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40 COELUM ASTRONOMIA di di Rossella Spiga Rossella Spiga SPACE FOOD SPACE FOOD Spazio al Gusto Spazio al Gusto Intervista allo chef Stefano Polato Intervista allo chef Stefano Polato Sembrano lontani i tempi in cui gli astronauti andavano in orbita con dei tubetti simili a quelli del dentifricio e contenenti purea di carne, latte condensato o crema di cioccolato. Può sorprendere scoprire invece che ancora oggi le dispense degli astronauti russi e americani sono colme di alimenti che ricordano più i corsi di sopravvivenza che i pasti tradizionali cui siamo abituati... A cambiare le carte in tavola – è proprio il caso di dirlo – è arrivata nel 2012 la richiesta dell’astronauta italiano Luca Parmitano di portare con sé qualche piatto della domenica a bordo della Stazione Spaziale Internazionale con la missione “Volare”. Stefano Polato, responsabile dello Space Food Lab di Argotec, ci racconta come è nata l’idea di cambiare la rotta della cucina in orbita: “E’ stata una richiesta diretta dell’astronauta. Luca è stato il primo in assoluto ad esprimere il desiderio di portare qualcosa di extra rispetto alle classiche dispense spaziali. Prima esistevano solo cibi che ricordavano i corsi di sopravvivenza… Lui per primo ha chiesto ad Argotec di preparare dei cibi ad hoc da portare in missione, che fossero anche buoni”. È proprio Stefano Polato, chef originario di Monselice in provincia di Padova, a cucinare per la prima astronauta italiana, impegnata per 200 giorni nella missione “Futura” a bordo della ISS: stiamo parlando di Samantha Cristoforetti. È lei che decide di portare con sé dei bonus food che le permettano di seguire anche a bordo una sana alimentazione garantendole quindi un certo benessere psicofisico. Sopra. Lo Space Food Lab di Argotec - Crediti Argotec

Intervista allo chef Stefano Polato Spazio al Gusto SPACE FOOD - … Astronomia_26052016.pdf · 2016-05-27 · Lo Space Food Lab di Argotec - Crediti Argotec. ... essere conservati

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di di Rossella SpigaRossella Spiga

SPACE FOODSPACE FOOD

Spazio al GustoSpazio al GustoIntervista allo chef Stefano PolatoIntervista allo chef Stefano Polato

Sembrano lontani i tempi in cui gli astronautiandavano in orbita con dei tubetti simili a quellidel dentifricio e contenenti purea di carne, lattecondensato o crema di cioccolato. Puòsorprendere scoprire invece che ancora oggi ledispense degli astronauti russi e americani sonocolme di alimenti che ricordano più i corsi disopravvivenza che i pasti tradizionali cui siamoabituati... A cambiare le carte in tavola – è proprio il caso didirlo – è arrivata nel 2012 la richiestadell’astronauta italiano Luca Parmitano di portarecon sé qualche piatto della domenica a bordodella Stazione Spaziale Internazionale con lamissione “Volare”. Stefano Polato, responsabile dello Space Food Lab di Argotec, ci racconta come è nata l’idea di

cambiare la rotta della cucina in orbita: “E’ statauna richiesta diretta dell’astronauta. Luca è stato ilprimo in assoluto ad esprimere il desiderio diportare qualcosa di extra rispetto alle classichedispense spaziali. Prima esistevano solo cibi chericordavano i corsi di sopravvivenza… Lui per primoha chiesto ad Argotec di preparare dei cibi ad hocda portare in missione, che fossero anche buoni”.

È proprio Stefano Polato, chef originario diMonselice in provincia di Padova, a cucinare per laprima astronauta italiana, impegnata per 200giorni nella missione “Futura” a bordo della ISS:stiamo parlando di Samantha Cristoforetti. È leiche decide di portare con sé dei bonus food che lepermettano di seguire anche a bordo una sanaalimentazione garantendole quindi un certobenessere psicofisico.

Sopra. Lo Space Food Lab di Argotec - Crediti Argotec

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Argotec è un’azienda ingegneristica italiana specializzata nella progettazione di sistemiaerospaziali e che ha tra i suoi obiettivi quello di istruire gli astronauti europei, sia per ciò cheriguarda la vita all’interno della Stazione Spaziale Internazionale sia per l’utilizzo degli accessoridi bordo. Lo Space Food Lab di Argotec è diventato leader europeo nella preparazione dialimenti da consumare nello spazio ad integrazione dei comuni cibi da astronauta. Nascono cosìi cosiddetti bonus food. Nell’azienda Argotec tecnologi, ingegneri, cuochi, chimici, fisici enutrizionisti collaborano per dare vita ai menu degli astronauti europei. La scelta degliingredienti nella preparazione del bonus food viene fatta sulla base di criteri scientifici moltorigorosi. Sono gli stessi astronauti a scegliere i piatti, in base ai loro gusti e alle loro priorità. www.argotec.it/argotec/index.php/spacefood

A destra. LucaParmitano,

l'astronauta italianodal quale è nata laprima richiesta di

portare del cibospeciale a bordo

della StazioneSpaziale.

Caratteristiche di spaziabilitàTutti gli aspetti legati alla definizione deglistandard di “spaziabilità” del cibo che gliastronauti consumano in orbita sono in carico allaNASA e le sfide e le limitazioni da superare sonomolteplici. Per prima cosa, si deve evitare ilrischio volatilità: eventuali briciole potrebberodanneggiare gli strumenti o essere inalateinavvertitamente dagli astronauti. Per fare unesempio pratico: crackers e grissini sono banditidalla tavola, al contrario di un tarallo che puòessere mangiato in un solo boccone e non èquindi considerato rischioso. Poi c’è la questionedella conservazione. Poiché a bordo non esistonofrigoriferi né congelatori, i cibi devono poteressere conservati stabilmente a temperatura

ambiente, per un periodo che va dai 18-24 mesi,fino a 3 anni. Anche il confezionamento ha dellerigide restrizioni perché portare a bordo grossiingombri è molto costoso: un aspetto non certosecondario in ambito spaziale, dove si calcola cheil trasporto di 1 Kg di materia dalla Terra allaStazione Spaziale può arrivare a costare anchedecine di migliaia di dollari. Il cibo spaziale deve inoltre essere dotato di unpackaging che permetta di riscaldare l'alimentosenza essere molto ingombrante. In genere sitratta di confezioni multistrato composte dialluminio e materiale plastico, dove non entra néluce né aria per evitare ossidazioni.

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Attualmente il cibo spaziale viene preparato condue tecnologie principali: la liofilizzazione e latermostabilizzazione, che permettono diabbassare la carica batterica che altrimentideteriorerebbe il cibo. Nel caso della termostabilizzazione vieneeseguito un trattamento di pastorizzazione osterilizzazione ad alte temperature, mentre per laliofilizzazione il principio è di eliminarecompletamente l’acqua dal prodotto in modo darenderlo anidro e inattaccabile dai batteri. Termostabilizzazione: il cibo all’interno diappositi sacchetti viene inserito all’interno di

un’autoclave, un contenitore industriale achiusura ermetica, e portato alla temperatura di121°C per circa 20 minuti. Questa procedura, chefunziona molto bene con i cereali, non è sempreapplicabile perché alcuni alimenti possonoperdere le loro caratteristiche e proprietànutrizionali. Liofilizzazione: permette anche una significativariduzione del peso. La liofilizzazione avviene incondizioni di vuoto: i prodotti vengono congelativelocemente a -40 °C, poi si regolano pressione etemperatura in modo che l’acqua contenuta nelcibo passi direttamente dallo stato solido dighiaccio a quello di vapore.

Tecnologie di Preparazione

Sotto. La gamma dei prodotti Argotec - Crediti Argotec

Come si mangia nello spazio? Le confezioni termostabilizzate sono pronte all’uso: gli astronauti le riscaldano mettendodirettamente la busta all’interno di un fornetto. Per consumare il cibo liofilizzato, a bordo c’è undistributore il cui rubinetto ha una valvola specifica che permette di aggiungere l’acqua allagiusta temperatura e in quantità dosata all’interno della confezione. Si aspetta quindi il tempo direidratazione e si mangia.

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Intervista a Stefano Polato

Persino l’Agenzia spaziale russa e la NASA hannodovuto fermarsi e cercare nuove soluzioniinnovative nella preparazione degli alimentidestinati allo spazio: i pasti degli astronautiricordano molto le razioni K dei militari, e ora lemissioni durano mesi, anche un anno… Questi cibisono fatti con lavorazioni ideate decenni fa, ogginon ha più senso sterilizzare un prodottoportandolo a oltre120°C per 15 minuti. Almomento, l’astronauta che accede alle dispenserusse e americane trova cibi morti, privi dimicronutrienti. Sono quindi necessari integratoriper apportare all’organismo quegli elementinutritivi di cui il cibo è carente. L’alimentazione è fondamentale per preservare lasalute degli astronauti contro l’accelerazione del

processo di invecchiamento cellulare a cui vannoincontro restando lunghi periodi in orbita. Anchela degradazione dei gusti, dei colori e di profuminel lungo periodo ha un impatto decisamentenegativo sul benessere degli astronauti. Per fare inmodo che il cibo sia di supporto non solo a livellofisico ma anche psicologico durante il lungoperiodo di permanenza nello spazio, nellapreparazione degli alimenti emerge l’esigenza dipreservare il colore, il profumo, il gusto e laconsistenza… La NASA ha anche compiuto degli studi cheattestano che la gratificazione portata da un buoncibo aiuta a livello psicologico portando beneficisia per la serenità che ne deriva sia in termini distress.

Stefano, come nasce per tel’esigenza di fare qualcosa di piùinnovativo in cucina?A un certo punto mi sono reso conto che stavosbagliando qualcosa nel mio modo di cucinare,perché sia dal punto di vista tecnologico chefilosofico c’erano delle lacune che riguardavanol’abbinamento “cibo e salute”. Nel mio percorsoprofessionale capito che esiste una strettissimarelazione tra alimentazione e reazione del corpoumano. Ho imparato a soffermare l’attenzionesull’uso di alcune tecnologie tradizionali chesfruttano il calore, e fare attenzione a cosasuccede a un alimento quando viene trattato auna certa temperatura.. E’ una questione diconsapevolezza da cui nessun cuoco puòprescindere. L’evoluzione del mondo dellacucina si è un po’ arenato. In numerosi settoridella nostra vita la tecnologia va velocissima, main cucina il progresso è più lento... Abbiamo giàpronte molte soluzioni che permetterebbero laproduzione di cibi più controllati e menoimpattanti ma che non vengono ancora messe adisposizione di tutti.

Sopra. Lo chef Stefano Polato – Crediti SandroAndriolo, studio fotografico FOTOBIETTIVO

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Sì, è proprio così, a bordo della Stazione Spaziale isensi possono subire delle alterazioni… Anche senon ci sono parametri oggettivi, alcuni astronautidicono di aver trovato tutti i cibi insipidi, mentread esempio Luca Parmitano ci ha detto di non avertrovato particolarmente modificati i gusti nellospazio. Per migliorare questi aspetti, abbiamofatto largo uso di spezie e di erbe aromatiche neinostri preparati in modo da accentuarne il gusto ei profumi, aiutando così l’astronauta a sentirsimeno disorientato. Questo ci ha permesso inoltredi utilizzare meno sale che è causa di ritenzioneidrica, che nello spazio risulta ancora più dannosache sulla Terra.Per quanto riguarda l’olfatto, gli astronauti hannoriferito di aver provato una sensazione simile a

quando si è affetti da raffreddore o si rimane atesta in giù, soprattutto durante il periodo diadattamento iniziale (circa 2 settimane/1 mese).Poi ci si ambienta e anche i sensi si stabilizzano. Ovviamente non abbiamo a disposizione unagrande casistica per studiare questi effetti, mainsieme proprio ad Argotec abbiamo effettuato deitest per valutare le eventuali alterazioni del gustoin condizioni di microgravità. Questi test sonostati ripetuti prima a terra e poi nello spazio. Perl’astronauta danese Andreas Mogensen, è statapreparata una serie di barrette snack one-bite condiverse gradazioni di zucchero e di sale daassaggiare. Ora stiamo aspettando i risultatiufficiali di questi test.

Quindi in condizioni di microgravitàrisultano alterati anche i sensi?

Quanta scienza hai portatonella cucina spaziale?Oggi esistono metodi di trattamento che hanno ilvantaggio di mantenerne inalterate lecaratteristiche organolettiche e le proprietànutritive degli alimenti, insieme a un elevatogrado di sicurezza alimentare, garantendo unashelf-life - ossia un periodo di conservazione -notevolmente più lunga che in precedenza. NelloSpace Food Lab di Argotec i bonus food destinatiallo spazio vengono preparati con il metodo HPP(High Pressure Processing). I cibi, protetti dainvolucri impermeabili, galleggiano all’interno di

apposite autoclavi in cui viene insufflata acquafino a che si raggiungono circa 6000 bar: l’altapressione ha infatti una funzione batteriostaticache permette di sterilizzare i cibi e stabilizzarli perlunghi periodi. Il processo avviene a freddo, cioècon temperature massime di 37°C. Si riesce così adabbassare la carica batterica, senza distruggere imicronutrienti e le proprietà organolettiche deicibi. Ricordiamo che già a 80°C anche i grassisubiscono profonde modifiche e da insaturiiniziano a trasformarsi in saturi.

I bioritmi circadiani degli astronauti sonostravolti, ma fanno convenzionalmenteriferimento all’orario terrestre di Greenwichmentre utilizzano la mascherina mentre dormononelle loro cabine nel periodo notturno. Alle 7

suona la sveglia, a mezzogiorno si pranza…insomma un po’ come a casa, per aiutarli ariprodurre le condizioni cicliche a cui siamo tuttiabituati. Ogni giorno sono previsti cinque pasti. E’importante avere una distribuzione calorica e un

Nella stazione spaziale ogni 90 minuti sialternano notte e giorno. Come fai a organizzarei pasti degli astronauti con dei ritmi così diversi?

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apporto energetico costanti, senza picchi di indiceglicemico. Il menu scelto da Samantha era moltoricco di verdura e frutta, cereali integrali eproteine sane derivanti soprattutto da pesceazzurro e carne bianca. Alcuni esempi di cibi

pensati appositamente per la missione Futura diSamantha sono lo smoothie di frutta fresca e labarretta energetica con alga spirulina e cioccolato.

Sotto. Stefano Polato e Samantha Cristoforetti – Crediti ESA/ASI

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Samantha Cristoforetti al suo rientro ha recuperatoin tempi brevi la forma fisica iniziale? Insomma, questaalimentazione ha agevolato davvero la sua ripresa?Samantha ha avuto una diminuzione di massaossea e muscolare inferiore anche di alcuni puntipercentuali rispetto alla collega americana …Consideriamo che il bonus food a sua disposizioneera circa metà della sua alimentazione

complessiva, quindi è stato certamente uncontributo importante. Forse ora con gli studieffettuati sui due gemelli Kelly potremo disporredi dati oggettivi.

Andare su Marte è la prossima frontiera dell’esplorazionespaziale umana. Una curiosità: nel film “The Martian”il protagonista coltiva e mangia patate per unlungo periodo… è uno scenario realistico?[Stefano Polato sorride]

Le patate in effetti sono state scelte comeesempio perché a livello energetico e dimicronutrienti sono uno degli alimenti piùcompleti. Della patata si mangia tutto, anche la

pianta stessa. Invece coltivare il grano sarebbeuno spreco perché gran parte della piantarisulterebbe di scarto e questo nello spazio nonsarebbe molto sostenibile…

Sopra. L'astronauta ESA Samantha Cristoforetti fotografata vicino alla macchina ISSpresso appena installata.Crediti: NASA/ESA.

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Come potremmo approfittare a Terradi queste soluzioni?

Con Argotec stiamo cercando delle possibiliapplicazioni terrestri. Figure che hanno necessitàsimili agli astronauti sono per esempio gli amantidegli sport estremi che hanno bisogno di cibo chepesa poco ma che sia molto nutriente, oppure chivive in mare per lungo periodo.

Anche l’esploratore Alex Bellini mangerà il cibopreparato da Argotec mentre vivrà in un icebergdentro una capsula di sopravvivenza per studiarelo scioglimento dei ghiacci in condizioniassolutamente estreme.

Stefano, ma sarà questo il cibo del futuro?

Chissà se se lo è chiesto anche la persona che hapreparato per la prima volta un salame: avevainventato anche lui un prodotto conservabile per

molti mesi a temperatura ambiente e che ora èentrato nella storia e si può trovare sulle tavole ditutti!

Per concludere, toglici una curiosità.La macchina per il caffè è sempre a bordodella stazione spaziale?Sì, la ISSpresso è ancora a bordo della ISS.Samantha Cristoforetti, oltre ad essere la primadonna italiana nello spazio, è stata il primoastronauta della storia a bere in orbita unautentico espresso italiano. Oggi è possibile bereun vero caffè a bordo della Stazione SpazialeInternazionale grazie alla collaborazione traLavazza e Argotec, che ha portato a bordo la primamacchina espresso a capsule in grado di lavorarenelle condizioni estreme dello spazio.La richiesta di portare in orbita la macchina delcaffè - vero e proprio gioiello ingegneristico - èstata infatti approvata per studiare la dinamica deifluidi, dei quali ancora non conosciamocompletamente il comportamento in condizioni dimicrogravità. La macchina per il caffè ha permessodi studiare anche il convogliamento pressurizzatodell’acqua e la distribuzione del calore nellospazio.Pensiamo all’esempio delle gocce di liquido nelcasco di Luca Parmitano che causaronol’annullamento della sua attività extra-veicolare.Non era stato calcolato che, senza l’ostacolo deicapelli, le gocce di acqua condensate nella parteposteriore del casco della tuta spaziale sarebbero

arrivate fino alla faccia dell’astronautaimpedendogli quasi di respirare.Insomma… E’ scienza studiare anche dove finiscela crema del caffè!

Un'immagine dell'autrice insiemeallo chef Stefano Polato