
una pubblicazione veloce sui social più che per essere
conservate come ricordo negli anni. Con le macro lo
smartphone si comporta piuttosto bene, probabilmen-
te sono gli scatti che convincono di più pur con le soli-
te difficoltà nei colori. La fotocamera frontale, ricavata
all’interno di un foro del display, monta un sensore da
25MP, con apertura ampia f/2.0 e compatibilità con
HDR. Qui la situazione è decisamente più drammatica:
i selfie sono quasi sempre fuori fuoco, con colori poco
naturali che tendono al giallo e al rosso. La camera en-
I NOSTRI SCATTI DI PROVA clicca per l’ingrandimento
tra in crisi quando è presente più di un soggetto, in cui
le sfocature sono ancora più lampanti. Un problema
che rientra probabilmente anche nella calibrazione del
sensore e che Motorola ha provato a sistemare con gli
ultimi aggiornamenti. Sul lato video nulla da eccepire,
Motorola Edge può registrare filmati in 4K fino a 30fps,
oppure con risoluzione Full HD fino a 60fps. Presente
una buona stabilizzazione elettronica e la possibilità di
utilizzare non solo il sensore principale ma anche gran-
dangolo e teleobiettivo (in questo caso però ci si dovrà
accontentare della definizione FHD). I video possono
essere realizzati altresì con la fotocamera frontale, qui
la qualità massima scende al Full HD fino a 30fps e per-
de purtroppo la stabilizzazione.
Ricarica veloce da 18W e autonomia nella media. Rapide le funzioni di sbloccoMotorola Edge integra una batteria da 4.500 mAh, in
grado di assicurare un’intera giornata di utilizzo inten-
so senza problemi. Il sistema supporta la ricarica velo-
ce TurboPower a 18W, leggermente inferiore rispetto
a quanto offerto dalla concorrenza, mentre manca la
compatibilità con la ricarica wireless. Il lato connettivi-
tà è supportato dal già citato 5G a cui si aggiungono
Wi-Fi 802.11 a/b/g/n/ac dual-band, Bluetooth 5.1, NFC e
l’immancabile GPS. Le funzioni di sblocco sono gestite
dal sensore di impronte posto sotto il display, partico-
larmente efficace e veloce, e dalla fotocamera frontale
tramite riconoscimento del volto, con la quale non ab-
biamo riscontrato grossi problemi soprattutto di giorno.
Di sera e in ambienti poco illuminati lo sblocco con il
volto fa chiaramente più fatica, richiedendo l’utilizzo
dell’impronta o l’inserimento del pin per accedere allo
smartphone. Degna di nota è infine l’esperienza audio:
gli speaker stereo – uno collocato a fine scocca e l’altro
all’interno della capsula auricolare – sono stati proget-
tati in collaborazione con Waves e regalano un suono
definito e senza distorsioni anche al massimo del vo-
lume. La presenza del jack da 3,5 mm consente di uti-
lizzare le cuffie preferite, mentre il sistema Moto Audio
garantisce una personalizzazione del suono in base al
contenuto e al proprio sistema di ascolto. Qui abbiamo
constatato l’assenza di un lettore progettato da Motoro-
la per l’ascolto, che sceglie di affidarsi esclusivamente
all’app YouTube Music: si tratta di una mancanza che
probabilmente molti degli utenti non noteranno ma
rende l’esperienza meno completa per chi preferisce
ancora salvare la musica preferita – magari con brani
introvabili sulle piattaforme streaming – direttamente
nella memoria interna del telefono o su una microSD.
TEST
Motorola Edgesegue Da pagina 27
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MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020
di Mirko SPASIANO
A qualche mese dal lancio del Venu, Garmin ne
ha annunciati un paio di fratellini, peraltro sen-
sibilmente più economici sotto l’insegna Venu
Sq: alla versione “liscia” si affianca infatti la Music
Edition, che, colorazioni a parte, si differenzia esclu-
sivamente per la possibilità di archiviare circa 500
canzoni sullo smartwatch. La versione che ci è stata
inviata in redazione è proprio quest’ultima e ci ha
accompagnato al polso per diverse settimane. Lo
abbiamo trovato estremamente concreto, con pochi
fronzoli e, per certi versi, ci ha restituito sensazioni
simili a quelle che ci ha dato il Fitbit Versa 2 lo scor-
so anno: pur essendo decisamente più votato all’u-
so come sportwatch, l’impressione è che si potesse
fare qualcosina in più sotto il profilo del design.
Non brilla sotto il profilo dell’esteticaAl primo approccio è davvero difficile apprezzare
uno smartwatch come il Venu Sq. Nonostante il bi-
nomio di colori blu navy-oro sia senz’altro una scel-
ta vincente, la differenza in termini d’estetica con il
fratello maggiore si vede tutta. Al di là di un display
quadrato a fronte di uno schermo circolare, il Venu
Sq non si fregia di linee sinuose; anzi, è di una sem-
plicità estrema. Se sotto il profilo del parco sensori
non c’è una grossa differenza con il Venu “standard”,
si capisce subito dov’è che Garmin si sia focalizzata
nel ridurre i costi. Lo schermo è un LCD da 1,3 pollici
di diagonale, con una risoluzione da 240 x 240 pixel,
incastonato in una cassa da 40,6 x 37,0 x 11,5 millime-
tri. La risoluzione dello schermo non è propriamente
entusiasmante, ma è sicuramente più che sufficien-
te, soprattutto quando si fa sport. Le dimensioni del-
lo smartwatch sono giuste, ma le cornici – peraltro
asimmetriche per ospitare il logo Garmin in basso
– sono anacronistiche. Nonostante la profondità del
nero sia notevole per un LCD, si vede che lo scher-
mo non è AMOLED ed è un peccato, perché avrebbe
aiutato tanto a occultare le cornici. Nel complesso, la
TEST La nostra prova dello smartwatch Venu Sq è stata un’altalena di emozioni. Ecco le nostre sensazioni sulla versione Music Edition
Abbiamo provato Garmin Venu Sq Music Edition Uno smartwatch di poca apparenza e tanta sostanzaLo abbiamo trovato molto concreto, con pochi fronzoli, ma col tempo si impara ad apprezzare, soprattutto come sportwatch
luminosità del display è discreta (sconsigliamo, però,
di settare la luminosità sul livello più basso: lo scher-
mo risulta davvero troppo scuro), tutto sommato ben
assistita da un sensore di luminosità ambientale. La
regolazione automatica della luminosità è forse un
pelo troppo ballerina in condizioni di scarsa luce am-
bientale artificiale: in questo contesto, può risultare
leggermente fastidiosa. Davvero superlativo, invece,
il trattamento olefobico. Bella la ghiera in alluminio
anodizzato, che alloggia su una cassa in polimeri fi-
brorinforzati. Sul lato destro trovano posto due tasti
fisici che sono una vera manna dal cielo per inte-
ragire con lo smartwatch durante l’attività fisica. Le
dimensioni compatte, unite a un peso di poco infe-
riore ai 38 grammi, rendono il Venu Sq comodo e ab-
bastanza discreto, sebbene delle linee più bombate
sui bordi avrebbero giovato ai fini della vestibilità
(soprattutto nel caso di maniche abbastanza strette).
Ottima la scelta di ricorrere a cinturini standard da
20 millimetri, ma il meccanismo di rilascio rapido non
è tra i più pratici che abbiamo provato. Inoltre, pur
essendo di silicone di buona fattura, il cinturino in
dotazione offre resistenza quasi nulla in corrispon-
denza delle cerniere, dando un’errata impressione
di un prodotto scadente. Per chi – come chi scrive
– ha la pelle particolarmente sensibile, si suggerisce
sempre di far respirare/asciugare bene il polso prima
di indossare qualsiasi orologio con cinturino in silico-
ne, dopo l’attività fisica e quando si bagna; in caso
contrario, si può incorrere in una leggera irritazione.
In questo senso, il Venu Sq non fa eccezione.
Difficile fare di meglio in quanto a sensori in questa fascia di prezzoParticolarmente ricco il parco sensori, soprattutto se
rapportato al prezzo del Venu Sq: oltre all’imprescin-
dibile accelerometro, vi sono il sensore ottico (con
la rinomata tecnologia Garmin Elevate) per il rileva-
mento del battito cardiaco e il pulsossimetro per la
misurazione della saturazione dell’ossigeno nel san-
gue. Manca l’altimetro, ma, in compenso, ci sono il
tris GPS, GLONASS e Galileo – una rarità assoluta –,
accompagnato dalla bussola. Il Venu Sq è infatti piut-
tosto rapido ad agganciare la posizione (mediamen-
te ampiamente sotto i 30 secondi) e fornisce anche
una traccia abbastanza precisa.
Non possono mancare, poi, le antenne Wi-Fi e Blue-
tooth, oltre al supporto al protocollo ANT+, in piena
tradizione Garmin. Ci sono anche il chip NFC per
i pagamenti con Garmin Pay e un motorino per la
vibrazione piuttosto debole. Come in tutti i sistemi
proprietari che non appartengono a colossi come
Apple, Samsung e Google, le banche supportate non sono tantissime. In questo senso, il supporto a
servizi come Revolut e Nexi è un’ancora di salvezza.
Quanto alla vibrazione, anche se impostata al livel-
lo più alto, risulta relativamente fiacca, offrendo un
feedback poco soddisfacente e sicuramente non
all’altezza del prezzo. Come anticipato, poi, Garmin
ci ha inviato in redazione la versione Music Edition,
che include un’unità di archiviazione riservata al ca-
ricamento della musica. A quanto ammonti specifica-
mente questa capacità non è dato saperlo, se non
per un vago “si possono salvare fino a 500 brani”.
Ciò si traduce nella sincronizzazione su smartwatch,
via Wi-Fi, delle playlist di Spotify, Deezer e Amazon
Music: la procedura di connessione al Wi-Fi e di ri-
conoscimento del dispositivo è un po’ tediosa, ma,
una volta che la si è portata a termine, fare sport
segue a pagina 31
torna al sommario 31
MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020
senza portarsi il telefono dietro è una vera goduria.
Rispetto al modello base del Venu Sq, però, cotanta
grazia porta con sé un sovrapprezzo di 50 euro, ma
è difficile dire se sia giustificato. Se Garmin avesse
offerto una sola variante di Venu Sq, specificamente
la Music Edition, a 200 euro, la sua proposta sareb-
be stata veramente allettante.
Come di consueto, non ci dilunghiamo sulla preci-
sione del contapassi: per un dispositivo da polso,
è una statistica inutile e fuorviante (basti pensare
che per un periodo abbiamo indossato il Venu Sq al
polso del braccio dominante e ha rilevato il lavarsi i
denti come una vera e propria corsa…). Quanto alle
prestazioni del sensore per il rilevamento del battito
cardiaco, ne siamo rimasti piacevolmente colpiti: con-
frontando la traccia con quella di una fascia cardio,
risulta sorprendentemente fedele, sia sotto il profilo
dell’andamento generale, sia in termini di battito me-
dio e di picco. Garmin ha fatto ancora una volta bingo,
anche su un prodotto relativamente economico.
Come smartwatch non convince appienoSe invece si guarda il Venu Sq prettamente sotto la
lente dello smartwatch, l’esperienza risulta in qual-
che misura deludente. C’è l’essenziale, come il sup-
porto alle notifiche, ai quadranti intercambiabili, ai
pagamenti contactless, alla riproduzione musicale in
Bluetooth e alle app di terze parti. Ma, al di là di una
grafica che andrebbe svecchiata un po’ – considera-
zione comunque soggettiva – è l’esperienza d’uso a
non essere esaltante.
Pur essendo possibile scaricare applicazioni di terze
parti, sul Venu Sq non c’è una schermata con la lista
delle app: dalla schermata iniziale bisogna scorrere
col dito verso l’alto o verso il basso tante volte per
raggiungere quella di proprio interesse, passando in
rassegna, volenti o nolenti, le schermate di ogni app
installata. Certo, le varie schermate si possono rimuo-
vere o riordinare, posizionando, ad esempio, il riepilo-
go di giornata in alto e le notifiche in fondo (in modo
che siano accessibili con un singolo swipe rispettiva-
mente verso l’alto e verso il basso) ma comunque non
è un sistema che brilla per immediatezza.
Per quanto concerne la gestione delle notifiche, seb-
bene siano puntualissime nella stragrande maggio-
ranza dei casi, c’è qualche aspetto che lascia l’amaro
in bocca. Tutte le notifiche che giungono allo smar-
tphone vengono replicate sul Venu Sq e possono es-
sere disabilitate per singola app sia dallo smartphone
sia direttamente dallo smartwatch: è una cosa fanta-
stica, che offrono in pochi. Molto apprezzata, poi, la
possibilità di rispondere a eventuali messaggi con
ben 9 formule preimpostate, tutte pienamente per-
sonalizzabili. Si lasciano apprezzare anche una serie
di implementazioni smart, come la modalità non di-
sturbare automatica durante il sonno, la possibilità di
personalizzare la gestione delle notifiche durante gli
allenamenti, gli avvisi sulla frequenza cardiaca ano-
mala, così come il LiveTrack per avvisare i contatti nel
caso di incidente.
TEST
Garmin Venu Sqsegue Da pagina 30
C’è da dire, però, che se si risponde a un messag-
gio direttamente dalla tendina delle notifiche dello
smartphone, si riceve la notifica della propria risposta
sul Venu Sq. Analogamente, avviando una chiamata
con WhatsApp, il Venu Sq vibra come se la si stesse
ricevendo. Componendo e inviando un tweet dallo
smartphone, ecco ancora una notifica. Inoltre, alcune
notifiche silenziose, come quelle del meteo di Goo-
gle, non sono…silenziose sullo smartwatch: ogni volta
che il meteo si aggiorna quando si accende il display
del telefono, si riceve una notifica, risultando estre-
mamente fastidioso e costringendo l’utente a disabi-
litarle. Sono tutte cose che, potenzialmente, si posso-
no sistemare con un aggiornamento, ma al momento
della prova danno l’idea di un’implementazione delle
notifiche estremamente acerba. Quanto all’esperien-
za d’uso dall’orologio, è regolata per lo più dai tasti
fisici. Una pressione rapida del tasto superiore funge
da scorciatoia verso l’app per l’attività fisica, potendo
selezionare tre attività come preferite (come corsa,
bici o nuoto); una prolungata consente di accedere al
menu comandi, che contiene 9 toggle rapidi per, tra
gli altri, la modalità non disturbare, la luminosità, Gar-
min Pay, il cronometro e la musica. È un peccato che
questa schermata non occupi tutto il display, perché
chi ha le mani grandi può far fatica con 9 toggle su
uno schermo così piccolo: superiormente, infatti, vi è
una barra che riporta lo stato di carica della batteria e
che occupa inutilmente tanto spazio. Il tasto inferiore,
invece, serve per tornare alla schermata precedente
con una pressione rapida e per accedere alle impo-
stazioni con una pressione prolungata.
Se si è sulla schermata iniziale, trascinando il dito
verso destra, si può lanciare un’app di propria scel-
ta, da settare nelle impostazioni; se, invece, si stanno
esplorando le impostazioni, uno swipe verso destra
consente di tornare indietro. Curiosamente, però, non
è prevista una funziona analoga o una qualsiasi altra
interazione per uno swipe verso sinistra.
Diverse app per gestire le funzionalità dello smartwatchDavvero singolare e non esattamente esaltante la
scelta da parte di Garmin di fare ricorso a due app
segue a pagina 32
torna al sommario 32
MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020
separate per gestire tutte le funzionalità dei suoi
dispositivi indossabili. Attraverso Garmin Connect
è possibile tenere traccia di tutti i dati raccolti dallo
smartwatch sulle prestazioni dell’utente nel corso
della giornata e, in particolare, durante l’attività fisica
(a meno che non si tratti del golf). Sempre attraver-
so Garmin Connect si può aggiornare lo smartwatch
OTA. Anzi, per essere più precisi, dopo quelli in fase
di configurazione iniziale, eventuali update vengono
notificati sul Venu Sq e possono essere avviati di-
rettamente dallo smartwatch: possibilità davvero ap-
prezzata. Chiaramente in Garmin Connect non può
mancare tutta la parte inerente al fitness tracking,
che riguarda il tracciamento di statistiche quali passi
fatti, calorie consumate e frequenza cardiaca. A que-
ste si affiancano metriche più peculiari, come le ore
di sonno, la frequenza respiratoria, il livello di stress
e la saturazione d’ossigeno del sangue. Se sulla pre-
cisione dell’identificazione delle varie fasi del sonno
è davvero difficile formulare un giudizio, ci si può in-
vece sbilanciare sul rilevamento delle ore complessi-
ve di sonno: purtroppo è poco preciso (ad esempio,
quando si guarda un film a letto, spesso una parte
consistente viene interpretata come sonno). Discor-
so analogo può farsi stesso per la frequenza respi-
ratoria: l’app fornisce due valori medi giornalieri, uno
relativo alle fasi di veglia e uno a quelle di sonno, ma
TEST
Garmin Venu Sqsegue Da pagina 31
senza una traccia continua “h24” del respiro, è im-
possibile verificarne l’attendibilità. Ammettendo che
le stime siano accurate, una frequenza respiratoria
a riposo particolarmente elevata potrebbe essere
sintomatica di un disturbo respiratorio: nel dubbio,
bisogna sempre rivolgersi a un medico. Lo stesso
dicasi per le stime riguardo l’SpO2: non sono asso-
lutamente da considerare come misurazioni aventi
una qualche valenza medica, soprattutto a tema CO-
VID. A ogni modo, il Venu Sq offre la possibilità di
rilevare la saturazione dell’ossigeno nel sangue sia
durante il sonno – idealmente per identificare casi
di apnea notturna, di concerto con le misurazioni
della frequenza respiratoria – sia durante il giorno:
quest’ultima opzione, però, incide parecchio sulla
batteria del Venu Sq. Simpatica, invece, quella che
si potrebbe definire una “ludicizzazione” del traccia-
mento dello stress e della body battery: sulla base di
una serie di dati raccolti – quali frequenza cardiaca
(probabilmente la sua variabilità), livello d’esercizio e
ore di sonno rilevato – , l’app fornisce una valutazio-
ne sintetica sullo stato di stress dell’utente e sul suo
livello d’energia. Soprattutto quest’ultimo aspetto
può tornare utile per adattare l’intensità dei propri
allenamenti al proprio stato di forma.
Voltando pagina, per l’installazione e l’aggiornamen-
to di app di terze parti, così come per il download
di quadranti aggiuntivi, bisogna fare affidamento su
Garmin Connect IQ. Veramente ampia la disponi-
bilità di watchface, peraltro spesso personalizzabi-
li. Stranamente, almeno nella sezione delle app di
tendenza, compaiono anche quadranti non suppor-
tati dal Venu Sq: se non ce ne si rende conto e si
clicca, poi, sul tasto installa, sembra che la proce-
dura fallisca, senza nessun avviso da parte dell’app.
Inoltre, pur essendo buona parte compatibile con il
La home del negozio digitale, con quadranti e app. Le anteprime di tutti i quadranti sono tonde e spesso gli screenshot di quelli quadrati sono assenti.
La gestione di download e aggiornamenti: curiosamente, il numero di app installabili è fisso, indipendentemente dallo spazio occupato dalla musica.
Qui la sezione per i quadranti personalizzati: le opzioni sono veramente poche, ma si può caricare un’immagine persona-lizzata.
La schermata iniziale, che riporta un resoconto della giornata (in questo caso, stressante).
Le opzioni di personalizzazio-ne della schermata “La mia giornata”.
segue a pagina 33
Un resoconto un po’ più dettagliato di una giornata più tranquilla, per singola statistica.
torna al sommario 33
MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020
Venu Sq, molte pagine dei quadranti in Connect IQ
non contengono l’anteprima del layout su schermi
quadrati. Insomma, si scopre come appaiono diretta-
mente sull’orologio, costringendo l’utente a noiose
procedure di installazione-disinstallazione nel caso
in cui il quadrante appena installato non piaccia. Ca-
rina, seppure estremamente basilare, la possibilità di
creare watchface con sfondi personalizzati diretta-
mente dall’app, per poi caricarla sullo smartwatch.
Peccato che i caratteri utilizzati siano piuttosto pic-
coli, peraltro con bordino nero: su uno schermo con
risoluzione così bassa, la resa non è delle migliori.
Per quanto concerne il catalogo delle app, Garmin
se la cava decisamente meglio di Fitbit, ma è lontana
dall’esperienza offerta da watchOS. Tolti Spotify, De-
ezer, Amazon Music e Uber, mancano grandi nomi.
Ci sono, però, tante applicazioni per finalità specifi-
che, che vanno magari dall’app per il tennis – sport
non rilevato di default dal Venu Sq –, a quella per
la navigazione turn-by-turn (tramite Google Maps
sul telefono), passando per quella che consente di
memorizzare la posizione dell’automobile. Come per
gli aggiornamenti di sistema, è possibile tenere le
app aggiornate automaticamente, anche se, in un
paio di circostanze, ci è capitato che alcune app non
completassero l’aggiornamento finché non abbiamo
aperto l’app sul telefono.
Come sportwatch dà il meglio di sèQuanto al tracciamento delle attività sportive, Gar-
min ha fatto un ottimo lavoro, portando molte carat-
teristiche che si ritrovano nei suoi prodotti di fascia
più alta sul Venu Sq, che in taluni casi è significa-
tivamente più economico. È possibile tracciare una
marea di attività, come camminata, corsa, ciclismo (il
tutto anche indoor), nuoto, yoga e pilates. Fin qui,
tutto sostanzialmente nella norma, se si esclude il
tracciamento della frequenza respiratoria dedicato
specificamente allo yoga. Per non parlare, poi, del
tracciamento di tanti esercizi specifici da palestra,
come tapis roulant, ellittica, step, vogatore, pesi e
cardio. A tutto ciò si affianca il rilevamento di tante
attività “inconsuete” come il golf, il SUP, il canottag-
gio, lo sci (anche di fondo) e lo snowboard. Insom-
ma, ce n’è davvero per tutti i gusti. Va segnalato che,
per avere statistiche dettagliate sul golf, va scaricata
Garmin Golf sullo smartphone e vanno precaricate le
mappe sul Venu Sq. Passando ad attività più ordina-
rie, durante la corsa, di default vengono mostrate a
video statistiche come il timer, la distanza percorsa
e il passo, così come tempi e distanze su giro e fre-
quenza cardiaca. Queste informazioni sono ripartite
su tre schermate, ma purtroppo non si possono uti-
lizzare i tasti fisici per scorrerle: bisogna utilizzare lo
schermo touch. Peccato davvero. Per fortuna, però,
si possono personalizzare le informazioni su ogni
singola schermata secondo le proprie esigenze. Per
informazioni più dettagliate, come velocità, cadenza,
elevazione, ecc., bisogna rifarsi all’applicazione sul
telefono post-allenamento.
Quanto al tracciamento del nuoto, che purtroppo
non abbiamo avuto di provare, il Venu Sq si ferma
a quello in piscina. Non potendo utilizzare lo scher-
mo touch per ovvie ragioni, a video compaiono al
massimo tre dati (configurabili) su una singola scher-
mata. Comprensibilmente, durante l’allenamento, il
TEST
Garmin Venu Sqsegue Da pagina 32
Venu Sq non è estremamente informativo, ma dopo,
su smartphone, si ritrovano informazioni dettagliate
come numero medio di bracciate, ritmo, velocità –
occhio a settare correttamente la lunghezza della
piscina – e persino il punteggio SWOLF.
Qualsiasi sia l’attività, le statistiche a video possono
essere personalizzate. C’è, poi, il valore aggiunto
dei tasti fisici, con quello inferiore che viene utiliz-
zato per registrare la fine del giro o della ripetuta,
mentre quello superiore per stoppare l’allenamento.
Il Venu Sq non raccoglie informazioni super detta-
gliate come il VO2 Max o l’effetto dell’allenamento –
prerogativa di dispositivi Garmin più costosi come i
Forerunner o i Fenix –, ma, per essere un dispositivo
“generico”, non troppo costoso, fa un’ottima figura
come sportwatch.
L’autonomia può raggiungere gli otto giorniConcludiamo con un altro dei pezzi forti di questo
Venu Sq: la durata della batteria. A dispetto di un’au-
tonomia stimata di 6 giorni, a seconda delle moda-
lità d’uso lo si riesce a spingere anche oltre, se lo
si utilizza esclusivamente come smartwatch. Settato
opportunamente, ovvero disattivando l’always-on
display, impostando la luminosità sul livello medio
e il timeout dello schermo su breve (5 secondi) e
consentendo le misurazioni pulsossimetriche solo di
notte, si possono toccare anche gli 8 giorni. Come
abbiamo già sottolineato in precedenza, non vale la
pena essere ulteriormente conservativi con la lumi-
nosità, perché settandola sul livello più basso si fa
fatica già in ambienti mediamente illuminati.
Attivando le misurazioni dell’SpO2 anche durante il
giorno e magari aggiungendo anche un paio di alle-
namenti di un’ora – senza GPS – l’autonomia si atte-
sta sui 5-6 giorni. Davvero sorprendente l’efficienza
dell’antenna GPS: il consumo medio è dell’ordine
di un 7% l’ora. All’estremo opposto dello spettro,
spremendo al massimo il Venu Sq, ossia attivando
l’always-on display e impostando la luminosità al
massimo, la batteria si esaurisce già dopo 1-2 giorni.
Quanto al connettore per la ricarica, bene il cavet-
to lungo circa mezzo metro, ma l’interfaccia è pro-
prietaria e ormai ampiamente desueta: un attacco
magnetico sarebbe stato di gran lunga preferibile.
La ricarica almeno è veloce: una carica completa ri-
chiede circa un’ora. Questo vuol dire che in pochi
minuti si riesce a guadagnare anche una giornata
d’autonomia.
torna al sommario 34
MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020
di Massimiliano DI MARCO
Con Android TV e una risoluzione nativa Full
HD, il proiettore portatile XGIMI MoGo Pro+ è
uno dei prodotti più completi sul mercato.
Si tratta di dispositivi di compromesso: la natura por-
tatile, infatti, porta ad avere un naturale ribilanciamen-
to della qualità audio e video per salvaguardare peso
e dimensioni.
In questo senso, XGIMI MoGo Pro+ riesce a bilanciare
bene la necessità di una qualità audiovisiva sufficien-
te - anzi, a tratti molto soddisfacente per la categoria
di prodotto - con un’esperienza multimediale basata
su Android TV che, pur con alcune evidenti limitazio-
ni, supporta pienamente i casi d’uso di un proiettore
portatile. Rispetto al modello MoGo Pro, la versione
Plus (l’oggetto della recensione) è dotata della fun-
zione di correzione trapezoidale automatica, di un
autofocus laser veloce, di uno stand integrato che
consente una leggera inclinazione dell’apparecchio e
di una batteria più capiente.
Il posizionamento commerciale di Mogo Pro+ è sicu-
ramente interessante. Costa 150 euro più del modello
MoGo, che ha una risoluzione di 540p e si ferma a
una luminosità di 210 nit; inoltre, costa 150 euro in
meno del modello Halo, che propone altoparlanti da
5 W e una luminosità di 800 nit.
A insidiare la valida proposta commerciale del XGIMI
MoGo Pro+ è l’Anker Nebula Capsule Max: la risolu-
zione nativa scende a 720p, ma il prezzo di 500 euro
e gli altoparlanti integrati da 8 W ne fanno un’alter-
nativa più conveniente per chi riesce a sostenere il
compromesso video.
Design derivativoA prima vista, MoGo Pro+ potrebbe essere confuso
per il Sonos One. Lo stile è quindi abbastanza deri-
vativo per un prodotto audiovideo compatto; ciò non
è però un difetto: solo una constata-
TEST XGIMI MoGo Pro+ alza l’asticella del livello dei proiettori portatili con Android TV e una piena risoluzione nativa di 1080p
XGIMI MOGO Pro+, proiettore portatile Android TV È praticamente completo, peccato per il prezzo MOGO Pro+ è una proposta molto completa, ma pecca nell’audio, che pur firmato Harman Kardon non riesce a esprimersi a dovere
zione. Di fatto, MoGo Pro+ è un bell’oggetto: solido
e dall’aspetto pulito. La griglia
degli altoparlanti copre il lato
frontale e quelli laterali; die-
tro trovano spazio il tasto di
accensione e spegnimento e
le porte HDMI, USB e da 3,5
mm. La lente del proiettore è
in alto a destra del lato fron-
tale; di fianco il sensore della
messa a fuoco. In basso, inve-
ce, la lente per la correzione
trapezoidale automatica.
Il corpo pesa 0,9 kg: è suffi-
cientemente compatto per
essere portatile, ma fa co-
munque sentire la presenza
in uno zaino. L’alimentatore
per la ricarica è da 65 W. Il te-
lecomando in dotazione è un po’ piccolo, ma è dotato
di una quantità di tasti sufficienti per le funzioni basila-
ri: per esempio, c’è il tasto dedicato all’Assistente Go-
ogle e in fondo, quasi nascosto, c’è un interruttore per
scegliere tra volume e messa a fuoco, che può anche
essere sistemata manualmente attraverso i tasti del
volume (ecco il perché del selettore). Uno stile esteti-
co equilibrato, che facilita la mimetizzazione del pro-
iettore portatile XGIMI anche come diffusore audio.
La prova video: un bel Full HD, ma manca NetflixXGIMI MoGo Pro+ ha una risoluzione nativa di 1080p,
ma supporta anche sorgenti 4K. Può proiettare uno
schermo da 76” a 2 m di distanza, ma la dimensio-
ne può essere spinta - allontanandosi ulteriormente
XGIMI MoGo Pro+UN PROIETTORE PORTATILE COMPLETO, MA COSTOSO 649,99 €
XGIMI MoGo Pro+ integra quasi tutto ciò che si potrebbe chiedere a un proiettore portatile: c’è l’esteso catalogo di Android TV, supporta la risoluzione nativa Full HD e pesa meno di 1 kg. Si tratta di una proposta estremamente completa, caratterizzata da una buona qualità video e da una navigazione fluida. Pecca soprattutto nell’audio, che pur portando la firma di Harman Kardon non riesce a esprimersi a dovere. Il design è derivativo, ma comunque soddisfacente.
Dove MoGo Pro+ fatica a consolidare la propria offerta è il prezzo: 649 euro. Per un proiettore portatile non è poco e gli utenti potrebbero essere spinti a risparmiare qualcosa per scendere alla risoluzione nativa di 720p, dove la concorrenza ha valide alternative con un’audio più prestante.
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
7 8 7 8 7 77.3COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEFull HD nativoC’è Android TVPesa meno di 1 kg
CostosoAudio sottotonoNon c’è Netflix nativamente
segue a pagina 35
Il Sonos One. Lo stile di XGIMI MoGo Pro+ lo ricorda molto.
torna al sommario 35
MAGAZINEn.234 / 2014 DICEMBRE 2020
- fino a 100”. Il proiettore raggiunge una luminosità
di 300 nit: abbastanza per riuscire a vedere ciò che
viene proiettato anche in una stanza poco luminosa,
sebbene non sia il caso d’uso ideale. La qualità video
Full HD è soddisfacente: l’immagine è nitida e, per il
segmento a cui appartiene, la riproduzione dei colori
è di buon livello, soprattutto a breve distanza. All’au-
mentare della distanza, la qualità dell’immagine inizia
a perdere mordente, ma nella nostra prova attorno a 1
m di distanza la qualità era molto positiva con colori bi-
lanciati e una nitidezza soddisfacente. Sopra l’1,5 m di
distanza, la qualità ha iniziato a perdere colpi: i colori,
in particolare, risultano più sbiaditi e i neri perdono di
profondità. Ci sono quattro modalità per personalizza-
re l’immagine durante la riproduzione video: Soffuso,
Ufficio e Luminoso non sono coerenti con una buona
riproduzione cromatica; Standard è quella più equili-
brata. Un limite, semmai, è l’assenza nativa di Netflix,
che non è compatibile con il dispositivo. Consapevo-
le di tale mancanza, XGIMI ha realizzato un piccolo
manuale, incluso nella confezione, che spiega i modi
alternativi: collegare un notebook attraverso la porta
HDMI oppure usare dispositivi esterni come la Fire TV
Stick. Trasmettere il video di Netflix da un dispositivo
iOS o Android non funziona. L’applicazione di Netflix
può però essere aggiunta tramite sideload nel giro
di pochi secondi. Sono invece già disponibili sul Play
Store altri servizi di streaming come Disney+, Rai Play,
Dplay, DAZN e Prime Video. In questo senso è MoGo
Pro+ è molto completo, in quanto si appoggia sul va-
sto catalogo del Play Store.
Come diffusore audio mostra tutti i suoi limitiMoGo Pro+ include un processore Amlogic T905X2
(che include quattro Cortex A55) e una GPU Mali-G31.
La navigazione nell’interfaccia è fluida quanto serve,
ma il dispositivo fatica un po’ all’accensione e all’a-
pertura delle app. È limitato nei giochi, sebbene con
esperienze semplici in 3D - come sparatutto in prima
persona - rimane fluido, pur con una grafica ridimen-
sionata. Ci sono giochi pensati per essere fruiti diretta-
mente con il telecomando; per tutti gli altri, è possibile
collegare un controller Bluetooth (anche i pad ufficiali
di PlayStation e Xbox). Usato solo come dispositivo au-
dio, XGIMI MoGo Pro+ assolve il compito senza infamia
e senza lode: il volume è alto, ma la qualità è anonima.
Riproduce in modo bilanciato brani di vario genere -
dal rock classico al pop italiano - ma soprattutto sulle
TEST
XGIMI MOGO Pro+segue Da pagina 34
basse frequenze manca di profondità. In generale, è
un buon diffusore audio da usare durante le feste e in
altri momenti in cui la qualità può andare in secondo
piano, magari come sottofondo. Il discorso è diverso,
invece, nel caso di un ascolto attento: in questo caso,
MoGo Pro+ mostra tutte le difficoltà nell’esprimere una
qualità audio a cui i piccoli driver integrati non posso-
no arrivare. Pur portando la firma di Harman Kardon,
MoGo Pro+ non si distingue dagli altri proiettori porta-
tili: sono dispositivi di compromesso che puntano sulla
portatilità; per raggiungere tale scopo, la dimensione
dei driver dev’essere ridotta e con essi la qualità che
possono esprimere.
Per quanto riguarda l’autonomia, nella nostra prova
non abbiamo superato le ore 2 ore e mezza di autono-
mia riproducendo video in streaming in Full HD, men-
tre con l’ascolto musicale MoGo Pro+ supera le 7 ore.
di Franco AQUINI
La cantinetta per vini LG Signature
LSR200W diventerà protagonista
di una collaborazione con le canti-
ne Bellavista nel percorso guidato che il
marchio di Franciacorta proporrà ai suoi
visitatori nella prossima primavera.
La cantinette stanno diventando un elet-
trodomestico molto ricercato tra i cultori
del vino, perché permettono di conser-
vare le bottiglie migliori in un ambiento
protetto e a temperatura controllata. LG
Signature LSR200W, rivestita di acciaio
inox antigraffio e da un vetro oscurato,
può contenere fino a 65 bottiglie. Il vetro
frontale, in particolare, offre la funzionalità
Instaview, che permette di poter guardare
l’interno della cantinetta semplicemente
bussando. Il resto del tempo, il vetro ri-
marrà oscurato per proteggere le botti-
glie di vino dalla luce e per evitare inutili
aperture della porta che altererebbero la
temperatura interna.
Temperatura e umidità controllate in tre zone separateIl Multi Temperature Control invece per-
mette di creare tre zone distinte all’in-
terno della cantinetta, tutte con tempe-
rature differenti per conservare diversi
tipi di vino. Il Multi Temperature Control,
insieme Controllo dell’umidità ottimale,
consente invece di creare un ambiente
perfetto per la maturazione dei vini.
In più, LG ha previsto un cassetto conver-
tibile, anch’esso con temperatura perso-
nalizzabile scegliendo tra frigorifero o fre-
ezer in base al contenuto che si desidera
conservare. In questo caso, lo scopo del
cassetto è quello di conservare qualcosa
che possa essere servito in abbinamento
al vino, come formaggi o salumi. Molto
intelligente, infine, la funzione Auto Open
Door, che permette di aprire la porta della
cantinetta avvicinando il piede alla base
SMARTHOME La cantinetta LG Signature LSR200W diventa protagonista di una collaborazione con le cantine Bellavista
Con LG, 65 bottiglie di vino con temperatura e umidità perfetteTra le caratteristiche della cantinetta LG, le tre zone a temperatura e umidità controllata per conservare diversi tipi di vino
della cantinetta, in modo da aprire il di-
spositivo con le mani occupate. Il prezzo
è alto, 7499 euro, ma siamo davanti ad
un prodotto pensato per chi ha trasfor-
mato il vino in una passione e possiede
bottiglie di un certo valore che necessi-
tano anche di un adeguato trattamento.
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MAGAZINEn.66 / 2014 DICEMBRE 2020
di M. ZOCCHI
Renault completa la gamma delle
sue auto elettrificate con Megane
Sporter E-Tech. Dopo le elettriche
Zoe e Twingo ZE, l'ibrida Clio e la plug-
in Captur, arriva un'altra ricaricabile in un
segmento amatissimo in Italia e Europa,
la station wagon, o meglio sporter.
Anche in questo caso, la casa francese
ci tiene a sottolineare come la tecnologia
del propulsore della nuova Megane deri-
vi dall'esperienza nell'elettrico, oltre che
da 40 anni in Formula 1. Questo know
how porta su Megane E-Tech la trasmis-
sione Multi-mode, con innesto a denti e
priva di frizione, oltre al classico recupe-
ro energetico in rilascio e frenata.
Con la batteria da 9,8 kWh la vettura può
viaggiare in puro elettrico per circa 50
km secondo il ciclo WLTP, o fino a 65
km nel ciclo urbano (WLTP city), spinta
dal motore elettrico principale da 49 kW,
unito allo starter HSG. Quando si passa
AUTO IBRIDA L'ibrida ricaricabile unisce tecnologia ad un segmento molto amato in Europa
Renault presenta Megane Sporter E-Tech La plug-in con la tecnologia di Formula 1Con la batteria da 9,8 kWh, può viaggiare in puro elettrico per circa 50 km secondo il ciclo WLTP
in modalità di gestione ibrida entra in
funzione il motore termico 1.6 benzina,
completamente riprogettato, con dop-
pio iniettore, omologato Euro 6dFull.
Gli interni offrono i consueti spazi ge-
nerosi tipici della Megane, con 447 litri
di carico, che salgono a 1.408 litri con i
sedili posteriori ribassati, e con una lun-
ghezza di carico massima di 2,7 metri,
grazie al sedile passeggero anch'esso
ripiegabile. Megane Sporter E-Tech è
tecnologica anche negli interni, con i
comandi della console centrale con un
look più moderno e il contagiri che in
alcune versioni diventa completamente
digitale, con un display da 10,2", perso-
nalizzabile e che comprende anche le
indicazioni del navigatore. Completa la
dotazione il nuovo display multimediale
da 9,3", praticamente un tablet verticale
integrato nella plancia. Nelle versioni
base il display è invece da 7", oppure
da 7" con navigatore integrato, ma tut-
te sono compatibili con Android Auto
e Apple CarPlay. Tecnologia nelle auto
oggi significa anche sistemi di assisten-
za alla guida, e sulla nuova Megane non
possono mancare tutti gli ADAS che ci
si aspetta di trovare su questo segmen-
to. Negli allestimenti con trasmissione
automatica EDC è presente l'Highway
and Traffic Jam Companion, un sistema
che associa l’Adaptive Cruise Control
(con funzione Stop & Go) e il dispositi-
vo di assistenza al mantenimento della
corsia. In pratica si raggiunge il livello
2 nella scala di assistenza, ma sempre
con le mani sul volante.
Presente ovviamente anche la frenata
d'emergenza con riconoscimento pedo-
ni, il sensore angolo cieco, attivo anche
in uscita dal parcheggio. Presente an-
che il sensore di stanchezza, che valu-
ta lo stato del guidatore tramite i micro
movimenti del volante, ed avvisa con
segnale sia acustico che visivo. Sempre
presenti i radar per assistenza al par-
cheggio, la retrocamera, il regolatore di
velocità e anche il riconoscimento della
segnaletica stradale. La nuova Mega-
ne Sporter E-Tech plug-in è in offerta a
partire da 36.950 euro nella versione
business e 39.950 euro nella versione
più sportiva, la R.S Line. Può però acce-
dere agli incentivi statali di 2.500 euro, o
4.500 euro in caso di rottamazione di un
vecchio veicolo. Renault aggiunge un'of-
ferta lancio con finanziamento e rata da
249 euro al mese.
DMOVE 68 milioni di euro per la conversione elettrica della fabbrica
Volvo trasforma fabbrica in Svezia Produrrà solo motori elettrici
di M. ZOCCHI
Volvo è stata ben
chiara per i suoi pro-
positi futuri: vuole
che le sue vendite siano
al 50% di auto elettriche
entro il 2025. È evidente
dunque che per raggiun-
gere questo scopo servirà
la giusta fornitura di com-
ponenti e la decisione è
che i motori elettrici sa-
ranno prodotti in-house,
nella fabbrica svedese di
Skövde. In una prima fase
i motori saranno solo assemblati in questo stabilimento, mentre più avanti avverrà
anche la produzione dei singoli componenti.
Volvo ha messo sul piatto un investimento di 68 milioni di euro per convertire gra-
dualmente la fabbrica. Secondo i vertici dell’azienda questa mossa consentirà agli
ingegneri e sviluppatori di raggiungere migliori livelli di efficienza, grazie alla pro-
gettazione coordinata di motore, inverter e elettronica di gestione.
E i motori a combustione? La produzione dei propulsori endotermici verrà eliminata
e commissionata a una sussidiaria, la Powertrain Engineering Sweden (PES), dietro
la quale c’è anche Geely, la casa madre che possiede Volvo.
SVO Bikes svela Chrono: eBike con sospensioni Ohlins, cambio nel mozzo e cinghiaL’azienda francese toglie il velo dalla sua prima eMTB full. Telaio già visto, ma abbinato ad altre scelte di alto livello di M. ZOCCHI
SVO Bikes, azienda di bici con sede in Francia, a La Peryade, ha presentato la sua idea di eMTB, puntando a un mix di tradizione e innovazione. La SVO Chrono è basata su un telaio simile a quelli Specialized, a cui la casa ha abbi-nato componenti di ottimo livello. Il cambiamento più evidente è la scelta della cinghia di trasmissione in carbonio (by Gates) abbinata al cambio nel mozzo Rohloff, a 14 ve-locità con comando wireless. Per la parte elettrica SVO va sul sicu-ro, con il motore Bosch di quarta generazione e la batteria da 500 Wh, che però opzionalmente può arrivare fino a 1.125 Wh. L’eBike sarà disponibile in tre versioni, con le due top di gamma che avranno il telaio in carbonio anziché in allu-minio. L’allestimento SVO Chrono abbina al telaio in alluminio la for-cella Rock Shox Revelation RC 35 e l’ammortizzatore Deluxe Select, entrambi con 150 mm di escur-sione. Il tutto a 8.200 euro. Sa-lendo di gamma troviamo la SVO Chrono GTE, che passa al telaio full carbon e sospensioni Ohlins, forcella 36RFX e ammortizzatore TTX. Il prezzo sale a 13.990 euro. Allo stesso prezzo si può puntare anche alla SVO Chrono RS, che utilizza sospensioni SID, ruote SVO Carbon Star, manubrio, attacco manubrio, reggisella e sella Hope, tutto in carbonio super leggero.
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MAGAZINEn.66 / 2014 DICEMBRE 2020
di Massimiliano ZOCCHI
Sembra che i rapporti tra Herbert
Diess, CEO di Volkswagen, e Elon
Musk, fondatore di Tesla, siano più
che buoni, come visto in un recente in-contro tra i due. Buoni rapporti probabil-
mente agevolati dal reciproco rispetto, e
dalla semplice accettazione da parte di
Diess di ciò che Tesla rappresenta per
tutta l'industria automotive: un modo
nuovo di vedere (e fare) le cose.
Lo stesso Diess ha rivelato aspetti in-
teressanti del suo lavoro negli ultimi
mesi, con un lungo posto sul suo blog
personale, intitolato "How we transform Volkswagen". Cosa ha a che fare con
Tesla questa lettera aperta (indirizzata
alla dirigenza)? In un passaggio, il CEO
ha rivelato una riunione più o meno se-
greta, tenutasi lo scorso aprile, sopran-
nominata "Mission T". Non una lettera
scelta a caso, in quanto uno degli argo-
menti principali era proprio Tesla:
AUTO ELETTRICA Herbert Diess in un post ha rivelato una riunione segreta chiamata Mission T
Il CEO di Volkswagen rivela "Mission T" Il piano per raggiungere (e superare) TeslaNel piano, gli alti dirigenti Volkswagen hanno elaborato una strategia per raggiungere Tesla
"31 dirigenti senior di Volkswagen, Audi e Porsche sono stati coinvol-ti nella "Mission T", come è stata soprannominata. L'evento ruotava attorno a come possiamo raggiun-gere Tesla, un'azienda focalizzata esclusivamente sul futuro, senza un tradizionale business automobi-listico. Il suo ecosistema in stile Sili-con Valley è influenzato dalle capa-
cità del software, dall'attenzione alla tecnologia e dalla cultura del rischio. Il workshop si è svolto nell'arco di tre giorni - sotto vincoli speciali con maschere e allonta-namento sociale a causa della pandemia COVID-19. La domanda di apertura era: "Cosa dobbiamo ottenere nei prossimi sei mesi per raggiungere Tesla in termini di tec-nologia entro il 2024?"
Il tema quindi era piuttosto diretto, sen-
za giri di parole e senza atavica foglia di
fico. E nel post Diess spiega molto bene
il suo punto di vista. Fin dal suo arrivo
in Volkswagen, si è reso conto che la
struttura aziendale, troppo ancorata a
metodologie del passato, frena enor-
memente il progresso e i cambiamenti
necessari, cambiamenti che Diess vede
come indispensabili per trasformare
Volkswagen da azienda che vende auto
ad azienda digitale.
Le start up emergenti (usa come esem-
pio Tesla, ma altri come Rivian o Lucid
sono sulla bocca di tutti) stanno, secon-
do Diess, dimostrando come la scarsa
burocrazia e la predisposizione al ri-
schio, le rendano troppo veloci da rag-
giungere, e superare, se non si opera
come loro. Per questo è scaturita alcuni
mesi fa la decisione di creare in seno
ad Audi il team Artemis, slegato dalle
logiche aziendali, e con carta bianca.
Il team sembrava legato alla creazione
di una sorta di super car del futuro, ma
ora si scopre che in realtà è una sorta
di esperimento, per utilizzare nuovi me-
todi di lavoro, più snelli e moderni, da
poter eventualmente applicare in futuro
a tutto il gruppo Volkswagen.
Il numero uno di Audi è lapidario: “Non c’è nessun futuro per le auto a idrogeno”L’intervista del CEO di Audi al settimanale Die Zeit chiude la porta ad ogni progetto del produttore per quel che riguarda l’idrogeno. “L’unica soluzione per le auto è l’elettrico a batteria” ha dichiarato di P. AGIZZA
“Non c’è nessun futuro per le auto ad idrogeno nel prossimo decennio”. A rilasciare questa lapidaria dichiarazione è Markus Duesmann, CEO di Audi da aprile 2020 ed impiegato nell’azienda tedesca sin dal 1992.In un’intervista a Die Zeit, il diri-gente si è schierato con decisio-ne contro l’utilizzo dell’idrogeno per la propulsione, in netta con-trapposizione a quanto dichiara-to negli ultimi anni dal preceden-te board.“Non saremo in grado di produr-re quantità sufficienti di idroge-no, in maniera pulita, nei pros-simi decenni. Per questo motivo non credo assolutamente che l’idrogeno possa essere utilizza-to nelle auto” il commento. Idee chiare anche per quel che riguar-da il futuro: “L’unica soluzione per le auto è l’elettrico a batteria” ha dichiarato.Duesmann si pone in netta con-trapposizione rispetto alla prece-dente dirigenza del gruppo tede-sco di proprietà Volkswagen: la dichiarazione dell’AD ad interim Bram Schot illustrava come Audi fosse intenzionata a dare la mas-sima priorità allo sviluppo della tecnologia dell’idrogeno.
DMOVE L'emergente Xpeng continua il periodo d'oro
Xpeng macina record su record A novembre vendite quadruplicate
di M. ZOCCHI
Abbiamo parlato spes-
so di Xpeng in occa-
sione del record fatto registrare nel terzo trime-stre, o del litigio a distanza con Elon Musk, o ancora
per l'arrivo del secondo modello nel mercato euro-
peo. Ora dalla Cina arrivano
altre notizie positive per l'azienda finanziata da Alibaba e Xiaomi, grazie a un no-
vembre ancora una volta sopra le aspettative sul fronte delle vendite. Xpeng ha
venduto nell'ultimo mese un totale di 4.224 vetture, corrispondenti ad un +342%
anno su anno. Precisamente:
•Xpeng P7: 2.732 unità
•Xpeng G3 (SUV): 1.492 unità
Stupisce in particolare il successo della berlina sportiva P7, che dal suo lancio,
avvenuto solo il giugno scorso, ha già venduto 11.371 esemplari. In totale l'azienda
del Chairman Xiaopeng in 11 mesi ha venduto 21.341 auto elettriche, che resta
comunque un notevole +87% anno su anno. Curiosamente negli ultimi giorni il
titolo in Borsa ha perso parecchio, dopo le vette improvvise precedenti, ma siamo
pronti a scommettere che con questi dati tornerà a salire.
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MAGAZINEn.66 / 2014 DICEMBRE 2020
di Massimiliano ZOCCHI
Quella tra la rete autostradale ita-
liana e le colonnine di ricarica per
auto elettriche è una storia lunga e
complessa, alla quale ora si aggiunge un
nuovo capitolo. Tra gli emendamenti per
il DDL Bilancio presentati alla Commissio-
ne della camera, ne spunta uno proposto
dal M5S a firma Giuseppe Chiazzese (lo stesso deputato che ha proposto la de-trazione al 50% per le auto a batteria),
che punta ancora a forzare l’adozione di
colonnine di ricarica fast in autostrada,
grosso punto carente dell’infrastruttura
italiana. Nell’emendamento si chiede ai
vari concessionari autostradali di pubbli-
care entro 60 giorni dall’entrata in vigore
della nuova manovra le specifiche mini-
me delle colonnine che verrebbero in-
stallate. Non solo, i concessionari avreb-
bero poi 180 giorni di tempo per installare
un numero adeguato di punti di ricarica,
in caso contrario qualsiasi soggetto abi-
AUTO ELETTRICA Presentato un nuovo emendamento al DDL Bilancio, ecco che cosa chiede
DDL Bilancio ed elettriche, nuovo emendamento Forzare le colonnine di ricarica in autostradaL’intervento punta ancora a forzare l’adozione di colonnine di ricarica fast in autostrada
litato avrebbe diritto di candidarsi all’in-
stallazione. A quel punto il concessiona-
rio dovrebbe, entro 30 giorni, pubblicare
una manifestazione di interesse per sele-
zionare un operatore, tenuto conto delle
caratteristiche e di altre condizioni, che
favoriscano la competitività.
Si specifica inoltre che i punti di ricarica
devono essere “ad alta potenza”, il che,
insieme ad un numero congruo di in-
stallazioni, andrebbe di pari passo con
l’affermazione “garantendo che le infra-
strutture messe a disposizione consen-
tano agli utilizzatori tempi di attesa per
l’accesso al servizio non superiori a quelli
offerti agli utilizzatori di veicoli a combu-
stione interna”. L’emendamento ora pas-
serà al vaglio della Commissione, che
potrà approvarlo, modificarlo o anche
rifiutarlo. In caso di esito positivo si dovrà
attendere l’approvazione finale del DDL
Bilancio dal Parlamento.
Honda in Europa, addio a benzina e diesel, si punta all'elettricoHonda ha deciso che dal 2022 dirà addio ai motori endotermici in Europa. Solo elettrico e ibrido, con quest'ultimo destinato a sparire come passo successivo di M. ZOCCHI
Lo sforzo di Honda nel settore dell'elettrico è ancora limitato al minimo indispensabile, con la sola piccola Honda E come rap-presentante della gamma a zero emissioni. Tuttavia il successo e l'apprezzamento della city car a batteria potrebbero aver spinto la casa giapponese a fare uno sfor-zo più deciso e repentino per un cambio di rotta, il tutto accentua-to dalla pressione che mettono le nuove regolamentazioni dell'U-nione Europea.Ed è proprio in Europa che ar-riva una decisione importante, per parola di Ian Howells, vice presidente di Honda, che ha di-chiarato che la casa non venderà più auto esclusivamente endoter-miche dal 2022. Di recente Hon-da ha dovuto acquistare crediti a zero emissioni da Tesla, per non rischiare multe salatissime, ed ha quindi deciso che in futuro ce la farà con le sue sole forze puntan-do a una flotta esclusivamente elettrificata.Secondo Howells, Honda avrà una combinazione di auto elet-triche ed ibride (un secondo mo-dello elettrico è in arrivo), e non appena la legislazione metterà un freno anche a ibride, mild hybrid e plug-in hybrid, la produzione si sposterà solo sull'elettrico.
di M. ZOCCHI
Sempre più guidatori stanno pas-
sando alla mobilità elettrica, tanto
che in alcuni Paesi la quota ha già
raggiunto benzina e diesel, o addirittura
è in fase di sorpasso. Questo epocale
cambiamento chiama anche un cambio di
paradigma tra chi fornisce servizi, come il
classico "distributore", che diventa un più
generico "stazione di servizio". Sono già
diversi i casi che abbiamo segnalato, dai timidi tentativi italiani, fino a spettacolari location americane. Ora anche nel Re-
gno Unito esordisce la prima stazione
di servizio del futuro, tutta dedicata alla
mobilità elettrica. È opera di Gridserve,
nell'Essex e prende il nome di Electric
Forecourt. Si tratta della prima stazione
di 100 previste da Gridserve, in colla-
borazione con Hitachi Capital UK, a
fronte di un investimento di 1 miliardo
RETE DI RICARICA 36 caricatori ultra fast, alimentati da fotovoltaico e energia 100% rinnovabile
UK, arriva la stazione di servizio del futuro 36 colonnine ultra fast, accumulo e fotovoltaicoCi sono anche addetti che forniscono consigli e spiegazioni ai clienti sulla mobilità elettrica
di sterline nei prossimi
5 anni. La location con-
ta 36 colonnine ultra
fast, ciascuna con una
potenza fino a 350 kW,
capaci quindi di far re-
cuperare l'80% della
carica in circa 20 mi-
nuti alla maggior parte
delle auto elettriche in commercio.
Gridserve, azienda che fornisce ener-
gia rinnovabile e servizi ecosostenibili,
certifica tutta l'energia del Forecourt
come rinnovabile, oltre a supportare la
generazione con un grande impianto
fotovoltaico, presente sulle pensiline di
copertura e sul tetto dell'edificio adia-
cente. Per sostenere i picchi di richiesta
è stata installata anche una batteria di
accumulo da 6 MWh, che permette di
immagazzinare energia solare quan-
do le colonnine non sono in uso, o di
recuperare energia dalla rete nelle fa-
sce in cui è più economica, o ancora,
attraverso il sistema di gestione di Grid-
serve, utilizzarla come accumulo per le
giornate con surplus di energia eolica.
Nell'edificio collegato, gli addetti sono
assunti in quanto sostenitori della mobi-
lità elettrica, e possono fornire consigli e
spiegazioni ai clienti, aiutati anche dagli
schermi che mostrano i modelli di auto
elettriche sul mercato.
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MAGAZINEn.66 / 2014 DICEMBRE 2020
di Massimiliano ZOCCHI
ll settore delle batterie per automotive
è in fermento come non succedeva da
tempo, e a generare questa situazione
non c’è una incredibile nuova tecnologia
o una chimica rivoluzionaria. Semplice-
mente i produttori si sono accorti che
con le prestazioni e la sicurezza raggiunte
dalle celle al litio attuali, possono dire ad-
dio ai moduli (sotto unità in cui le batterie
sono suddivise), e puntare sulle batterie
cell-to-pack.
Recentemente avevamo trattato di cosa si tratta e quali vantaggi può avere que-
sta tecnica, ma ora che anche Tesla ha apertamente dichiarato di puntare al
CTP, tutti i grandi nomi le stanno andando
dietro. L’ultima è LG Chem, che ha svilup-
pato la piattaforma MPI (module pack in-
tegrated) in cui per l’appunto le celle sono
legate tra loro singolarmente a formare
BATTERIE Anche LG Chem starebbe preparando la propria piattaforma per le batterie cell-to-pack
Anche LG Chem vuole il cell-to-pack Batterie con più capacità e i costi crollanoCon le prestazioni e la sicurezza raggiunte dalle celle al litio attuali, si può dire addio ai moduli
direttamente il pacco batteria. Anche nel
caso di LG Chem le principali conseguen-
ze dell’uso di questa tecnica sono due: il
risparmio di componentistica e il migliora-
mento della densità energetica della bat-
teria. Sul primo punto LG Chem dichiara
dei dati sbalorditivi, che potrebbero apri-
re scenari molto interessanti. La riduzione
dei costi sarebbe nell’ordine del 30%, un
ribasso notevole considerando che la
batteria ad oggi è ancora il componen-
te più costoso di un’auto elettrica. Il se-
condo punto, quello relativo alla densità
energetica, non è altrettanto stupefacen-
te, ma comunque su ottimi livelli: +10%. Si-
gnifica che una vettura guadagnerebbe
autonomia semplicemente assemblando
le celle con questa tecnica. Tuttavia non
è ancora chiaro se il dato sia riferito alla
densità in peso o in volume.
Kymco a sorpresa: l'elettrica RevoNex pronta alla produzione in ItaliaKymco finalmente svela la sorte della moto elettrica RevoNex presentata un anno fa: sarà la prima moto con il marchio Made in Italy
di M. ZOCCHI
Nel novembre 2019, durante la fiera EICMA, Kymco aveva pre-sentato in grande stile la moto elettrica RevoNex. Le impressio-ni dal vivo sono state da subito positive, sia per le innovazioni introdotte che per l'estetica parti-colarmente curata. Ciò che aveva lasciato un po' di amaro in bocca, il giorno della presentazione, era l'assoluta mancanza di dichiara-zioni sulle specifiche tecniche o su tempistiche di commercializ-zazione, mancanza che è con-tinuata nei mesi successivi. Ora finalmente il Chairman di Gwan-gyang Group (che include appun-to Kymco) Ke Shengfeng, ha reso noto che la RevoNex è sulla via della produzione. Ciò che proba-bilmente stupisce di più è sapere che la nuova moto elettrica sarà il primo veicolo che Kymco ven-derà con il marchio Made in Italy, rivelando dunque una produzio-ne delocalizzata al contrario del solito. Anziché essere un brand italiano a importare un prodotto asiatico, è un'azienda taiwane-se a produrre un suo veicolo di punta in Italia. Ancora non si sa nulla su chi possa effettivamen-te essere il partner industriale. Ecco il nostro reportage il giorno del lancio.
di Sergio DONATO
Nei prossimi cinque anni, tutta la
gamma Maserati sarà elettrifica-
ta. Lo ha detto Davide Grasso, a
capo della società, nel corso del MFGS
2020 (Milano Fashion Global Summit).
L’affermazione arriva dalla premessa
rappresentata dalla MC20 lanciata a
settembre. Grasso ha dichiarato: “Con
il lancio della MC20 abbiamo inaugura-
to la nuova era di Maserati. Il modello
è il first of its kind, perché è la prima
super sportiva che è stata disegnata
e concepita per ospitare i due motori,
quello classico a combustione e quello
elettrico."
Ha anche aggiunto: "Da questo momen-
to in poi, tutta la linea Maserati e i nuo-
vi modelli saranno disponibili anche in
versione full electric, compreso il SUV
Grecale che uscirà l'anno prossimo e i
successivi GranTurismo e GranCabrio.
Tutta la nostra line-up sarà elettrificata
nei prossimi cinque anni.”
AUTO ELETTRICA Nel 2025 Maserati conta di avere tutti i suoi modelli con alimentazione elettrica
Maserati, tutti i modelli elettrificati entro cinque anniIl SUV Grecale sarà full electric è uscirà nel 2021. Lo seguiranno GranTurismo e GranCabrio
Maserati full electric, si parte già nel 2021
Secondo i piani del Tridente, il cuore
elettrico della MC20 dovrebbe battere
per la prima volta nel 2022. Sarà una
versione esclusivamente a batteria. Ma
è chiaro che la prima fase dell’elettrifi-
cazione possa prevedere anche modelli
intermedi, quindi ibridi. Tuttavia, Grasso
ha fatto capire che con il SUV Grecale
Maserati vuole affrettare i tempi, dato
che uscirà nel 2021 e sarà anche com-
pletamente elettrico. La conversione
all’elettrico di Maserati ha preso uffi-
cialmente il via nel 2018 e, a settembre
dell’anno dopo, FCA ha confermato che
nel 2020 sarebbe arrivata la Ghibli Hy-
brid. Uscita verificatasi puntualmente il
16 luglio, anche se la conversione elet-
trica della Ghibli si è manifestata in una
mild-hybrid. Nel 2022, Maserati punta a
presentare sei nuovi modelli e ad ave-
re complessivamente una gamma di 8
PHEV (Plug-in Hybrid Electric Vehicle) e
6 BEV (Battery Electric Vehicle).
torna al sommario 40
MAGAZINEn.66 / 2014 DICEMBRE 2020
di Massimiliano ZOCCHI
Daymak è un’azienda canadese
molto attiva nella vendita di pic-coli veicoli elettrici, a partire dalle
eBike, passando per gli scooter, per ar-
rivare fino agli all-terrain, anche in stile
buggy. Ora però il fondatore Aldo Baioc-
chi vuole fare un ulteriore passo, con il
progetto Avvenire. Nome italiano, a ce-
lebrare le chiare origini italiane del boss,
per una gamma di sei veicoli, a coprire
esigenze molto diverse tra loro, ma con
un comune denominatore: tecnologia e
stile futuristico.
Si parte con la eBike, denominata Terra,
con motore hub da 500 W, batteria inte-
grata da 576 Wh, luci LED e casse audio
integrate. Il modello base partirebbe da
3.495 dollari, ma per ben 7.999 dollari si
può prenotare (con caparra di 100 dol-
lari) l’allestimento premium. In questa
configurazione Terra ha piccoli pannelli
fotovoltaici sul telaio, per auto ricaricar-
si, le casse sono marchiate JBL, e c’è
persino la scansione dell’impronta digi-
tale come chiave d’accesso. Prime con-
segne pianificate per la fine del 2021.
AUTO ELETTRICA L’azienda canadese vara un nuovo progetto per la serie premium Avvenire
Le promesse futuristiche di Daymak Dall'eBike fotovoltaica al drone passeggeriIl fondatore Aldo Baiocchi fa un ulteriore passo con una gamma di 6 veicoli per esigenze diverse
Ben diversa per utilizzo sarà Spiritus,
auto elettrica a tre ruote, con aspetto
da supercar e due posti a sedere. Le
specifiche sembrano sbalorditive per
la dimensione della vettura e, soprat-
tutto, per il prezzo. La promessa è di
400 km di autonomia con una batteria
da 60 kWh, con accelerazione da 0 a
100 km/h in meno di due secondi. Op-
tional possibili sono l’impianto audio
con 12 casse, auto pilota e vehicle to
grid. Prezzo a partire da 18.000 dollari
canadesi. Il terzo, e ancora più incredibi-
le prodotto, è il multi rotore per trasporto
passeggeri Skyrider. Non lo si può esatta-
mente definire drone, in quanto prevede
un pilota umano, anche se è possibile il
volo autonomo da un punto ad un altro
prefissato. Anche qui le specifiche sono
molto alte: velocità di 300 km/h e 100 km
di autonomia. Il prezzo in questo caso
non è stato ancora rivelato.
Completano poi la gamma l’eBike con
cabina chiusa, Foras a 4.595 dollari, il
triciclo elettrico Tectus a 4.495 dollari, e
l’all-terrain Aspero per 6.500 dollari.
L’ambizione è certamente altissima, sem-
pre che non si riveli l’ennesimo progetto
inconsistente, realizzato solo per attirare
l’attenzione. Per tutti i dettagli è possibile
consultare il sito dedicato alla gamma Avvenire.
SpaceX si riscatta: Starship SN8 è partita, ma poi è esplosa (video)Il secondo tentativo è quello buono per il test di salto di Starship Serial Number 8. Decollo perfetto, così come la manovra di rientro, ma impossibile evitare una spettacolare esplosione di M. ZOCCHI
Dopo il primo tentativo di lancio abortito, SpaceX ha aperto una seconda finestra di lancio, per cer-care di portare a termine il test che coinvolgeva Starship SN8, l'ottavo prototipo di nave interplanetaria che doveva per la prima volta spe-rimentare la manovra di atterrag-gio verticale. Dopo una attesa infi-nita, finalmente i tre motori Raptor si sono accesi e SN8 ha spiccato il volo. I motori si sono poi gradual-mente disattivati, fino a che la nave si è portata in posizione orizzontale per il rientro dall'altitudine di circa 12,5 km. Controllando il volo e l'as-setto tramite le ali pieghevoli si è poi posizionata correttamente so-pra la piattaforma di atterraggio e ha ripreso l'assetto verticale, ma al momento dell'impatto si è disinte-grata in una spettacolare esplosio-ne. Solo due dei tre motori si sono riaccesi per rallentare la caduta e pare proprio che la velocità al mo-mento di toccare terra sia stata la causa dell'esplosione. È possibile che i motori di frenata dovessero essere solo due, e ci sia qualcosa d'altro da correggere. Il test è da considerarsi del tutto riuscito e la raccolta dati è stata importante. Dati che serviranno per i prossimi tentativi con SN9, che verrà testata non appena possibile.
di M. ZOCCHI
Monarch, azienda americana, ha
svelato il suo trattore elettrico e
smart, Monarch Tractor. Il mezzo
si presenta con la tipica forma e dimen-
sione del trattore compatto, anche se con
dettagli che lo rendono più futuristico.
Come la luce LED azzurra che gira intorno
al frontale, o come il tettuccio che include
una ricca serie di sensori. Già, perché ol-
tre a essere elettrico, Monarch può anche
fare a meno del guidatore, con una guida
autonoma e programmabile. Il fattore può
dunque lasciar lavorare il suo trattore da
solo, controllando tutto dall'app dedicata,
dalla quale può anche gestire il lavoro di
una flotta di più veicoli. Il Monarch Trac-
TRASPORTI Monarch ha presentato un trattore smart, elettrico, con una ricca serie di sensori
Monarch svela il trattore elettrico e autonomo È anche un fuoristrada e una batteria di accumuloPuò anche ricaricare un'auto elettrica o affrontare l'offroad. Arrivo previsto per la fine del 2021
tor include videocamere per
visuale a 360 gradi e altri sen-
sori (al momento non specifi-
cati), gestiti da un sistema di
deep learning con uno scam-
bio dati nell'ordine dei 240 GB
al giorno. Tramite la raccolta di
questi dati il proprietario può
anche conoscere in tempo re-
ale lo stato dei camp. Il trattore
smart può essere utilizzato anche come
all-terrain-vehicle, con una velocità non
comune per i trattori, con sensori anti ri-
baltamento. All'occorrenza, è anche una
batteria di accumulo, che ha potenza di
erogazione sufficiente anche per rica-
ricare un'auto elettrica. Al momento è
possibile preordinare il prodotto sul sito
dedicato, con un deposito di 500 dollari
e arrivo previsto per la fine del 2021. Del-
le specifiche si conosce solo il motore da
55 kW, l'opzione per 4 ruote motrici, la ga-
ranzia della batteria di 10 anni e il prezzo
di partenza di 50.000 dollari.