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Poesie del sol levante Luciano Pagano I Quaderni di Vertigine 02

Poesie del sol levante · I Quaderni di Vertigine 02 Luciano Pagano – Poesie del Sol Levante stampato nel giugno del 2004 ... punta meliso scoglio che svanisce non so dove non so

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Page 1: Poesie del sol levante · I Quaderni di Vertigine 02 Luciano Pagano – Poesie del Sol Levante stampato nel giugno del 2004 ... punta meliso scoglio che svanisce non so dove non so

Poesie

del sol levante

Luciano Pagano

I Quaderni di Vertigine 02

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I Quade rn i d i Ve r t i g i n e 02Luc i ano Pagano – Poes i e d e l So l L e van t es t ampa to ne l g i ugno de l 2004

no ©opyright giugno 2004progetto grafico musicaos.it

weblink:vertigine.clarence.com / [email protected] / [email protected]

s t a m p a t o s u c a r t a r i c i c l a t a

d e l l a s t e s s a s e r i e :I Q u a d e r n i d i V e r t i g i n e 0 1 S e n z a R e s p i r o – R o s s a n o A s t r e m o

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POESIE DEL SOL LEVANTE

Quando il crepuscolo cede il passo alla notte nulla accade, si riposano gli uomini, i più fortunati vanno a dormire, altri cominciano a lavorare. Prendono le loro punto blu, le accendono e si dirigono verso uffici dove due o tre luci sono ancora accese. Così fino allo spuntare del sole, così fino a che il primo calore investe le finestre, i loro vetri, mette in luce la polvere sospesa. E poi scendono le persone in disuso di ogni mestiere all’infuori del mestiere di guardare, misurare la vecchiaia delle pietre in parametro alle cartoline illustrate e lucide. Su queste cartoline c’è di tutto, disegni di temperature scevri dall’attenzione per i particolari che invece ha dominato diversi secoli. Chi trovano seduto può rispondere a qualunque domanda, sta lì ad attendere che il sol levante si alzi alto e riscaldi le undici del mattino, quindi può rispondere a qualsiasi domanda. Quando il sole si è alzato e ogni pranzo è stato consumato non resta più nulla, ad eccezione di qualche tedesco o inglese o giapponese che consuma un gelato, mentre tutti dormono. Per questi pomeriggi, per questi passaggi e per queste perdite di senso, per questo deragliare di ogni logica e piano, per tutti gli asintoti ed indirizzi perduti, per tutte queste cose il sol levante non stende ombre e non rivela contorni. Luce, luce e calore soltanto.

lp

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il maestro canta ‘donnarosa’ a squarciagolamentre il martello rompe la casa il tetto al cielocome una fisarmonica il compressore mandal’aria e ne prende e ne manda di nuova.questi costruttori stonatiquanto i loro berretti arancionicostruiscono e cantano nascosti nel frastuono.seduto in questo modo posso pensareche andando così le co-se è bene che così siano marcitelo sfruttamento di ogni singola conoscenzae il mitile che si aggrappa sullo scogliohanno un’unica radice di equazione: te, e io non sono.strumento abbastanza scordato, pioggia. corda tesa.mentre comincio a spellareproprio da queste mani non si direbbeche abbiano abbastanza lavorato.non c’è conforto nel copiare parole che non sianoancora scritte, mandando a memoriail ricordo a venire, non c’è conforto chenon sia latrocinio, furto su commissionee travestito da favore ti sei introdotto nell’haremdove pie prostitute si allenano leggendo i manuali del faxuno per ogni lingua che hanno conosciuto e confrontanomisurate opinioni.spostarsi è l’incredibile possibile.nel luglio del trela temperatura del mio astio raggiunselimiti mai registrati

in una fontana atre bocche ho lasciato il mio corpo a galleggiare.fesso. poi la nebbia. facemmo una pessima figuranei confronti di più nazioni

zerose in paragone

alle pessime condizioni di cui non vedemmoné forma né figura di nazione.tutti i semi perderai in un giorno.tutti e nessuno vorrà esserti in credito.te ne ricorderai quando smetterai di scrivereil tardi e i contrari. i sapevi.

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e smetterai in tempo.la fine del nostro amore furono atteseseminate di chilometri e manciatedi secondi o asciugamani da cui lavarevia il sangue. e mai più. e noi ancoraun’altra volta seduti

nei confronti di un mareirrispettoso. irrispettoso squilli.in seguito venne un tempo più riguardosonel quale educatamente gli sputie gli schiaffi contesero il quotidianonoi due a perpendicolo

stretti quanto potevamoin versi bagnati e bigliettiper treni e partenze ammoniacali.senza madonne né rosari che bastasseroe nemmeno così il quorum degli sbadatifu raggiunto.

uccidiamoli – mi hai detto.vorrei possedere quattro stomaci

- anche io,eppure ho vagato abbastanzanel patio fino a raggiungere ogni strema curvaturaogni lato della piramide, stop.‘la prigione è di fuori’

eppure il nostro amoreallenandosi in corse traspose eperpetuò se stesso

con la costanza di una pioggerellafino al culmine del suo piccolo spegnimentolo zenit di una ruga addormentatal’esercito degli sniffatori di colla,superstiti che si-amo nelle macerie dove affittia smidollati d’un cuore

di labbrabalbuzientidi cenere quella casa che era nostra.

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un giorno avrai bisogno di un poetaincapace di mentire ed infallibile,un retore che mutiogni tuo scacco in premio

in rigoglioogni tua piccola morte.quel poeta divorerà i binariinseguendoti fino a casa

dentro al letto,ultima luce assecondail tuo sonno,

lo strenuo difensoredei tuoi errori.ciò non ostante verserai acetonel piatto imbevendo la spugnail suo capo per lenire

quel che circondal’uccisione degli insettinella povera testa del poeta.quel poeta avanti te vincerà premiinnumerevolie mentirai nell’apprezzare quei suoi versifinché non leggerai dentro la vitacavata a forza da occhi rotti.romperà le vetrinesarà un descrittore,asseconderà il lastrico nello scivolodei sensi.e dopo l’ennesimo incubo

potrà riaversi.benedicendo il vacuo, senza rischio avrai acquistato la sua bontà,l’avrai perso.

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ecco gli amanti folliandare tristi una via mattutinacoi morsi nei colli le manistrette nei pugni le tasche.

eccoli oltrepassata la curvaaprirsi loro una strada che portanel bar dove vanno a schiarirsile gole folli di questa nottele urla arrestate contro cuscinile schiene ritorte.

ecco gli amanti folliseduti vicini al mare così che dalontano sia difficile capirel’inizio la fine di uno dei due corpi

celesticome se il dentro sia fuori venuto.

eccoli di nuovo a casa il loro occhioscemo le labbra serratei ginocchi in ginocchioun telefono che suonerà millenni.

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ed io canto. un rivolo d’acqua scendes’incunea in frettafino a che il sole lo esala.punta meliso scoglio che svaniscenon so dovenon so in quale mare.azzurra è il tuo nome

scorrevolela mano che tiene strettoil mio polso

mentre lugliosbianca ed agosto

infuoca.le donne che non pagateperché scrivessero i tuoi versichiedono il conto e vengonointervistate,

ti portano alla fine.sei commosso.

in quest’acqua così neranon vedrai generarsi spontaneianimali

l’aria è buona perché i nasitollerano più di quantola vista tolleri.ma la terra non è commestibile.

ed io canto.

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qualora fossi nato per avere un figlioallora tuo figlio ti avrebbe

inseguitodal giorno del tuo primo vagitonelle coincidenze delle corriere versorapporti malandati

quel fetoti avrebbe assoggettatocoi primi anni del suo martirionecessario

svolgendoti come è giustoa suo piacimento.

pensino addirittura che tu sia un volontariodella vita a rendere e

nelle questionitu venga interpellato

in orari notturniil tuo sorriso non abbia altri sorrisisorrisi il tuo pianto dintorno.tuo figlio sarà il primo a caderese per noia di circostanze cadrai.

il governo dei tuoi pensieri sarà vacantecercherai brutte figure tra le nuvole,tuo figlio nascerà cattolicoe morirai senza sconfessarlo,dai sedici ai ventisei

sarà protestanteo protesterà e moriraisenza sconfessarlo

alcune auto continueranno a poggiarele ruote sull’asfaltoalcuni ospedali strariperanno diricoveri

mentre alcune emittenticontinueranno a dire che non è un problema,in merito avrai poche opinioniperché in quei giorni continuerai

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a preferire altre menzogne.

TRAVEL

dalla ferita della balenal’occhio ha veduto il maree un nodo scorsoio

da dentro l’occhio del nodoè cadutauna goccia di marenella feritache era di rasoio egiona ha aperto i lembidella fessacome si apreun pezzo di panestando sul baratrodi un ponte levatoioha visto tutto passarenon resta che redigereuna numerazionedelle teste spalancate

ha raccolto sul fondo del marele pietre preziose come gioiellicolorate di rosso e marronee vetri verdi di bottiglialevigati dal mare

ha cambiato la scorzacome le cicale:camminava su un boulevarddimenticandosi la balenacantando allegro:poi il nulla.

un fuoco incolore

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l’occhio accartocciatotuffandosi da uno scontrinodentro un caffè.

muoveva le pedine della damacon un ditoa quel dito un anelloin cui per scherzo sarebbe entratoil collo di una bottiglia,

comprò un chilo di fegatosulle rive della cityscuoiò la feritaricoprì di unguento la feritaguarì la feritaperse l’occhioaffacciandosi dalla copertadella new-balena

in acciaio.scrisse un biglietto col vetrodiceva

è salpataè finalmentesalpata.

poi il nulla.

poi le barche rientrarono a nottequasi aperta

le loro luci rosseil rumore del motorel’odore del diesel

fuoco scoppietta la chiglial’inferno dell’acqua

ribolleil contenuto dell’urnadi cui siamo soli,

il contenuto dell’urnadi cui siamo soli,

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tenui pellicolefurono svolte come sudarisu ognuna un’immagine differentetrovare un lavoroper cui non si dovesse scavarescavare o distruggere

giona dimenticò l’alfabetodei nodile calate dove potersi tuffare.

la paura non esiste.la paura è uno specchio franto.

niente che non possa esseredipinto o dimenticato

nelporto di genovaporto di brindisiporto di spalatoporto di leuca

arteria senza ossigenodove ho speso le ceneria forma di tuonodove mi ero perfettonascosto dalle macerie.

oblò. macchia.cannuccia d’aria tiepida.

mi ti porto in donomentre dormie ti cerco nel vuoto:

carne della mia carneristoro degli occhiacqua benedetta,

gelo.

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la ragione che eccelle spieganel cardo e nel decumanol’incrocio di nozze tristi,l’abbandono.

eccoli svolti per chi è convintoesista un premioallo spettatore.

alla distanza.alla perdita.

giona è salitosenza chiedere dove,nasconde un coltello in bocca.

la balena è salpata.

prima di mezzanotte avrà volato abbastanza.

i vetri di casa rimeranno la pioggia.la finestra come un vetro affumicatolascerà entrare il sole,l’eclisse, il suo giorno.

di ritornocalpesterà la corona.

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VACANZE ROMANE

impazzì in un istantequando la sua mano

entrò la boccadi una finta verità in carta pestaera a mandrione o non ricordamentre gli aerei goffamente

atterravanoo salivano più lenti nel decollola mia felicità non sono questi archiné il cielo né il mite arcobaleno sa

le pelliscuro feroci, non la mia felicitàe questa solitudine mai solasempre piena di te che mi abbandoni;allora il lungotevere era verdeed un napoletano coi capelli nerinon esitò a chiamarlo cristocon calma e pazienza

dopo due giornisi rase le spighe ed ancora cristoquando i nervi fecero cedere l’ultimocapello

il napoletano gli diede del suocontinuando a chiamarlo cristosolo per questo perse le orbite celestie si trovò indeciso:alla stazione scese dal trenoe si diresse verso il quindicidove seduto pensava serio ‘sembraun uomo come gli altriegli è un uomo di cartapesta’scese di corsa ed entrò in un bardando nomi agli oggetti innumerevoliquelli viola li disse belli lividianche se non biascicavano verbonon li avrebbe mai buttati

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e nemmeno regalati

così alle quattro era rimastauna vecchia inglese in aria di ricostruzionese si eccettua il vestitoed un sorriso cui mancava pocoabbiamo fatto finta di sederci con leisenza invito ed un libro rispeditoad un mittente cornuto.

questo è il fiume che non si arrestaquesta è l’acqua dove tutto cadee si infresca di talassacomprese le puttaneinvisibili.

quando i versi saranno scioltiin queste acque non risorgeràe dormendo nella sua porzionedavanti ad una farmaciale piaghe da decubito in due oresmonteranno il noumeno che lo ha sceltocome eroe della giornata,e a cento metri un auto senza portelo aspetterà per renderlo alla genteai sedicenni sedicenti gay‘favete linguis’

ogni giorno suderò a malincuorefinché la belva avrà morsola mia costellazioneed il filippinomi avrà trattato malesenza alzare la voce perchéreclamare un boccone è concessose l’era acconsente e reclamare se stessiè reclamare niente.

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QUESTA MIA TUA POESIA

questa mia tua poesia così poco esaltante, così poco commerciale,molto poco vendibile, elargita, regalata, questa tua mia poesia esaltatain quarti d’ora che son densi come quarti di secolo, brevi come quartinee fetenti come quarti di carne ammuffiti. questa mia tua poesiache conta poco se è vero che i fogli volanti corrono come messaggie come questi si perdono, dalla cima della pila fino al fondoridotti in segnalibro. al segno. e poi questa mia tua poesia che divenneluogo indirizzo numero di rubrica. spedire con solerzia questi plichial chissàdove se è stato e non contiene che noi. perdere l’incrociodi rapporti e di favori cui rese omaggio la densità della poesia contemporaneain geografie venete lombarde calabresi. poesia nella contemplazionedi sarde ammuffite e di acciughe si muovono ancora, sapide diverso incorruttibile, verso della mia poesia incolore e inodore,senza morale aggiunta, privo di fosforina, ottenuto dalla baccadell’albero di bestemmia e di vita. questa mia tuapoesia si vorrebbe convenevole e graziosafarebbero del bene se scrivessero tutti e farebberodel bene se smettessero di scrivere, così ho letto. e miatua poesia fatta di leccate, sonore leccate di buste spedite poipoesia che lecchi per il prossimo senza leccare il culo,davanti al tribunale è certo che confesserò,vuoterò il sacco di sicuro dirò tutto“sì, scrivevo poesie nel periodo indicato, ma chinon ne scriveva, chi è salvo, chi riuscì a nascondersidal nulla?”. ed allora sarò condotto insieme ad altritutti stipati in una stanza morbida, tutti in eccedenzabei didietro, sempre bei ‘didietro’ nella poesia contemporaneanei versi e davanti agli scaffalistaremo seduti e capiremo come scriverevedere, criticare questa mia tua poesia cercherà pagine nuovebelle forme evidenti merende consumatecon lo stesso cibo dei padri e lo stesso cordoglio delle madrimozziconi arrotolati ed un verso rubatoda ogni libro per farne uno buono, scritto da noi,firmato da loro. nel frattempo controllate le venditecercate bene le tra le novità che spacciano per giovani

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confrontate con alcuni necrologi e prendetepastiglie, assumete gocce, ed ancora pastiglie finché l’edificiodella vostra difesa diverrà inattaccabile, in nome dello stile.questa mia tua poesia non farà mai di meglio tuttavia continuerà a fare il resto.

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IL NERO DESTRIERO

secondo un’esegesi accreditata la morteviene spesso raffigurata [in nero]e a cavallo di un destriero [anche esso nero]. ellabrandisce una falce il cui manicodi lunghezza variabile dai due ai due metrie mezzo. il destriero della morte è neroed è su questo cavallo che concentreremooggi la nostra attenzione.

l’immagine del destriero, lo scalpitiodegli zoccoli, l’ombra che si allunga velocementealle nostre spalle destano apprensioneovunque, alcuni si voltano credendodi essere inseguiti, altri credendofinalmente di essere. ovunque siac’è chi sfrutta quest’immagine di destrieronell’incutere timore e devozione.giungono al punto di scalzare la stessa mortedalla sella ed ammansire il suo cavallo,succede che la morte si perde in giochideviati e abbandona il mestiere di mortein certe occasioni diviene morte accidentale.è questione di un attimo chi balzasul cavallo procede più speditoincrementa la distanza va più fortequesto ladro di destrieri della stessa morte.ma è questione di un attimo. ella tieneal suo destriero, le basta un cenno,più raramente un fischio. torna in possessodella sua cavalcatura, miete.preferisce decollare uomini di spallechi in ginocchio adora i santi e ne intagliafigure nel legno come di sileni.

in primavera affronteremo gli argomentilegati ad ogni buona mietitura.

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FINALE INCIPITALE

sregolato mai, sicuramente irregolarenei versi e della prosa slogato semprecomodo a scontrarmi con chi ha in noiala vita. non mi stanco. ottimo e necessariotransvolo e da qui non vedo briciole per terranon vedo. non c’è gusto ad affinare i miei coltelliper una guerra vinta in partenzacoi rivoli col sangue e tutte le patacchedel caso. la mia giacca è sempre appesaal guardaroba, lisa mi guarda senza occasioni,vie di uscita, scampi. la mia concentrazioneè un guasto, la mia persona ha scrittoin fronte ‘il cuore è sempre salvo,la ragione mai’. è un dettaglio caloroso.il primo requiem si è scritto a sedici anniil direttore commosso archiviò la commozionee mi chiese venti pfennigper affinare l’esecuzione.i miei genitori consigliarono agli amicidi non farsi più vedere e cambiare marciapiede‘andate via se siete veri amici andateal largo di una manica infuriataslogatevi i polsi e regalate taccuini o portatei vostri versi dal dottore, cercate una cura,toglietevi di mezzo, cambiate marciapiede quello è il suooperato’. ed io li ho persi. non sempre capisconoquando è il momento di insistere dentro il capestroin un passo diamante che prevedeva organigrammisi è disciolta in melassa tutta l’ansiada stivale. elmetti. poesie. e di nuovo coltelli,cosa nascondi quanta fame porti in dono,ti sei rifugiato anche tu hai trovato riparopresso le tribù dei cercatori di toner?io non ho più parole, sono sulla bocca di tuttimentre prima erano solo nella linguacandida lingua per versi

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E SE UNA DONNA

Candida lingua per versiSegnata da questo scomporsiDi giorni in segnali di fumoSanguineo di sangue raggrumoIl mio perderti in lento riaverti

Candida lingua per versiImperfetti ferrosi d’incertiPensieri vincendo lo sforzoDi dire la bile in finzioniEmendare il contorto di

Candida lingua per versiFalsando assunzioni di mobiliAeree sottane in melinaErotina Poesina in inutiliGiri di gesti diversi da

Candida lingua per versiGestita da manager veriCon soldi di carta e di latta edOcclusa esitante eAcquistata ancora tiepida

Candida lingua per versiPoesia appena eretta inImmobile a dirsi e sapidaDi ringhio in attesaAnche lei della sua fetta

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IL CONVINCITORE

sono convinto che l’energia sprizzifuori dai miei versi come il pusda una pustola di lebbra purtuttavia sono così contento e cordialee ben senziente che ciò mi da peso.se ne accorgono le persone in evidentestato di shock ogni volta che passanosotto i miei versi. ci deve essereuna forza nascosta, altrimenti non miso spiegare, è il motivo per cui abbassanolo sguardo prima ancora che comincia parlare. indecenti. sono cosìconvinto, oramai basta che io camminisu di me sento quegli occhi,milioni, miliardi forse, cantareesattamente la stessa strofa.‘spostati, ti prego spostati,non ferirci, ti prego non ferirci,lasciaci qualche parola, facci diretaglia il cerchio, scorri al contrario,risuscita i morti se devi, è l’ora’. è l’ora in cui certiescono fuori per pattinare sul ghiacciofinto, di fronte ai panini fintiincerti se da questi versi voglionouscire illesi oppure archiviare il loroacquisto, come tutti maledicenti l’eurocome tutti azzuffatiper non somigliare ai vinti.

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IPOTESI PARANORMALE

non ci sono dubbi, un’eterna negazione.le mie poesie sono deliziosi fruttiche aiutano l’amore dell’amore,quello della donna per l’uomo e delladonna per la donna. così ad unatrasmissione che per oggetto di indaginescandaglia il paranormale, ebbene,l’autore chiede ‘ma esistono personecon poteri straordinari?’, sì. la rispostaè sì, affermativo, esistono fenomeni di poiesi paranormalee con forti complicazioni del quadro clinico che siaccompagnano ad accessi di flumen. eccessi di fulmini,botti casuali. la donna e la donnaintendono costruire un impero parallelonel quale la poiesi non può infiltrarsidentro pagina alcuna. non ci sono dubbi,quando ti ho portato le mie poesienon andavano bene, un chilo di zucchero, dicesti,quando sono tornato replicasti presentandoun chilo di sale nel conto. quindi ho lasciato correre,pensavo, ‘non ha mai scritto una riga, lo scriverò,non ha mai scritto, parla sotto effetto di narcosi rassicurante’, perché i miei frutti deliziosi, perdono, pardoni miei furti deliziosi giungono sempre nell’orecchioripetente, quello della cava. un’eterna negazione.la donna e la donna non ammettono critica,il loro impero è oramai così vasto nulla può minarne la costituzionequesto è il punto, esiste un indirizzo cui posso evacuarele mie rimostranze, esiste uno schienale paralleloche esuli dalla poiesi paranormale? l’eternitàè aggirata in questo modo, passiamo oltre

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L’INDAGATORE

Il dicembre del duemilatre fu caratterizzatoda un fresco mite, interrotto nel suo inizio da un venticello,burano che spazzò in freddo la penisola giungendodalla Russia. la notte di capodanno, a Piazza di Spagna,chi passeggiò verso le tre e continuò a festeggiarepoté accorgersi che una coltre immobile verde, marronetrasparente ricopriva la piazza. erano bottiglie rotte,dicono, per festeggiare il nuovo anno, lo stessoper il quale fu previsto un grosso attacco, l’attaccodi tutti i tempi, addirittura in Vaticano.congelati tutti alla notizia che non unoma diversi pacchi bomba furono recapitatia rappresentanti della nuova europa. un ragazzo alle quattrodel mattino sparava i suoi razzi. ‘uno dei nostri’uno delle nostre parti ricevette un plicocontenente una copia per posta di un noto romanzo, Il Piacere.fummo informati, ci hanno mostrato per due giornila copertina del romanzo in edizione tascabile, e poi sua mogliee poi la targa della strada.‘Costruire poesie su ordinazione è come fabbricareordigni’. il plico aperto fece fuoco e fiammeminando le fibre del maglione, le fibre della poltrona,i fili intrecciati a mano del tappeto. non è l’effettoma la causa che cerchiamo. la grande fiammataè stata generata dall’innesto o dalle polveri.è possibile che qualche frammento del Piacereresistito all’intaglio certosino del terrore ad operacommissionata di esecutore taglierino, ripeto,è possibile che un frammento del Piacere,- ne basta una goccia di piacere - sia servito da innesco?

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AMARE CORDE

amare corde sfiorate amate cordecinture in pelle che fungono da cordeamare corde che come lenze scendonoe salgono vuote, amare corde.ma quel che hai gettato sul fondoè ben visibile, l’aria è cristallina,così l’acqua. tutti ti hanno vistoattraversare in direzione del bosco,tutti ricordano come eri vestito.invece dita ti sfiorano e toccano,gridano con te dal giorno senza avvisonel quale sei partito. quel che hai gettatosul fondo torna a galla.ne mastichi un boccone ogni notte,prima di addormentarti.

EP. 1

“Siate tutti inaffidabili, voi poeti,potremo prendervi per i piedi e per la gola,arricchirete una tavola, se non bastace ne sono alcuni che si mettono a cantare,altri faranno ridere, è questione di tempo.”L’ironia nasce perché si pensano seri.Il riso fuoriesce perché si spacciano veri.

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GOLGOTA

slogan e rime facili è questo che tihanno insegnato? quale libro hai letto,puoi dirmelo, ci sono dentro finoal collo. hai vissuto coi maestrifino a quando? hai mangiato con loro,questo è bene, poi. erano libri,non dovevi dire grazie a nessuno, non chiedonoi libri, esigono. se proprio insisti scrivi.è questo che sai? scrivere bene? così è il bene,è la morte di dio? il bello è che ioti predico giorno per giorno senzaesserci mentre tu ignori le predicheconducendomi al macello. non ti basta.sezioni quante ne vuoi, pagine a nonfinire. il cranio ha dimensioni limitatedi sviluppo, sono accreditatele deficienze di ogni cervello, con questo?è questo che ho detto.nessun verso è libero, rubare è il primo mestiere,non copiare, rubare. dove lo hai letto?

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STOCCARDA

ritorno indietro, ci torno dopo tempo alla città che ho maledetto.la voce è un binario lento, su questo alcune carrozze semprequelle, corrono in discesa. tra venti anni la voce binarioil pensiero carrozza o magari il treno si ferma, non scende nessuno.tira il freno di emergenza, ti proponi capostazione con la speranzadi fruttare gli anni su questa tratta e mentre la città si avvicinascoprire la volta in metallo, uno schermo raffigura avanzidisposti, nature morte con birra. non scendo, scendo. prendano la carrozza al deposito, è probabile che in tasca ci sia ancoraun biglietto. tolsi la mano calda, ‘dividerò su due colonne, ricavoe guadagno’. getterò il telefono in strada come la prima volta.arrivai in cerca del buon agente, mi pose ovunque, malgrado il mio silenziodopo due mesi così in un attimo vidi la piazza ‘hai visto lì’ il tobacco ‘voglio vedere imorti’ , allora prendiamo l’autobus, ‘non hai capito,voglio vederli adesso’. fece segno ai vigili, non è colpa sua, eseguiva ordini,- smaltire al più presto i rifiuti editoriali - quando puoi svanisci.feci appena in tempo, corsi sullo stesso treno,lo presi il volo, via da Stoccarda in obiezioni plausibili eoscene, direzione Berlino, arrivo alle quindici e trenta.helena mi aspettava in una vasca da bagnocon candele, non era sola. le dissi che ero venutoa sostenere teologia, lì, quella sera, se il suo amicofosse stato d’accordo. mi ricordava un husserlintenerito dall’affetto per i figli, avevo nostalgia di casa.lo dissi a lui, perché helena era uscita. tornòesattamente tre ore dopo, la cena era pronta, husserlaveva ritrattato le ricerche logiche sotto mio consiglio caloroso,e aveva anche bevuto e smesso di fumare, ‘comunque è tuttonei miei appunti, lei conosce la stenografia, saprà come intendere’.intesi che helena non sarebbe stata una collega teologa,le fui di compagnia per quella sera, poi a letto,poi il mattino un altro aereo, berlino, incenerito di sonnomi risposi, mai più in una casa promiscua, ne soffrirebbe il miopudore, non i miei versi, qui dentro di helena non c’è traccia.

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IL SUO CANE È UNA PERSONA

soltanto chi scrive sa odiare come si devecome si deve sa dimenticare e ordinaresulle liste del proprio corpo il perdonoinammissibile.così per chi scrive le attese non sonomai propriamente attese ed i rifiuti- sanno loro cosa dico – in alcuneoccasioni il loro sapore è quelloidentico delle migliori vittorie,nonostante durino meno di qualche secondoe siano propriamente ineffabilianche le stesse vittorie, quando ne èsvanito il sapore tornano ad essereidentiche ai fogli bianchi dei qualiparleremo in breve.soltanto chi scrive sa odiare questi fogli, quando sono bianchiperché sono bianchi e quando sono pienidi versi perché sono pieni di versi.anche questa è una legge.le sigarette bruciano i microbiannientano l’ansia e producono versi.la tosse è un eventuale mattutino che sirisolve in fretta. emetico caffè ed unbicchiere d’acqua. il cane che gli ha lasciatosuo padre è snello. flessuoso.conducendolo a spasso si trasforma in una personaad un automa desideroso di infieriresu bottiglie di vino ed altrettantesigarette del prossimo. si riposasotto la chiesa, scrive qualcosa.piace, fare leggere a qualcuno‘sono buone. tu e il tuo canesiete dei bravi autori’ torna con due birre,sono il premio per la settimanadella critica. bevono insieme,non beve il suo cane cui l’alcool

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nuoce. il suo cane a quanto parenon ha intenzione di fumare.ne stimola le risorse per affinarnela gestione dei contenuti. è maturo. lasceràquesta chiesa. prometterà al suo caneun posto comodo dentro uno dei nuovi alberghidel centro.continuerà a scrivere. al suo flessuoso caneassicurerà quotidianamente copie dei suoi giornalipreferiti. non darà mai un dispiacere.

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e senza triste mente e tenera mentesenza questi tu fittizi conducendotial limite questo accade. la storia della letteraturasi conduce ed è completa di personeche si trovarono al posto giusto enel momento giusto. senza esclusionidi colpi, senza dimenticare ciòche fa la differenza tra un buon librodi versi ed uno cattivo. il perversodenaro malinconico, sovrastantela firma di ogni pezzo.su un piatto qualche giovanetra i più sparuti pronto ad emettere cambialisull’altro vocicui non prescindono cui non costringonoal peccato originale del firmarecarte. un regaloalla storia dei caffè diluiti, delle cicutefuorvianti, dei contanti.smodato e confortato da questi sognipuntello una versione.collima a quanto ho appreso.si stampi.

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ricordo come se fosse ieri. l’esattasemisfera delle sue guance procedevaal ritmo tentennava le sue scarpenere, anfibi, questo è il punto, in quelgiorno di luglio non pioveva un accidentela mia fretta era simile ad altrené distinguevo dal male il caldo delfreddo dal bene. lei era uguale ad un giornoprecedente esatto come per millennisarebbe rimasta. fotocopia di personafaxata di versi, identica ad un’altrache esattamente in quel luglio‘e da quel luogo uguale’ era passata.ero l’apice del tempo, ero franto e incorruttibilequindi incolpevole del piede sul pedale.mi diressi contro la poesia, era altauno e settanta circa, omogenea e insicura.me stesso o un altro doveva farlo,risolvere in secondicompiere quel che alcuni sopravvalutavano.un investimento letterario sul ludibrio.sono nel deserto doveanche un granello di sterco insabbiatoe scoperto vale un esclamazione, un verso.

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il perché sulle pareti di alcuni ospedalipossano essere individuate alcune crepeè indefinibile, può darsi che un’immagineinteriore del quadro clinicodi ogni paziente fuoriesca e si posicome una patina sulle pareti. oppureè un’altra la causa, sono le mentiche evacuano non i corpi. e nelfrattempo un liquore denso, cosìsimile alla resina scivola dai corpi,dai fori sul naso e dai buchi nelle orecchie.tutto è succo, tutto cola a perdere,nelle giunture dei corpi che attendonocomposizioni e ritardi, poiquesto succo velenoso cambierannoin miele prelibato. no. non è cosìche è andata. passati i giorninecessari i vostri versi sono medicinescadute, il cadavere che apparecchianoè inerte, non serve, è perdente l’iniziativadelle scosse mediatiche, tanto meno la buonacura è utile profusa in veste elegante,in tipografici dolori. i vostri versimi hanno fatto morire ogni voltache leggevo le pagine scorrevo perdendola calma nelle decisioni. fuori l’acquaera neve, continuavano tutte le trasformazioniconsuete ed io ero tenuto vivoda una macchina dentro cui il saltodi generazione era compiuto. rispondete.

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SONO IO

sono io, ci sono dentro, ci siete tutti quanti,sono le mie poesie, è la mia carne, potrebbeessere sufficiente così ed invece non basta maie mai potrebbe bastarne essere avanzodelirio, prestito alcuno, vissuto e mai eche meno restituito al mittente, sono io, non avanzaniente non faccio come quelli del mio paeseche nel piatto lasciano il boccone per il caneed il cane non viene e nessuno si presenta alla finea pagarmi le spese, il mio cane circola nudo,soffre la presenza dei poeti, dei ladri e dei maldicentie dei quaqquaraqquà, qui non c’è spazio in disavanzotroppo semplice così, troppo in discesa, vi ho torto bocconi, vi ho presibenissimo, mio fratello abbi fede, quando ti prenderannoe leggeranno la pagina, magari ingrandita su uno schermocome si deve, come imporrà lo stile, magaristrappata o per terra - e quando puoi perfino cantalacantala tu con le tue oche e la poesia si fece carta igienesola del mondo e si salvi chi è in tempo -quel che leggete è la mia deposizione in versiprima che la pasqua sia rimessa a servizio,quel che trovate qui dentro sono io al cento per cento,mettete nero su bianco, i romanzi, le poesie, accidenti,mi guardo attorno, le leggo e ci trovo io e io e voi che mi circondate dentro le mie scritture fino al collo,nulla ne esce, io quando non voglio più starci nemmeno riesco a scapparne, sono io, la mia carne,rispondete.

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PACE DI(S)SENTIRE

e allora apparecchiammo i nostri carriZeus stesso diede ordine i cui capelli

marroni crespi non hanno che unaspiga bianca ma è nascosta e nel terzo libro

dicemmo degli eserciti e le navi e i valorosi che con noisi accompagnarono per l’esattezza

centoquarantamila uomini e donnecome mai si erano vedute

guerrieri rivestiti di oro tra il più finee corazze di goretex, e insieme a loro duecento elicotteri apache

conducemmo l’assedio per dieci anni, o non fossi mai nato o per lo meno fossi morto senza nozze, così diceva

mentre pelle epidermidi e carmisi scioglievano

in feritoie di proiettili ben vestiti di neutroniio camminavo

ed il cielo pioveva barili di fumoio camminavo

ed i cadaveri di quelli non si potevano contareil mio vice portava in tasca una foto, suo figlio

mai nato, un bel feto ricordaval’infinità del generare così l’aggiunsi al seguito

e il vice divenne il capo, mio figlio e mio fratelloramsey ogni sera alle ventitrè in punto

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faceva una docciaindossava un abito di seta finemente lavorato

duemila marchio duemila cinquecento

in ginocchio di fronte ad un altare di vetro- tu dici così, ma io non possiedo altari -

il libro aperto e leggeva prima di dormire,“ogni notte una morte ogni giorno un risveglio”

fu così che inventammo uno stratagemmaappena uscirà dalla mercedes-benz avrà

il progetto per erigere una torre fino al cieloe lui specificava – non il cielo/paradiso, ma quello appena sotto, quello blu –

su questa torre discuteremo insiemeno ramsey, ho inventato un fucile, ho scoperto

un nuovo modo di sparare nascostile mie frecce traversano il petto

con avida furia, i nemici crollano bocconi,all’inizio il nemico era grande poi divenne uno dei nostri

infine come una lucertola era seduto al nostro tavolodov’è il nemico?

e ancora le nostre navi che tra di noichiamavamo legni, i nostri legni

saldati all’acciaio, ricolmi di locusteper loro che attendevano e greggio

che noi attendevamo, 25 a barile,poi 28 poi 36 e 25 fino a 40,

la misura è colma ci accampammo al limitare dei deserti

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senza limite, sabbia soltanto

e il re fece costruire il suo palazzo per l’occasioneed ogni mattonella recava il suo nome “re boato, re fuga,

re sosia” ma il nome più bello era “trucida figlicontro voi che ammazzerete i vostri”

e sotto un segnale “macelleria pace”nel decimo anno fu avviato un proficuo

ricambio di carne del padre col figliole donne dalle lunghe braccia bianche

attesero invano ricoperte di velifinché tutte le opinioni non furono sazie

ed alcune ripetevano sto aspettando la metropolitana,ci vorrà poco, un minuto, suo marito,

suo marito si è unito ai soldati? Il mio non c’è piùtra un attimo sarò con lui, vede? Mio figlio

è piccolo, serve già la causa si chiama Jeoushua-Bombconosce arabo ed inglese, lingue nate apposta per la poesia, ne vuole un pezzo?

Abbiamo utilizzato ogni mezzo, per ridurvialla pace, ogni mezzo se si eccettua la persuasione

tombe e ovvii scambi di carninelle carceri andavano ben lavati

e così fecero lavando con sifoni e coltelli analizzando tutti i lombi del problema reso in piedi

Wall Street chiude a ribasso ogni serameno uno, meno uno e mezzo,

e questi sono gli amici, lasciatemeli salutare questi amicidalla pancia panciuta delle mia nave di latta

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vedo il carro del solee un albergo inquadrato nel mirino

una pellicola cucita nei miei sandaliporta impresse le prove, quelle di domani

il figlio, il figlio/padre ripeteva continuamentedomani avrete la certezza a domani rimandiamo le prove

nel frattempo tracciandouna linea da washington a d.c. passando per l’equatore

non ci sarebbe stato un punto nel qualeil tumore della pace si fosse estinto

ma va bene, capita, costruiamo affinchéil morbo pestifero sia estinto

o quanto meno venga assolto o ricoperto di opinione.

Nella serie degli assedi c’è chi eresse un muroa dimostrazione

che i buoni risultati di un secolo scorso il nuovo li migliora di una tacca.

Ma noi questo assedio Zeus ce lo imponenon mammona, neppure conosciamo

questi re che li lasciarono all’asciuttoduemila anni all’asciutto

Zeus allora impose agli dei di non portarcialcun soccorso

”Iraki bepol” sosteneva Ammarsu questa moneta è già scritta ogni cosa,

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guarda questa moneta nascondeva la moneta in tascae dava un sorso di birra tedesca in un luogo all’aperto

al riparo da ogni pace molesta ‘guarda questa moneta’ con questa puoi comprare del pane al prezzo conveniente di una battaglia

io nascondevo una lancia lui riportava fedelmente la demagogia dei miei discorsial suo creatore, mi disse, ‘sai abbiamo tutti un creatore differente’

‘conosceremo i rispettivi quando sarà il momento’fu quello che risposi

nel frattempo su un altro canale tra i millea disposizione Nettuno ripeteva che era buono

offrendo oro contro oro a peso d’oropagando cadaveri di guerrieri offeso

perché utilizzava il medesimo fornitore“macelleria pace”

dietro la sua tenda due dei nostrigettavano i dadi per terra, uno solo può vincere o nessuno

e finalmente giunse il mese in cuiconfondemmo l’assedio alla rocca per una

passeggiata, tanti davvero schierati su due lineecon gli dei dappresso e gli schermi

fluorescenti alle spalle nessun segno di parte nessun tuono.La pace finalmente debellata, salvi siamo

tutti quanti, la mia armaturaper terra al suo fianco un fax con le prove

“sei luglio duemila uno”, siamo nell’occhio del cicloneagire tempestivamente.

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INDICE

il maestro canta ‘donnarosa’ a squarciagola la fine del nostro amore furono atteseun giorno avrai bisogno di un poetaecco gli amanti follied io canto. un rivolo d’acqua scendequalora fossi nato per avere un figlio Travel Vacanze romane Questa tua mia poesia Il nero destriero Finale incipitale E se una donna Il convincitore Ipotesi paranormale L’indagatore Amare corde Ep. 1 Golgota Stoccarda Il suo cane è una persona e senza triste mente e tenera mente ricordo come se fosse ieri. l’esatta il perché sulle pareti di alcuni ospedali Sono io Pace di(s)sentire

Luciano Pagano è nato a Novara il 16 agosto del 1975. Si è laureato in filosofia. Vive e lavora a Lecce. POESIE DEL SOL LEVANTE è la sua seconda raccolta di versi, l’unica dal 1999 a oggi, Venenum, scritta insieme a Simone Giorgino e Michele Truglia è il suo primo libro di versi. Suoi scritti compaiono mensilmente sul sito www.musicaos.it che l'autore dirige. Sul sito confluiscono scritture, critiche e riflessioni sulla letteratura. Luciano Pagano è redattore di Tabula Rasa (Besa Editrice). Il suo sito personale è lucianopagano.wordpress.comPer contatti: musicaos[at]libero.it

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I Q u a d e r n i d i V e r t i g i n e 0 2

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