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La Propaganda Del Regime Fascista

La propaganda del regime fascita

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La Propaganda Del Regime

Fascista

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• La Nascita Del Fascismo…………………………….……………...…………………………….…...Pag. 4

• La Marcia su Roma……………………………………………………….………………..………....Pag. 7

• Le Nuove Leggi Elettorali..…………………………………………….…………………..….….…..Pag. 9

• Dallo Statuto Albertino alla Dittatura……………………………………………………..…..…….Pag. 12

• Il Delitto Matteotti…….…………………………………………………………………..…..………Pag. 14

• Le Leggi Fascistissime……………………………….……………………………………..…….…..Pag. 16

• I Patti Lateranensi……………………………………………………….……………..….……….…Pag. 17

• I Lavoratori e la Loro Tutela Nel Ventennio………………………………………..……..………..Pag. 19

• La Propaganda……………………………………….………………………………..……….……...Pag. 22

• I Mezzi Propagandistici……………………………………………………………..………….…….Pag. 23

• I Mass Media…………………………………………………………….…………...………………..Pag. 25

• La Statistica Come Mezzo Di Propaganda…………………………………………..………………Pag. 43

• I Giovani………………………………………………………………………………..………….…..Pag. 45

• La Scuola……………………………………………………………………………..……….……….Pag. 51

• I Letterati Pro E Contro il Regime……………………………………………….………………….Pag. 60

IndiceIndice

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• Le Campagne “Popolari”…………………………………………………….……………………....Pag. 65

• Le Donne nel Regime……………………………………………………….……………………..….Pag. 70

• La Vita Quotidiana…………………………………………………………..…………………….….Pag. 75

• La Cura Del Corpo……………………………………………………..…………………….……….Pag. 78

• La Guerra D’Etiopia………………………………………………….…………….……….…….….Pag. 81

• Dalla Società Delle Nazioni All’ONU……………………………….……………….……….………Pag. 88

• L’Esaltazione Del Duce……………………………………………………………….…………...….Pag. 91

• La Dittatura Vista Dall’Estero:I Rifugiati……………………………………….….………………Pag. 96

• Bibliografia…………………………………………………………………….….….……….…….…Pag. 97

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In Italia, alla fine della prima guerra mondiale, agli elementi di grave disagio sociale si aggiunse la delusione per i risultati dei trattati di pace considerati insoddisfacenti e umilianti. Si facevano sentire i fermenti delle organizzazioni socialiste, ma cominciava a manifestarsi anche una nuova forza politica, radicalmente diversa, in cui confluivano vari elementi. Stava nascendo il fascismo, che inizialmente non aveva una chiara ideologia, ma presentava un insieme di tendenze e convincimenti talvolta contrastanti tra loro.Il fascismo trovò approvazione e sostegno in vasti settori della borghesia media e piccola, che nel dopoguerra scopriva di aver pagato pesanti costi in termini economici e di perdita di peso politico. Agli occhi di questa classe sociale il fascismo si presentava come il movimento politico in grado di imporre radicali cambiamenti e di ripristinare l'ordine che era stato sconvolto dal conflitto (si poneva nello stesso tempo come rivoluzionario e restauratore dell'ordine).

La Nascita del FascismoLa Nascita del Fascismo

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Il fascismo riusciva a riscuotere l'approvazione di questi ceti in quanto si opponeva alle organizzazioni operaie, che con le loro rivendicazioni erano considerate elemento di crisi e di disordine. Per questa sua contrapposizione al movimento operaio e contadino, il fascismo fu sostenuto da una consistente parte della borghesia industriale e dai grandi proprietari terrieri. Questi gruppi economici pensavano che la vocazione rivoluzionaria del fascismo non costituisse un serio rischio e che il movimento poteva essere utile per contrastare l'azione delle organizzazioni dei lavoratori. Le adesioni e il sostegno al fascismo erano anche una reazione al rischio di una rivoluzione socialista, sull'esempio di quella russa del 1917. Il fascismo trovò simpatie anche in parte della classe politica liberale, che pensava di utilizzarlo per ostacolare l'avanzata dei partiti popolari, per poi neutralizzarlo. Trovò complicità e approvazione anche all'interno degli organismi statali che non ne bloccarono le iniziative illegali e di violenza.

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SQUADRISTI IN DIVISA

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Nella caotica situazione creatasi in Italia dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, Mussolini cercava di accreditare la sua immagine di politico in grado di ripristinare l'autorità dello Stato e l'ordine sociale. Eliminò dai suoi programmi tutto ciò che poteva essere ritenuto eccessivamente rivoluzionario, antimonarchico e anticlericale.Ritenne che il momento fosse propizio per un colpo di stato e, il 28 ottobre 1922, gruppi di fascisti marciarono su Roma, senza trovare alcuna resistenza. Facta, l’allora capo del governo, aveva chiesto al Re Vittorio Emanuele III° di firmare lo stato d'assedio per poter disperdere i fascisti con l'impiego dell'esercito, ma il re rifiutò e affidò anzi a Mussolini l'incarico di formare il nuovo governo. Celebre rimase il discorso che Benito Mussolini pronunciò al Parlamentoall’indomani della marcia.

La Marcia Su RomaLa Marcia Su Roma

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8MUSSOLINI AL TEMPO

DELLA MARCIA

MUSSOLINI RICEVE DAL RE L’INCARICO DI FORMARE IL

NUOVO GOVERNO

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Con la nomina a Presidente Del Consiglio, Mussolini avviò una serie di riforme che trasformarono ben presto il nostro paese in una dittatura.Come prima cosa venne emanata una nuova Legge Elettorale, la Legge Acerbo, la quale prevedeva un premio di maggioranza, cioè l’attribuzione dei ¾ dei seggi, al partito che aveva ottenuto più voti.Ciò avvenne in quanto in Parlamento erano presenti solamente 35 membri fascisti su 553 totali. Furono poi indette le elezioni, alle quali l’opposizione si presentò frammentata, incapace quindi di contrastare efficacemente il fascismo. Il risultato di quelle elezioni vide, grazie al nuovo premio di maggioranza, l’attribuzione di 374 seggi ai fascisti.

Le Nuove Leggi ElettoraliLe Nuove Leggi Elettorali

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“La giustizia democratica del suffragio universale è la più clamorosa delle ingiustizie;il governo di tutti […] conduce in realtà al governo di nessuno.” Questo affermava Mussolini nel febbraio 1922, ancora prima della marcia su Roma ; è quindi evidente il desiderio di comando assoluto che caratterizzava il movimento fascista fin dai suoi albori.Il 24 dicembre 1925 la figura del Presidente del Consiglio venne sostituita da quella del Capo Di Governo. La differenza non sta solo nella denominazione, ma è sostanziale:questa nuova figura aveva un potere superiore a quello degli altri capi di gabinetto e non era più responsabile di fronte al Parlamento, ma solamente al Re, mentre i Ministri, nominati dal Re su proposta del Primo Ministro, divennero responsabili verso entrambi e non più verso il Parlamento, che si trovò quindi defraudato di uno dei suoi compiti principali.

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Nel celebre discorso dell’Ascensione (26 maggio ’27), Mussolini pronunciò le seguenti parole, esempio chiarificatore di ciò che era e stava succedendo al Paese. “L’opposizione non è necessaria al funzionamento di un sano regime politico. L’opposizione è stolta, superflua in un regime totalitario, com’è il regime fascista”.Il 17 maggio ’28 entrò poi in vigore una nuova riforma elettorale, con la quale gli elettori erano chiamati unicamente a dire “SI”o”NO”ad una lista già decisa dal Gran Consiglio. Le elezioni, rese di fatto vane, furono abolite anche di diritto nel 1939, con l’istituzione della Camera dei Fasci e delle Corporazioni i cui membri erano nominati dal Governo (il Senato rimase di nomina regia).

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Dallo Statuto Albertino alla dittaturaDallo Statuto Albertino alla dittaturaCi si potrebbe chiedere com’è stato possibile trasformare l’Italia in uno stato totalitario così velocemente e soprattutto semplicemente.Non c’era forse nel nostro paese un regolare Costituzione? Com’è allora accaduto tutto questo?Le ragioni sono tante e collegate tra loro.È vero che l’Italia aveva la sua costituzione, lo Statuto Albertino, (così chiamato perché a concederlo era stato il 4 marzo 1848 Carlo Alberto al Regno di Sardegna, ed era poi divenuto la costituzione di tutto il Regno al momento dell’unità), ma è vero anche che lo Statuto aveva diverse differenze con l’attuale costituzione Repubblicana.Innanzitutto era FLESSIBILE, cioè modificabile con una semplice legge ordinaria, mentre ora bisogna rispettare un lungo iter che prevede la doppia approvazione da parte di entrambe le Camere.Un’altra differenza tra l’odierna Costituzione e lo Statuto, si può rilevare nella suddivisione dei poteri:

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1. POTERE LEGISLATIVO: era attribuito congiuntamente al Parlamento e al Re, il cui consenso era indispensabile per l’approvazione. Il Parlamento era suddiviso in Camera dei Deputati, eletta dal popolo su base censitaria, e Senato, di nomina regia.

2. POTERE ESECUTIVO: spettava al Re, il quale nominava e revocava i suoi ministri. Ben presto però si diffuse la consuetudine secondo la quale il Governo non poteva rimanere in carica senza la fiducia del Parlamento.

3. POTERE GIURISDIZIONALE: era affidato a giudici nominati dal Re ma presto passò sotto il controllo del Governo e della maggioranza parlamentare.

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Con la modifica della legge elettorale, le consultazioni erano oramai divenute pure formalità prive di valore. Se a questo si aggiungono le pressioni e i brogli che avvenivano al momento del voto, si può ben capire come fosse diventato impossibile sconfiggere il fascismo attraverso metodi legali e ortodossi. Uno dei pochi che denunciò pubblicamente tutto questo, fu Giacomo Matteotti, nel 1924, dai seggi del Parlamento.Questo segnò però la sua condanna a morte. Infatti pochi giorni dopo il suo intervento in Aula,il 10 giugno 1924, un gruppo di squadristi lo rapì e lo uccise.Il suo cadavere venne ritrovato solo il 16 agosto. Come si svolsero veramente i fatti non fu mai chiarito.Questo omicidio causò forte sdegno nella nazione e anche all’interno delle frange più moderate del partito stesso. Mussolini si assunse la piena responsabilità dell’accaduto e il fascismo attraversò la più grossa crisi dai tempi della marcia. Anche in questo caso il Re si rifiutò di sciogliere le Camere e, per

Il Delitto MatteottiIl Delitto Matteotti

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protesta, l’opposizione “si ritirò sull’Aventino”.Gramsci propose di dichiarare nuovo Parlamento quello “dell’Aventino” ma non si raggiunse mai un accordo.Proprio grazie a questa mancanza di unità, il Regime riuscì a superare la crisi e a recuperare i consensi perduti.

MANIFESTO DI PROPAGANDA ELETTORALE

IL DEPUTATO GIACOMO MATTEOTTI

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A partire dal 1925 vennero emanate leggi per tutelare la dittatura e ridurre al silenzio le opposizioni.

Sono queste le famose leggi speciali, dette FASCISTISSIME.Tra le modifiche introdotte bisogna senza dubbio segnalare le seguenti:1. Il Presidente del Consiglio diventa Capo del Governo;2. Ampia facoltà del Governo di emanare Decreti, presentabili per la

conversione in 2 anni;3. Soppressione delle libertà democratiche quali libertà di stampa e di

riunione;4. Istituzione del Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato;5. Soppressione del pluralismo politico attraverso la messa fuori legge

di tutti i partiti tranne quello fascista;6. Sostituzione della Camera dei Deputati con la Camera dei Fasci e

delle Corporazioni, composta solo da fascisti.

Le Leggi FascistissimeLe Leggi Fascistissime

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1. Il Vaticano viene riconosciuto come vero e proprio stato indipendente;2. Roma viene riconosciuta capitale d'Italia;3. Il cattolicesimo è riconosciuto come religione di stato;4. Al matrimonio religioso è conferito valore civile;5. Lo stato paga un indennizzo al Vaticano per i territori e gli edifici persi nel 1870 con la presa di Roma;

Per poter legittimare il suo poter e per essere riconosciuto dalla popolazione, il regime aveva bisogno di un riconoscimento formale da parte di un’autorità importante. I Patti Lateranensi rispondono proprio a questa necessità.L’11 settembre 1929 Mussolini e il Cardinale Gasparri firmarono i patti, i quali si articolavano in tre punti: il trattato, la convenzione finanziaria e il concordato.I punti principali erano i seguenti:

I Patti LateranensiI Patti Lateranensi

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IL CARDINALE GASPARRI E MUSSOLINI AL MOMENTO DELLA FIRMA DEL CONCORDATO

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I lavoratori e la loro tutela nel ventennioI lavoratori e la loro tutela nel ventennioDurante il fascismo si assiste alla quasi stagnazione dei consumi privati che aumentano, tra il 1923 e il 1939, solo del 6%. In ogni caso, si contraggono i consumi alimentari e si raddoppiano quelli non alimentari, con un incremento pari a un terzo dei servizi.Il motivo dello scarso aumento verificatosi tra le due guerre ha varie cause. Alcune derivano dalla situazione dell'economia capitalistica in generale (la Grande crisi del 1929). A questo però si somma l'economia di guerra imposta dal regime. Il blocco dell'emigrazione e il riarmo sottraggono risorse ai consumi e alla produzione e impediscono a salari e stipendi di aumentare, mentre i risparmi vengono falcidiati dall'inflazione prima, poi dalla disoccupazione, e quindi ancora dall'inflazione. Quest'ultima e' causata dallo smisurato aumento della spesa statale non sostenuto da un'adeguata produzione di ricchezza del sistema economico.Gli operai, che dopo la prima guerra mondiale avevano ottenuto miglioramenti salariali, sono quelli che vedono erodere maggiormente le loro buste paga. Invece gli impiegati dello Stato recuperano il

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potere d'acquisto perduto tra il 1915 e il '21. E si allarga di nuovo la forbice tra le retribuzioni, dopo la distribuzione del reddito più egualitaria del dopoguerra. Si estende il cottimo, nonostante l'industria italiana non sembri proprio un terreno favorevole all'organizzazione scientifica del lavoro. Il taylorismo trova alcune applicazioni solamente nella produzione bellica.É difficile stimare quanto sia la disoccupazione durante il ventennio: si pensa che negli anni peggiori, '31-'34, nell'industria oscilli tra l'11,4 e il 15,5%. Nel commercio si assiste a una modernizzazione della rete distributiva. Nel 1917 nasce a Milano La Rinascente. Sorgono anche i magazzini a “prezzo unico”: l'Upi, poi Upim (Unico prezzo italiano Milano). Agli anni del regime vanno attribuiti la riorganizzazione della Cassa nazionale per le assicurazioni sociali (istituita durante i governi liberali), provvedimenti in materia di sanità, l'istituzione degli assegni familiari e della cassa integrazione. Il rapporto tra fascismo e classe operaia e' sostanzialmente caratterizzato, per tutto il Ventennio, da difficoltà di consenso nelle fabbriche, e da una certa ostilità, più o meno

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accentuata a seconda dei periodi. L'opera di penetrazione fascista risulta particolarmente difficile nelle aziende importanti e di grandi dimensioni. L'avversione della classe operaia non e' dovuta solo a nostalgie del passato o a motivazioni di tipo ideologico o politico, ma anche all'incapacità' degli organismi sindacali del regime di tutelare i lavoratori. Dopo aver soppresso le libere organizzazioni sindacali, nel 1926, il fascismo punta a realizzare un sistema costituito da strutture con rappresentanza paritetica dei datori di lavoro e dei lavoratori che avrebbero dovuto governare i processi produttivi di ogni categoria, sotto il controllo e il coordinamento dello Stato. Il progetto sostanzialmente fallisce.

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Dopo una breve storia del fascismo, dalle origini all’affermazione politica, si deve passare ad analizzare i metodi mediante i quali il regime è riuscito per più di 20 anni (1922-1943) a mantenere il totale controllo delle istituzioni e della gente.Questo mezzo è la PROPAGANDA, subdolo strumento in grado di far apparire ciò che non c’è e soprattutto di nascondere ciò che invece succede ed è tangibile.Mussolini e il suo staff hanno creato una perfetta macchina propagandistica, in grado di entrare di prepotenza nella vita quotidiana di tutto il popolo, comandandone quindi usi e abitudini.Tutti i mass media furono posti sotto censura e, fin dai primissimi anni di vita, i bambini venivano educati al culto del Duce, a combattere per la patria, i maschi, e a diventare perfette madri e mogli le bambine.Si può quindi affermare che tutta la vita ruotava attorno al regime. Nell’Italia fascista, accanto all’ente radiofonico, Eiar, formalmente privato ma di fatto voce del regime, nacque un Ente cinema e un Ufficio per la stampa e propaganda, poi Ministero della cultura popolare.

La PropagandaLa Propaganda

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I metodi a disposizione dei propagandisti furono innumerevoli e tutti molto efficaci:

• Mass Media e Censura: * Stampa; * Radio e musica; * Cinema; * Il sondaggio d’opinione.

• Giovani: * Opera Nazionale Balilla; * Piccole Italiane; * Scuola e Riforme scolastiche; * La cura maniacale del corpo e della stirpe.

I Mezzi PropagandisticiI Mezzi Propagandistici

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• Donne e famiglia: * Campagne Demografiche; * Oro alla patria; * La battaglia del grano; * La donna nel fascismo.• Economia: * Autarchia.• Popolazione: * Plebisciti; * Adunate popolari; * Esaltazione della figura di Mussolini.

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I mezzi di comunicazione di massa cominciavano ad affermarsi proprio in questi anni e il Regime seppe senza dubbio sfruttare al meglio il loro potenziale.

LA STAMPA

La stampa fu probabilmente il mezzo più censurato, questo fu possibile grazie all’acquisto da parte del partito fascista tra il 1911 e il 1925 delle maggiori testate giornalistiche e grazie all’introduzione degli albi nel 1925.I quotidiani, dunque, presentavano ,attuando una censura su cronache nere e di fallimenti economici, il periodo fascista come un modello storico di pace e moralità. Lo stesso accadde anche nei giornali per bambini i cui argomenti erano strettamente legati all’ideologia fascista (superiorità dei bianchi sui neri, malvagità degli ebrei ecc.).

I Mass MediaI Mass Media

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“Il giornalismo italiano è libero perché serve soltanto una causa e un regime; è libero perché, nell'ambito delle leggi del Regime, può esercitare, e le esercita, funzioni di controllo, di critica, di propulsione."

Le regole che tutti i quotidiani e i periodici dovevano seguire erano fissate in modo rigido e ogni trasgressione veniva severamente punita.Le parole che seguono sono state pronunciate da Mussolini nel 1928 e sono un chiaro esempio di come dovevano lavorare i giornalisti durante il ventennio.

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Ecco solo alcuni esempi di una serie di “cose da non dirsi”:

• Notizie che non vanno mai riprese: Scioperi nel campo nemico. Tali notizie non devono apparire.

• Non occuparsi in alcun modo delle code davanti ai negozi;

• Non riprendere dalla “Gazzetta Ufficiale”i dati pubblici sul bilancio di previsione della guerra;

• Astenersi da articoli che sollevino questioni circa il valore presente e futuro della Lira.

StampaStampa

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• Il giornale deve esser organo di propaganda dell’italianità e del Regime. […] Si raccomanda soprattutto una ardente passione d’italianità e di fascismo, che deve illuminare il giornale in ogni suo numero.   • Controllare la notizie e gli articoli dal punto di vista nazionale e fascista, ponendosi, cioè, il quesito se le pubblicazioni sono utili o dannose per l’Italia e per il Regime. […]   • Improntare il giornale a ottimismo, fiducia e sicurezza nell’avvenire. Eliminare le notizie allarmistiche, pessimistiche, catastrofiche e deprimenti. […] • Non si deve dare all’estero la sensazione di una miseria che non c’è. […]

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I tabù sono tanti e spesso curiosi: i compleanni del duce, le difficoltà di Cristoforo Colombo nell’amica nazione spagnola, la preoccupante nazionalità di Copernico o di Costanza Garibaldi (di origini inglesi), una malriuscita sfilata di donne fasciste, il cuore del duce, le radio clandestine, la crisi economica di Trieste, la Russia del 1939, certi brani di discorsi pontifici, gli incidenti aviatori, gli operati degli arbitri nelle partite di calcio, il libro di una maestra sullo Scolaro Mussolini, Moravia, Charlie Chaplin, le donne in costume da bagno, le donne magre, ecc. Per quanto riguarda la creazione di una decorosa immagine del piano economico italiano bisognava tener presente che:“E’ istituito presso il Ministero, Divisione della Stampa Italiana, un ufficio al quale bisogna sottoporre preventivamente tutti gli articoli economici, finanziari […].

Ecco invece una cosa da farsi:•“I giornali riproducano ogni giorno una frase o brani di discorsi del Duce (Grande, vivido discorso, o altra aggettivazione del genere)”.

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Il ministero, inoltre, organizza campagne a seconda delle esigenze politiche del momento. Un esempio è quella anti-inglese all’epoca delle sanzioni per l’Etiopia o questa dell’ 8 settembre 1939: “Simpatia per la Germania. Molta misura e discrezione nei confronti della Francia. Tener sempre presente e far risalire la responsabilità della guerra all’Inghilterra”. Un’altra campagna organizzata è quella legata alla decisione fascista di scendere in campo sulla questione razziale: prima quando la vittoriosa guerra in Etiopia pone la questione del confronto con i nuovi sudditi di colore e poi quando vengono promulgate le leggi antiebraiche. Nell’agosto 1938 è fatto obbligo alla stampa: “anziché parlare di ebraismo ed antiebraismo, usare l’espressione giudaismo ed antigiudaismo”.

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Alcuni esempi di giornali dell’epoca

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Altra fonte importantissima di notizie e propaganda fu la radio.Anche se poche famiglie possedevano un apparecchio, in pochi anni il numero aumentò e, grazie alle radio strategicamente installate in ritrovi pubblici, una larghissima parte della popolazione veniva raggiunta da questo mezzo.Non solo vi venivano trasmessi i discorsi del Duce e date le notizie (naturalmente selezionate e censurate) di carattere generale, ma vi si poteva anche ascoltare la musica.Le canzoni del Ventennio sono rimaste celebri per il brio e i significati ideologici che vi si celavano. Spesso i testi erano scritti con un lessico altolocato e accattivante, le melodie entravano subito in testa e questo permetteva una rapida diffusione capillare.Il costo non troppo elevato e la voglia di evadere dal quotidiano, spinsero moltissime famiglie ad acquistare l’apparecchio, che divenne quindi in breve tempo una fedele amica e compagna.

Radio e MusicaRadio e Musica

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Le casalinghe potevano ascoltarla mentre svolgevano i lavori domestici, i giovani ritrovavano le canzoni famose e gli uomini al ritorno dal lavoro si potevano informare stando tranquilli e rilassati.Non esistendo ancora la Televisione era anche l’unico modo per seguire in diretta i grandi eventi sportivi come il calcio e il ciclismo i quali, esaltando l’italianità e il vigore fisico, venivano seguiti in modo approfondito e attento dal regime.

Un modello della

RADIO BALILLA

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Se tu dall'altipiano guardi il mare, Moretta che sei schiava fra gli schiavi, Vedrai come in un sogno tante navi E un tricolore sventolar per te. Faccetta nera, bell'abissina Aspetta e spera che già l'ora si avvicina! quando saremo insieme a te, noi ti daremo un'altra legge e un altro Re. La legge nostra è schiavitù d'amore, il nostro motto è LIBERTÀ e DOVERE, vendicheremo noi CAMICIE NERE, Gli eroi caduti liberando te! Faccetta nera, bell'abissina Aspetta e spera che già l'ora si avvicina! quando saremo insieme a te, noi ti daremo un'altra legge e un altro Re. Faccetta nera, piccola abissina, ti porteremo a Roma, liberata. Dal sole nostro tu sarai baciata, Sarai in Camicia Nera pure tu. Faccetta nera, sarai Romana La tua bandiera sarà sol quella italiana! Noi marceremo insieme a te E sfileremo avanti al Duce e avanti al Re!

Faccetta Nera

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Salve o popolo di eroi, salve o Patria immortale,

son rinati i figli tuoi con la fede e l'ideale. Il valor dei tuoi guerrieri la vision dei tuoi pionieri

la vision dell'Alighieri oggi brilla in tutti i cuor. Giovinezza, giovinezza, primavera di bellezza, nella vita nell'asprezza il tuo canto squilla e va! Per Benito Mussolini E per la nostra Patria bella, eja eja alalà. Dell'Italia nei confini son rifatti gli Italiani, li ha rifatti Mussolini per la guerra di domani Per la gioia del lavoro per la pace e per l'alloro per la gogna di coloro che la Patria rinnegar.

Giovinezza, giovinezza, primavera di bellezza, nella vita nell'asprezza il tuo canto squilla e va! Per Benito Mussolini E per la nostra Patria bella, eja eja alalà. I poeti e gli artigiani i signori e i contadini, con orgoglio di Italiani giuran fede a Mussolini. Non v'è povero quartiere che non mandi le sue schiere, che non spieghi le bandiere del fascismo redentor. Giovinezza, giovinezza, primavera di bellezza, nella vita nell'asprezza il tuo canto squilla e va! Per Benito Mussolini E per la nostra Patria bella, eja eja alalà

GIOVINEZZA

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CinemaCinemaQuando nel 1922 Mussolini prese il potere in Italia, subito affermò pubblicamente di ritenere il cinema “l’arma più forte dello Stato”. Già allora, quando il sonoro era ancora di là da venire e la produzione italiana era scarsa e di non eccelso livello, con la sua ben nota “lungimiranza fascista”, il duce aveva capito l’importanza dell’immagine per fare presa sul popolo.Proprio per sfruttare al meglio il cinema, Mussolini ha fortemente voluto due istituti che hanno segnato poi tutto il ventesimo secolo, l’Istituto LUCE (L’Unione Cinematografica Educativa) e Cinecittà. L’Istituto Luce aveva il compito di sponsorizzare e realizzare documentari sul fascismo ma non solo. Tutto ciò che era italiano e che non andasse contro le regole dettate dal regime, veniva filmato e trasmesso nelle sale cinematografiche.L’Istituto, che aveva come simbolo l’aquila, emblema del fascismo, ha continuato ad esistere anche dopo la caduta del regime ed è stato fondamentale per permettere alle generazioni che non hanno

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vissuto in prima persona gli avvenimenti di quegli anni, di capire cos’era realmente successo, quando e dove. Le caratteristiche che prima di tutto saltano agli occhi dello spettatore attento che assiste per la prima volta ad un documentario Luce, sono il tono di voce e i vocaboli utilizzati dal cronista (che tra l’altro è sempre lo stesso!).Il tono è fiero e austero nello stesso tempo, privo di accenti e l’enfasi con cui si narrano anche le cose più insignificanti colpisce ancora oggi, quindi allora, quando la gente non era stordita da numerose emittenti televisive e non era abituata ad assistere quotidianamente a questo genere di proiezioni, doveva avere un impatto potentissimo nelle menti di persone poco colte e facilmente raggirabili.Il lessico era piuttosto sostento, privo di parole straniere e curato in ogni minimo dettaglio.Alla parola “duce”veniva sempre associato qualche aggettivo superlativo per calcare ancora di più la mano. È quindi stato fondamentale introdurre questi documentari, che oltretutto permettevano di aggiornare costantemente la popolazione, per controllare i discorsi e le idee.

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38Posa della prima pietra per la costruzione della sede LUCE

Le auto Luce permettevano la visione in tutto il territorio

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Cinecittà, costruita a Roma, doveva invece essere, come dice la parola stessa, la città del cinema, un luogo dove realizzare film di qualità e che permettesse alla popolazione di vivere in prima persona l’emozione di veder nascere i film sotto i propri occhi. Eppure il regime non cercò mai di asservire totalmente il cinema alla propaganda della sua ideologia, come avrebbe invece fatto il nazismo. Grazie anche all’intelligente consiglio di alcuni responsabili politici, in primis Luigi Freddi, Mussolini lasciò al cinema italiano la possibilità di realizzare pellicole con sufficiente autonomia, tenne leggera la scure censoria e si limitò a controllare i documentari didattici e i cinegiornali educativi.Egli imbocca così una via italiana al cinema che permetterà a registi come De Sica e Visconti, di non sentirsi troppo frustrati e di preparare, già alla fine degli anni Trenta, il neorealismo del dopoguerra. I film di evasione, quelli storici, quelli romantici, non interessano più di tanto il partito, che invece ci tiene ad esportare nel mondo un’immagine vincente dell’Italia, anche attraverso i suoi lungometraggi. Diverso è il discorso per quanto riguarda l’informazione, che viene proiettata in tutti i

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cinematografi prima di ogni spettacolo, e alla quale è affidato il compito di mostrare alla popolazione i fasti del regime.Cinecittà è stata per decenni la risposta italiana alle grandi imprese cinematografiche americane e vi sono stati realizzati capolavori del cinema, italiano e non solo.All’origine però nacque col solo intento di amplificare la voce del regime e di renderla immortale, cosa che solo l’arte può fare. Sempre non esistendo la televisione, la popolazione (o almeno la parte più ricca) andava molto più spesso di oggi al cinema, anche per vedere i cinegiornali, per cui la cinematografia è senza dubbio stata un mezzo fondamentale di propaganda.

 

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41Inaugurazione di CINECITTA’

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Secondo il liberalismo ottocentesco, l’opinione pubblica era una collettività di individui capaci sia di acquisire e valutare le opinioni espresse da altri, sia di farsene una propria e di esprimerla.Nel corso del Novecento, anche per la perdita di fiducia, da parte degli intellettuali, nell’autonomia di pensiero delle masse, si fece strada una concezione differente. Non erano le opinioni dichiarate, ma al contrario gli stati d’animo inespressi dalla popolazione, a provocare i comportamenti politici più sorprendenti e influenti. Quindi, ciò che davvero contava, in una società moderna, non erano tanto le opinioni espresse dalla stampa, quanto le convinzioni latenti, magari parzialmente inconsapevoli, del popolo. Da questa concezione nacque negli anni trenta l’industria del “sondaggio d’opinione”, del quale il maggiore istituto di ricerca fu il Gallup, fondato nel 1935.

I Sondaggi d’OpinioneI Sondaggi d’Opinione

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La statistica come mezzo di propagandaLa statistica come mezzo di propaganda

Un altro mezzo fondamentale per convincere il popolo del buon operato del regime, fu la statistica.Questa scienza matematica ha origini antichissime, addirittura millenarie, (ne sono state rinvenute tracce addirittura risalenti alla civiltà egizia) ma i regimi totalitari moderni ne hanno capito l’importanza e l’hanno quindi sfruttata a loro vantaggio.Ogni aspetto della vita quotidiana veniva studiato e trasformato in numeri, naturalmente divulgati alla popolazione solo dopo un’attenta attività di revisione e adeguamento alle necessità di propaganda.Il caso più eclatante è senza dubbio quello della crescita della popolazione, continuamente aggiornato e tenuto sotto controllo, ma ve ne furono tanti altri, come per esempio l’andamento dell’economia, del PIL, delle condizioni socio-sanitarie, ecc…

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I Censimenti ISTATI Censimenti ISTATIl principale strumento utilizzato dal fascismo per conoscere le necessità della popolazione, fu il censimento.Attraverso la raccolta decennale dei dati diveniva possibile pianificare l’attività di Governo in modo da soddisfare i reali bisogni.Questa raccolta di dati era affidata all’ISTAT, che aveva anche il compito di elaborarli e studiarli.Il censimento risultò talmente utile che il regime pensò di modificarne la cadenza da decennale a quinquennale, tant’è che se ne svolse uno nel 1931 e il successivo già nel 1936.A causa della scarsità delle reti di comunicazione, della necessità di aiutare la popolazione a raccogliere i dati,…, il censimento era però troppo dispendioso e i risultati erano pronti poco tempo prima del nuovo censimento, per cui si tornò presto a svolgerlo ogni 10 anni. Grazie ai censimenti si capì che la vera forza dell’Italia erano i giovani, presenti in altissimo numero nel nostro paese, quindi si creò una complessa rete propagandistica indirizzata proprio alle nuove generazioni.

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I GiovaniI GiovaniUn’attenzione del tutto particolare era riservata alle nuove generazioni.Il regime fu in grado di organizzare i primi anni di vita dei più piccoli, in modo che crescessero con una fede e una fiducia incondizionata nel Duce e nel fascismo.Le organizzazioni erano rigorosamente divise per sesso e per età e permettevano di plasmare a regola d’arte i piccoli, educandoli alla disciplina ferrea e alla vita.Veniva insegnato loro che la patria era la cosa più importante e che avrebbero dovuto dare anche la vita, se necessario, per difenderla.L’esaltazione della forza e della violenza era il pane quotidiano dai 5 anni di vita in poi. L’Opera Nazionale Balilla viene istituita nel 1926 come un’organizzazione para-militare finalizzata a infondere nei giovani il

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sentimento della disciplina e dell’educazione militare, a “fare in sostanza, di ogni giovane un vero e proprio strumento bellico al servizio di una patria identificata col fascismo ed il suo capo”. Il giuramento con cui a sette anni tutti i bambini entravano a far parte dell’ O.N.B. così recitava: “Nel nome di Dio e dell’Italia, giuro di eseguire gli ordini del Duce e di servire con tutte le mie forze e se necessario con il mio sangue la causa della rivoluzione fascista”. Per tutti i ragazzi che frequentavano la scuola pubblica l’iscrizione all’ O.N.B. era obbligatoria e comportava il pagamento di una quota annuale da pagarsi insieme con le tasse scolastiche. I ragazzi dagli 8 anni ai 14 prendevano il nome di Balilla, dai 15 ai 18 divenivano avanguardisti, dopo di che entravano come giovani fascisti, nei fasci giovanili di combattimento, per essere infine accolti, a 21 anni, nel Partito. Analogamente le ragazze venivano inquadrate, ai corrispondenti livelli di età, tra le piccole italiane, le giovani italiane, le giovani fasciste.

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Nel 1934 si giunse addirittura all’irreggimentazione dell’infanzia, con l’istituzione del reparto dei figli della lupa, per i ragazzini e le bambine dai 6 agli 8 anni. Nel 1937 l’O.N.B. che fino allora era dipesa dal ministero dell’educazione nazionale confluisce nella Gioventù Italiana del Littorio, “G.I.L.”, e viene messa alle dirette dipendenze del partito. Si accentua il carattere militaresco dell’organizzazione, con l’istituzione di nuovi reparti come quello degli avanguardisti moschettieri compresi tra i 15 e i 17 anni, che vengono dotati di veri moschetti.

Bimbo vestito da “FIGLIO DELLA Lupa”Da notare la lettera “M” disegnata sul davanti della divisa e che si riferisce naturalmente all’iniziale di Mussolini.

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Manifesto di propaganda che esalta le doti del Duce coi bambini

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Giovani che si esercitano per

diventare VERI ITALIANI

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Foto propagandistica dell’O.N.B.

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La ScuolaLa ScuolaIl mezzo più diretto ed efficace per indirizzare le conoscenze dei giovani è senza dubbio la scuola. Proprio quest’ultima è stata molto valorizzata, seguita e fascistizzata, per fare in modo di creare una rete su tutto il territorio nazionale che “sfornasse” i fascisti del futuro.Con la Riforma Gentile del 1923 venne istituito l’utilizzo obbligatorio di un unico libro di testo, “Il Primo Libro del Fascista”, nelle Scuole elementari e “Il Secondo Libro del Fascista” alle medie.Questi volumi contenevano tutto ciò che un buon fascista doveva conoscere ed erano articolati a domande e risposte, semplici quindi da assimilare.Gli insegnanti dovevano essere iscritti al Partito e parlare quotidianamente del Duce in classe, anche a bambini e bambine di prima elementare. Quelle che seguono sono solamente alcune righe del Primo Libro del Fascista e rendono in pieno l’idea su come veniva effettuato l’insegnamento.

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D.: Perché il DUCE è il Capo del Popolo italiano? R.: Perché Egli ha identificato il popolo con la Patria, lo ha chiamato a partecipare alla vita dello Stato e lo dirige sulla via della propria elevazione morale e materiale.D.: A che cosa mirava l’azione bolscevica? R.: L’azione bolscevica mirava a rinnegare il valore e il sangue con cui la vittoria era stata ottenuta, ad alimentare l’odio di classe ed a trasportare in Italia la barbarie rossa.D.: Che cosa fu, dunque, il fascismo fin dalle origini? R.: Fu una volontà di dare all’Italia un ordine e una potenza che assicurassero al popolo italiano il suo posto al sole e lo mettessero in marcia sulle vie di un nuovo impero.

Frontespizio di un libro di scuola che riporta parte del famoso motto “CREDERE OBBEDIRE COMBATTERE”

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D.: Che cosa è il Pnf? R.: Il Pnf è una milizia civile volontaria agli ordini del DUCE; al servizio dello Stato fascista.D.: Quale è il giuramento che viene prestato al momento di entrare nel Pnf? R.: Il giuramento è il seguente: Nel nome di Dio e dell’Italia giuro di eseguire gli ordini del DUCE e di servire con tutte le mie forze e, se necessario, col mio sangue la causa della Rivoluzione fascista.D.: Quale è la costante direttiva morale del Fascista? R.: Il fascista comprende la vita come dovere, elevazione, conquista e deve avere sempre presente il comando del DUCE: “credere, obbedire, combattere”.

Copertine de”Il Primo e il Secondo Libro Del Fascista”

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Tutto il sistema scolastico aveva come fine il preparare all’obbedienza, al sacrificio e alla disciplina i giovani, futuri combattenti della Patria.Le classi erano divise per sesso e venivano insegnate discipline sia comuni che differenti.I maschi dovevano per esempio studiare “Cultura e discipline militari”, mentre le bambine “Lavori donneschi”.I programmi erano decisi direttamente al Ministero e gli insegnanti venivano continuamente controllati e valutati, in modo da epurare il più possibile la scuola dagli elementi “eversivi”.I controlli e le ispezioni erano molto frequenti.Fin dal 1925 un decreto legge aveva disposto che funzionari statali, compresi gli insegnanti, potessero essere esclusi dall’impiego qualora non avessero dato piena garanzia di un fedele adempimento dei loro doveri o si ponessero in posizioni di incompatibilità con le generali direttive del governo. Nel 1933 venne precluso l’accesso all’insegnamento a chi non fosse iscritto al partito e poi diventò d’obbligo la divisa fascista di sabato e nelle ricorrenze fasciste.

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Nel 1931 un decreto legge proposto da Gentile proponeva per essi l’obbligo del giuramento fascista. Soltanto 13 professori su circa 1200 si rifiutarono di giurare e dovettero lasciare la cattedra. Quelle che seguono sono 2 testimonianze di una maestra della provincia di Nuoro sospesa dall’incarico per comportamenti eversivi.È molto chiaro come tutto fosse controllato nel minimo particolare tanto che, anche in un piccolo paese del nuorese, era impossibile “sfuggire”.

Foto scattate al termine di recite di classe, utilissime come ulteriore mezzo propagandistico scolastico

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[...]A un tratto l'aula si fece buia, l'ispettore guardò oltre la finestra il cielo divenuto nero e si oscurò in viso. Fece chiudere i libri e cominciò l'interrogatorio di prammatica. "Dov'è nato il duce?". Le bambine tacevano. "Sentiamo, tu: dov'è Predappio?". La bambina sembrava muta. "Dimmi, tu, hai avuto la befana fascista?". "Si". "Chi ti ha dato la befana fascista?". "Una signora". "Il duce te l'ha data, il duce!" esclamò con enfasi l'ispettore. E spiegò come un grand'uomo, il capo dello Stato - disse così - il padre dei piccoli italiani, che pure aveva tanto da fare, che non dormiva mai, aveva pensato a tutte le bambine d'Italia e anche alle care bambine di Nuoro e aveva mandato loro i doni della befana. Qualche bambina indossava ancora lo stinto maglioncino che aveva ricevuto in gennaio dalle signore fasciste.[...]Il fascismo aveva ormai invaso la scuola. Valanghe di circolari si rovesciavano ogni giorno sui tavoli della direzione; il bidello interrompeva spesso il nostro lavoro per comunicarci gli ordini che il direttore aveva ricevuto dall'ispettore e l'ispettore dal provveditore, il provveditore dal ministro o anche dal «federale». Infatti non tardarono, le federazioni del fascio, a interferire nella vita della scuola. S'interrompevano le lezioni coi più banali pretesti, l'arrivo di un gerarca, gli inni da cantare in coro, le esercitazioni in palestra. L'educazione fisica soverchiò ogni altro insegnamento. Il professore di ginnastica era diventato un semidio a cui tutti dovevano ubbidire, maestri e scolari. E il semidio, poiché doveva preparare al «gran saggio» del XXIV maggio tutti gli studenti di tutte le scuole, chiamava a raccolta nelle ore più impensate.

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[...]Il nuovo direttore entrò dunque in classe, mi chiese il registro e iniziò l'ispezione. Com'era lontano il tempo delle prime visite di controllo, quando la maestrina inesperta tremava alla presenza dell'autorità scolastica! L'ispezione procedette bene: le scolare lessero, scrissero, contarono, recitarono con tranquillità e sicurezza. Ed ecco dall'alto piove la domanda: «Chi è il duce?». Qualche voce rispose: «Mussolini». Non piacque all'interrogante la risposta. Si rivolse a me: «Lei non ha spiegato chi è il duce?». «Non l'ho creduto opportuno». «Perché?». «Non mi pare bene parlare di queste cose a bambine di sei anni». «Come, non le par bene?». Agitò in aria il registro, ordinò: «All'uscita venga su in direzione». E uscì, fulminandomi con gli occhi che aveva grossi e sporgenti. Mi attendeva col registro spiegato sul tavolino e il viso di un re indignato. «Leggevo qui la sua cronaca. Vedo che ha dimenticato di segnalare le feste del regime». Tacqui. «Il resto», proseguì scorrendo con gli occhi le mie annotazioni sull'andamento dei programmi e sulle bambine, il resto è letteratura. Come mai non ha parlato alle sue scolare del duce?». Volli essere prudente. «Mussolini è un uomo politico», risposi, «non mi pare che le bambine di una prima classe possano capirne gran che. «Come? Il duce è così umano, ha fatto tanto per i bambini! Il duce è un grand'uomo». «Ai posteri l'ardua sentenza», recitai scandendo le parole. «Come? Il duce non è un grand'uomo?». «Ai posteri...», ripetei. «Ebbene» disse solennemente, «io le potrei dimostrare che si può benissimo parlare del duce alle bambine; ma sarà lei a fare la lezione sul duce». Forse sorrisi. «Lei farà questa lezione entro una settimana, e se no...». «E se no? Lei minaccia? Ebbene, sappia che io non cedo alle minacce. Non temo chi può uccidere il mio corpo, ma chi può offendere il mio spirito. E ora, se questa è la sua mansione, vada e mi denunzi al prefetto». Accolse la sfida impallidendo, e si alzò

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Quella a fianco è una lettera originale scritta nel 1935 da una classe al proprio Preside.Si può ben capire come l’insegnamento dello spirito di sacrificio avesse raggiunto ottimi risultati.Ecco il testo:“Chiarissimo Signor preside, Coi tempi critici che stiamo per attraversare, tutti propongono di fare più economia che si può; e anche noi, scolare della seconda ginnasiale sezione A, vogliamo renderci utili in qualche cosa: Quest’anno saremo

senza calorifero! Che importa il calore. Scriveremo coi guanti se ce ne è bisogno. Porteremo vestiti più pesanti, ma staremo senza calorifero! Siamo grandi, quasi donnine, sapremo vivere il freddo! La prego di accogliere la nostra preghiera e noi le saremo grate!Ossequi, le Scolare di II° A”

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“Caro Camerata, Mi permetto rammentarLe l’obbligo Suo e dei Professori dipendenti per la propaganda fra la gioventù studiosa di ambo i sessi, affinché si inscrivino nelle organizzazioni giovanili fasciste. Sarebbe opportuno che Ella scegliesse un abile propagandista che tenesse opportuni discorsi di propaganda classe per classe alla presenza di alunni e genitori. Ove non l’avesse lo manderei io.La prego volermi riferire in merito all’attività in materia dei singoli insegnanti che mi farò un dovere di riferire alle Superiori Gerarchie.Saluti Fascisti”

Questo è un documento originale inviato ad un Preside per rammentargli il da farsi riguardo la propaganda a scuola.

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I letterati pro e contro il RegimeI letterati pro e contro il RegimeSe nei libri di testo il regime poteva tranquillamente operare in monopolio, ciò non avvenne nella letteratura per adulti.Essendo sempre stato l’Italia un paese liberale, la letteratura era abituata alla libertà d’opinione e questa non tardò a palesarsi anche contro il fascismo.Vastissima fu la produzione antifascista e sarebbe impossibile parlare di tutti gli scrittori che ne fecero parte.Verranno qui citati solamente i più celebri, anche in campo internazionale, che si schierarono pro e contro il fascismo:• Giovanni Gentile;• Benedetto Croce.Un ruolo importante, come ispiratore del regime, ebbe il “Movimento Futurista”, anche questo brevemente citato di seguito.

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Il Movimento FuturistaIl Movimento FuturistaIl movimento fu lanciato nel 1909 su un quotidiano francese da Filippo Tommaso Marinetti(1876-1944), nato in Egitto, trasferitosi in Francia prima e stabilmente in Italia poi. I primi aderenti al movimento erano giovanissimi e volevano porsi in pieno contrasto con le idee politico-letterali dell’epoca. Da iniziale corrente letteraria si trasforma anche in artistica e soprattutto politica:”Noi vogliamo glorificare la guerra, sola igiene del mondo, […] e il disprezzo della donna.[…]. Vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni sorta, e combattere contro il moralismo[…].Questo è quanto scrive su “Le Figaro” Marinetti il 20 febbraio 1909 ne “Il Manifesto del Movimento Futurista”.I toni duri e l’esaltazione della guerra e della mascolinità saranno tra i motivi che spingeranno i futuristi ad aderire entusiasticamente al fascismo, il quale aveva pressappoco le medesime idee base di violenza e disprezzo per la donna.

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Giovanni Gentile (1875-1944)Giovanni Gentile (1875-1944)Nato in provincia di Trapani, filosofo e professore universitario, nel 1922 fu nominato Ministro della Pubblica Istruzione e nel 1923 promosse una riforma della scuola rimasta per decenni il cardine attorno a cui ruotava tutta la scuola italiana.Nel 1925 scrisse il “Manifesto degli intellettuali Fascisti”, che esaltava il “carattere religioso” del fascismo.Nel 1943 aderì alla Repubblica di Salò e l’anno seguente fu ucciso dai partigiani a Firenze.L’importanza di Gentile all’interno del partito era moltissima e godeva della stima anche di chi fascista non era, tanto che quando, tra il 1927 e il 1937, promosse e realizzò “L’Enciclopedia Italiana”, la più grande impresa culturale di quegli anni, furono numerosi i collaboratori non schierati col fascismo che accettarono di partecipare all’opera.

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Benedetto Croce (1866-1952)Benedetto Croce (1866-1952)Nacque a Pescasseroli, in Abruzzo, da un’agiata famiglia napoletana e proprio nella città partenopea trascorse tutta la sua vita, studiando filosofia da autodidatta.Fino al 1924 fu simpatizzante fascista, in quanto era convinto che un momento di violenza fosse necessario per la restaurazione dell’ordine liberale in Italia.Ma quando il fascismo divenne una dittatura violenta (con l’omicidio Matteotti per esempio), Croce passò all’opposizione e scrisse, nel 1925, il”Manifesto degli intellettuali Antifascisti”, in risposta a Gentile, che fu l’ultima opera contro il regime ad essere pubblicata.Malgrado la sua aperta antipatia nei confronti della dittatura instauratasi, non fu mai perseguitato apertamente, a causa dell’enorme prestigio internazionale di cui godeva.Divenne quindi il punto di riferimento per tutti gli intellettuali antifascisti italiani e non.

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Tommaso Marinetti

Benedetto CroceGiovanni Gentile

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Il fascismo sapeva come far sentire la popolazione partecipe alle sorti dello Stato.Proprio grazie alla consapevolezza del potenziale che si nasconde nella gente comune, il regime sfruttò al massimo gli italiani, creando campagne che vedevano la diretta partecipazione di tutti. Ne sono esempi le campagne demografiche, oro alla patria, la battaglia del grano, l’autarchia.

Le Campagne “Popolari”Le Campagne “Popolari”

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La battaglia del granoLa battaglia del granoLa battaglia del grano, iniziata nel 1925, parte dall'esigenza di alleggerire la bilancia commerciale attraverso un aumento della produzione frumentaria fino a raggiungere l'autosufficienza.Per fare ciò è necessario aumentare la produzione italiana, limitando il più possibile le importazioni. Si stimolarono quindi i contadini e soprattutto i proprietari terrieri a coltivare grano, concedendo incentivi e sconti.Un esempio della propaganda per la battaglia del grano è il famoso filmato in cui Mussolini in persona aiuta i contadini a mietere.

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Perché il pane che mangiamo sia genuino ed italiano, entro i solchi seminiamo grano, grano e ancora grano!

Manifesti per la “Battaglia del Grano”

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Essendo l’Italia un paese allora principalmente agricolo, Mussolini puntò moltissimo sull’aumento di popolazione, anche in vista di una futura espansione territoriale.Le campagne demografiche si susseguirono per il ventennio, dando però scarsi risultati. La popolazione era povera e mancavano i mezzi economici per mantenere famiglie numerose. In più l’alta mortalità infantile e delle puerpere non aiutava di certo al raggiungimento dello scopo.Proprio per questi motivi, il regime cominciò ad agevolare le famiglie numerose, con assegni, sconti, premi e tutto ciò che poteva far aumentare le nascite.Come prima cosa vennero introdotte tasse sui celibi, che dovevano incoraggiare la popolazione a metter su famiglia.In più gli uomini sposati erano agevolati nelle graduatorie per i concorsi pubblici.

Le Campagne DemograficheLe Campagne Demografiche

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Nacquero poi i premi di nuzialità, cifre in denaro che venivano corrisposte a tutte le giovani coppie che si sposavano.Vennero poi istituite giornate speciali “della madre e del fanciullo”, in cui, a Roma, venivano consegnati premi alla donne più prolifiche, le quali venivano chiamate sul palco per ricevere il premio, non per nome ma per numero di figli.

Due famiglie numerose premiate a Roma

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Le donne nel regime.Le donne nel regime.La politica fascista ha verso le donne un duplice atteggiamento: da una parte le colloca a casa come custodi e angeli del focolare, dall'altra le coinvolge nella partecipazione al regime. Il regime, tuttavia, nella ricerca di un consenso alla dittatura cerca il loro appoggio e si impegna con successo per conquistarle alla sua causa. Mira quindi alla creazione di "una donna fascista per l'Italia fascista" sottolineando il ruolo della madre, della massaia, fino ad arrivare alla missione patriottica. E' soprattutto il modello della donna-madre ad essere sostenuto dalla forte retorica a cui si uniscono una serie di interventi legislativi quale la creazione dell'O.N.M.I. (Opera Nazionale per la protezione della maternità e dell'infanzia). A questo si aggiunge una vera politica per la formazione della donna: essa viene istruita nell'economia domestica, nell'educazione all'infanzia, nell'assistenza sociale ed educata alla salute e a una sana maternità attraverso l'introduzione dell'educazione fisica e dello sport femminile.

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Viene inquadrata in varie associazioni per le ragazze, per le giovani, per le massaie, per le laureate. "Madri nuove per i figli nuovi" è lo slogan del duce che tende sempre a sottolineare, anzi ad esaltare in ogni occasione la funzione sociale della donna. Si rivolge direttamente a lei nei momenti di difficoltà perché essa dia sempre il proprio contributo alla Patria e lancia il mito della fecondità e della sanità della razza. Da sempre delusa e ignorata dal potere, la donna è sensibile all'appello diretto del duce, alle scenografie di massa che le daranno l'illusione dell'appartenenza attiva alla Nazione. L'ideologia del regime sostiene dunque le aspirazioni della donna, ma in concreto la chiude nei ruoli tradizionali e vara misure contrarie al lavoro femminile. Nel 1935 la guerra di Etiopia segna la svolta verso un nazionalismo sempre più razzista e antifemminista. Vengono sciolte le maggiori associazioni femminili così come vengono soppresse alcune riviste come la "Rassegna", "Almanacco della donna italiana" (1920-1943) e "Donna italiana".

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Mussolini entra anche nella moda femminile: costume da bagno con

l'immagine del duce.

Riviste dell’epoca:in copertina si trovavano spesso donne sorridenti e soddisfatte

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Oro Alla PatriaOro Alla Patria

Nel 1935 viene lanciata una campagna per la raccolta delle fedi nuziali.Donando al regime, quindi alla patria, il proprio anello d’oro, se ne riceverà un altro in lega di ferro e alluminio.Tutti sono chiamati a farlo, contribuendo così all’aumento della ricchezza del paese!Anche la Regina Elena in persona dà il buon esempio recandosi all’Altare della Patria per donare il suo. Molti però nasconderanno la vera originale, dandone una fatta fare per l’occasione.Non si è mai saputo quanto tutto ciò abbia fruttato, in quanto i dati, sia per quel che riguarda le unità, che il peso, non sono mai stati resi pubblici.

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74Manifesto di propaganda per la campagna “Oro Alla Patria”

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La Vita quotidianaLa Vita quotidianaRispetto ai primi anni del novecento, negli anni trenta le condizioni di vita erano decisamente migliorate. “Se potessi avere mille lire al mese”, iniziava una notissima canzone dell'epoca. In realtà i salari medi degli operai erano di 500 lire mensili; un impiegato di buon livello ne poteva guadagnare al massimo 850. Le 1000£ erano il traguardo di un funzionario di livello direttivo.Nelle città le comodità della luce elettrica, dell'acqua corrente, del riscaldamento erano più diffuse: insieme a una stanza da bagno si trovavano ora anche nelle case degli impiegati e dei piccoli borghesi, ed anche nelle case operaie di nuova costruzione. Su una popolazione di 42 milioni di abitanti si contavano in quegli anni oltre 4 milioni di biciclette e circa 200.000 motocicli e ciclomotori. Non più di 250.000 erano le vetture private che circolavano: le più diffuse erano la Fiat Balilla e la Fiat 500 topolino, lanciata proprio in quegli anni al prezzo di 8900£. Ogni luogo di ritrovo era dotato di un apparecchio radio.

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Si stavano diffondendo anche gli apparecchi di proprietà privata. Uno di tipo economico poteva costare circa 500£ pagabili anche in 12 o in 24 rate. Esistevano inoltre, a prezzi bassi, piccole radio che l'acquirente si poteva montare in casa da solo.Un ciclomotore costava 1800£ e una moto, di 250 CC, 5500 £; una macchina fotografica 360£, una torcia elettrica manuale 70£, la scatola piccola del famoso gioco di meccano 23£. Altri prodotti erano assai più cari: l'edizione completa di un'opera di Verdi, l'Aida in 19 dischi, ne costava ben 610 .Per le famiglie operaie, il cui livello di vita restava modesto, esistevano migliaia di spacci aziendali o cooperativi i cui prezzi erano più bassi di quelli dei negozi privati. In questi spacci un chilo di riso costava 2 £, 3.70£ era il prezzo di un Kg di pasta, 5 £ di una confezione di carne in scatola, 2£ di un etto di burro e una £ di un Kg di patate. Pur con queste agevolazioni, oltre la metà della paga serviva per sfamarsi. Per confronto oggi la spesa media delle famiglie per mangiare equivale al 20% delle sue entrate.

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Nelle campagne dell'Italia centro-settentrionale le famiglie contadine avevano ottenuto condizioni di vita migliori, ma le abitazioni erano ancora prive di riscaldamento, (esisteva solo un grande camino), di acqua corrente, (si usava un pozzo nel cortile,) e di luce elettrica. Nel mezzogiorno e in Sicilia molte famiglie delle campagne continuavano a vivere in abitazioni cadenti, e potevano contare su paghe molto basse, del tutto insufficienti a garantire la sopravvivenza per tutto l'anno. Molti contadini svolgevano così dividersi lavori: erano al tempo stesso braccianti, fabbri, falegnami o lavoravano alla manutenzione delle strade e delle linee ferroviarie. Nella paga giornaliera del bracciante erano spesso incluse una razione di pane e di vino con dentro il suo contenuto di zucchero.La durata media della vita all'epoca, superava di poco i 55 anni (oggi è tra i 77 e gli 81).

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La Cura Del CorpoLa Cura Del CorpoGrande rilievo venne dato anche alla cura del corpo e della salute.Manifesti e campagne per mantenersi forti e sani si susseguirono in tutto il ventennio.Come già detto, l’educazione fisica ricoprì un ruolo fondamentale e gli immensi spettacoli organizzati in onore del Duce e della “romanità”, richiamavano gente e mass media.

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A queste adunate partecipavano anche le donne, quali future fattrici di figli per il regime, che quindi dovevano essere forti, prosperose ma sottomesse.Non solo le grandi dimostrazioni pubbliche furono i metodi utilizzati. Per sconfiggere le malattie più presenti nel territorio italiano, venivano lanciate campagne contro questa o quella malattia. I medici condotti erano lo strumento più utilizzato per diffondere capillarmente queste campagne, grazie al contatto quotidiano che questi avevano, anche con i più poveri e isolati. Le malattie che maggiormente catturarono l’attenzione del regime furono la malaria e la tubercolosi.Grazie alla bonifica di vaste zone paludose (per esempio nell’Agro Pontino, dove nacquero dal nulla nuove città come Littoria, oggi Latina), la malaria smise di colpire così tante persone. Per la tubercolosi invece si pensò a campagne di sensibilizzazione e informazione, di cui il manifesto che segue è un esempio.

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La guerra d’EtiopiaLa guerra d’EtiopiaLa politica coloniale dell'Italia riprese slancio negli anni Venti, trovando una sua coerente giustificazione nell'ideologia fascista. Subito dopo l'avvento di Mussolini, la presenza italiana in Libia fu consolidata, tra il 1923 ed il 1928 fu inoltre completata la conquista della Somalia, fino a quel momento limitata alla parte centrale del Paese. In Etiopia, invece, il fascismo non ritenne, in questa prima fase, di modificare la situazione. Anzi, nel 1928 Italia ed Etiopia stipularono un patto di amicizia ed una convenzione stradale. La decisione di intraprendere una campagna militare in Etiopia iniziò a maturare a partire dal 1930 e fu intrapresa per vendicare la sconfitta italiana ad Adua, del 1886.Il pretesto per l'avvio delle operazioni militari, i cui piani erano stati preparati già da tempo, fu offerto il 5 dicembre 1934 da un incidente presso la località di Ual-Ual, lungo la frontiera somala. L'imperatore d'Etiopia, Hailè Selassiè, preoccupato dai progetti italiani,

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si rivolse alla Società delle Nazioni, di cui il suo Paese era membro dal 1923. Ma Inghilterra e Francia, che non volevano alienarsi l'appoggio di Mussolini nel nuovo scenario politico d'Europa, impedirono di fatto che l'azione italiana fosse ostacolata. Solo in un secondo tempo, quando l'opinione pubblica internazionale iniziò a mobilitarsi contro la violenta aggressione dell’Italia, la Società delle Nazioni approvò una serie di sanzioni economiche contro l’Italia (ottobre 1935). Il 2 ottobre 1935, in un famoso discorso pubblicato il giorno successivo su tutti i giornali italiani, Mussolini annunciò l'inizio di una guerra provocata senza alcuna causa plausibile, rispolverando come giustificazione la bruciante sconfitta subita dall'Italia alla fine del secolo precedente: «Con l'Etiopia abbiamo pazientato quaranta anni! Ora basta!»L'esito della guerra era facilmente immaginabile considerato l'enorme dispiegamento di mezzi disposto dall'Italia. Il 3 ottobre le truppe italiane invasero l'Etiopia dall'Eritrea, occupando in breve tempo Adua, Axum, Adigrat, Macallè.

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A metà novembre la direzione delle operazioni fu affidata al generale Pietro Badoglio, che, dopo aver affrontato la controffensiva etiopica, entrò ad Addis Abeba il 5 maggio 1936. Il 9 maggio 1936 Mussolini poté proclamare la costituzione dell'Impero italiano di Etiopia, attribuendone la corona al Re d'Italia Vittorio Emanuele III.

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“Ufficiali! Sottufficiali! Gregari di tutte le Forze Armate dello Stato, in Africa e in Italia ! Camicie nere della rivoluzione ! Italiani e italiane in patria e nel mondo ! Ascoltate !Con le decisioni che fra pochi istanti conoscerete e che furono acclamate dal Gran Consiglio del fascismo, un grande evento si compie: viene suggellato il destino dell'Etiopia, oggi, 9 maggio, quattordicesimo anno dell'era fascista.Tutti i nodi furono tagliati dalla nostra spada lucente e la vittoria africana resta nella storia della patria, integra e pura, come i legionari caduti e superstiti la sognavano e la volevano. L'Italia ha finalmente il suo impero. Impero fascista, perché porta i segni indistruttibili della volontà e della potenza del Littorio romano, perché questa è la meta verso la quale durante quattordici anni furono sollecitate le energie prorompenti e disciplinate delle giovani, gagliarde generazioni italiane. Impero di pace, perché 1'Italia vuole la pace per sé e per tutti e si decide alla guerra soltanto quando vi è forzata da imperiose, incoercibili necessità di vita. Impero di civiltà e di umanità per tutte le popolazioni dell'Etiopia.Questo è nella tradizione di Roma, che, dopo aver vinto, associava i

Quello che segue è il testo integrale del discorso tenuto da Mussolini all’indomani della conquista dell’Etiopia

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popoli al suo destino.Ecco la legge, o italiani, che chiude un periodo della nostra storia e ne apre un altro come un immenso varco aperto su tutte le possibilità del futuro:l. - I territori e le genti che appartenevano all'impero di Etiopia sono posti sotto la sovranità piena e intera del Regno d'Italia.2. - Il titolo di imperatore d'Etiopia viene assunto per sé e per i suoi successori dal re d'Italia.Ufficiali! Sottufficiali! Gregari di tutte le forze Armate dello Stato, in Africa e in Italia! Camicie nere! Italiani e italiane!Il popolo italiano ha creato col suo sangue 1'impero. Lo feconderà col suo lavoro e lo difenderà contro chiunque con le sue armi.In questa certezza suprema, levate in alto, o legionari, le insegne, il ferro e i cuori, a salutare, dopo quindici secoli, la riapparizione dell'impero sui colli fatali di Roma.Ne sarete voi degni?Questo grido è come un giuramento sacro, che vi impegna dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini, per la vita e per la morte!Camicie nere! Legionari! Saluto al re!”

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AutarchiaAutarchiaCon il termine autarchia si intende l'autosufficienza economica di uno stato, cioè la sua capacità di sopravvivere senza acquistare prodotti stranieri, consumando solo la propria produzione agricola e industriale.In seguito all'aggressione italiana all'Etiopia, la Società delle Nazioni invitò gli Stati membri a non esportare in Italia materie prime, armamenti o prodotti industriali. In realtà diversi paesi non applicarono queste sanzioni economiche contro l'Italia.Tuttavia Mussolini cominciò a sostenere che l'Italia era vittima di una congiura internazionale, promossa da due nazioni, la Francia e l'Inghilterra, che già possedevano un grande impero coloniale.Le sanzioni in se stesse fecero poco danno. Esse tuttavia ebbero gravi conseguenze indirette, perché spinsero il fascismo verso la politica autarchica. La propaganda incitava il popolo a non consumare prodotti stranieri, a raccogliere i rottami e a “riciclare”.L'autarchia perciò indebolì fortemente l'industria italiana e causò numerosi problemi alle esportazioni legate all'agricoltura per la difficoltà di trovare compratori, dato che molte relazioni erano state interrotte.

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Vari manifesti Pro-autarchia

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Dalla Società delle Nazioni all’ONUDalla Società delle Nazioni all’ONUIl Patto della Società delle Nazioni nasce alla fine della prima guerra mondiale durante la Conferenza di Pace di Parigi del 1919.La Società delle Nazioni tenne la sua prima conferenza a Ginevra il 15 novembre 1920, alla quale erano rappresentate 42 Nazioni. Il Patto viene adottato come integrazione del Trattato di Versailles (28 giugno 1919) con il fine di istituire un organo di cooperazione internazionale che assicuri il compimento degli obblighi internazionali assunti alla fine della guerra ed offra salvaguardie contro la guerra, ed è aperto a tutte le nazioni civilizzate.Il trattato contiene i principi di sicurezza collettiva (difesa comune dei facenti parte alla Società delle nazioni contro un aggressore terzo), di risoluzione delle controversie internazionali, della riduzione degli armamenti. La portata innovativa del Patto, che introdusse una nuova era nelle

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relazioni internazionali era quella di istituire un ente internazionale con fini politici generali per garantire la pace. In particolare, il fine prevalente del mantenimento della pace era inteso come rispetto dell'ordine internazionale politico e territoriale sancito dai Trattati di pace. In questo senso, l'articolo 10 del Patto statuiva che:

“i Membri della Società si impegnano a rispettare, e a proteggere contro ogni aggressione esterna, l'integrità territoriale e l'attuale

indipendenza politica di tutti i Membri della Società.”

Gli stati contraenti del Patto intendevano altresì escludere il ricorso di tutti gli Stati alla violenza bellica come unico mezzo per affermare le proprie rivendicazioni (articoli 11-16). In realtà i passi compiuti dal patto nella direzione del ripudio della forza come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, e verso un ordine internazionale fondato sul rispetto del diritto, sulla cooperazione tra gli Stati e sulla capacità di risolvere i conflitti sfuggendo dal ricorso alla guerra, furono totalmente disattesi, salvo poche eccezioni.

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La Società smise di svolgere attività politica nel 1939; tale organismo internazionale, che venne sostituito dall'Organizzazione delle Nazioni Unite, celebrò la propria morte dall'8 al 18 aprile 1946, nella quale l'Assemblea ne votò lo scioglimento con voto unanime di 34 membri presenti (su 54) a partire dal 19 aprile dello stesso anno.Le causa dello scioglimento della Società sono chiare:Non fu in grado di arginare il fenomeno delle aggressioni coloniali e, soprattutto, non scongiurò il pericolo di una guerra tra gli stati europei per cui, al termine di una guerra mondiale che fece circa 50 milioni di morti, cessò di esistere la Società delle Nazioni. Per fare in modo che non si ripetessero sanguinose guerre all’interno dell’Europa, venne subito creata l’ONU, con i medesimi compiti della Società delle Nazione ma con maggiore fortuna, visto che sono oramai 60 anni che regna la pace il Europa.

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L’esaltazione del DuceL’esaltazione del DuceSono in molti a sostenere che difficilmente il fascismo sarebbe sopravvissuto senza Benito Mussolini.Era lui infatti che guidava e dettava legge all’interno del partito prima e dello stato poi e nessuno sarebbe stato in grado di reggere il confronto.Mussolini questo lo sapeva e cercò di trasferire l’ascendente che aveva all’interno della popolazione in un punto a suo favore.Questo fu facile, bastò farsi ritrarre e immortalare in situazioni di vita quotidiana, mentre era intento a compiere quelle attività che buona parte della popolazione faceva giornalmente.Il picco dell’intelligenza fu raggiunto quando, nel periodo della battaglia per il grano e dell’autarchia, il Duce partecipò alla mietitura nell’Agro Pontino, dimostrando così che non disdegnava neanche la fatica fisica.Anche le adunate oceaniche e i discorsi dai balconi delle piazze avevano come scopo principale avvicinare il popolo al suo Capo.

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L’enfasi che dimostrava Mussolini durante i comizi era in grado di conquistare tutti, e poco importava ciò che diceva o faceva, già il fatto di essere lì, a pochi metri da lui, significava moltissimo per tutta la gente accorsa in massa.Naturalmente non tutti vi partecipavano volontariamente, era anzi un obbligo o quasi esserci e, soprattutto nel Pubblico Servizio, veniva controllato chi partecipava e chi no e spesso venivano inviati solleciti a partecipare non solo ai discorsi tenuti da Mussolini in persona, ma anche da uno qualsiasi dei numerosi esponenti, di spicco ma anche no, del regime.Un esempio di quanto fosse coercitivo partecipare ci viene dalla seguente lettera, inviata dal segretario politico della sezione di Faenza a un Preside “colpevole”di essere a capo di un Istituto che ha partecipato in misura limitata ad un comizio:

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“Egregio Signore. Ho notato con mio vivo rammarico come i di Lei insegnanti e scolari non abbiano partecipato o lo abbiano fatto in deficentissima misura alla conferenza del Prof. Masetti tenutasi il 30 M/sc/ nel Palazzo Comunale.Ciò oltre ad essere poco lusinghiero per il Conferenziere che merita ogni considerazione e stima rappresenta una trascuratezza imperdonabile verso una Istituzione Fascista che appunto conta sulla massa insegnante e sulla gioventù studiosa per assolvere il suo compito.Voglio sperare che dopo questo mio avvertimento tale inconveniente non avrà più a ripetersi.”SALUTI FASCISTI

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Queste sono solo alcune delle innumerevoli foto che testimoniano quanta gente assistesse ai discorsi del Duce

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Foto che ritraggono Mussolini in varie attività.Queste servivano per avvicinare il popolo al suo Duce e per rendere il Dittatore più “normale”agli occhi della gente comune.

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La dictature vue da l’etrange:La dictature vue da l’etrange:les rifugesles rifuges

Le role de la Françe pendant les anneès du fascisme a été très important.De l’autre coté des Alpes, beaucoup de emigrés italiens ont pu continuer leure activitè contre le regime de Mussolini.Tous les journaux de l’opposissionne etaient pubblies dans l’exagone e distribuè en Italie clandestinement. Cette activité étais très important pour la connaissance dans notre pais de nouvelles qui n’etais pas censurée et surtuout pour la diffusion des ideé de liberté.Mais malhereusement en Françe on allais aussi pour mourir:Par example Gobetti et Amendola sont allés chez nos cuisins après les violences des fascists et ils sont morts là.

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“E Se…Moduli di Diritto Pubblico” di Paolo Monti, Ed.Zanichelli;

“Trent’anni di storia italiana (1915/1945) di Franco Antonicelli, Einaudi Editore;

“Scritti e discorsi” di Benito Mussolini, Hoepli Editore, Milano 1934;

“Discorsi del 1928” di Benito Mussolini, Edizioni "Alpes", Milano 1929;

“L’Italia contemporanea 1918-1948, Lezioni alla Sorbona”di Federico Chabod, Torino 1963, Einaudi Editore;

“Il presente come storia” di Paola Castagnetti, Bologna 1994, Ed. Clio;

“ Manuale di storia, L’età contemporanea” di Giardina-Sabbatucci-Vidotto Bari, 1993, Ed. Laterza;

“Memorie politiche”, a cura di R. Marchi, Cagliari, Ed.Della Torre;

“Il Novecento delle Italiane” di AA.VV., Editori Riuniti;

“Lineamenti di storia 3” di Perugi-Bellucci, Ed. Zanichelli, Bologna, 2001

“La letteratura italiana. Vol. 7” di Armellini-Colombo, Ed. Zanichelli, Bologna, 1999

“La letteratura italiana. Guida storica” di Armellini-Colombo, Ed. Zanichelli, Bologna, 1999

BibliografiaBibliografia